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灰色の船

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Exatem

Guest
lo spunto nasce da un'altra discussione e più precisamente da questo post.
http://www.cad3d.it/forum1/showpost.php?p=260515&postcount=55
tenterò ora di spiegare quali sono i passaggi per arrivare alla costruzione di una nuova unità militare.

prima di partire con il progetto di una unità da guerra, vediamo però a cosa essa può servire.
una nave militare è un vettore dotato di tutto quanto necessario all’uso delle armi che trasporta. affinché il progetto sia correttamente impostato, occorre avere ben chiaro quali sono le finalità del mezzo che si deve realizzare.
deve essere chiaro che stiamo parlando di un mezzo destinato ad una forza armata il cui compito è di predisporre uomini e mezzi al combattimento. tutto il resto, come ad esempio missioni di pace, umanitarie, di soccorso, di protezione civile, non sono i compiti primari per cui essa è concepita.
il progetto sarà perciò condizionato dai compiti primari di una nave da guerra.

introduciamo pertanto il concetto di “potere marittimo” e cerchiamo di spiegare cosa si intende con questo termine. in sostanza si tratta della capacità di una nazione di utilizzare il mare per i propri scopi e per i suoi interessi mantenendone “il controllo”.
il controllo del mare è infatti essenziale quando la forza economica di un paese si basa su attività ad esso connesse. così per esercitare il potere marittimo occorre dotarsi di una “forza” in grado di difendere i propri interessi e la prosperità economica che da essi deriva. naturalmente la consistenza di tale “forza” e direttamente proporzionale al valore di deterrenza che si vuole raggiungere. tale valore è chiamato anche “proiezione” e rappresenta la cosiddetta strategia di dissuasione con la quale si evita l’uso della forza in caso di dispute e controversie.

anche se l’affermazione che sto per fare apparirà discutibile, questa proiezione di potenza è quella che riduce il rischio di guerre tra paesi in competizione fra loro.

il quadro attuale è caratterizzato da gravi episodi di instabilità regionale che vengono moderati dalla politica e dalla diplomazia. quando anche queste hanno esaurito le loro funzioni, il ricorso alla guerra è praticamente inevitabile a meno della presenza di un “forte deterrente”. ma affinché tale deterrente sia efficace, occorre poter disporre di una forza sufficientemente credibile. tale forza nel nostro esempio è rappresentata dalla marina militare.
ma non è solo questo.
una marina militare deve infatti assolvere anche ad altri compiti e questi sono: sorveglianza degli interessi marittimi, concorso alla difesa della nazione, partecipazione a impegni internazionali. a questi compiti se ne aggiungono altri che in questi tempi hanno assunto notevole rilevanza: il controllo dell’immigrazione clandestina, la protezione delle attività sul mare (lotta alla pirateria), il controllo di traffici illeciti.
tutti questi compiti concorrono a determinare le dimensioni e la struttura della marina che non è limitata alle sole flotte, ma necessita di una logistica e di personale a supporto dei sistemi. questo complesso per essere mantenuto in efficienza necessita di notevoli risorse finanziarie il cui fabbisogno incide in quello che si definisce “lievitazione dei costi”.

dato che abbiamo iniziato a parlare di soldi, entriamo nel merito del costo di una unità militare. dall’analisi dei costi, si nota subito che sugli stessi incidono in maniera assai rilevante i “componenti”. in una moderna fregata ad esempio il sistema di combattimento incide fino al 40% del costo finale. questo perché vi si trova un concentrato di tecnologie all’avanguardia ma che hanno un breve ciclo di vita “invecchiando” infatti, nell’arco di pochi anni determinando un fenomeno sconosciuto a chi è al di fuori dell’ambiente definito “obsolescenza simultanea”.
cerco di chiarire con un esempio.
supponiamo di dover realizzare una classe di 8 fregate. al momento della definizione della commessa esse avranno imbarcato il sistema d’arma che rappresenta il meglio di quel momento. ma arriverà il giorno in cui saranno obsolete e lo saranno contemporaneamente. dovranno quindi essere sostituite da altre unità di nuova progettazione, con nuovi costi senz’altro maggiori dei precedenti, è infatti impensabile sostituire una vecchia nave con una nuova a parità di costi.

dopo questa premessa, vediamo i passi attraverso i quali si giunge ala definizione di una nuova unità da guerra.

si individuano sei fasi:
pianificazione generale; pianificazione logistica-operativa; esecutivo, tecnico; tecnico-amministrativo; operativo.

la fase iniziale è quella della “pianificazione generale”, di competenza dello stato maggiore, nella quale si definisce la necessità e la possibilità di realizzare l’impresa. e’ in questo momento che si individua il tipo di unità (caccia, fregata, corvetta, unità ausiliarie …) che dovrà soddisfare le esigenze scaturite dal “piano programmatico a lungo termine”. questa è una delle criticità maggiori perché dal momento che un programma navale è pensato, finanziato, alla sua realizzazione, occorrono in media 10 anni. un tempo durante il quale le situazioni politiche internazionali possono mutare anche radicalmente facendo ulteriormente dilatare questi tempi fino addirittura a far venire meno la necessità.

la seconda fase è quella della “pianificazione logistica-operativa” in cui si definiscono i requisiti operativi ossia i compiti ai quali la nuova nave dovrà assolvere. e’ qui che si definisce il “sistema di combattimento” ovvero il tipo di armamento, i sistemi di direzione di tiro, la guida missili, i sensori attivi e passivi, i sistemi di controllo e di comando. altre caratteristiche che vengono definite in questa fase sono la cosiddetta “piattaforma” ossia la velocità massima ed operativa, l’autonomia, altre eventuali caratteristiche e, la “tabella di armamento” termine tecnico per definire l’equipaggio.
si passa ora ad una serie di pre-analisi di fattibilità superate le quali, il progetto assume la definizione di “specifiche operative generali”.

ora finalmente abbiamo qualcosa di concreto su cui lavorare. possiamo pertanto cominciare ad elaborare il “progetto di massima” durante il quale la nave assume, su carta, l’aspetto che la contraddistinguerà per la sua vita operativa. in questa fase il progettista deve saper raggiungere il miglior compromesso tra sistemi e piattaforma senza dimenticare le sistemazioni logistiche e marinaresche, la stabilità statica e dinamica, la tenuta al mare, le protezioni antifalla e antincendio. contemporaneamente occorre assicurare ai sistemi d’arma e ai sensori la più ampia “visuale” mantenendo la compatibilità elettromagnetica e riducendo le segnature radar, acustiche e all’infrarosso. (segue...)
 
(...segue)

siamo arrivati al “momento tecnico” in cui la nave è perfettamente individuata nelle sue “geometrie”.
lunghezza e larghezza sono note così come il dislocamento. ogni servizio ha la sua ubicazione e il “volume” di cui necessità. da questo momento non è più possibile introdurre o riposizionare queste ubicazioni a meno di dover rivedere il progetto ritornando al passo precedente (siamo all’interno della famosa “spirale di progetto” e come nel gioco dell’oca, ogni passo falso fa tornare indietro di una o più caselle).
ma noi siamo particolarmente bravi e abbiamo superato anche questa fase.
ora le specifiche tecniche devono diventare “contratti” per la fornitura di apparati e “atti industriali” per la costruzione dello scafo (la assegnazione al cantiere).

il “momento tecnico-amministrativo” è il momento della verità.
se il progetto è realistico e fattibile, si può tradurre in un “progetto di dettaglio”.
inizia la realizzazione del progetto e la nave prende forma sullo scalo.
in questa fase gli uffici tecnici verificano l’esatta corrispondenza tra specifiche e lavori realizzati. terminata la costruzione, lo scafo passa alla fase di allestimento durante il quale si procede anche alle prove di verifica.
se tutto è in ordine, si passa al “momento operativo” in cui viene certificata l’idoneità della nuova unità ad assolvere ai compiti previsti.

questi elencati fino ad ora sono i passaggi per arrivare da un “idea”iniziale, alla nave valutata nel suo ambiente, il mare. ma per giungere alla conclusione del percorso è fondamentale il compito del progettista che, nel momento tecnico, trasforma le “indicazioni operative” in un “progetto finalizzato.”
questa fase, che prima ho solo accennato, merita un approfondimento. fondamentale è l’analisi del tema progettuale. in esso devono essere considerati i pesi, le dimensioni, gli assorbimenti di potenza dell’armamento e del relativo munizionamento, delle apparecchiature per le telecomunicazioni e per la guerra elettronica. deve essere valutata la velocità massima raggiungibile e quella massima continuativa con le relative autonomie, i requisiti di abitabilità per l’equipaggio, le norme antishock, il silenziamento, la stabilità a nave integra e in caso di falla. a questo punto si può prendere finalmente in mano la matita e abbozzare una prima valutazione della lunghezza e della larghezza considerando le possibilità di installazione dei vari componenti. e’ ancora una valutazione di massima nella quale si devono soddisfare le esigenze minime dei vari locali e dei sistemi.
qui ci si rende conto di quanto il sistema di combattimento e l’apparato motore condizionino le dimensioni della nave. e se il primo può essere considerato una “costante” (per ogni sistema sono ben noti pesi e volumi), l’apparato motore è invece una “variabile” dato che possono essere studiate diverse soluzioni per ottenere il medesimo risultato. ci sono poi altri valori che possono essere definiti costanti pur nella variabilità delle soluzioni scelte.
ad esempio, se a prora dobbiamo installare un cannone, dobbiamo considerare che per la camera di alimento e per l’impianto di caricamento non si potrà scendere al di sotto di una distanza dalla prora estrema, inferiore a 16-22 metri. questa distanza è dettata dalla stellatura della prora e dalla necessità di lasciare lo spazio necessario alle sistemazioni marinaresche (anche se è comunque preferibile evitare l’insellatura per avere un maggiore campo di tiro dell’arma).
per ogni cannone (o altro sistema d'arma) comunque sono note le distanza minime da tenere dalla perpendicolare avanti, inoltre sono indicati i valori consigliati come ad esempio la distanza dalle murate, i settori di tiro da coprire, la distanza tra sistemi simili o differenti.
la zona centrale della nave viene generalmente dedicata dall’apparato motore e dai sistemi radar e di telecomunicazione i quali necessitano di grandi antenne che sovente vengono posizionate su grossi alberi.
vediamo come viene dimensionato l’apparato motore. si tratta di un procedimento iterativo in quanto per ottenere una certa velocità massima occorre una determinata potenza che è dipendente dalle dimensioni e dal dislocamento ma che a loro volta, dipendono dalla potenza e dal tipo di am. così i locali am e generatori vengono definiti prendendo ad esempio impianti simili già realizzati. le linee d’asse hanno generalmente inclinazioni contenute tra 1,3° e 3° e si preferiscono soluzioni a due eliche in quanto garanti di ottima manovrabilità e sicurezza in guerra poiché indipendenti l’una dall’altra. sempre per tale ragione è raccomandabile separare le centrali di generazione dell’energia elettrica.

se tra i sistemi d’arma è prevista una componente elicotteristica occorre considerare oltre al numero e al tipo di elicotteri, tutte le sistemazioni richieste. così la poppa sarà “transom” e dovrà presentare una lunghezza di circa 25 metri libera da ostacoli. oltre a questo dovrà essere previsto un hangar per il ricovero dei velivoli, un impianto per il rifornimento e le casse combustibile. le imbarcazioni e i mezzi di salvataggio e di servizio completano la dotazione.

ora la lunghezza della nave così determinata comincia ad essere sufficientemente realistica e può consentire di determinare l’altezza di costruzione e la larghezza dello scafo. per fare questo, si utilizzano dei rapporti predefiniti. ad esempio per una fregata il rapporto tra lunghezza l e altezza d è compreso tra 12 e 13, mentre il rapporto tra l e la larghezza b è compreso tra 8 e 9. finalmente cominciamo ad avere dei dati attendibili su cui lavorare ed è possibile valutare con maggiore precisione il dislocamento. il dislocamento dovrà essere il minimo possibile in grado di soddisfare la richiesta trovando il giusto compromesso nei volumi.
il progetto va avanti con la scelta della carena che può essere fatta ricorrendo alle serie sistematiche, oppure ricercando carene già sperimentate, affinandole alle esigenze.
scelta la carena, si esegue il “piano di costruzione”, il primo e il più importante dei disegni della nuova unità (e uno dei miei lavori preferiti). il passo seguente è la scelta dell’apparato motore che dovrà fornire le prestazioni richieste con minor peso ed ingombro. su navi medio piccole si usano motori diesel mentre su quelle maggiori si impiegano turbine a gas in combinazione con i diesel. il vapore è praticamente stato abbandonato a causa degli ingombri e del gran numero di addetti di cui abbisogna.
adesso si deve definire la compartimentazione il cui scopo è di contenere i danni in caso di falla. si ottiene predisponendo un certo numero di paratie stagne il cui numero deve rispettare le norme mm che prevedono che una unità debba poter galleggiare e navigare con più compartimenti adiacenti allagati. si va da un minimo di 2-3 compartimenti adiacenti a quantità maggiori a seconda del ruolo ricoperto.
siamo ora alla stesura dei “piani generali”. si comincia posizionando gli elementi visti fino ad ora quindi, sistemi d’arma, apparato motore, antenne; poi si passa alla definizione di tutte le altre sistemazioni al termine del quale si definisce l’esponente di carico e si verifica assetto e stabilità della nave sia integra, sia danneggiata.

siamo alle battute finali. si verifica il “sea keeping” ossia la capacità della nave di operare senza restrizioni in particolari condizioni di mare. per fare questo ci si affida a metodi teorici, codici di calcolo e alla simulazione in vasca navale. si deve in pratica migliorare la tenuta al mare minimizzando rollio e beccheggio riducendo le accelerazioni conseguenti che sono negative sia per equipaggio che per sistemi (non dimentichiamo che una nave da guerra deve essere per quanto possibile, una piattaforma di tiro stabile).
i fattori che influenzano la tenuta al mare sono: la lunghezza, il bordo libero, il bulbo di prora, le forme stesse della prora e i sistemi attivi e passivi di stabilizzazione. a questo si deve aggiungere che le condizioni fisiche dell’equipaggio, influenzano le capacità operative della nave per cui occorre ridurre i disturbi causati da una nave “che balla” e i danni che possono essere causati da “slamming” e “wetness” oltre alle indesiderate fuoriuscite delle eliche (propeller emergence). tutti questi eventi sono valutati e sono stabiliti dei valori che non devono essere superati. una moderna nave da guerra è un insieme di sistemi che devono essere fatti operare da un equipaggio.
ma i movimenti della nave possono avere effetti molto negativi sugli uomini, sulle strutture, sugli apparati. possono addirittura impedire alcune funzioni della nave, si pensi ad esempio alle operazioni di volo. in pratica può essere compromessa la stessa operatività della nave. non essendo possibile eliminare del tutto questi effetti, il nostro compito è di ridurli a valori accettabili così da garantire l’operatività dell’unità nel più ampio spettro condimeteo.

abbiamo assolto a tutto quanto previsto dalla spirale di progetto.
più volte siamo stati costretti a rivedere, ripensare, ricominciare, prima di vedere una nuova nave grigia portare issata a poppa la nostra bandiera.
non sono volutamente entrato nel dettaglio delle soluzioni adottate in quanto necessiterebbe di molto tempo e spazio. si poteva infatti scegliere su quale apparato motore adottare, su quale sistema adottare per il trattamento delle acque grigie e nere, come desalinizzare l’acqua o quale sistema missilistico scegliere.

insomma, abbiamo mostrato solo la punta di un iceberg ma molto altro si nasconde sotto la “superficie”.
 
insomma, abbiamo mostrato solo la punta di un iceberg ma molto altro si nasconde sotto la “superficie”.
e di grazia, altrimenti avresti dovuto scrivere un libro, ma i libri è giusto che si pagnino e quindi noi qui ci accontentiamo di questa bella esposizione in termini generali sul project management delle vostre unità.
sono tante le curiosità, ma per cominciare, parlando di stabilizzatori attivi, sono ancora in uso gli stabilizzatori giroscopici?
 
e di grazia, altrimenti avresti dovuto scrivere un libro, ma i libri è giusto che si pagnino e quindi noi qui ci accontentiamo di questa bella esposizione in termini generali sul project management delle vostre unità.
sono tante le curiosità, ma per cominciare, parlando di stabilizzatori attivi, sono ancora in uso gli stabilizzatori giroscopici?

come mio solito faccio una premessa per chi legge e magari non sa di cosa stiamo parlando.

gli impianti di stabilizzazione sono usati per ridurre il rollio della nave in navigazione. il sistema maggiormente diffuso è il sistema di stabilizzazione a pinne attive, sia fisse, sia rientrabili.
oltre ad assicurare una drastica riduzione del rollio a favore del benessere dell'equipaggio, consentono di aumentare la precisione del sistema di combattimento. la fincantieri ad esempio produce tre principali "famiglie" di pinne.
le rettratili con una superficie da 2 a 21,5m2;
le scorrevoli da 3 a 10 m2;
le fisse da 1,3 a 18 m2.
durante la navigazione lo scafo è sottoposto a delle oscillazioni causate dal moto ondoso, che devono essere contrastate da forze contrarie. se ad esempio la nave sbanda a dritta, ci dovrà essere una forza diretta verso il basso sul lato dritto e una forza verso l'alto sul lato sinistro. per far questo si sfrutta la portanza generata dalle pinne che logicamente avranno poco effetto alle basse velocità e maggiore al crescere della stessa (sulla portanza potrebbe scrivere un trattato il nostro presidente quindi io mi fermo qui!).
tutti gli attuali sistemi di stabilizzazione del rollio o del beccheggio si basano su sistemi elettronici a controllo d'errore i quali comandando le pinne stabilizzatrici della nave, riducono i moti di rollio o beccheggio.
avremo quindi una unità di controllo elettronico consistente in un software per il funzionamento del sistema al quale vengono dati in "pasto" i dati relativi agli angoli di rollìo, beccheggio, imbardata e, le accelerazioni verticali prelevati dalla girobussola, da inclinometri e, accelerometri.
la girobussola "conosce" lo "0" nave (nessun sbandamento) ma appena registra una variazione di assetto, comanda la pinna stabilizzatrice in modo da compensare lo sbandamento.
i dati infatti, una volta elaborati, permetteranno che siano attuate le manovre (nella maggior parte dei casi idraulicamente).
esistono inoltre come è già ben noto da anni sistemi giroscopici di notevoli masse che installati sulle imbarcazioni riducono anch'essi i moti oscillatori.
i sistemi di cui sopra hanno tutti un limite (o due), ovvero, la correzione del moto avviene non appena la nave inizia ad inclinarsi, questo significa che pur quanto sia efficiente il sistema di controllo rimarrà sempre un errore residuo e le dimensioni che su una grande nave, diventano veramente importanti so che su navi di dimensioni non troppo esagerate, vengono ancora utilizzati ma non è il nostro caso.
a proposito dei sistemi giroscopici, quello che segue è il testo di una pubblicazione originale degli anni '30 molto interessante anche per il lessico utilizzato. leggendola, provate ad immaginare una voce come quelle dei notiziari dell'istituto luce...
"ai lettori de l'italia marinara non è certamente sfuggita la notizia, giunta da new york ai giornali di genova e trieste, circa un supertransatlantico italianissimo, che primo al mondo, non rollerà in mare ondoso; sarà il paradiso galleggiante per chi soffre di mare!
ebbene la notizia è esattissima: si tratta del costruendo conte di savoia, il cui scafo sta crescendo sul grande scalo del cantiere san marco di trieste.
la direzione del lloyd sabaudo ha la "colpa" di questo grande fatto, che segna un importantissimo passo avanti nella navigazione dei passeggeri di lusso e non di lusso; ed è bene che in queste colonne passi ai posteri il fatto che, come la marina da guerra italiana fu prima tra le europee ad adottare lo stabilizzatore giroscopico per alcune sue navi (r.n.pepe e r.n.pigafetta),così è oggi la nostra marina mercantile a dare al mondo il primo grande piroscafo da passeggeri stabilizzato.
onore va reso alla chiaroveggenza ed al coraggio dei dirigenti e tecnici del lloyd sabaudo.
e' bene che i lettori sappiano che non si tratta di un dispositivo qualsiasi del genere "macchina per fare il ghiaccio" o "macchia a lavar piatti", ma di tre enormi "trottole", ciascuna del diametro di circa 4 metri e 100 tonnellate di peso,oscillanti e roteanti su due assi ortogonali tra loro. il completo impianto stabilizzatore del conte di savoia peserà circa 450tonnellate.
l'invenzione di questa macchina intelligente,che tiene tranquilla la nave in mare,si deve all'ing. dottore elmer sperry, morto lo scorso anno in america, ove era ufficialmente riconosciuto il miglior ingegnere meccanico degli stati uniti. egli è morto pochi giorni prima che la direzione del sabuado decidesse l'adozione del suo stabilizzatore per il grande transatlantico in costruzione, e ad un suo amico, che lo visitò prima della sua morte,disse: "mi rincresce di vedere che gli uomini continuano a lasciar rollare le navi e tormentare le loro stesse strutture, quando le navi rollano solo......poichè non sanno fare altro!! ma non disperare: i marinai apriranno presto gli occhi!".
lo sperry, che amava l'italia e che allo stesso capo del governo ebbe l'onore di parlare della stabilizzazione delle navi illustrando il suo dire con un modellino giroscopico, avrebbe avuto una delle maggiori soddisfazioni della sua vita se avesse vissuto un mese di più.
una spiegazione tecnico-matematica del " come succede il miracolo della stabilizzazione " non interessa i nostri lettori;basterà essi sappiano che non si tratta di "fermare" una nave che rolla e che ha acquistata una inerzia importantissima. ma si tratta, nel caso dello stabilizzatore sperry, della formazione entro il bordo di piccoli impulsi " coppie " uguali e contrari agli impulsi successivi che l'onda dà alla nave.
grosso modo,i successivi impulsi ottenuti dentro il bordo " uccidono " i successivi impulsi di fuoribordo, sicchè la nave non comincia mai a rollare,ossia non subisce la spinte delle onde, e le scavalca tenendosi coi ponti orizzontali e gli alberi verticali.
colla sparizione del rollìo se ne vanno tutte le forti beccheggiate dovute specialmente alla spinta verticale che un'onda imprime sotto alla prora allorquando essa prora si presenta col diritto non verticale (rollio) e con forme non stellate (sbandamento).
gli istrumenti giroscopici registratori,che ne sanno più di tutti gli scienziati,ci dicono che la nave che non rolla beccheggia per due terzi di meno,salvo di rotta dritta contro il mare. la imperiale marina giapponese ha già stabilizzatori sperry su due incrociatori di 12.000 tonnellate per trasporto di aeroplani; gli americani hanno stabilizzatori sperry su un trasporto ed un caccia; l'inghilterra su un caccia. vi sono anche 30 yacts stabilizzati.
l'italia passa dunque in testa a tutti per quanto riguarda questa "svolta" nell'arte di navigare e nelle costruzioni navali.
pochi ingegneri italiani hanno seguito negli ultimi 20 anni l'opera dello sperry intorno alle "masse rotanti",e l'arcana forza della "precessione" dei giroscopi; essi saranno oggi contenti di vedere una grande applicazione di questa forza di "precessione" che lo sperry ha saputo soggiogare e comandare con un piccolo giroscopio-pilota che equivale ad un pendolo lungo chilometri. esso "giroscopio-pilota" comanda a bacchetta l'intero impianto stabilizzatore; la sua sensibilità è superiore a quella umana, poichè il nostro occhio e pensiero arrivano in ritardo su di esso a giudicare la fine o l'inizio di una rollata."


bello, no?
tanto per comprendere le dimensioni di questi impianti, allego qualche immagine.
 

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mi inchino di fronte a tanta conoscenza, alla notevole capacita' di esporla e di rendere partecipi gli altri.
mi stai rendendo interessanti le navi da guerra, cosa che non ho mai ritenuto tale, anzi, ho considerato sempre con una certa antipatia.
la tua esposizione, densa di dettagli tecnici e ingegneristici, pone in rilievo l'avventura progettuale della creazione di un apparato cosi' complesso e quindi cattura e affascina la mia attenzione.
grazie di queste esposizioni.
onda
 
mi inchino di fronte a tanta conoscenza, alla notevole capacita' di esporla e di rendere partecipi gli altri.
mi stai rendendo interessanti le navi da guerra, cosa che non ho mai ritenuto tale, anzi, ho considerato sempre con una certa antipatia.
la tua esposizione, densa di dettagli tecnici e ingegneristici, pone in rilievo l'avventura progettuale della creazione di un apparato cosi' complesso e quindi cattura e affascina la mia attenzione.
grazie di queste esposizioni.
onda

che la storia militare non sia altro che un susseguirsi di brutali macelli senza senso e senza scopo non si può discutere.
la parola "guerra" indiscutibilmente suscita sempre emozioni forti, sia in un senso che nell'altro.
ma se una nave, come un aereo, o una altro mezzo, viene visto come espressione della tecnologia di un determinato momento...
beh, allora può essere a suo modo "affascinante".

ricordo di aver letto una particolarissima esposizione sulla "bellezza della battaglia". secondo chi scriveva, esistono nella storia battaglie che strappano ammirazione per la loro "bellezza".
scontri in cui il numero delle armi diventa indifferente e a prevalere sono l'intelligenza, l'acume tattico e strategico, la capacità di manovra e di "leadership".
e' un concetto forse difficile da "digerire" specialmente se ci si pone di fronte a questioni così "delicate" con atteggiamento cauto se non prevenuto.
ma posso assicurare che era uno scritto estremamente interessante.
e' storia; storia dell'umanità di cui siamo tutti protagonisti.
ed è il modo stesso di porsi di fronte alla storia che rivoluziona e stravolge quelle che oramai consideriamo certezze assolute.
la storia è un caleidoscopio e se lo ruoti, puoi cambiare la visione.
ad esempio, quelli che noi chiamiamo "barbari", per i tedeschi sono la "volken anderung" (spero di averlo scritto bene) ossia "il popolo in cammino". la prima guerra di indipendenza americana, per gli inglesi è la prima guerra civile americana.
quindi si tratta sempre di questioni di "punti di vista", di sedersi comodi sul divano e, sfogliare le pagine di un libro che ogno volta che leggi, e come se lo leggessi per la prima volta e su cui nessuno ha ancora scritto la parola fine...
ti ringrazio delle tue parole.
 
bello, no?
tanto per comprendere le dimensioni di questi impianti, allego qualche immagine.
bellissimi! da notare le innervature e le dimensioni dei supporti, in fin dei conti devono sopportare tutte le sollecitazioni dovute alla resistenza al rollio di una massa inerziale come quella di una nave!!!
chissà che cuscinetti si adoperavano allora (?). oggi sui flyweel energy storage si adoperano cuscinetti magnetici con cuscinetti di backup che non sono a contatto finché non dovesse avvenire un crash dei primi supporti. il contenitore è sottovuoto, cosicché il volano non subisce neppure l'attrito dell'aria, e raggiungono velocità di rotazione paurose! probabilmente negli stabilizzatori giroscopici navali non occorrono simili accorgimenti, immagino che avere volani più pesanti a bordo non sia un problema.
 

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