ad un regime che si dichiarava nazionale e il cui intento era il restauro dei valori nazionali, corrispondevano le convinzioni di buona parte del consiglio direttivo del corpo che non mancò di compiacersene. un po’ più complessa era invece la posizione delle associazioni cattoliche considerando la presenza del partito popolare nel primo governo mussolini. in sostanza quando il totalitarismo fascista rivolse le sue attenzioni alle associazioni giovanili, trovò in quest’ultime un atteggiamento benevolo e favorevole. e se nei primi anni i fascisti non ebbero modo di interessarsi delle associazioni giovanili, improvvisamente nel 1926 il governo presentò la legge che istituiva l‘opera nazionale balilla. la nuova organizzazione si sarebbe dovuta interessare dei ragazzi dagli 8 a 14 anni (i balilla) e a quelli dai 14 ai 18 (avanguardisti) con il compito di educarli alla vita militare curandone l’addestramento. il disegno di legge non era molto chiaro su i rapporti con le esistenti associazioni tra cui gli scout, ma l’art. 8 causava alcuni timori in quanto sembrava attribuire all’onb la facoltà di stabilire quali associazioni fossero in contrasto con essa richiedendone lo scioglimento. probabilmente gli stessi capi fascisti non avevano ben chiaro se l’onb avrebbe dovuto avere il monopolio dell’educazione giovanile o se piuttosto il suo sarebbe dovuto essere un ruolo di guida delle altre associazioni, anche perché se la prima soluzione avrebbe aperto un forte contrasto con la chiesa, la seconda avrebbe aperto la porta alla “concorrenza”. a questa indecisione centrale si contrappose l’interpretazione periferica, ben decisa a sopprimere tutte le associazioni lasciando il posto ai balilla e agli avanguardisti. quelli che ne fecero maggiormente le spese furono coloro che si accanivano a “sopravvivere” e che erano in numero superiore alle avanguardie (nonostante quest’ultime godessero dell’appoggio dei fascisti). ne invidiavano la disciplina, lo spirito di corpo, lo spontaneo entusiasmo, tutto ciò che il fascismo si proponeva di ottenere con l’imposizione, con la forza. tra febbraio e aprile 1926 si verificarono incidenti un po’ in tutta italia, a piazza amerina, genova, sassari. ad agosto e settembre incidenti più gravi scoppiarono a mantova dove gli avanguardisti devastarono la sede locale degli scout mentre quest’ultimi risposero con un attacco alla sede avanguardista. fu il pretesto per mussolini di ordinare lo scioglimento delle sezioni dell’asci e in breve altre sezioni condivisero la sorte di quella mantovana. l’asci fu accusata di essere antinazionale, legata al partito popolare, massonica.
la legge del 3 aprile 1926, pur essendo una delle leggi “fascistissime” e in contrario alla prassi fascista di legiferare il più rapidamente possibile, accumulò un ritardo di oltre nove mesi, forse anche per l’incertezza del governo ma, più probabilmente perché dall’agosto dello stesso anno avevano avuto inizio i contatti che porteranno ai patti lateranensi. la santa sede non si mostrò molto interessata alle associazioni di tipo paramilitare e mussolini non intendeva, almeno per il momento, sopprimere quelle a carattere spirituale. per quanto riguardava l’asci, il regime decise di “addolcire la pillola” alla chiesa almeno fino alla conclusione delle trattative sul concordato. due nuovi decreti introducevano il divieto di creare nuove associazioni giovanili e imponevano lo scioglimento di ogni associazione nei comuni con meno di 20.000 abitanti. inoltre la creazione di ogni nuovo reparto asci doveva preventivamente essere autorizzato dall’onb mentre bandiere e gagliardetti dovevano recare un fascio littorio. così l’asci entrò nell’orbita dell’onb mentre contemporaneamente usciva da quella dell’azione cattolica, sulle bandiere comparirono i fasci voluti dal governo, ma nessun reale collegamento venne realizzato tra le organizzazioni.
il cngei invece fu meno capace di difendersi visto che la sua struttura era legata al governo o ne faceva addirittura parte come il suo presidente , un ex liberal-nazionalista passato ora al fascismo, non certamente la figura da cui attendersi una opposizione convinta. così la presidenza dispose lo scioglimento di tutte le sezioni le quali risposero ubbidendo silenziosamente. le bandiere furono consegnate ai musei cittadini, divise tra gli scout, bruciate. anche i fasci si piegarono alla volontà del governo e le sezioni furono sciolte.
dopo un anno la situazione sembrava essersi tranquillizzata, la stampa ormai non attaccava più gli scout e i rapporti con il fascio si mantenevano corretti, quasi cordiali e malgrado l’onb, l’organizzazione si manteneva viva e attiva. proprio per questa ragione il governo decise per la soppressione definitiva che fu decretata il 30 marzo 1928 mentre lo scioglimento dell’associazione avvenne il 6 maggio.
per il fascismo la soppressione dello scautismo rappresentò un successo totale. tutto avvenne senza opposizione, senza che si verificassero reazioni internazionali, senza conseguenze sulle trattative per il concordato. l’ultimo concorrente in campo giovanile era stato eliminato senza grandi clamori.
da qui in poi lo scautismo entrò nella clandestinità mentre l’opera nazionale balilla iniziava a funzionare attivamente, gli istruttori, di chiara fede fascista, erano scelti tra i maestri elementari e gli ufficiali della milizia. i ragazzi erano divisi per età e sesso. le bambine erano “piccole italiane” e “giovani italiane”. i maschi, a cui andavano le maggiori intenzioni del regime, erano divisi in “balilla” (8-12 anni), “balilla moschettieri” (12-14), “avanguardisti” (14-16), “avanguardisti moschettieri” (16-18) e i passaggi di categoria avvenivano il 21 aprile, festa del “natale di roma” dopo di che si passava a far parte dei “giovani fascisti”(18-21), poi nella milizia e quindi nel partito. l’appartenenza alla onb era volontaria obbligatoria nel senso che il “reclutamento” avveniva nelle scuole non senza pressioni sui genitori.
l’onb non fu comunque solo male, ai bambini fu fornita una educazione spirituale-culturale (ancorché di parte) ma potevano contare su una continua assistenza religiosa, usufruivano di attività ricreative, potevano andare alle “colonie” o in soggiorni di cura, avevano assistenza medica preventiva e antinfortunistica, corsi professionali sia diurni che serali, corsi contro l’analfabetismo. insomma, non mancarono i casi in cui l’opera della onb fu utile e all’avanguardia. ma ci fu anche chi ne approfittò affondando le avide mani negli ingenti fondi messi a disposizione.
nel 1937, per porre fine a contrasti tra educatori e partito, l’onb fu sostituita dalla gioventù italiana del littorio (gil). le novità furono l’introduzione dei “giovani fascisti” (18-21) e l’abbassamento dell’età di ingresso che fu portata a 6 anni. in questo modo la gil prendeva i ragazzi alle famiglie appena in età scolastica e li restituiva al partito a 21 anni così ché il ciclo di “educazione fascista” fosse completo.
gli anni passarono e si arrivò al 25 luglio 1943 data che decreta la fine della dittatura. i dirigenti scout, che per vent’anni avevano dovuto reprimere i loro intenti, si ritrovarono improvvisamente “richiamati in servizio”, pronti alla resurrezione del movimento nonostante il profondo stato di prostrazione in cui versava il paese. dopo vent’anni di dittatura, l’italia aveva necessità di essere rieducata alla democrazia e uno degli strumenti rieducativi poteva essere la creazione di un movimento giovanile apolitico (almeno questo è quanto pensarono gli alleati dopo la liberazione). a napoli fu istituita una commissione per la gioventù e nelle intenzioni i “boys scout” americani avrebbero dovuto adottare i vari gruppi aiutandoli nella rinascita.
le difficoltà non mancarono ma lo scautismo italiano riuscì a risorgere e dopo 103 anni dalla prima esperienza italiana, la bandiera del volontariato disinteressato che contraddistingue i gruppi scout, sventola oggi alta e fiera.


