Exatem
Guest
sarò pessimista ma vedo diverse complicazioni.
cerco di spiegare il perchè riallacciandomi ad un precedente mio post di "sopra e sotto le onde".
la resistenza al moto di un’imbarcazione dipende essenzialmente da due cause, indipendentemente dal tipo o dalle dimensioni.
- la resistenza d’attrito causato dall’attrito dell’acqua contro la superficie dello scafo e dipendente dal numero di reynolds.
- la resistenza d’onda generata dalle onde di superficie.
a questi fattori poi se ne assommano altri meno influenti.
e’ da notare che la resistenza di attrito, aumenta all’aumentare della velocità pertanto occorre cercare per il dislocamento richiesto e la velocità desiderata, le forme di carena che porteranno al minor spreco di potenza.
le forme che la carena può assumere sono fondamentalmente due, tonda o a spigolo.
la carena tonda, detta “dislocante”, con l’aumentare della velocità raggiunge una resistenza d’onda superiore a quella d’attrito ed è quindi preferibile per velocità medio/basse (caso di barca a vela).
la carena a spigolo detta “planante”, raggiunta una certa velocità ha una resistenza di attrito che supera quella d’onda.
esiste poi una terza opzione data dalla carena “semiplanante” o “semidislocante” detta anche “deep-v” ma che a noi ora non interessa.
come già detto, le resistenze al moto sono dipendenti anche dalla resistenza di onda che è data dalla differenza tra le pressioni nella zona prodiera dirette da prora verso poppa e le pressioni della zona poppiera che hanno risultante opposta.
la resistenza d’onda di una nave dipende dalla velocità, dalla lunghezza, dalla forma di carena e cioè dall’angolo di penetrazione delle linee d’acqua, dalla distribuzione del volume in senso longitudinale.
con il nome di "resistenza residua" s’intende la somma tra la resistenza d’onda (indicata con rw) e la resistenza di scia o resistenza dei vortici, conseguente alla formazione di vortici creati dalla carena stessa e dalle "appendici". (indicata con rv).
le "appendici di scafo" sono: i timoni, le eliche, le alette di rollio e, in generale, tutte le componenti della nave immerse nell'acqua ma esterne alla carena che provocano una resistenza aggiuntiva all'avanzamento.
per determinare la resistenza totale all’avanzamento rt (che non è possibile nonostante i continui studi in materia calcolare matematicamente per le tante e complesse variabili in gioco), si ricorre a metodi sperimentali tramite la "vasca navale".
si misura la resistenza totale di un modello in scala che incontra nell'avanzamento (queste misurazioni si ripetono per varie velocità, così da ottenere dei diagrammi nei quali la resistenza si rappresenta in funzione della velocità).
con i dati così ottenuti, si calcola la resistenza d'attrito del modello alle varie velocità.
si sottrae la resistenza d'attrito, così calcolata, dalla resistenza totale del modello misurata con le prove di rimorchio ottenendo in questo modo la resistenza residua del modello.
i dati così ottenuti vengono rapportati alla nave reale utilizzando i principi di similitudine meccanica.
e’ dimostrato che, ottenendo il rapporto fra la lunghezza della nave reale (ln) e la lunghezza del modello (lm) la resistenza residua della nave al vero (rrn) si ottiene moltiplicando la resistenza residua del modello (rrm) per detto rapporto elevato al cubo.
si calcola la resistenza d'attrito della nave in grandezza naturale (rf). la resistenza totale della nave è data dalla somma delle resistenze così calcolate.
la resistenza residua, al disopra di una certa velocità, è soprattutto resistenza d'onda (rw), modesta alle basse andature ma, che varia con il cubo della velocità.
si può ridurre la rw applicando alla prora della nave un’appendice chiamata "bulbo", il quale assume forme differenti, a seconda del tipo di nave cui è applicato.
l'unico modo di ridurne il valore di resistenza dei vortici consiste: nel limitare il numero delle appendici di carena, nel disegnarle in modo che siano per quanto possibile idrodinamiche.
quindi, torno a ripetere, il grosso problema è l'efficienza di un sistema che nasce già penalizzato dalle caratteristiche nautiche dello scafo stesso.
una barca a vela, dotata di deriva, disturberà in modo sensibile il flusso che investe il generatore penalizzandolo ulteriormente.
non parlo di peggioramento della velocità massima dell'imbarcazione, ma dall'efficienza del generatore.
cerco di spiegare il perchè riallacciandomi ad un precedente mio post di "sopra e sotto le onde".
la resistenza al moto di un’imbarcazione dipende essenzialmente da due cause, indipendentemente dal tipo o dalle dimensioni.
- la resistenza d’attrito causato dall’attrito dell’acqua contro la superficie dello scafo e dipendente dal numero di reynolds.
- la resistenza d’onda generata dalle onde di superficie.
a questi fattori poi se ne assommano altri meno influenti.
e’ da notare che la resistenza di attrito, aumenta all’aumentare della velocità pertanto occorre cercare per il dislocamento richiesto e la velocità desiderata, le forme di carena che porteranno al minor spreco di potenza.
le forme che la carena può assumere sono fondamentalmente due, tonda o a spigolo.
la carena tonda, detta “dislocante”, con l’aumentare della velocità raggiunge una resistenza d’onda superiore a quella d’attrito ed è quindi preferibile per velocità medio/basse (caso di barca a vela).
la carena a spigolo detta “planante”, raggiunta una certa velocità ha una resistenza di attrito che supera quella d’onda.
esiste poi una terza opzione data dalla carena “semiplanante” o “semidislocante” detta anche “deep-v” ma che a noi ora non interessa.
come già detto, le resistenze al moto sono dipendenti anche dalla resistenza di onda che è data dalla differenza tra le pressioni nella zona prodiera dirette da prora verso poppa e le pressioni della zona poppiera che hanno risultante opposta.
la resistenza d’onda di una nave dipende dalla velocità, dalla lunghezza, dalla forma di carena e cioè dall’angolo di penetrazione delle linee d’acqua, dalla distribuzione del volume in senso longitudinale.
con il nome di "resistenza residua" s’intende la somma tra la resistenza d’onda (indicata con rw) e la resistenza di scia o resistenza dei vortici, conseguente alla formazione di vortici creati dalla carena stessa e dalle "appendici". (indicata con rv).
le "appendici di scafo" sono: i timoni, le eliche, le alette di rollio e, in generale, tutte le componenti della nave immerse nell'acqua ma esterne alla carena che provocano una resistenza aggiuntiva all'avanzamento.
per determinare la resistenza totale all’avanzamento rt (che non è possibile nonostante i continui studi in materia calcolare matematicamente per le tante e complesse variabili in gioco), si ricorre a metodi sperimentali tramite la "vasca navale".
si misura la resistenza totale di un modello in scala che incontra nell'avanzamento (queste misurazioni si ripetono per varie velocità, così da ottenere dei diagrammi nei quali la resistenza si rappresenta in funzione della velocità).
con i dati così ottenuti, si calcola la resistenza d'attrito del modello alle varie velocità.
si sottrae la resistenza d'attrito, così calcolata, dalla resistenza totale del modello misurata con le prove di rimorchio ottenendo in questo modo la resistenza residua del modello.
i dati così ottenuti vengono rapportati alla nave reale utilizzando i principi di similitudine meccanica.
e’ dimostrato che, ottenendo il rapporto fra la lunghezza della nave reale (ln) e la lunghezza del modello (lm) la resistenza residua della nave al vero (rrn) si ottiene moltiplicando la resistenza residua del modello (rrm) per detto rapporto elevato al cubo.
si calcola la resistenza d'attrito della nave in grandezza naturale (rf). la resistenza totale della nave è data dalla somma delle resistenze così calcolate.
la resistenza residua, al disopra di una certa velocità, è soprattutto resistenza d'onda (rw), modesta alle basse andature ma, che varia con il cubo della velocità.
si può ridurre la rw applicando alla prora della nave un’appendice chiamata "bulbo", il quale assume forme differenti, a seconda del tipo di nave cui è applicato.
l'unico modo di ridurne il valore di resistenza dei vortici consiste: nel limitare il numero delle appendici di carena, nel disegnarle in modo che siano per quanto possibile idrodinamiche.
quindi, torno a ripetere, il grosso problema è l'efficienza di un sistema che nasce già penalizzato dalle caratteristiche nautiche dello scafo stesso.
una barca a vela, dotata di deriva, disturberà in modo sensibile il flusso che investe il generatore penalizzandolo ulteriormente.
non parlo di peggioramento della velocità massima dell'imbarcazione, ma dall'efficienza del generatore.