di come una riflessione strategica nazionale si sia rivelata indispensabile, lo dimostra la stesura di un nuovo “libro bianco della difesa” (di quello degli anni ‘70 ne parlai in “sopra e sotto le onde”) da parte del governo, artefice anche dell’indagine conoscitiva sui sistemi d’arma della commissione difesa. in realtà la carenza più grave è la mancanza di “cultura strategica” ossia, la capacità di sapere affrontare temi sulla difesa senza cadere ostaggi delle necessità del momento. cosa significa parlare di “cultura strategica”? interpretando clausewitz la cultura strategica si può definire come il filtro, l’interpretazione, tra gli eventi e l’uso dei mezzi militari per fini politici. ma il mutamento delle condizioni di un paese può trasformare il sistema culturale come fu ad esempio la fine della guerra fredda. qui si verifica la grande contraddizione della politica di difesa italiana, con la fine del “bipolarismo” la pace e l’umanitarismo sono divenuti i riferimenti della politica italiana. una superficialità che si manifesta nella stanca retorica delle “missioni di pace”. manca cioè una comunione di intenti su cui affrontare i temi della difesa, proprio quando, di fronte alla inderogabile necessità di revisione delle forze armate, l’esigenza di una condivisa cultura strategica appare indispensabile.
ora si registra una nuova attenzione e una maggiore volontà di svolgere un ruolo attivo anche se affrontare il tema degli equipaggiamenti significa affrontare solo uno dei sistemi della difesa. politica militare, personale, addestramento, ecc. sono altrettanto fondamentali aspetti e cercare di giungere a conclusioni generali considerando uno solo di questo aspetti, è un errore, che diventa insolubile, senza un adeguato quadro di riferimento ossia, il famoso “libro bianco”. se non si chiarisce quale sarà lo scenario strategico dei prossimi 10-15 anni, quali saranno le minacce, i rischi, gli strumenti utilizzabili, le risorse, l’evoluzione tecnologica, ecc… è un esercizio inutile. da qui la decisione importante del ministro della difesa, a quasi trent’anni dal precedente (e da allora le forze armate hanno partecipato attivamente alle principali missioni internazionali, dall’afghanistan alla libia), di avviare la stesura del libro bianco (che allego).
ma proviamo a muovere alcune critiche…
esercito: si critica il programma “forza nec” (network enabled capabilities), si tratta di un progetto congiunto difesa-industria, nato per abbattere i tempi di comunicazione e di acquisizione delle informazioni, che da sempre rappresentano una criticità nella condotta delle operazioni militari per mezzo di nuove tecnologie informatiche. la filosofia del progetto forza nec si riassume in sintesi nella possibilità di collegare, in maniera diretta e immediata, ogni singolo soldato con il centro decisionale. il militare sul terreno potrà così accedere a banche dati come se fosse davanti al proprio pc, potrà comunicare inviando messaggi facilmente componibili, sarà in grado di vedere di notte come di giorno e di inviare immagini a tutte le unità collegate in rete.
marina: si ipotizza la possibile rinuncia ad una seconda unità portaeromobili. ma in questo modo la nostra capacità aeronavale sarebbe ad intermittenza, inutilizzabile nei periodi di fermo per manutenzione ordinaria e straordinaria della cavour.
aeronautica: ci si concentra sulle critiche al cacciabombardiere f 35.
purtroppo anche in questo caso si sta ripetendo per l’ennesima volta lo stesso errore: si tagliano o riducono i programmi o, invece, come nel caso della legge di stabilità, se ne avviano di nuovi senza nessuna logica interforze e bilanciata e senza nessun quadro di riferimento predefinito.
tornando al tema di questa discussione, in qualunque contesto ci caliamo, che ci piaccia o no, la realtà è che abbiamo aerei vecchi (e non solo, anche navi e mezzi terrestri ma qui discutiamo degli f35), non più utili agli scopi di difesa moderna. ammodernarli e mantenerli in servizio ha dei costi che a lungo termine, possono essere superiori alla spesa necessaria alla loro sostituzione.
torniamo alla domanda precedente… chi ha deciso l’acquisto? la decisione è stata soprattutto dei militari con il sostegno di un partito trasversale nel centrodestra e nel centrosinistra e le forti pressioni dell’industria. per la marina è una scelta quasi obbligata (se si esclude l’ammodernamento degli av8) dato che l’f35b è il solo aereo a decollo verticale sul mercato e quindi l'unico che può operare dalle nostre piccole portaereomobili garibaldi e cavour. l'aeronautica ritiene invece che si tratti del migliore velivolo disponibile per le missioni d'attacco. così l’italia ha deciso di sostituire tornado, amx e, av-8, aerei introdotti tra gli anni 80 e i primi del 2000 e da qui l’interessamento italiano al programma jsf con l’allora governo prodi. quanto questa operazione ci costi non è ben definito (ma sfiora i 20 miliardi di euro) come non è chiaro se la maggior parte di questi soldi vanno spesi subito oppure, trattandosi di un programma pluridecennale, “spalmati” su un lungo periodo.
per comprendere meglio ci viene a supporto un rapporto del ministero della difesa. a pagina 6 dell’allegato “c” della nota aggiuntiva allo stato di previsione per la difesa per l’anno 2012, che è stata presentata al parlamento dal ministro della difesa giampaolo di paola nell’aprile dello scorso anno, sono esposti tutti i costi previsti per il programma dell’f-35.
alla voce “sviluppo velivolo joint strike fighter”, che è la voce principale nel settore investimenti dell’aeronautica, si mette a bilancio una spesa di 548,7 milioni di euro per il 2012. nelle note si aggiunge la ripartizione delle spese previste complessivamente per il programma, compresi quindi i soldi già spesi a partire dal 2002 (quasi tutti nel settore della ricerca e sviluppo). alcune sono stranamente calcolate in dollari, altre sono spalmate su parecchi anni, altre ancora non sono ancora definite:
- per la fase di sviluppo, circa 1.028 milioni di dollari, con completamento previsto nel 2012;
- per la fase di sostegno alla produzione, circa 900 milioni di dollari, con completamento previsto nel 2047;
- per le attività di predisposizione in ambito nazionale, “oneri in fase di definizione”;
- per assemblaggio finale, manutenzione, revisione, riparazione e aggiornamento, circa 795,6 milioni di euro, con completamento nel 2014;
- per “l’avvio dell’acquisizione e supporto logistico”, circa 10 miliardi di euro entro il 2026.
si tratta insomma di 12,2 miliardi entro il 2047, oltre ad una cifra per a “predisposizione in ambito nazionale”. si tratterebbe di 360 milioni all’anno ma in realtà la divisione non è ripartita equamente. infatti, per il 2012 si erano messi in conto 512 milioni e la stessa cifra era calcolata per il 2013 e il 2014. poi c’è la voce più consistente, quella dell’”avvio dell’acquisizione e supporto logistico”. e’ quella che entrerà in gioco quando gli aerei, in concreto, arriveranno. anche se è spalmata su 24 anni senza ulteriore indicazione di altri scaglionamenti interni, si tratta in media di oltre 400 milioni di euro l’anno.
si tratta di grandi cifre ma se rapportate alla media europea vediamo che l’italia spende circa l’1,2 percento del pil a fronte della media del 1,61 europea. la cosa sorprendente, che si può leggere a pag. 19 del rapporto, è che un terzo di questa somma viene spesa per gli stipendi.
e’ indubbio che il programma jsf è estremamente caro ma, tralasciando gli aspetti tecnici e i difetti che l’aereo sta mostrando, facciamo una ipotesi: ammettiamo che i problemi siano irrisolvibili e l’italia si chiami fuori dal programma, quali ne sarebbero le conseguenze “tecniche” al momento attuale? i 90 f35 avrebbero dovuto sostituire 235 tra tornado, amx e av8… se non li compriamo cosa succede? si potrebbe convertire l’efa al ruolo di cacciabombardiere come hanno fatto gli inglesi? ma per gli av8?
ma cosa fanno gli altri, ad esempio gli inglesi? il nao, national audit office (l'organismo del parlamento che fa le pulci alla spesa pubblica britannica) ha esaminato i costi relativi al programma per le due nuove portaerei della royal navy e ha evidenziato come gli f35b (quelli a decollo corto e atterraggio verticale) mostrino seri problemi e limitazioni. ad esempio i jsf non sarebbero in grado di atterrare senza dover disfarsi dei carichi pesanti (bombe, missile e serbatoi supplementari di carburante) in presenza di particolari condizioni climatiche, cioè “con una temperatura calda, umida e caratterizzata da bassa pressione”. come è facile intuire si tratta di condizioni piuttosto frequenti sulle portaerei destinate a operare in tutti i mari del mondo. naturalmente la lockheed martin ha contestato queste critiche ma londra ha comunque ridotto da 138 a 48 l’ordinazione e ha anche annunciato che una precisa definizione del quantitativo finale di aerei ordinati non verrà effettuata prima del 2015. insomma, l’f35 sembra essere sempre più un fallimento.
il dipartimento della difesa usa ha apertamente criticato l’f-35, che, secondo le proprie simulazioni, non sarebbe in grado di competere con il cacciabombardiere russo su-35 in un combattimento aereo, essendo lento nel virare, salire di quota e accelerare.
in conclusione, quella che doveva essere una idea geniale, ovvero creare un unico aereo per 3 ruoli operativi, si sta dimostrando una catastrofe economica, tanto che la stessa marina americana ha stimato che i costi di manutenzione degli f35 saranno del 30-40% superiori a quelli dei caccia attualmente in uso.
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