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gli inglesi scappano?

24 ottobre 1940 xviii.

dopo il discorso di mussolini dal balcone di piazza venezia con cui annunciava l’entrata in guerra dell’italia, negli stati maggiori di berlino e tokyo, nessuno riesce a mascherare la propria impazienza. tutti sono convinti che l’italia darà l’annuncio di una grande operazione militare nello stile che la guerra lampo di invenzione germanica oggi impone. pure gli agenti tedeschi del servizio segreto agli ordini dell’ammiraglio canaris fremono.

cosa stanno progettando gli italiani?

la risposta è nella logica delle tattiche e delle strategie che la guerra impone. malta sarà occupata dagli italiani fin dal primo giorno di guerra.
infatti, quella minuscola macchia sulle carte nautiche, rappresenta una vera spina nel fianco nelle operazioni italiane in libia. anche l’alleato tedesco è della stessa convinzione.
il generale enno von rintelen, addetto militare a roma, viene incaricato di scoprire le intenzioni degli italiani ma le sue ricerche non approdano a niente; tanto che canaris risponde “evidentemente gli italiani sanno custodire i loro segreti meglio dei tedeschi”.

a malta il 10 giugno fa un caldo torrido ma da quando la radio ha annunciato la notizia dell’entrata in guerra dell’italia, gli inglesi si affannano a fare fagotto e allontanarsi dall’isola. tutti i familiari della guarnigione sono evacuati e aerei e navi abbandonano malta.
nella fretta di evacuare l’isola, la portaerei inglese “glorius” dimentica tre aerei “gladiator” smontati dentro un magazzino.
saranno i tre aerei destinati a diventare famosi con i soprannomi di “fede”, “speranza” e “carità” (gli ultimi due dei quali, saranno abbattuti dalla nostra caccia, mentre “fede” sopravviverà al conflitto ed è tutt’ora esposto nel museo della valletta). i nomi con cui sono stati battezzati questi tre aerei sono sintomatici dello stato d’animo dei difensori dell’isola. nessuno a londra è disposto a scommettere un penny sulla sorte di malta. d’altronde con la sicilia a 80 km e i bombardieri italiani a mezz’ora di volo è inutile farsi illusioni.

ma accade l’incredibile.

i comandi italiani rivolgono le loro attenzioni esclusivamente alla barcollante francia e trascurano l’unico obiettivo che potrebbe capovolgere a nostro favore la guerra in mediterraneo.
stranamente quello più deluso è l’addetto militare a roma dell’impero nipponico che non riesce a spiegarsi la decisione italiana. “mussolini ha dichiarato il giorno 10 che l’italia avrebbe iniziato le ostilità il giorno successivo. perché avvertire con anticipo il nemico? poi è venuto l’11, il 12, il 13, il 14 e io aspettavo ancora l’inizio delle operazioni contro malta. tutto ciò è assolutamente incomprensibile”.

anche gli inglesi inizialmente non credono all’errore italiano, ma quando se ne rendono conto, seguendo le indicazioni di churchill, iniziano a fortificare l’isola trasformandola in breve tempo in una micidiale arma offensiva.
il 9 luglio 1940 per la prima volta dall’inizio del conflitto, una formazione navale italiana entra in contatto con la “mediterranean fleet” ossia, la flotta inglese in mediterraneo. per una casualità le due formazioni si avvistano a 30 miglia da punta stilo in calabria. l’incontro è definito casuale perché nessuna delle due è uscita per dare la caccia all’avversario. gli italiani rientrano da bengasi dopo aver scortato un convoglio di rifornimenti mentre i nostri avversari sono usciti da alessandria per andare in contro ad un loro convoglio partito da malta.
il rapporto di forze appare abbastanza equilibrato.
il comandante britannico andrew cunningham dispone delle corazzate “warspite”, “malaya” e “royal sovereign”, della portaerei “eagle” con 17 aerei, cinque incrociatori leggeri e quattordici caccia.
inigo campioni, ammiraglio italiano, dispone di due corazzate, la “cavour” e la “giulio cesare”, sei incrociatori pesanti ; “trento”, “fiume”, “zara”, “pola”, “gorizia” e “bolzano”, otto incrociatori leggeri, sedici cacciatorpediniere.

alle 13,15 gli incrociatori italiani sono attaccati senza successo da aerosiluranti della eagle. le successive due ore trascorrono in una relativa calma con gli italiani che manovrano per dare tempo all’aeronautica di intervenire in appoggio. qui si palesa una delle stranezze dell’impostazione strategica italiana rappresentata dalla indipendenza delle varie armi. l'amm. campioni, per ottenere l’appoggio aereo deve chiederne l’autorizzazione al comando marittimo più vicino che a sua volta, deve girare la richiesta al più vicino comando aereo.
alle 15,15 si verifica il primo contatto tra incrociatori. il combattimento dura 15 minuti senza che si registrino danni fra le parti escluse alcune schegge sul “neptune” inglese. alle 15,31 i 381 mm inglesi inquadrano i nostri incrociatori che manovrano per portarsi fuori tiro mentre la cavour e la giulio cesare aprono il fuoco da 30.000 metri.
la precisione del tiro italiano consiglia agli inglesi di mantenere una certa prudenza. ma alle 15,37 un colpo della settima salva della warspite centra la giulio cesare sul fumaiolo poppiero. l’incendio che ne consegue causa l’ingresso di gas e fumi in sala macchine così che la velocità scende a 18 nodi.
campioni, per evitare di lasciare sola la cesare, ordina una accostata a sinistra sotto la protezione delle cortine fumogene e lancia all’attacco con i siluri i cacciatorpediniere. il bolzano è raggiunto da tre proiettili uno dei quali danneggia il timone mentre la cesare, rimedia ai danni subiti e riprende la rotta a 22 nodi di velocità. gli italiani continuano a ripiegare verso messina inseguiti fino a 25 miglia dalla calabria dagli inglesi.
a quel punto cunningham decide che è l’ora di sospendere la caccia.

i nostri aerei arrivano, come era logico, quando lo scontro è ormai terminato (anche se 126 nostri aerei attaccano le navi nemiche fino a sera inoltrata). la eagle, la malaya e la warspite sono colpite ma subiscono danni limitati.
i nostri comandi enfatizzarono oltre misura lo scontro e mussolini si convinse che metà della flotta nemica fosse stata messa fuori combattimento.
questa prima battaglia dimostrò invece quanto grave fosse il mancato coordinamento fra le nostre forze armate contro un avversario che al contrario , era riuscito ad amalgamare le proprie.

purtroppo da tale lezione non fu tratto alcun insegnamento.

la guerra va male, il 27 settembre è stato firmato il patto tripartito tra germania, giappone e italia e il 28 ottobre abbiamo invaso la grecia ma la germania ha praticamente perso la battaglia d’inghilterra.

hitler ha dovuto rinunciare alla progettata invasione dell’isola.
 
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impero (faccetta nera)

25 ottobre 1940 xviii.
nuova missione di guerra. destinazione zona di agguato di fronte ad alessandria.
la francia da tempo si è arresa e ha firmato l’armistizio uscendo così dal teatro bellico. dal 14 luglio ha preso inizio quella che passerà alla storia come la battaglia d’inghilterra con la quale goering si illude di sconfiggere la raf e piegare la resistenza britannica. il 13 settembre poi, ha avuto inizio l’attacco all’egitto.
la guerra ha raggiunto anche il nord africa.
conseguentemente alla scomparsa dalla scena dei francesi, maricosom ha disposto nuove zone di interesse operativo con interesse particolare nei confronti di gibilterra e alessandria di egitto. ma gli inglesi, con l’esperienza maturata in dieci mesi di guerra in atlantico contro gli u-boot tedeschi, si dimostrano assai agguerriti e temibili.
oggi abbiamo avuto una sgradita visita ma alla quale sarà bene abituarsi in fretta. un grosso idrovolante quadrimotore (uno short sunderland) è apparso improvvisamente disegnando ampi cerchi sopra di noi ma mantenendosi fuori dalla portata delle nostre armi. gli inglesi utilizzano questi enormi uccellacci per scoprirci e attaccarci. poi, dopo averci costretto ad immergerci, grazie alla loro grande autonomia, restano in zona comunicando alle forze di superficie la nostra rotta e posizione.

ma come, non eravamo noi i “grandi trasvolatori”?

nei primi anni trenta la situazione politica era ormai stabile e solida.
l’italia si era abituata al regime e ne osannava il leader. in questo clima di euforia generale, il quadrumviro italo balbo organizzava la seconda e più famosa trasvolata dell’atlantico in commemorazione del decennale della nascita della regia aeronautica avvenuta il 28 marzo 1923. a questa impresa avevano fatto da preparazione le crociere mediterranee e la prima trasvolata atlantica meridionale del 1931.
ma il primo luglio 1933, venticinque siai-marchetti s.55x decollarono alla volta di new york.
il “ferrarese” grazie a questa epica impresa, aveva ottenuto una fama perfino superiore a quella di mussolini (e questo forse sarà causa della sua prematura scomparsa).

alcuni dei miei amici comandanti di sommergibili, si trovano nella base di massaua e fanno parte del gruppo sommergibili mar rosso dipendente da marisupao.
si trovano lì a difendere “l’impero” voluto da mussolini e l’impero, sarà argomento di discussione di oggi.

mentre siamo seduti a pranzo nel nostro piccolo quadrato, chiedo al direttore di tenerci una “lezione” sull’argomento. venier non se lo fa ripetere due volte e si lascia sopraffare dalla sua innata passione per lo studio sollecitato anche da forcella che in dialetto partenopeo, lo ha battezzato “o professore” proprio in virtù della sua profonda cultura.

un accordo con l'inghilterra aveva aperto la strada alla penetrazione italiana nell'etiopia occidentale, con la costruzione di una ferrovia tra l'eritrea e la somalia. nel 1927, l'albania divenne un protettorato italiano.
in libia, durante il governatorato de bono (1925-28), alla repressione dei ribelli si accompagnò una cauta colonizzazione demografica che privilegiò l'insediamento dei coltivatori diretti italiani nella zona del gebel. successivamente, il governatore della libia badoglio e il vicegovernatore della cirenaica graziani, deportarono la popolazione del gebel in campi di concentramento lungo la costa; nel 1931 vi fu l'esecuzione pubblica dello sceicco libico omar-al-mukthar.
nelle colonie orientali, somalia ed eritrea, la situazione era più tranquilla: in somalia vennero riconquistati i sultanati di obbia e di migurtina, e la penetrazione si spinse oltre il confine etiopico. l'eritrea era strategicamente importante in quanto era la base per le spedizioni in etiopia e i rapporti italo-eritrei erano sempre buoni: l'italia diede voto favorevole all'ammissione dell'eritrea nella società delle nazioni
“bisogna partire dal 25 marzo 1934 quando in italia si tenne il secondo plebiscito – cominciò attilio – “bisogna riconoscere che si trattò essenzialmente di una azione di propaganda, che doveva fornire al regime una ufficialità e una solidità derivata da un larghissimo consenso. in pratica si doveva accettare una lista di 400 deputati nominati dal gran consiglio del fascismo. i si furono il 96,25% …”
- “eccerto – intervenne forcella – “le schede per il si erano tricolori e quelle per il no erano bianche, non ci voleva poi tanto a riconoscere chi e come aveva votato …”
“già” – riprese attilio - “infatti dopo pochi giorni scattarono i primi arresti”.
“comunque il consenso c’era e autorizzò mussolini a iniziare a guardare oltreconfine. le mire erano rivolte verso la somalia e già dal ’34 si cercava un pretesto per attaccare il negus hailè selassiè.”

la notte tra il 5 e il 6 dicembre si verificò uno scontro alla frontiera somala tra soldati delle nostre truppe coloniali e soldati abissini. era il pretesto tanto atteso. per praticamente tutto l’anno successivo mussolini sondò le altre nazioni in previsione di un nostro attacco e galvanizzò il popolo. poi richiamò cinque divisioni del regio esercito e cinque della milizia volontaria. il 3 ottobre, al comando di emilio de bono, le operazioni ebbero inizio. otto giorni dopo venero decretate le sanzioni contro l’italia (che entreranno in vigore il 18 novembre).
“così ci furono vietati prestiti e crediti, venne vietata l’importazione di merci italiane e l’esportazione di materie prime” – osservai.
“si, ma paradossalmente, non ci fu messo l’embargo all’importazione di petrolio e di semilavorati” – fece notare forcella.
“ma in pratica” – proseguì attilio –“ fu la sola perfida albione a osservare le regole dell’embargo”.
infatti, sia la germania sia gli stati uniti, ci appoggiarono apertamente e la russia stessa ha sempre continuato a rifornire l’italia di nafta.

così il regime seppe trarre vantaggio anche dalle sanzioni e il popolo si strinse ancora di più attorno al suo capo che lo guidava alla conquista di un posto al sole. nasceva così l’autarchia secondo cui tutto deve essere prodotto e consumato in italia.
grazie all'autarchia l'italia non risentì molto di questi provvedimenti, e anzi rafforzò la sua alleanza con la germania, che diventava ora l'unico paese amico. inoltre, il petrolio, indispensabile per continuare la guerra, era escluso dall'embargo; usa e germania non applicarono le sanzioni. altre misure furono prese, come ad esempio la donazione dell'oro alla patria, con la quale le coppie italiane furono invitate a donare le proprie fedi nuziali. il provvedimento fu accolto da milioni di persone, inclusi il re e la regina, che donarono le proprie fedi nuziali sull'altare della patria, e benedetto croce, noto antifascista, che donò allo stato la sua medaglia di senatore.

“sarà signor venier – intervenne il cuoco che stava servendoci il pranzo – “ sarà pure che sono un disfattista, ma io preferivo il thè al carcadè”
“allora siamo tutti disfattisti” – risposi – e ci mettemmo a ridere. “e comunque l’autarchia è entrata anche nel nostro linguaggio “- osservai – “tutte le parole straniere sono state sostituite con l’italiano; la chiave inglese è diventata la chiave-morsa, il ferry-boat è diventato il treno-battello pontone …” e continuammo in una sorta di gioco nel cercare quelle parole che il regime aveva bandito e le loro italiche sostitute.

la guerra di etiopia era stata voluta essenzialmente per assecondare le politiche espansionistiche coloniali del fascismo, per distogliere l’attenzione dai problemi interni e per rivendicare l’onta di adua dove il 1 marzo 1896, 100.000 etiopi guidati da menelik, travolsero 16.000 soldati italiani guidati da barattieri.
ma avevo interrotto il resoconto storico del mio secondo e così lo invitai a proseguire.

(segue...)
 
(... segue)

"mentre la società delle nazioni sanzionava il nostro paese, emilio de bono veniva silurato e il suo posto affidato al maresciallo badoglio. il 3 ottobre 1935 la spedizione militare costituita da 100.000 soldati italiani ed un considerevole numero di áscari, sotto il comando del maresciallo emilio de bono, iniziarono ad avanzare dalle loro basi della somalia e dell'eritrea, con l'appoggio di aerei, artiglieria e mezzi corazzati.
una guerra pianificata male e combattuta peggio, ci stava impantanando in un territorio arido e privo di qualunque risorsa.
non che mancassero i rifornimenti, anzi, ne arrivavano talmente tanti che non si sapeva come farli giungere alle truppe. comunque furono occupate le città di adigrat, adua, axum, una striscia del tigrè e macallè.
una delle prime decisioni assunte da de bono sul territorio abissino conquistato fu la liberazione degli schiavi e l'abolizione della schiavitù.
contemporaneamente, all'inizio della campagna nel nord, un contingente comandato dal generale rodolfo graziani mosse dalla somalia italiana sul fronte sud e, in una ventina di giorni, occupò i presidi etiopi di dolo, ualaddaie, bur dodi e dagnarei, incontrando deboli resistenze.
nel gennaio 1936 cominciò la seconda fase: graziani sferrò un bombardamento a tappeto sul giuba che disperse l'armata abissina. nel febbraio successivo, badoglio sconfisse ad amba aradam le truppe etiopiche e in aprile, ottenuti rinforzi dall'italia e dalla libia, sferrò l'offensiva finale.
badoglio fu autorizzato anche ad utilizzare i gas e mentre la guerra diventava un occasione per dispensare onorificenze ai gerarchi, venivano commesse stragi inaudite che furono rese pubbliche dai giornali stranieri.
queste erano la conseguenza della brutale uccisione di tito minniti, un pilota italiano caduto in territorio nemico che venne torturato e decapitato.

il 5 maggio 1936 le truppe di badoglio entravano ad addis abeba e il sabato successivo mussolini annunciava la fondazione dell’impero. roma tornava così ad essere imperiale e vittorio emanuele iii assumeva il titolo di re e imperatore.
la guerra di etiopia era finita ma le ricchezze promesse non arrivarono."

ne oro, ne ferro, ne tantomeno grano, giunsero dalla colonia. anzi, le casse statali subirono un vero collasso sperperando enormi quantità di denaro nella costruzione di strade, ponti, dighe e cosa anche più grave, illusero mussolini di avere un esercito potente e moderno, capace di fronteggiare qualunque nazione europea.
 
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hurrà! è tornata la storia!

come al solito complimenti, dai tuoi scritti traspare sempre un grande amore per la storia e l'umanità che l'ha vissuta.

aspettiamo con fiducia la prossima parte! mi raccomando, vediamo di non battere la fiacca!.
 
hurrà! è tornata la storia!

come al solito complimenti, dai tuoi scritti traspare sempre un grande amore per la storia e l'umanità che l'ha vissuta.

aspettiamo con fiducia la prossima parte! mi raccomando, vediamo di non battere la fiacca!.

ok, allora mi metto sotto...:redface:
grazie.
 
spezzeremo le reni alla grecia

30/10/1940 xviii

da qualche parte nel mediterraneo meridionale.

l’inizio della guerra per l’italia non è stato esaltante.
e non si è conclusa con la caduta della francia come invece era stato previsto.
come se questo non bastasse due giorni fa il duce, al grido di "spezzare le reni alla grecia" e, dopo la promessa delle dimissioni da italiano nel caso le nostre truppe non riescano nell’impresa, ha annunciato l’attacco nei balcani. forse nel prendere questa decisione mussolini ha tenuto in considerazione diversi aspetti politici e non.
la germania di hitler assume ogni giorno sempre maggior peso all’interno del patto grazie alle strepitose vittorie ottenute dalla wermacht.
inoltre, secondo i nostri comandi militari, conquistare una base come la grecia e le sue isole contribuirà a rafforzare la presenza italiana nel mediterraneo orientale.
anche ciano, ministro degli esteri, ritiene l'invasione semplice e favorita dalla corruzione della dirigenza politica ellenica, sicuro che al momento giusto, opererà il rovesciamento del governo stesso. a questo bisogna aggiungere il timore di mire espansionistiche inglesi verso la penisola balcanica. il nostro governo teme infatti che il territorio greco possa essere utilizzato dei britannici per bombardare l’albania, l’italia meridionale e i pozzi petroliferi rumeni di ploiesti.

così il 28 ottobre le truppe del regio esercito, partendo dalle basi albanesi, sono entrate in territorio greco. le nostre divisioni si sono trovate subito in difficoltà incontrando una resistenza inaspettata.
i mesi a seguire saranno i più drammatici di tutto il conflitto per le nostre forze armate.
nonostante la grecia fosse governata da ioannis metaxas in un regime nazionalista vicino al fascismo, in realtà il paese era legato alla gran bretagna.
i motivi di contrasto si facevano risalire al 1923 quando una commissione italiana incaricata di delimitare i confini con l’albania, venne massacrata nei pressi di ioannina. l’italia reagì occupando l’isola di corfù poi, con il tempo i rapporti migliorarono e, si arrivò alla firma di un trattato di pace e amicizia. ma con l’avvicinarsi della guerra, nel 1939 la volontà greca di mantenersi neutrale portò al mancato rinnovo di tale patto. il 15 agosto 1940 poi, durante una tradizionale festività religiosa sull’isola di tinos, il nostro sommergibile “delfino” silurava, affondandolo, l’incrociatore greco “helli”.
la responsabilità dell’episodio gravissimo (al momento la grecia era ancora neutrale), fu negata dall’italia nonostante il ritrovamento dei resti di un nostro siluro.
quando poi hitler decise l’invasione della romania senza prima essersi consultato con il duce e al quale anzi raccomandò di non intraprendere alcuna azione nei balcani, quest’ultimo ruppe gli indugi decidendo per l’attacco.

già da luglio lo sato maggiore del regio esercito ha studiato i piani per l’intervento in grecia ritenendo necessarie almeno 20 divisioni con il necessario supporto logistico. qualora i greci non si oppongano all’occupazione, sarà sufficiente invadere l’epiro e le iole jonie.
la mattina del 28 le truppe italiane varcano il confine con l’albania avanzando di 150 km dal monte grammos al mare.

le forze italiane sono costituite dal raggruppamento litorale con il 3° reggimento granatieri di sardegna, il 6° reggimento lancieri di aosta, il 7° reggimento cavalleria milano e un battaglione di camicie nere.
il xxv corpo d’armata della ciamuria, è costituito dalla 51° divisione di fanteria siena, la 23° divisione di fanteria ferrara, la 131° divisione corazzata centauro con 163 carri leggeri e da 3500 volontari albanesi. il xxvi corpo d’armata con la 49° divisione di fanteria parma, la 29° divisione di fanteria piemonte . la 3° divisione alpina julia e la 19° divisione di fanteria venezia in arrivo dalla jugoslavia oltre alla 53° divisione di fanteria arezzo inizialmente lasciata a coprire il confine con la jugoslavia.
a queste forze i greci oppongono l’8° e la 9° divisione di fanteria per un totale di 39 battaglioni.

l’avanzata italiana avviene lentamente a causa delle condizioni ambientali disastrose. i piccoli carri l3 si trovano subito in difficoltà sulle piste coperte di fango mentre l’aviazione non può operare a causa del maltempo. inoltre le avverse condizioni del mare impediscono il previsto sbarco di corfù. dopo quattro giorni gli italiani prendono konitsa raggiungendo la linea fortificata greca ma li si scontrano contro la resistenza nemica. la 3° divisione alpina julia, con 10.000 uomini, avanza sulle montagne del pindo.
dal 31 ottobre la resistenza greca si fa più aspra. il 2 novembre, dopo aver percorso 40 km con condizioni climatiche impossibili, gli italiani entrano a vovousa dove si arresta l’avanzata vista l’impossibilità di far giungere rifornimenti e vista la resistenza greca che da quel momento comincia a riconquistare il terreno perduto.
l’attacco greco ha colto di sorpresa gli italiani; la perfetta padronanza del territorio consente loro di infiltrarsi attraverso i costoni evitando le vallate dove si trovano gli italiani. così facendo, colpiscono dall’alto con i mortai le postazioni in una guerra di logoramento che mette a dura prova le divisioni parma, venezia e piemonte. in attesa che le divisioni bari e trieste raggiungano i porti dell’albania, le truppe italiane continuano a combattere con coraggio anche contro le condizioni atmosferiche.
il fiume kalamas, largo 70 metri e profondo 3, risulta inguadabile e deve essere attraversato alla foce dai lancieri di aosta e dalla siena costituendo una solida testa di ponte. invece la julia si trova in serio pericolo ritrovandosi sola, circondata e, non potendo contare su rifornimenti o rinforzi. i viveri e le munizioni disponibili sonosolo quanto i soldati hanno con se. comandare la ritirata significa ammettere la propria sconfitta per cui il generale girotti esita a dare l’ordine.
ma il 4 novembre la pressione dei greci si fa ancora più forte.
una compagnia di bersaglieri motociclisti, i carri e l’artiglieria della centauro sono inviate a proteggere le linee di comunicazione mentre finalmente alla julia è dato l’ordine di ripiegare.
la ritirata si conclude il 10 e dopo altri tre giorni gli italiani vengono scacciati dai monti del pindo.

la battaglia è stata una schiacciante vittoria greca.

(segue...)
 
(...segue)

i mesi tra novembre 1940 e gennaio 1941, sono per le forze armate italiane, i più drammatici di tutta la guerra e mussolini forse comprende che non riuscirà mai ad emulare le imprese militari di hitler.

anche a roma qualcuno comincia a preoccuparsi iniziando a distribuire le responsabilità all’uno o all’altro. buona parte delle colpe sono attribuite all’aeronautica incapace di appoggiare a sufficienza le truppe a terra. incredibilmente la iv squadra aerea in puglia, alla quale tocca il compito, non è collegata telefonicamente con il comando in albania.
fino a quando non viene steso un cavo sottomarino, le comunicazioni avvengono tramite un ufficiale che in aereo fa la spola tra tirana e brindisi.
il 6 novembre è costituito il gruppo di armate di albania con le divisioni piemonte, arezzo, parma, venezia, ferrara, centauro, siena, julia e bari con la tridentina di riserva. la ix armata sarà poi rinforzata con altre 4 divisioni mentre altre 3 saranno tenute di riserva in puglia. tutto il dispositivo deve essere pronto per il 5 dicembre. l’italia cercando di correre ai ripari e rimediare alla figuraccia, cerca di inviare quante più divisioni possibili in albania a rinforzo delle truppe mentre mussolini, infuriato per la piega degli eventi, sostituisce il comandante del gruppo di armate di albania visconti prasca, con il generale soddu il quale, appena assunto l’incarico, ordina di attestarsi sulla difensiva.

l’invasione italiana è già fallita.

tutta la guerra sta prendendo una brutta piega per l’italia. il 12 novembre aerosiluranti inglesi hanno danneggiato gravemente due corazzate e altre navi in quella diventata famosa come “la notte di taranto”.
contemporaneamente aerei britannici sono inviati a rinforzo in grecia mentre oltre 4000 uomini vanno a costituire la difesa antiaerea. la superiorità aerea passa di mano da noi agli inglesi.
si dimostra tutta l’impreparazione e l’approssimazione della catena di comando del nostro esercito. le divisioni, non appena sbarcate in albania, vengono inviate al fronte senza aspettare che si siano completati i reparti perdendo così frammentata, il peso che invece dovrebbe avere.
e’ quello che è accaduto alla modena e che succederà anche ad altre divisioni. il caos è totale mentre mussolini tempesta freneticamente di telefonate i comandi sollecitando, intervenendo, ordinando.

il 30 novembre visconti prasca viene messo in congedo pur rappresentando un alibi troppo debole per il duce, responsabile di aver scelto male l’uomo, il momento, il luogo e l’avversario. il vero responsabile, l’unico capro espiatorio plausibile è il maresciallo badoglio che però, come già a caporetto, sta predisponendo la propria difesa. attaccato dal gerarca roberto farinacci sulle pagine del quotidiano “regime fascista” il maresciallo presenta le sue dimissioni da capo di stato maggiore generale, ruolo ricoperto da oltre 15 anni, ed è sostituito il 4 dicembre 1940, dal generale ugo cavallero.
badoglio crede che vittorio emanuele iii interverrà in sua difesa ma questo non avviene anzi, il re in risposta a mussolini dichiara: ” non bisogna credere che badoglio alla fine sia insostituibile. sono anzi persuaso che anche in questo caso non tutto il male verrà per nuocere”.

badoglio viene “messo in libertà” dal duce.

il generale tedesco kaitel, in un colloquio con il maresciallo badoglio avuto tra il 14 e il 15 novembre, ha espresso il suo disappunto per la situazione dichiarando che la germania ritiene necessario “il totale annientamento della grecia che si sta trasformando in una importante base aeronavale per gli alleati”.
badoglio a sua difesa cerca di scaricare tutta la colpa sui politici che hanno male interpretato le reali condizioni della grecia.
nelle stesse ore in cui si svolge questo colloquio viene sferrata l’offensiva greca e mentre a roma si svolgono questi squallidi giochi di palazzo, la julia è immersa nel fango. senza cibo, sotto la costante aggressione dell’esercito greco e della popolazione, la splendida divisione julia è ormai ridotta ad una divisione fantasma avendo perso oltre un quinto dei suoi effettivi.

e’ l’alba del 14 novembre, alba particolarmente tragica per gli italiani.
sulle montagne è già inverno, un inverno freddo e duro caratteristico delle montagne albanesi flagellate dalla bora con il termometro che scende molti gradi sotto lo zero.
il generale alexandros papagos lancia i suoi 250.000 soldati contro i nostri 150.000 sfondando le difese italiane costrette a ripiegare su una nuova linea difensiva.
il 18 mussolini pronuncia un discorso nella sala regia di palazzo venezia davanti ai gerarchi del pnf in cui cita la famosa frase: “dopo lungo pazientare abbiamo strappato la maschera ad un paese garantito dalla gran bretagna, un subdolo nemico, la grecia…. le aspre valli dell’epiro e le loro strade fangose non si prestano a guerre lampo come pretenderebbero gli incorreggibili che praticano la comoda strategia degli spilli sulle carte. nessun atto o parola mia o del governo e di nessun fattore responsabile l’ha fatto prevedere. dissi che avremmo spezzato le reni al negus. ora, con la stessa certezza assoluta, ripeto assoluta, vi dico che spezzeremo le reni alla grecia. in due o dodici mesi non importa. la guerra è appena incominciata. noi abbiamo uomini e mezzi sufficienti per annientare ogni resistenza greca. l’aiuto inglese non potrà impedire il compimento di questo nostro fermissimo proponimento, ne evitare agli elleni la catastrofe che essi hanno voluto e dimostrato di meritare. pensare o dubitare di qualcosa di diverso significa non conoscermi. una volta preso l’avvio io non mollo più fino alla fine. l’ho già dimostrato e qualunque cosa accada, o possa accadere, tornerò a dimostrarlo. i 372 caduti, i 1081 feriti, e i 650 dispersi nei primi dieci giorni di combattimenti sull’epiro saranno vendicati”.

(segue...)
 
(...segue)

mente il duce parla, la julia, che ha temporaneamente ceduto il suo settore alla divisione bari, è costretta a ritornare in prima linea per il cedimento di questa unità gettata al fronte senza artiglieria. per la violenza dell’attacco molte forze italiane si trovano in posizione difficile e il nemico si infiltra tra le posizioni mettendo in crisi le già fragili linee di comunicazione.
il comando italiano è allarmato e viene richiesto l’invio urgente di “tutto quanto è possibile”.
viene deciso di arretrare lungo il crinale dei monti morova ma i bersaglieri che proteggevano il fianco della divisione bari si sono dovuti riposizionare più indietro scoprendo così il lato.
il caos è totale, tra pioggia, neve, granate e colpi di mortaio, il combattimento si fa furioso.
mancano le medicine, le bende, gli ospedali da campo. la sera del 19 soddu decide che è inevitabile arretrare di 50 km predisponendo una nuova linea difensiva e ne chiede l’autorizzazione sia a badoglio che al duce, contrario a cedere parte dell’albania all’avanzata greca.
duce che deve anche “digerire” le aspre critiche di hitler che in una lettera si lamenta della inopportuna iniziativa italiana.
così a soddu è lasciata la responsabilità di decidere sul ripiegamento che avviene durante la notte del 21. anche il raggruppamento costiero arretra con la siena, la ferrara e la centauro.
e’ il riconoscimento della sconfitta.
le nostre truppe sono moralmente distrutte e fisicamente sfinite. ma non è che i greci stiano meglio. infatti, non approfittano della situazione temendo di cadere in una trappola. solo il 28, dopo una furiosa battaglia contro i reggimenti della venezia, prendono pogradec considerato un prezioso bastione difensivo.

già il 4 dicembre il generale soddu si dichiara pessimista sulle possibilità italiane e propone una soluzione politica della guerra accolta da mussolini con la seguente frase “piuttosto che chiedere l’armistizio alla grecia è preferibile partire tutti per l’albania e farci uccidere sul posto”.
nel pomeriggio dello stesso giorno, cavallero arriva in aereo in albania e incontra soddu il quale, fa il punto della situazione: viveri di riserva nulli; equipaggiamento minimo, indumenti invernali zero, munizioni di fanteria zero, munizioni di artiglieria esaurite, materiale del genio nullo, materiale sanitario insufficiente, mentre i greci continuano a battersi con entusiasmo.
il 18 dicembre cavallero tiene una riunione a roma nella quale riassume la situazione del fronte. ormai si combatte solo per resistere mentre i casi di congelamento tra i nostri soldati raggiungono cifre preoccupanti.
l’anno comunque si conclude con un altro siluramento.
soddu viene “convocato” a roma e li rimane.

fino a quel momento lo stato maggiore tedesco non ha mostrato particolare interesse verso i balcani eccetto due particolari “interessi strategici”: il petrolio romeno e la mano d’opera slava.
tutte le popolazioni della zona dovevano infatti accettare di lavorare per terzo reich senza suscitare problemi. la situazione per le popolazioni slave è precipitata proprio dopo l’aggressione italiana alla grecia. paradossalmente se mussolini fosse riuscito realmente a “spezzare le reni alla grecia”, hitler non avrebbe perso tempo per invadere la jugoslavia e i balcani.
ma gli italiani si sono impantanati in una guerra di trincea e l’inghilterra ne ha approfittato per correre in aiuto dell’alleato.
il pericolo rappresentato dalle basi aeree che i britannici stanno approntando a creta e dalle quali possono colpire i pozzi petroliferi romeni, preoccupa la germania. si rende quindi indispensabile un intervento che stronchi sul nascere ogni velleità inglese.

alla fine del 1940 i rapporti tra jugoslavia e germania sono più che tesi anche se il presidente jugoslavo e il ministro degli esteri assicurano hitler e von ribbentrop della volontà di avvicinarsi alle posizioni tedesche.
ma per hitler gli slavi continuano a tenere i piedi in due staffe e questo è inaccettabile.
la realtà è che la politica apparentemente neutrale della jugoslavia ispirata dal principe paolo, che sottobanco cerca l’appoggio di grecia e inghilterra, è un gioco molto pericoloso. la nazione è assolutamente impreparata militarmente a reggere lo scontro con i tedeschi oltre al rischio che la croazia, nella speranza di ottenere l’indipendenza, volti le spalle. ma l’inghilterra non può fornire i 200.000 uomini di cui belgrado necessita. tra il 4 e il 5 marzo il cancelliere tedesco incontra il reggente paolo illustrandogli la situazione europea. la germania ha sconfitto la francia, la gran bretagna è allo stremo, non vi sono più rivendicazioni territoriali, manca solo di definire un assetto che garantisca la pace. “forse belgrado non ritiene la germania sul punto di vincere la guerra?”.
il fhurer comprende che ci sia qualche preoccupazione per l’attacco dell’italia alla grecia ma la jugoslavia deve sentirsi rassicurata dalla germania.
così la jugoslavia è chiusa in una morsa.
dopo febbrili trattative il governo slavo accettava l’ingresso nel tripartito a patto che non venisse coinvolto nella guerra. ma mentre i rappresentanti di governo firmano a vienna il patto con i tedeschi, la popolazione si rivolta e occupa i punti chiave della capitale. il presidente del consiglio viene arrestato e il reggente paolo è costretto ad abdicare. ma il colpo di stato viene appreso da hitler con uno dei suoi memorabili, violenti scatti di ira.
il giorno 27 marzo goering riceve l’ordine di “distruggere belgrado mediante bombardamenti aerei” mentre viene emanato l’ordine di invasione mentre con un lungo telegramma, chiede a roma di “azzannare a sua volta la jugoslavia”.

così, mentre a berlino ci si domanda quale affidamento possano offrire le rassicurazioni italiane, il 9 aprile 21 divisioni tedesche, oltre ad altre 11 di riserva, valicano il confine, il 10 zagabria è presa, il 12 cadono sisac, bihac e karlovac dove tedeschi e italiani si congiungono. gli slavi sono accerchiati, spazzati via. ora la wermacth può avventarsi contro la grecia.
ma l’ansia di mussolini, nella quale la retorica ha la meglio sulla logica, fa crescere la smania nel duce di “arrivare prima” dell’alleato così da ascolto a chi gli suggerisce di finire la guerra contro la grecia prima dell’intervento tedesco.

ma la nuova offensiva del 9 marzo si rivela un nuovo clamoroso fiasco.

la tattica italiana, ferma alla prima guerra mondiale e consistente in massacranti attacchi frontali si conferma superata e inefficiente. il 17 aprile la jugoslavia firma la resa e la germania può rivolgere le sue attenzioni verso la grecia. la campagna di grecia non ha storia. il generale von boehme, alla testa di 3 divisioni di fanteria e una divisione corazzata, si rovesciano verso il monte olimpo nonostante la resistenza delle truppe inglesi.
il 23 aprile il re e il governo greco lasciano partono alla volta di creta e il 28 le truppe germaniche entrano ad atene.

che la sorte dei balcani fosse segnata era evidente a tutti. ma l’ostinazione della jugoslavia e della grecia costrinsero la germania a rinviare l’attacco alla russia con le conseguenze che vedremo.
 
el caudillo

abbiamo ricevuto l'ordine di portarci di fronte a gibilterra e pendolare in cerca di traffico nemico.
gibilterra è rimasta in mano inglese nonostante le "pressioni" tedesche e italiane su franco ed è da qui che passano i convogli diretti a malta.
malta e gibilterra, due errori clamorosi.
sono trascorsi già diversi mesi di guerra e le illusioni hanno lasciato il posto alla tragica realtà. dopo sei mesi di guerra già numerosi sommergibili italiani sono affondati e con loro molti bravi equipaggi.
e’ l’ora di cena.
a bordo di un sommergibile il menù è uguale per tutti, dal comandante ai marinai. il cibo non manca, si va dal latte alle gallette ai viveri in scatola anche se occorre stare attenti a non eccedere nei consumi. d’altronde la nostra vita è questa, fatta per lo più di privazioni e sopportazione.
le cuccette sono la metà dell’equipaggio quindi si dorme a turno in due nello stesso giaciglio.
solo il comandante ha una cuccetta tutta per se.
non parliamo poi delle immersioni “lunghe”. per le prime 15 ore si respira l’aria del battello ma poi occorre immettere ossigeno che da un po’ di benessere e sollievo. uno dei momenti critici è l’emersione. il nostromo ha l’incarico di aprire il portello della garitta ma deve farlo con molta attenzione. va aperto lentamente, equilibrando la pressione fra dentro e fuori se non si vuole che il portello voli via. ora si possono ventilare i locali sostituendo l’anidride carbonica con aria fresca.

all’improvviso allarme generale, dal buio sono spuntati due caccia nemici che puntano su di noi a tutta forza, ordine di immersione rapida, i marinai in plancia si gettano in camera di manovra e dopo nemmeno trenta secondi, siamo già a 40 metri di profondità.
ora bisogna fare assetto mentre il battello continua a scendere. lo strumento segna 100 metri anche se il sommergibile è collaudato per 80… sopra i due caccia ci bombardano regolando le esplosioni fino a 70 metri ma noi continuiamo a scendere.
meno 140, quaggiù le esplosioni non si avvertono nemmeno ma le lamiere dello scafo sono serrate in una morsa ferrea e scricchiolano sotto la pressione del mare.
non c’è stato il tempo di effettuare il ricambio dell’aria e i topi avvelenati dal monossido accumulato negli strati più bassi, muoiono tra i nostri piedi.
non ero mai sceso così in profondità. avevo toccato i meno 100 quando imbarcato su un altro battello, ero stato mandato in missione durante la guerra di spagna…

già, la guerra di spagna...
mentre negli anni venti la diplomazia italiana si muoveva in un contesto di relativa pace, la politica di roma, nazionalista e ricca di rivendicazioni imperialiste, inaugurava con dino grandi la politica del “peso determinante” volta a ridiscutere i trattati di pace di versailles. la politica del regime si era fatta più aggressiva culminando nella guerra di etiopia.
il 18 luglio 1936 poi, era scoppiata in spagna la guerra civile che vedeva affrontarsi le sinistre del fronte popolare, e la falange, una forza ideologicamente paragonabile al fascismo, nelle mani del generale galiziano francisco franco. la repubblica spagnola, guidata dal 1931-32 da una coalizione di repubblicani e socialisti e poi dal centro-destra, era sconvolta dalle agitazioni nazionaliste in catalogna e dalla rivolta sociale nelle asturie. nell'ottobre 1934 a reprimere le rivolte fu inviato il generale franco che, nel luglio 1936 promosse l'insurrezione dei generali contro il governo del fronte popolare di azaña (formato da repubblicani, socialisti e comunisti) uscito vittorioso dalle elezioni del febbraio.
al fianco della repubblica affluirono molti intellettuali e operai anche da stati esteri (allo scoppio delle ostilità già 60.000 volontari provenienti da 53 nazioni, si erano offerti in aiuto dei repubblicani) mentre a sostegno di franco si schierarono il vaticano e i regimi fascisti.
il contributo italiano fu determinante fin dall'inizio delle ostilità: le aviazioni italiana e tedesca effettuarono un ponte aereo tra il marocco e la spagna per dislocare in territorio spagnolo materiali e forze franchiste.
a fianco della repubblica si schierò l'unione sovietica che inviò aiuti militari e organizzo le brigate internazionali.
l'italia inviò ben 70.000 uomini dell'esercito, 4.000 uomini dell'aviazione e alcune unità della marina; la germania inviò la legione condor, il migliore squadrone da bombardamento aereo.
pur sconfitte a guadalajara, le truppe italiane furono determinanti in molte operazioni militari, soprattutto nella riconquista del nord repubblicano e, nel bombardamento di barcellona che vide impegnate le frecce nere nel marzo 1938.
nel giugno 1939 furono rimpatriati gli ultimi soldati italiani dopo che la parata militare ordinata da franco per festeggiare la vittoria, era stata aperta da un battaglione di camicie nere e, chiusa dai piloti della legione condor.
non era semplice gratitudine, ma l'ammissione che l'intervento italiano e tedesco era stato determinante.
ma mentre per hitler l’intervento era dovuto alla necessità delle materie prime presenti in spagna: la germania aveva infatti un disperato bisogno del ferro spagnolo, viene da domandarsi per quale ragione mussolini decise di lanciarsi in un'impresa senza alcun reale tornaconto.
inoltre per il führer poteva significare valutare le capacità belliche della germania in una sorta di test, oltre alle “vicinanze” ideologiche.

nessuno dei due dittatori ebbe comunque il tornaconto sperato dalla vittoria finale del "caudillo" franco.
quest'ultimo infatti negherà l'appoggio all'asse e si dichiarerà “non belligerante” rifiutando in seguito l'accesso alle divisioni tedesche che avrebbero dovuto assaltare gibilterra.
l’italia dal canto suo, non fu mai risarcita per le ingenti perdite di mezzi subite dall'italia durante la guerra civile spagnola.
 
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roberto

ore 15,00. quota periscopio.
do un’occhiata, niente...
no, un momento...
molto lontano un filo di fumo che si alza dal grigio orizzonte, prua addosso e avanti.
si tratta di un piroscafo che procede ignaro verso di noi.
ore 19,00 identificato mercantile. procede a luci spente e reca un cannone a poppa. penso ad emergere e fermarlo a cannonate ma anche lui è armato e potrebbe colpirci durante l’emersione.
ore 20,30 decido per il siluro e ordino il pronti in camera di lancio. il beta è buono e a 600 metri ordino il fuori. la variazione di peso a prora non causa variazioni di assetto, e pochi secondi dopo … colpito! aria a tutto e timoni a salire. andiamo a vedere cosa abbiamo preso!
ore 20,33 in superficie rottami, casse e undici superstiti. li accogliamo a bordo e li faccio sistemare in camera di lancio addietro. il comandante mi conferma che ho affondato un piroscafo francese partito da marsiglia e diretto ad algeri, il “selik” da 2850 ton. carico di legname e materiali edili.
ore 21,45. immersione.
ore 22,10 contatto agli idrofoni.
e’ il solito rumore di prima. e’ già qualche giorno che gli idrofoni segnalano un insolito rumore a poppa. a questo punto è forte il sospetto che non si tratti di un contatto bensì di un rumore prodotto da noi. un giro di periscopio mi conferma che l’orizzonte è libero. saliamo in superficie. viene accertato dal direttore che il rumore ascoltato agli idrofoni è causato dall'impianto calzoni e che non è riparabile in navigazione. faccio salire in plancia il comandante francese. mi chiede il permesso poi accende una sigaretta che diffonde un odore forte, dolciastro.
e cominciamo una piacevole discussione ma che dopo poco, inevitabilmente finisce con il parlare della guerra.
ad un tratto mi chiede "pourquoi avez-vous vous italiens alliée à l'allemagne? pourquoi avez-vous attaqué?"
mi volto e nascondo lo sguardo nel binocolo. non so rispondere, sono un militare non sono un politico ma nel contempo non voglio apparire imbarazzato.
certo che la germania oggi sembra inarrestabile, polonia, olanda, belgio, danimarca, norvegia e francia sono cadute una dopo l'altra. mussolini è convinto che la germania del suo amico hitler sia veramente imbattibile adesso che è padrone dell' europa, per l' inghilterra è solo questione di tempo.
dopo la prima guerra mondiale la germania si trovava in un grave periodo di instabilità politica. la sconfitta era stata pagata a caro prezzo. ridicolizzata dal trattato di versailles, con il popolo alla fame, sconvolta da gravissimi scontri di piazza, il governo di weimar si rivelò troppo debole per arginare la protesta e si prospettò il rischio di una rivoluzione bolscevica. le ragioni principali di questa instabilità furono tre:
- frammentazione dei partiti politici, che non riescono a coalizzarsi;
- prevale l'idea della germania imperiale, anziché quella della repubblica;
- incerta situazione economico-sociale: salari bassi, disoccupazione, inflazione.

un passo indietro.

adolf hitler (1889-1945) nasce in austria da una povera famiglia. partecipa alla prima guerra mondiale come volontario, distinguendosi per i suoi meriti. dopo la sconfitta si unisce al partito dei lavoratori tedeschi, un piccolo gruppo nazionalista di estrema destra guidato da anton drexler, che trae le proprie origini da circoli e sette esoteriche come la thule e dall’influenza di tetri e enigmatici personaggi, tutti fattori che contribuiscono a creare un macabro alone di mistero e di occulto circa presunti lati oscuri del nazional-socialismo e circa il suo legame con il mondo del paranormale. dopo aver scritto nel settimanale del partito, il völkischer beobachter di monaco e dopo aver esposto, il 24 febbraio 1920, in una birreria di monaco (la "hofbräuhaus"), in venticinque punti, il suo programma, fondato su teorie razziali, il 10 luglio 1921, adolf hitler è nominato capo del movimento ribattezzato "partito nazional-socialista dei lavoratori tedeschi"; l’emblema della formazione è la svastica, un’ antica immagine della tradizione indoeuropea simboleggiante la fortuna, nota nella religione nordica per essere legata al sole e rappresentante thor, il dio del fulmine; nelle teorie occulte la svastica è il simbolo esoterico più importante, indicato come l’emblema della razza ariana. hitler fonda un partito organizzato militarmente, attraverso la nascita delle sa (squadre d’assalto), i gruppi paramilitari nazisti, diretti dal comandante ernst rohm, che vengono impiegati da hitler e dai suoi seguaci, nel cosiddetto putsch di monaco, il fallito colpo di stato del novembre 1923, con conseguente l’arresto del futuro fuhrer e condanna a cinque anni di reclusione nel carcere di landsberg; nella realtà la prigionia, in seguito ad amnistia, dura meno di un anno e proprio durante la sua detenzione hitler detta al fedele amico hess, camerata della prima ora, il "mein kampf", considerato una testimonianza personale e un manifesto politico. in quell'opera hitler espone le proprie teorie e in particolare sul darwinismo sociale, sostenendo che la razza ariana è destinata a prevalere sulle altre necessitando della giusta espansione verso i territori orientali ed il dominio sui popoli inferiori. l'ebreo è il peggiore nemico in quanto gli ebrei sono da sempre legati a professioni con ampi giri di denaro: banchieri, orefici, strozzini, eccetera. l'ebreo ha colpa di tutto ciò che sta accadendo in germania, ed è considerato bolscevico e inferiore. uscito dal carcere, hitler si dedica alla ricostituzione del partito nazionalsocialista, attribuendogli una gerarchia: alla testa del partito vi è il führer, cioè egli stesso, mentre ogni regione ha un gauleiter, dal quale dipendono i funzionari minori. i nazisti sono appoggiati dalle industrie tedesche, che li vedono come uno strumento di difesa verso il comunismo bolscevico. nelle nuove elezioni per il reichstag, il 31 luglio 1932, il partito nazionalsocialista ottiene il 37,4% dei voti, diventando il primo partito tedesco. nelle elezioni successive, nel novembre 1932, i nazisti perdono due milioni di voti, ma il 30 gennaio 1933 hindenburg nomina hitler cancelliere del reichstag. il 27 febbraio dello stesso anno il reichstag viene incendiato; la colpa è data ai comunisti, e questo è il pretesto per l'emanazione di nuovi decreti repressivi contro le libertà personali e politiche. si svolsero nuove elezioni politiche, il 5 marzo 1933, e i nazisti ottennero così il 43,9% dei voti. i deputati comunisti erano stati arrestati, quindi non potevano nuocere. i nazionalsocialisti avevano così un'ampia maggioranza. nacque così il terzo reich di una grande germania, votata alla rivincita. la dittatura del nazionalsocialismo assume forme spietate con l'instaurazione di un clima di terrore mediante la milizia delle ss (con compiti di polizia), la polizia segreta di stato o gestapo, e i campi di concentramento. hitler, quale guida del popolo germanico, è sia capo del partito, sia cancelliere, sia presidente della repubblica.
il 25 novembre 1936, la germania nazista e l'impero del giappone firmarono il cosiddetto patto anti-comintern, cioè contro l'unione sovietica.
l'italia si unì al patto il 6 novembre 1937. il 22 maggio 1939 la germania firmava con l'italia il patto d'acciaio ossia il primo nucleo dell'alleanza militare che in seguito sarà estesa, il 27 settembre 1940, anche al giappone dando vita all'asse roma-berlino-tokio (ro_ber_to) e che nel proseguo sarà allargato a paesi come l'ungheria, la slovacchia, la romania, la bulgaria, la croazia. così il mondo si troverà diviso in due schieramenti, l'asse e gli alleati. nonostante i paesi dell'asse non avessero istituito organismi idonei di coordinamento, erano accomunati dagli stessi obiettivi.
1) l'espansione dei propri territori, con la costituzione di veri e propri imperi, attraverso la conquista militare e il rovesciamento dell'ordine internazionale creatosi dopo la prima guerra mondiale;
2) la distruzione o almeno la neutralizzazione del comunismo sovietico.

e' da notare cheil termine fu utilizzato per la prima volta da mussolini in un discorso tenuto a milano il 1 novembre 1936 dove definiva "asse" l'intesa del precedente 25 ottobre. le nazioni che ne fecero parte erano quelle insoddisfatte dall'assetto geo-politico conseguente alla prima guerra mondiale e che cercavano di costituire un "nuovo ordine". per questo scopo occorreva contrastare il capitalismo occidentale rappresentato da gran bretagna, francia e stati uniti ed il comunismo della russia.
ciò nonostante hitler era un ammiratore dell'impero britannico dimostratosi razzista nei confronti delle popolazioni indigene (i campi di concentramento erano una invenzione inglese nelle guerre boere).
era anche un profondo ammiratore di henry ford (autore del libro antisemita "l'ebreo internazionale"), il capitalista fondatore della ford motor company che premiò con la "gran croce del supremo ordine dell'aquila tedesca" la più alta onorificenza del regime per uno straniero.
 
sempre puntuale e preciso.
tuttavia mi permetto che non mi risultano meriti di adolf in guerra, o meglio mi risultano creati a posteriori.

per quanto riguarda thor, io sapevo che era il dio del tuono e non del fulmine.
la svastica presente già tra i goti, ma risalente a molto prima, dovrebbe rappresentare proprio il martello di thor stilizzato, ovvero quando viene lanciato e rotea su sè stesso.
la causa dell'impatto del martello provoca appunto il tuono.

sempre se ricordo bene :(

ciao
 
sempre puntuale e preciso.
tuttavia mi permetto che non mi risultano meriti di adolf in guerra, o meglio mi risultano creati a posteriori.

per quanto riguarda thor, io sapevo che era il dio del tuono e non del fulmine.
la svastica presente già tra i goti, ma risalente a molto prima, dovrebbe rappresentare proprio il martello di thor stilizzato, ovvero quando viene lanciato e rotea su sè stesso.
la causa dell'impatto del martello provoca appunto il tuono.

sempre se ricordo bene :(

ciao

ti riporto fedelmente quanto indicano le mie "fonti" (che comunque non sono assolute).
"il culto di thor durò a lungo nelle regioni scandinave. il dio, associato al lampo ed al tuono, è stato paragonato a zeus ed ercole nel mondo occidentale. "
per quanto riguarda la svastica, ti ricordo che "si tratta di un simbolo molto antico, se ne trova traccia in asia, in mongolia, in india e anche nell’america centrale. compare in molte culture dell’antico e del nuovo mondo, la conoscevano i celti, gli antichi greci, gli etruschi, gli egizi, i mesopotami e gli aztechi.
può ruotare verso sinistra o verso destra a seconda dei ripiegamenti dei suoi uncini. nell’area meridionale i “ganci” sono occasionalmente rivolti verso l’interno o spezzati; in quella germanica invece il martello di thor e raffigurato sotto la forma di croce gammata.
la sua importanza va ricondotta all’esaltazione romantica del germanesimo che fece la sua comparsa a cavallo fra i due secoli. prima, nel 1910, venne adottata come segno d’arianità da vari gruppi antisemiti.
poi la “croce uncinata” destrogira apparve nel 1919 come simbolo araldico della thule-geselschaft e, secondo il barone glauer von sebottendorff (fondatore della thule), indicava il percorso ascendente del sole dal solstizio d’inverno a quello d’estate.
nel 1919 friederich krohn, appartenente alla thule, aveva proposto una croce gammata sinistrogira ma l’idea non riscosse successo.
alla fine la svastica fu adottata da hitler come simbolo, prima del partito nazionalsocialista, e in seguito, dal 1933 al 1945, posta al di sotto dell’aquila imperiale divenne l’emblema del terzo reich. la svastica con i bracci rivolti a sinistra è dovuta all’erronea convinzione dell’origine indoeuropea e ariana del simbolo."


per quanto riguarfda invece i meriti in guerra, mi riprometto di affrontare la cosa con maggiore tempo a disposizione.
ciao.
 
sempre puntuale e preciso.
tuttavia mi permetto che non mi risultano meriti di adolf in guerra, o meglio mi risultano creati a posteriori...
ciao

uno storico, di nome thomas weber, ha scritto un libro dal titolo "hitler's first war" secondo il quale il futuro dittatore non avrebbe avuto meriti particolari durante la grande guerra. il suo ruolo sarebbe stato quello di portaordini e questo non gli avrebbe permesso di ottenere onoreficenze.
può senz'altro essere che a posteriori sia stata creata ad arte la figura del "grande condottiero", ma le biografie ufficiali, per ora, riportano un'altra versione.
hitler arriva a combattere la guerra come, se così si può dire, "disertore". infatti, nel 1913 lascia l'austria e emigra in germania. lo fa un anno prima dello scoppio della grande guerra. lo fa per sottrarsi al servizio militare austriaco, ma non perché è contrario alla guerra, anzi, lui vuole combattere, ma con la germania e non con l'austria. infatti, appena cominciata la guerra si arruola come volontario nell'esercito tedesco. nella guerra, hitler si sente finalmente a suo agio ma rimane un soldato semplice perché i suoi superiori non lo ritengono idoneo per comandare, a causa del suo spiccato individualismo. i suoi compagni lo ricorderanno come un tipo un po' strano, che spesso faceva discorsi politici molto radicali, ma anche un po' confusi.
le biografie riportano che si arruola come volontario nel 16º battaglione di fanteria bavarese ("reggimento list") il primo agosto 1914. viene mandato in francia e in belgio come staffetta portaordini (ordonnanz) e il 7 ottobre 1916, durante la battaglia della somme, è ferito ad una coscia e ricoverato vicino a berlino. il marzo successivo torna al fronte dove combatte tutte le battaglie delle fiandre distinguendosi in combattimento. per questo riceve la croce di ferro di seconda classe nel novembre del 1916 e quella di prima classe nell'agosto del '18.
il 28 settembre è nuovamente ferito durante la battaglia di cambrai - san quintino. sorpresi da un attacco inglese del reggimento del duca di wellington, i tedeschi vengono sopraffatti. uno dei soldati del plotone, henry tandey, vedendo hitler ferito e incapace di difendersi, decide di risparmiargli la vita, gesto che viene confermato dallo stesso soldato anni dopo: "non potevo sparare a un uomo ferito, così l'ho lasciato andare. dio sa quanto mi dispiace averlo risparmiato". così il caporale, scampato miracolosamente, è nuovamente al fronte. rimane temporaneamente accecato dalla iprite durante la battaglia di passchendaele e nuovamente ricoverato.
durante la degenza apprende della resa tedesca. il reggimento "list", di cui faceva parte anche il suo futuro delfino, rudolf hess col grado di tenente, viene ritirato dal fronte delle fiandre a fine novembre 1918 e i soldati rientrano a monaco di baviera all'inizio di dicembre, trovandola in preda alla rivoluzione comunista che nel frattempo era scoppiata come in altre città tedesche.
il resto lo sappiamo.
 
esatto sempre al top exatem, è un piacere leggerti.

non discuto sui meriti di hitler anche se continuo a ricordare confusamente qualcosa di contrario, e non riferito allo sorico weber.

sono invece quasi sicuro di quello che dico sulla croce uncinata.

d'accordo sapevo già che era stata utilizzata moooooooooolto tempo prima da altri popoli, ma per i popoli nordici europei rappresenta quello che ho detto io la stilizzazzione del lancio del martello di thor.
se non ricordo male era in uso in molte popolazioni il fatto di far girare un martello simbolico sopra le teste della coppia all'atto del matrimonio come buon augurio.

se ritrovo la fonte te la scrivo.

ciao
 
riguardo thor sembra che sia il dio del tuono (come dicevo io) e del fulmine (come dicevi tu), quindi entrambi.
sul martello ho trovato questo:
riproduzioni del martello erano molto popolari in scandinavia e utilizzate nei blót e in altre cerimonie sacre, ad esempio i matrimoni. nel 1925, a gotland, un martello venne posto sul letto degli sposi novelli per portare fertilità alla nuova famiglia. durante il periodo di conversione al cristianesimo, fu in competizione con il simbolo della croce e talvolta indossato contemporaneamente ad essa.
l'ho preso da qui: http://it.wikipedia.org/wiki/mjöllnir che, ci tengo a precisare non è la mia fonte, che continuo a non ricordare.
la ricerca prosegue .....
 
eroi

24 gennaio 1941 – xviv
dopo la sconfitta della francia la situazione militare in africa settentrionale è diventata assai favorevole per gli italiani. la smilitarizzazione della tunisia francese potrebbe permettere lo spostamento delle truppe lungo il confine egiziano. la conquista dell’egitto e del canale di suez consentirebbe di congiungere i possedimenti in africa settentrionale e orientale eliminando dal mediterraneo ogni base inglese.

il governatore della libia italo balbo poteva disporre della 5^ armata del generale gariboldi sudivisa in x, xx e xxiii corpo d’armata con 500 cannoni e 2.200 autocarri, e della 10^ del generale berti costituita dal xxi e dal xxii corpo d’armata con 1.600 pezzi d’artiglieria e 1.000 autocarri. in totale 200.000 uomini più 30.000 libici, 339 carri leggeri tipo l3, 8 carri fiat 3000 e 7 blindo. le forze aeree contavano su 315 aerei da caccia e da bombardamento.
gli inglesi disponevano in egitto della “western desert force” comandata dal generale o’connor con 40.000 uomini suddivisi nella 7^ divisione corazzata, la 4^ divisione indiana, la 6^ divisione di fanteria e una brigata neozelandese.
i carri erano 134 carri leggeri mark iv, 114 carri medi cruiser e 38 autoblindo. le forze aeree erano numericamente equivalenti a quelle italiane.

in questo quadro ciò che preoccupava maggiormente balbo erano le forze corazzate. il governatore, consapevole della superiorità dei mezzi britannici, chiese a roma nuove forze corazzate dotate di mezzi più potenti con un messaggio indirizzato a badoglio ne quale diceva:”i nostri carri d’assalto sono vecchi e armati solo di mitragliatrici. le mitragliatrici inglesi hanno proiettili che riescono a perforare le sottili corazze dei nostri carri. noi non abbiamo carri armati, i nostri cannoni anticarro sono vecchi e inefficaci contro i mezzi inglesi”.
balbo aveva sperato di poter disporre del materiale francese resosi disponibile in tunisia ma le condizioni dell’armistizio lo impedì.
così ottenne da roma l’invio di 70 carri medi m11/39 (che arriveranno a luglio).
l’iniziativa in africa fu presa il 10 giugno stesso dagli inglesi che attaccarono alcune postazioni italiane lungo il confine libico. il giorno seguente le blindo del 11^ reggimento ussari attaccarono una colonna italiana scortata da 17 carri leggeri l3. tutti i carri italiani furono distrutti o catturati e il colonnello d’avanzo, caduto in combattimento, fu la prima medaglia d’oro al valore in africa settentrionale. il 12 e il 13 le posizioni di sidi omar e ridotta maddalena,furono attaccate e gli italiani costretti a ritirarsi mentre, il 14 fu annientato il reparto della ridotta capuzzo. di conseguenza dovettero essere abbandonate le posizioni di sidi azeiz ritirandosi verso bardia. gli inglesi attaccavano e si ritiravano rendendo vani i tentativi di controffensiva italiana. si dovette attendere il 28 giugno e la firma dell’armistizio con la francia prima di passare all’offensiva. badoglio telegrafò a balbo l’ordine di prepararsi all’azione per il 15 del mese successivo.

ma proprio quel giorno, alle 17,40, il trimotore s79 di balbo fu abbattuto per errore dall’incrociatore antiaereo san giorgio ormeggiato a tobruk. italo balbo fu sostituito dal generale graziani che arrivò a tripoli il 30 mentre all’inizio di luglio arrivavano anche i 70 m11/39 promessi a balbo oltre a 500 veicoli.

il carro medio m11/39 (vedi allegati) era un mezzo corazzato da 11 tonnellate mosso da un motore da 105 cv e armato con un cannone semiautomatico da 37/40 e due mitragliere breda da 8mm. suddivisi in due battaglioni, il i e il ii, ebbero il battesimo del fuoco il 5 agosto nei pressi di sidi azeiz quando si scontrarono, avendo la meglio, contro i carri inglesi che subirono 4 perdite.

dopo diversi alterchi tra mussolini e badoglio, graziani presentò il suo piano di azione. saremmo avanzati verso sidi el barrani su due direttrici, una lungo la costa e l’altra interna. per questa azione da tenersi alla fine di agosto, graziani chiese altri 600 autocarri ma, alle 15.30 del 7 settembre 1940, mussolini ordinò l’offensiva per il giorno 9, senza aver concesso i mezzi necessari.
così graziani dovette accettare il rifiuto degli autocarri e di conseguenza, modificare i piani dell’offensiva. non potendo autotrasportare tutti i reparti, il generale decise di far avanzare il grosso delle truppe lungo la strada costiera. l’8 settembre venne diramato l’ordine ai reparti.
la protezione aerea era garantita dalla 5^ squadra con 300 velivoli.

la marcia degli italiani fu subito resa difficile dal “ghibli” che impedì l’osservazione e l’appoggio aereo mentre a terra la temperatura superava i 45.
l’avanzata avvenne comunque così velocemente che il 12 mattina fu ordinata una sosta di 24 ore in modo da riordinare gli schieramenti. all’alba del 13 ebbe inizio l’attacco verso sollum, prima località oltre confine. dopo un pesante bombardamento di artiglieria e aereo, alle 8.30 già le truppe italiane entravano in città costringendo gli inglesi a ritirarsi. ma le artiglierie mobili britanniche riuscirono a infliggere notevoli perdite e la strada costiera fu distrutta mentre venivano posati numerosi campi minati. così molti mezzi furono costretti ad avanzare fuori dalle strade finendo insabbiati o saltando sulle mine. ciò nonostante, il 16 settembre le camicie nere entravano a sidi el barrani abbandonata dagli inglesi.
in questa offensiva avevamo avuto 120 morti e oltre 400 feriti contro 50 caduti inglesi.

caduta sidi el barrani, i britannici si trincerarono 120 km più a est, in una località chiamata “marsa matruh” dove il generale o’connor prevedeva di sostenere una battaglia difensiva con i pochi carri rimasti. ma graziani, anziché condurre l’attacco finale e annientare le truppe nemiche, si arrestò chiedendo nuovamente a roma l’invio di automezzi e disponendo i reparti in campi fortificati. mussolini dovette nuovamente intervenire ordinando a graziani di attaccare marsa matruh entro e non oltre il 15 ottobre. ma graziani rispose che per attaccare il nemico aveva bisogno dei pezzi di artiglieria da 149/13 e dei nuovi carri m13/40, un carro migliore dell’m11/39. ma il 28 ottobre ebbe inizio la campagna di grecia e graziani perse definitivamente la speranza di ottenere i rinforzi richiesti. gli inglesi da parte loro, rimasero meravigliati della mancata azione italiana e passarono così alla controffensiva. iniziarono una serie di piccoli scontri culminati nella battaglia del 19 novembre quando due colonne italiane respinsero gli inglesi che però tornarono subito all’attacco colpendo i nostri durante il ripiegamento. intervenne allora la nostra aeronautica che mitragliò le truppe costringendole a ritirarsi. una nostra squadriglia di cr42 si scontrava con una squadriglia nemica abbattendo 6 aerei senza subire perdite.

gli italiani rimasero a sidi el barrani fino a dicembre nonostante mussolini continuasse a incitare graziani all’offensiva.
l’atteggiamento attendista del generale fu aspramente criticato dal duce che gli telegrafò:”a chi ha giovato di più questa lunga sosta? a noi o al nemico? non esito un solo minuto a rispondere, ha giovato di più, anzi esclusivamente, al nemico”.
infatti, gli inglesi ebbero tutto il tempo di riorganizzarsi preparando la controffensiva di dicembre nell’immobilismo italiano. eppure qualche segnale ci fu, pattuglie inglesi ripresero le loro azioni fino ad arrivare al duro scontro di alam abu hileiuat del 19 novembre. la passività di graziani irritò non poco il capo del governo “…non ha senso avere 16 mesi per prepararsi, avere 15 divisioni a disposizione e portare a casa appena sidi el-barrani”.
ai primi di novembre del 40, arrivò in libia il 3^ battaglione carri m equipaggiato con i primi 37 m13-40 e generale berti lasciò il comando al parigrado gariboldi. la decima armata venne riposizionata mente il comando si dimostrò abbastanza ottimista sulla ripresa dell’iniziativa. invece stava per scattare l’offensiva inglese.

le difficoltà incontrate dagli italiani, dovute alla cronica mancanza di automezzi e alle prestazioni insufficienti dei carri, portarono a considerare l’eventualità di un intervento dell’alleato tedesco in africa.
se ne era cominciato a parlare già dal settembre precedente in un incontro tra i generali marras e jodl e, se ne era riparlato un mese dopo, quando il 4 ottobre i due dittatori si erano incontrati al brennero. la 3^ divisione corazzata tedesca iniziò così i preparativi mentre il generale von thoma compiva un sopralluogo in libia. anche questa decisione fu causa di dissidi tra i vertici italiani. mussolini era disposto ad accettare l’intervento tedesco a patto che non fosse preponderante e non facesse sfigurare gli italiani; badoglio e graziani erano nettamente contrari e si opposero. anche tra i tedeschi c’erano opinioni contrastanti, l’intervento in africa comportava aprire un fronte mediterraneo mentre hitler non aveva altri pensieri che per l’unione sovietica. l’ammiraglio reader e il generale jodl intendevano assestare un colpo decisivo all’inghilterra mentre il generale halder vi si opponeva.
fu in seguito all’attacco italiano alla grecia che hitler cominciò ad interessarsi del mediterraneo.
il rapporto che von thoma fece ad hitler era netto e metteva in chiaro tutte le carenze dell’alleato italiano.
automezzi scarsi, carri insufficienti ed inferiori a quelli inglesi, armamento ed equipaggiamento inadeguato, insomma, una vera e propria stroncatura. per fare fronte alla necessità il generale suggeriva l’invio di 4 divisioni corazzate che avrebbero dilagato in egitto sconfiggendo la western desert force.
questo comportava la sostituzione delle truppe italiane con quelle tedesche. hitler, infuriato con l’italia per l’apertura del fronte greco, rifiutò il piano di von thoma e si disse disposto ad inviare una divisione, “…che gli italiani se la cavino da soli”.

(segue...)
 

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