Exatem
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il concetto di potenza marittima
in una situazione economica come quella attuale, fatta di contenimento della spesa e riduzione dei costi, la discussione finisce spesso dove è più semplice che finisca. molti “opinionisti” infatti, pensano che la soluzione del problema, la panacea di ogni male, sia eliminare totalmente la spesa dell’apparato militare, inutile e anacronistica. e’ una teoria semplice, di sicuro effetto, "demagogica", per usare un termine attualmente molto di moda.
spesso ho discusso della cosa sulle pagine di cad3d (e la mia posizione è manifestata palesemente) cercando sempre di chiarire il concetto di potenza marittima.
ma forse mi sono solo limitato ad accennarne senza mai affrontare decisamente l'argomento e senza tentare di rappresentarne l’importanza.
e’ quello che intendo fare oggi e per farlo, partirò da una analisi della spesa militare nel mondo e in italia chiarendo subito un concetto; siamo abituati a parlare di spesa dedicata al settore militare raffrontando le percentuali di spesa dedicate da ogni paese al settore difesa e sicurezza rispetto al pil. così l’immaginario collettivo associa alla spesa destinata alla difesa la non produttività dimenticando, che una parte di questa contribuisce a sua volta al pil.
infatti, attorno a una caserma, un aeroporto, una base navale, si sono sempre sviluppate attività economiche locali, il così detto “indotto”, che genera lavoro e ricchezza.
altro elemento fuorviante è ritenere che se alcuni paesi dedicano alla difesa il 2% del pil, mentre l’italia si ferma all’1 %, spendano il doppio di noi.
questo non è vero per il semplice motivo che si parte da pil differenti. invece se anziché il pil considerassimo la spesa a carico di ogni cittadino, scopriremmo che nel 2011 gli svedesi hanno speso 511 € a testa contro i nostri 469 (cifra che include anche l’arma dei carabinieri) e che la neutralissima svizzera, che non ricordo possedere una marina militare, ha speso solo 69 € meno di noi che siamo impegnati al contrario in missioni di pace multinazionali in ogni parte del mondo.
prima di intraprendere questo viaggio appare utile ricordare che, nella definizione classica, il potere marittimo rappresenta essenzialmente la volontà dello stato (o di una coalizione di stati) di far uso del mare per la tutela dei propri interessi, articolandosi nella capacità di trasporto per mare e nell’impiego dello strumento navale al fine di:
• difendere le proprie attività e contrastare quelle avversarie;
• proteggere le frontiere marittime, le comunità nazionali e le attività economiche ovunque esse si trovino;
• proiettare al di là dell’orizzonte la propria volontà politica per affermare le scelte nazionali e il proprio prestigio.
in una situazione economica come quella attuale, fatta di contenimento della spesa e riduzione dei costi, la discussione finisce spesso dove è più semplice che finisca. molti “opinionisti” infatti, pensano che la soluzione del problema, la panacea di ogni male, sia eliminare totalmente la spesa dell’apparato militare, inutile e anacronistica. e’ una teoria semplice, di sicuro effetto, "demagogica", per usare un termine attualmente molto di moda.
spesso ho discusso della cosa sulle pagine di cad3d (e la mia posizione è manifestata palesemente) cercando sempre di chiarire il concetto di potenza marittima.
ma forse mi sono solo limitato ad accennarne senza mai affrontare decisamente l'argomento e senza tentare di rappresentarne l’importanza.
e’ quello che intendo fare oggi e per farlo, partirò da una analisi della spesa militare nel mondo e in italia chiarendo subito un concetto; siamo abituati a parlare di spesa dedicata al settore militare raffrontando le percentuali di spesa dedicate da ogni paese al settore difesa e sicurezza rispetto al pil. così l’immaginario collettivo associa alla spesa destinata alla difesa la non produttività dimenticando, che una parte di questa contribuisce a sua volta al pil.
infatti, attorno a una caserma, un aeroporto, una base navale, si sono sempre sviluppate attività economiche locali, il così detto “indotto”, che genera lavoro e ricchezza.
altro elemento fuorviante è ritenere che se alcuni paesi dedicano alla difesa il 2% del pil, mentre l’italia si ferma all’1 %, spendano il doppio di noi.
questo non è vero per il semplice motivo che si parte da pil differenti. invece se anziché il pil considerassimo la spesa a carico di ogni cittadino, scopriremmo che nel 2011 gli svedesi hanno speso 511 € a testa contro i nostri 469 (cifra che include anche l’arma dei carabinieri) e che la neutralissima svizzera, che non ricordo possedere una marina militare, ha speso solo 69 € meno di noi che siamo impegnati al contrario in missioni di pace multinazionali in ogni parte del mondo.
prima di intraprendere questo viaggio appare utile ricordare che, nella definizione classica, il potere marittimo rappresenta essenzialmente la volontà dello stato (o di una coalizione di stati) di far uso del mare per la tutela dei propri interessi, articolandosi nella capacità di trasporto per mare e nell’impiego dello strumento navale al fine di:
• difendere le proprie attività e contrastare quelle avversarie;
• proteggere le frontiere marittime, le comunità nazionali e le attività economiche ovunque esse si trovino;
• proiettare al di là dell’orizzonte la propria volontà politica per affermare le scelte nazionali e il proprio prestigio.