ho recentemente letto un interessante articolo che ripercorre la storia della nostra partecipazione al progetto f35. ne ho quindi elaborato un riassunto che spero sia utile per riordinare le idee e sia di spunto per ulteriori approfondimenti.
la storia degli f-35 ha radici molto lontane, che risalgono addirittura al 1996 anche se in realtà la storia inizia verosimilmente nel 1993, quando il muro di berlino crolla e l’unione sovietica si divide in numerosi stati indipendenti segnando la fine della guerra fredda. in quel momento ci si rese conto che si poteva forse risparmiare sugli armamenti e l’allora presidente degli stati uniti bill clinton pretese di unire tutti gli studi e i progetti in corso per creare aerei da combattimento, con l’obiettivo di contenere i costi di sviluppo, di produzione e operativi.
il programma, battezzato jast, arrivò alla conclusione che si poteva realizzare un super aereo d’attacco, diversificabile in tre versioni, tutte derivate da una comune base di partenza.
le tre versioni sarebbero state: una convenzionale per l’usaf, una imbarcata per la navy e, una stovl, ovvero un aereo dal decollo corto e atterraggio verticale, per i marines. partendo da una base comune si sarebbe ottenuta una notevole riduzione dei costi di costruzione, soluzione adottata già da tempo dalle industrie automobilistiche.
nel 1996 il programma jast iniziò a "sondare" le aziende costruttrici di aerei sulla possibilità di realizzare il "joint strike fighter" e tra tutte le proposte presentate, ne vennero selezionate due: una della boeing che proponeva il modello chiamato x-32, e una della lockheed con il modello x-35. entrambe le case costruttrici presentarono le tre versioni del cacciabombardiere richieste, e, dopo 4 anni, alla fine del 2000, furono effettuati i primi test di volo. i prototipi furono valutati per un anno e infine fu dichiarato vincitore della gara il progetto presentato dalla lockheed, battezzato nel frattempo "f-35".
quanto sopra riassume la storia di come è nata l’esigenza da parte degli stati uniti di creare questo aereo e di come si è arrivati alla scelta dell’f-35.
vediamo ora come l’italia entra in gioco...
il programma americano jsf ha una caratteristica: quella di coinvolgere, in qualità di partner, altre nazioni sia in fase di studio che di sviluppo del progetto (fase1), sia in fase di produzione dello stesso (fase 2).
gli stati uniti hanno previsto 4 livelli di partnership.
partner di livello 1 è solo l’inghilterra che, con un impegno economico di 2,5 miliardi di dollari, (il 10% della spesa prevista per i costi della di sviluppo del progetto stimati in 20 miliardi, ma poi lievitati), è la nazione che ha maggiore voce in capitolo nelle varie scelte che riguardano lo sviluppo.
partners di livello 2 sono: l'italia, con un impegno economico pari a 1,028 miliardi di dollari (circa il 5% del costo previsto dalla fase 1) e olanda con 800 milioni; al livello due le nazioni hanno una scelta significativa, ma non determinante, nelle scelte del progetto.
partners di livello 3, con un impegno economico dell’1% sulla fase 1 e con un modesto peso nelle varie scelte, sono canada (440 milioni), turchia (175 milioni), australia (144 milioni), norvegia (122 milioni) e danimarca (110 milioni).
un ulteriore livello è quello che prevede soltanto l’acquisizione di informazioni privilegiate in cambio di un impegno economico pari a decine di milioni di dollari; a questo livello hanno aderito soltanto israele e singapore.
quindi l’italia è il secondo finanziatore in assoluto del progetto.
la decisione dell’italia di partecipare al progetto è stata presa nel 1996, quando ministro della difesa era giulio andreatta, sotto il primo governo prodi.
il progetto fu votato sia dal centro destra che dal centro sinistra senza le proteste di gruppi antimilitaristi e pacifisti. massimo d'alema diventò presidente del consiglio nel 1998 e riconfermò la partecipazione al programma con il ministro della difesa carlo scognamiglio pasini. nella seduta del 9 dicembre della commissione della difesa, si trovarono d’accordo con il progetto sia gli esponenti del gruppo forza italia, sia gli esponenti del gruppo dell’ulivo che quelli della lega nord e la proposta di proseguire nel progetto fu votata all’unanimità. il 23 dicembre del 1998 fu firmato dallo stesso massimo da’alema, il primo memorandum chiamato "memorandum of agreement". il nostro governo si impegnò ulteriormente con la firma di un accordo da parte di silvio berlusconi, presidente del consiglio nel 2002 quando alla difesa avevamo antonio martino. ma la decisione definitiva fu presa nel 2007, durante il secondo governo prodi, quando venne richiesta la firma definitiva dell’accordo per partecipare anche alla fase 2, ovvero alla fase di costruzione del velivolo, che impegnava l’italia economicamente fino al 2046. l’accordo fu siglato a washington quando il sottosegretario alla difesa italiana giovanni lorenzo forcieri, incontrò il collega americano gordon england. così l’italia prendeva l’impegno, dopo aver già pagato un miliardo di dollari per la fase 1, di versarne quasi altrettanti per partecipare alla fase 2, spalmati sino al 2046.
ci sono poi due decisioni singolari da parte del governo italiano. siamo infatti l'unico paese che ha deciso di assemblare in patria gli f-35, una condizione posta dall’italia nel 2002 e approvata dagli usa (gli altri li comprano direttamente dallo stabilimento americano della lockheed) e per questo ha deciso di realizzare una fabbrica di proprietà statale all'interno dell'aeroporto militare di cameri, l’unica al di fuori del territorio americano. il costo di quest'operazione è arrivato a quasi 800 milioni di euro, fondi giustificati con la prospettiva di creare posti di lavoro qualificati. secondo il sottosegretario alla difesa lorenzo forcieri, questo avrebbe accresciuto la credibilità del nostro paese agli occhi delle altre nazioni. per la verità forcieri si spinse anche ben oltre, arrivando a dire che in fondo, visto che le ali dell’f-35, erano al 50% italiane, il caccia si poteva ritenere italo-americano.
a cameri sarebbero stati preparati anche i caccia destinati all'olanda. in tutto, si prevedeva di sfornare dagli hangar piemontesi 226 aerei, ma italia e olanda hanno tagliato gli ordini che in futuro potrebbero ulteriormente diminuire.
i motivi furono spiegati dal sottosegretario forcieri (governo prodi), nella seduta della commissione della difesa tenutasi il 16 gennaio 2007: “avviatosi nel 1996, quando ministro della difesa era l’onorevole andreatta, il programma ’f35 rispondeva ai nostri indirizzi di politica estera e di difesa, nonché alle nostre scelte strategiche in materia di industria della difesa e di alta tecnologia. nel 1998 ci fu il primo parere favorevole delle commissioni difesa della camera e del senato, mentre il secondo passaggio parlamentare, che diede il via al programma, si ebbe nel 2002, allorché il programma stesso fu approvato per quanto riguardava sia la fase di ricerca sia la fase di sviluppo.” (per leggere l’intero resoconto stenografico della seduta si può visitare il seguente link
http://www.nof35.org/doc/pdf/001_intero.pdf).
quello che il governo prodi di allora, di cui forcieri fu portavoce, volle far passare in quella seduta del 16 gennaio 2007, era l’importanza che il progetto jsf avrebbe avuto per l’economia italiana. infatti quello che si è voluto far credere allora, era che ci sarebbe stato, oltre ad un aumento della crescita economica, anche un agognato sganciamento dal ruolo di subordinazione nei confronti degli stati uniti, nel fattore tecnologico. forcieri sottolineò quanto fosse stato lungimirante da parte dell’italia aderire già dal 1998 a questo progetto, presentandolo come un modo per contenere i costi e soprattutto di avvicinarsi alla tecnologia statunitense: infatti gli stati uniti avevano promesso ai loro partnership un apertura senza precedenti della tecnologia usata; peccato però che i veri segreti sono state condivisi soltanto con partnership di primo livello, ovvero l’inghilterra.