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波の上および下

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intanto complimenti exatem, ti seguo anche se non mi faccio sentire.

...per questa sua caratteristica ha trovato applicazione per naviglio minore in servizio in zone di mare limitate (lagune, canali, ecc) per trasporto passeggeri, si presta bene anche all'impiego su fondali molto limitati.
come detto prima è sitemato a poppa, in alcuni cai anche a prua, consente lo spostamento della nave anche in senso trasversale.
svantaggi sono : la complicazione, il peso, il costo, la vulnerabilità, nonchè il suo basso rendimento.

invece devi farti sentire.
come ho più volte detto, questa discussione è assai impegnativa. non ho le conoscenze così profonde di tutta la materia. su alcune cose mi sento più pronto, su altre molto meno. d'altronde come ben sai, la costruzione navale è una disciplina cha abbraccia un'infinità di materie e pretendere di sapere tutto è quantomeno pretenzioso. inoltre questa "avventura" mi sta impegnando più del previsto. la platea si dimostra infatti molto competente e non si possono raccontare bufale.
e' per questo che spero sempre in interventi da parte di amici competenti, preparati, "curiosi", interessati, ecc. ecc. rappresentano l'occasione e lo stimolo per approfondire gli argomenti tecnici che sono uno degli scopi del forum. ed è per questo che spero sempre di leggere interventi come il tuo, o degli altri amici.

quoto in pieno il tuo post. come infatti avevo detto, alle indiscusse doti del sistema da te descritto, si contrappongono i costi di realizzazione, la complessità meccanica e tutto quanto da te esattamente descritto, che ne limitano l'impiego ad un mercato "di nicchia".
aspetto quindi prossimi tuoi interventi che non potranno che arricchire questa sezione del forum.
ciao e grazie.
 
sopra e sotto le onde
memento audere semper

...continua.

ma il mezzo più importante, sono le motosiluranti. la società veneziana automobili nautiche (svan) realizza un motoscafo veloce e ben armato per la caccia antisommergibile. e’ il mas la cui sigla significa motobarca armata svan ma che si trasformerà in motoscafo anti sommergibile, motobarca armata silurante sino al motto latino di d’annunzio “memento audere semper”. il mezzo ideato da attilio bisio è caratterizzato da una sagoma bassa e sfuggente, un ridotto pescaggio, una chiglia dalla scia ridotta al minimo. tra il 1916 e il 1918, vengono realizzati 244 mas in varie versioni e divisi in 9 basi. il 7 e il 26 giugno 1916 i mas affondano due piroscafi a durazzo. il 10 dicembre 1917 luigi rizzo forza il porto di trieste e silura la corazzata “wien”. l’impresa più famosa è però quella nota con il nome di premuda.
il 10.6.1918, mentre sul fronte terrestre è in corso la battaglia poi detta del montello, il comandante della marina austro-ungarica, ammiraglio horthy lascia pola con una squadra formata da due “dreadnoughts” gemelle, “santo stefano” (szaint istvan) e “tegetthoff”, da un caccia e sei torpediniere di scorta, per attaccare le navi che si trovano presso lo sbarramento antisommergibile del canale d’otranto. vicino all’isola di premuda (la maggiore delle isole che compongono l’arcipelago dalmata), sono in agguato i mas 15 e 21. erano motoscafi lunghi 12 m. e larghi 2, armati con due siluri e bombe di profondità; le ridotte dimensioni e la potenza dei motori consentivano manovrabilità e velocità; avevano, per contro, limitata autonomia.
al comando delle forze navali italiane era l’ammiraglio paolo tahon di revel.
i mas suddetti, comandati dal capitano di corvetta luigi rizzo e dal guardiamarina giuseppe aonzo, avvistate le navi austriache, partono all’attacco e lanciano i loro siluri da 300 metri di distanza: quelli del mas 15 di rizzo centrano la “szent istven” che si sbanda e dopo un’ora affonda causando 250 morti (l’evento è documentato dalle prime riprese del genere nella storia della cinematografia). si conclude così l’ultima sortita della flotta austro ungarica, costretta al rientro. gli austriaci rinunciarono all’azione. i due microscopici mas contribuirono pertanto al successo di vittorio veneto. . per l’impresa compiuta il comandante rizzo venne decorato con medaglia d’oro e l’equipaggio con medaglia d’argento al valor militare. la flottiglia mas dell’alto adriatico con 22 medaglie d’oro al valor militare testimonia il contributo dato durante la prima guerra mondiale. l’azione dei mas, più conosciuta come “impresa di premuda”, viene tutt’oggi ricordata dalla marina militare che celebra la propria festa proprio il 10 giugno.


corazzata santo stefano
corazzata dell’imperial regia marina austro-ungarica da 21.950 tonnellate a pieno carico. velocità di quasi 21 nodi. la corazzata-orgoglio della marina austriaca era gemella di altre 3 “dreadnoughts” austro-ungariche, viribus unitis, prinz eugen e tegetthoff. entra in servizio il 17 novembre 1915 come le sue sorelle aveva una protezione subacquea inadeguata.
 

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sopra e sotto le onde
memento audere semper nel luglio del 1918 è completato un nuovo tipo di ordigno, detto “mignatta”, progettato dal maggiore raffaele rossetti: una specie di siluro pilotato dal quale si sganciano due cariche esplosive da porre sotto la carena di una nave.

maa..
il mignatta non è quello che veniva anche chiamato "maiale"?:smile:
da dove deriva questo simpatico nomignolo?

saluti
marco
 
maa..
il mignatta non è quello che veniva anche chiamato "maiale"?:smile:
da dove deriva questo simpatico nomignolo?

saluti
marco
ciao marco.
ti anticipo alcune righe del pezzo che sto scrivendo, ma che pubblicherò quando arriveremo alla ii g.m., che risponde alla tua domanda.

"...lo sviluppo della cosiddetta “incursione subacquea” ha origine nel 1935. due ufficiali, teseo tesei ed elios toschi, iniziarono a studiare un metodo che colmasse la disparità di mezzi tra la regia marina italiana e la più potente forza navale dell'epoca, quella britannica. tutto cominciò con il siluro che sarebbe dovuto diventare un mezzo per l’incursione subacquea capace di trasportare due uomini oltre a una testa esplosiva sganciabile da fissare alla chiglia della nave nemica.
nacque così il siluro a lenta corsa (slc), più famoso con il soprannome di “maiale”. si narra che il nomignolo fu appioppato dopo il rientro da un’esercitazione impegnativa in cui il comandante disse ad uno dei suoi marinai "ormeggia stò maiale!" . purtroppo la ricerca venne interrotta con la fine della guerra d'etiopia, per riprendere solo alla fine del 1939. poco prima della ii^ guerra mondiale la marina decise di riprendere gli studi sul “maiale” e sui barchini."
 

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ciao marco.
ti anticipo alcune righe del pezzo che sto scrivendo, ma che pubblicherò quando arriveremo alla ii g.m., che risponde alla tua domanda.

"...lo sviluppo della cosiddetta “incursione subacquea” ha origine nel 1935. due ufficiali, teseo tesei ed elios toschi, iniziarono a studiare un metodo che colmasse la disparità di mezzi tra la regia marina italiana e la più potente forza navale dell'epoca, quella britannica. tutto cominciò con il siluro che sarebbe dovuto diventare un mezzo per l’incursione subacquea capace di trasportare due uomini oltre a una testa esplosiva sganciabile da fissare alla chiglia della nave nemica.
nacque così il siluro a lenta corsa (slc), più famoso con il soprannome di “maiale”. si narra che il nomignolo fu appioppato dopo il rientro da un’esercitazione impegnativa in cui il comandante disse ad uno dei suoi marinai "ormeggia stò maiale!" . purtroppo la ricerca venne interrotta con la fine della guerra d'etiopia, per riprendere solo alla fine del 1939. poco prima della ii^ guerra mondiale la marina decise di riprendere gli studi sul “maiale” e sui barchini."

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giusto, è vero. il maiale è successivo al mignatta.. e mi pare che la motorizzazione fosse elettrica, non più ad aria compressa..

scusa l'intrusione, continua così:smile:

saluti
marco
 
nota:
la "mignatta" è visibile presso la facoltà di ingegneria di genova. villa cambiaso.
nel giardino della villa c'è un "pezzo" di sommergibile del 15-18, non sono riuscito a leggere la targa.
anche se non c'entra niente, ma a me piaceva molto, c'è anche un mercedes benz a v12 invertito montato sui caccia tedeschi della della seconda guerra mondiale.

ciao a tutti
 
nota:
la "mignatta" è visibile presso la facoltà di ingegneria di genova. villa cambiaso.
nel giardino della villa c'è un "pezzo" di sommergibile del 15-18, non sono riuscito a leggere la targa.
anche se non c'entra niente, ma a me piaceva molto, c'è anche un mercedes benz a v12 invertito montato sui caccia tedeschi della della seconda guerra mondiale.

ciao a tutti

visto che siamo in tema...
siete mai stati al museo navale della marina militare di la spezia presso l'arsenale?
http://www.museotecniconavale.it/
sono iniziati i lavori di ampliamento per ospitare molti pezzi attualmente nei magazzini per carenza di spazio.
 
sopra e sotto le onde
apparati motori

dopo l'appassionata trattazione del mio amico di alcuni giorni fa non mi rimane effettivamente molto altro da dire se non aggiungere alcune valutazioni personali nelle quali mi limiterò ad evidenziare alcuni aspetti interessanti con particolare riferimento alle motivazioni che fanno preferire una motorizzazione rispetto ad un’altra. queste sono:
-le dimensioni dell’apparato motore, dalle quali dipendono le disponibilità di spazio a bordo. tenendo sempre conto di quanto gli stessi sono preziosi, sia dal punto di vista dell’abitabilità, sia per la capacità di carico.
-il suo peso complessivo, dal quale dipendono il dislocamento della nave, la sua capacità di carico, la robustezza (e quindi il peso) delle fondazioni e dei basamenti dell'apparato motore.
-il rendimento, da cui dipendono i consumi e quindi l'autonomia della nave.
-la possibilità di invertire la marcia.
-il tipo di combustibile impiegato, la sua reperibilità ed economia.
per oltre un secolo parlare di propulsione meccanica ha significato parlare di caldaia - motrice alternativa a vapore.
come abbiamo visto nei capitoli precedenti, le navi fino alla prima guerra mondiale erano attrezzate con 12, 16 o addirittura 24 caldaie cosiddette "a tubi di fiamma" (simili a quelle delle locomotive a vapore), con grandi focolari costantemente alimentati dai marinai fuochisti con il carbone.
lo schema classico prevedeva motrici a triplice o quadruplice espansione, quattro eliche, pistoni, bielle, assi, in locali resi invivibili dalle perdite di vapore, dalla polvere di carbone, dai fumi.
tra la fine dell'800 e i primi del ‘900 vennero creati i presupposti della moderna propulsione navale, basata su: motore - turbina a vapore - turbina a gas, il motore diesel e la turbina parson della quale abbiamo già accennato.
analizziamo come funziona un motore esclusivamente per gli aspetti che ci interessano dato che si tratta di argomento troppo noto perché vi si debba dedicare più che un accenno.
iniziamo con il considerare che il cosiddetto motore a scoppio utilizza un combustibile assai poco navale: la benzina. una miscela di idrocarburi altamente infiammabile e volatile, la cui presenza a bordo di si è dimostrata un pericolo dal quale guardarsi (come visto nel capitolo sui sommergibili).
il motore diesel, invece, utilizza un combustibile che si è dimostrato assai adatto all'impiego navale: il gasolio. un combustibile sufficientemente stabile e con un punto di infiammabilità abbastanza elevato da metterci al sicuro (non certo completamente), circa il rischio di incendi o esplosioni. inoltre i suoi consumi sono più bassi rispetto a quelli di qualunque altro apparato. anche da questo punto di vista, estremamente importante nella costruzione navale, per le implicazioni accennate sopra circa la economicità di gestione, l'autonomia e la capacità di carico, il diesel è in vantaggio, rispetto a qualunque altra macchina senza considerare la sua estrema semplicità. possiamo pertanto dire che oggi, quando si parla di apparato motore "a motore" si parla di “motore diesel".
dopo aver consacrato il diesel e i suoi successi, parliamo del vapore.
iniziamo dicendo che i moderni apparati motori a vapore poco hanno in comune con i loro antenati.
le caldaie moderne sono le cosiddette "a tubi d'acqua", dalle grandi potenzialità: fino a cento tonnellate/ora di vapore, elevate pressioni (fino ad oltre 70 bar) e temperature (più di 500 °c).
lo sviluppo della tecnica, gli studi sulla termodinamica e oltre due secoli di storia, consentono oggi di ottenere rendimenti un tempo inimmaginabili.
il combustibile utilizzato è il più economico in commercio, raccolto in fondo alle colonne di distillazione del petrolio (la cosiddetta "nafta residuale").
nonostante questo, il vapore perde costantemente terreno.
perché?
le ragioni sono da ricercare nella complessità degli impianti, nella necessita di una serie di apparecchiature accessorie che occupano un grande volume all’interno dello scafo.
per intenderci, vi faccio un esempio.
all’inizio della seconda guerra mondiale, l’italia costruì una serie di incrociatori leggeri, la così detta “classe capitani romani”, si rivelarono ottime navi che si dimistrarono assai veloci (anche oltre 40 nodi), e robuste come documentato dall'impresa dell'attilio regolo, rientrato in porto senza la prora asportata da un siluro.
ebbene, su 145 metri di lunghezza, 90 erano destinate all’apparato motore.
spieghiamo perché cercando di schematizzare un tipico impianto a vapore. i componenti fondamentali sono tre: la caldaia, la turbina e il condensatore ma, ognuno di essi, necessita di una lunga serie di componenti accessori.
ad esempio il circuito dell'acqua di alimento richiede almeno tre pompe: una di alimento della caldaia, una di aiuto alimento per innescare la pompa principale e una per l’estrazione dell’acqua dal condensatore.
due scambiatori di calore di cui uno incaricato di alzare la temperatura dell'acqua di estrazione e di ridurre la percentuale di ossigeno presente nell'acqua stessa detto “deareatore” e l’altro, il cui compito è sottrarre calore ai prodotti della combustione utilizzandolo per innalzare ulteriormente la temperatura dell'acqua prima del suo ingresso in caldaia chiamato “economizzatore”.
numerose valvole, sistemi di regolazione, tubolature.
altre apparecchiature sono poi necessarie per portare a valori accettabili il rendimento del ciclo termodinamico.
tutto questo non fa che aumentare l'ingombro dell’apparato, tanto che diventa proibitivo il suo impiego a bordo, data l’insufficienza di spazio. inoltre, la turbina è una macchina unidirezionale, il cui senso di rotazione è irreversibile.
quindi per invertire il senso di rotazione dell'elica occorre una apposita turbina di marcia addietro.
si potrebbe pensare di utilizzare anche sull'impianto a vapore un'elica a passo variabile.
quest'ultima, infatti, rappresenta una soluzione indispensabile per gli apparati motori a turbina a gas utile e talora utilissima per gli apparati a motore ma rimane di difficile attuazione per impianti di grandi potenza dominati dalla propulsione a vapore.
inoltre l'elica a passo variabile resta un propulsore il cui rendimento è inferiore a quello di un'elica a passo fisso, che già lascia parecchio a desiderare.

parlando di elica a passo variabile ci avviciniamo al terzo e più moderno tipo di apparato motore, la turbina a gas. come nel caso degli impianti a vapore ognuno dei componenti fondamentali della t.a.g. necessita di una serie di apparecchiature ausiliarie, anche se in misura minore.
inoltre, come si è detto, questo apparato necessita di un'elica a passo variabile, in quanto la turbina è una macchina non reversibile.
se a questo aggiungiamo che come rendimento e consumo, l'impianto turbogas è il peggiore essendo caratterizzato da bassi rendimenti ed alti consumi.
ma se sono impianti costosi, dai grandi consumi, che hanno bisogno di complesse eliche a passo variabile, perché certe navi le utilizzano?
la risposta è semplice, sono apparati leggeri, molto leggeri.
hanno cioè un rapporto peso/potenza estremamente favorevole e nettamente migliore rispetto a quello di diesel e vapore.
allora, quando il peso è un fattore vincolante, la soluzione t.a.g. diventa quella ottimale se non quella obbligata.
un’ultima panoramica la facciamo sui motori elettrici. la propulsione mista diesel/elettrica, sta vivendo una nuova giovinezza dopo alcuni decenni di oblio. oggi viene infatti largamente impiegata sulle nuove navi da crociera grazie alla silenziosità e, alla flessibilità ottenibile suddividendo la potenza massima richiesta in un certo numero di gruppi elettrogeni che possono essere dislocati dove fa più comodo. questo caratterizza le moderne navi da crociera che hanno raggiunto elevati livelli di comfort per i passeggeri. il merito è anche dei gruppi elettrogeni, ciascuno da oltre ottomila chilowatt, sistemati in locali insonorizzati e in grado di erogare tutta l'energia elettrica richiesta dalle varie utenze di bordo, comprese le eliche.

quindi se il motore è elettrico, l'energia necessaria per alimentarlo può provenire o da un gruppo elettrogeno o da una serie di accumulatori
nel primo caso si può avere propulsione mista "diesel elettrica" o "turbo elettrica".
nel secondo caso si parla di propulsione elettrica pura e gli accumulatori vengono caricati saltuariamente mediante appositi gruppi elettrogeni (come abbiamo visto parlando dei sommergibili).
quindi , escluse le piccole imbarcazioni equipaggiate sia con piccoli motori da pochi chilowatt che con potenti motori fuoribordo, appena si passa ad imbarcazioni più importanti, dai modesti semicabinati dotati di motori entro-fuoribordo, fino ai grandi panfili lunghi 24,99 metri ( la lunghezza massima consentita per restare nella categoria "imbarcazioni" dopo di che siamo nel campo delle “navi”) dotati di due motori con altrettante eliche, il diesel regna sovrano.
sono macchine a quattro tempi, veloci (fino ad oltre 3000 giri/minuto), compatte per poter essere installate nei locali destinati all'apparato motore, che utilizzano un gasolio navale sicuro e relativamente economico, contenute in box insonorizzanti per garantire affidabilità e comfort al facoltoso armatore.
 

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sopra e sotto le onde
la marina italiana fra le due guerre

il 4 novembre 1918, fu proclamato l'armistizio che pose fine alla grande guerra, la regia marina italiana venne così impegnata nella occupazione dei territori costieri dell'adriatico. le navi e i reparti da sbarco raggiunsero trieste, pola, fiume, zara, spalato, sebenico e molte delle isole dalmate.

oltre alla responsabilità di difendere gli interessi nazionali in tali territori, la regia marina intendeva intraprendere una serie di campagne di navigazione il cui scopo era di dimostrare l’impegno italiano nel recuperare il prestigio che le competeva. per questi il ministero della marina, seppur con gravi difficoltà, organizzò una serie di crociere all’estero.
nel febbraio del 1922, alcuni mesi prima dell'avvento del fascismo, si concluse la conferenza di washington per il disarmo navale che stabilì le quote di navi da battaglia (175.000 tonnellate) e di portaerei (60.000 tonnellate) sia per la marina italiana che per quella francese.
il 1923 segnò la nascita della regia aeronautica e questo sarà una delle cause dei drammatici eventi della seconda guerra mondiale. la marina, privata del controllo e del comando della componente aerea, privata di basi, mezzi e uomini (molti degli uomini che daranno lustro alla nuova forza armata come de pinedo, maddalena, guidoni, pellegrini, ferrarin, biseo, del prete ecc. provengono dalla marina), pagherà un sanguinoso tributo a causa di questa scarsa lungimiranza che privilegerà lo sviluppo della sola arma navale trascurando la componente aerea. gli unici aerei della marina, saranno i ricognitori imbarcati.

dopo aver definito con il trattato di washington le regole, la regia marina si preoccupò di mantenere in equilibrio il rapporto di forze con la francia. partì così un programma di costruzioni che porterà alla realizzazione tra gli anni 20 e 30 di incrociatori pesanti da 10.000 tonnellate. nel 1933 assunse l’incarico di capo di stato maggiore l’ammiraglio cavagnari il quale promosse un programma che portò alla costruzione di quattro navi da battaglia da 35.000 tonnellate della classe vittorio veneto. dal 1934 in poi, cominciò la costruzione di cacciatorpediniere e sommergibili che nel giugno del 1940 raggiungerà il numero di 113 battelli, posizionando l’italia al secondo posto dietro gli usa come tonnellaggio. il 1935 è caratterizzato dall’impegno coloniale in etiopia in cui la marina è impegnata nel sostenere logisticamente le truppe e, nel proteggere i convogli carichi di uomini, materiali e rifornimenti. la situazione internazionale si aggravò in seguito alla partecipazione alla guerra civile spagnola. in questa occasione la marina assicurò la protezione dei convogli e attuò il blocco delle coste spagnole realizzando 870 missioni. nel mediterraneo la situazione era di relativo equilibrio, la marina italiana vantava un numero rilevante di navi e sommergibili. ma nel 1940 tale equilibrio sarà compromesso dal potere aereonavale alleato, dalla carenza cronica di combustibile e di apparecchiature di scoperta (radar). nonostante queste difficoltà non viene sufficientemente sottolineato il fatto che la marina italiana riuscì a fare arrivare in africa settentrionale l’86% dei materiali e il 92% degli uomini.
 

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tra le guerre – evoluzione tecnica
la navigazione che abbiamo intrapreso ci sta avvicinando alla seconda guerra mondiale ma, prima di arrivare a questo drammatico evento, facciamo il punto sulla evoluzione navale.
prima dello scoppio odella grande guerra, la maggioranza delle marine hanno quale principio guida, progettare una nave la cui corazzatura sia in grado di resistere al fuoco dei suoi stessi cannoni questo perché, come ricorderete, vigeva la regola di ingaggiare navi appartenenti alla stessa classe. c’è chi non adotta questa regola progettuale come ad esempio la germania. le navi da battaglia tedesche privilegiavano la protezione a scapito della prestazione e abbiamo visto come nella battaglia dello jutland, le navi tedesche abbiano sopportato colpi che, in casa inglese, causavano l’esplosione e la conseguente perdita della nave. gli inglesi basarono le loro costruzioni sul concetto di realizzare una nave sufficientemente armata da poter affrontare un incrociatore pesante ma, abbastanza veloce da riuscire a sfuggire ad una nave da battaglia. nasceva così l’incrociatore da battaglia, armato con gli stessi cannoni delle corazzate ma, con una protezione da incrociatore pesante. la prima classe costruita con questo criterio fu la “invincibile”. le altre marine cercarono di emulare questi concetti. nacquero cosi la classe “kongo” giapponese, la classe “dunquerke” francese, che si distingueva per avere tutto l’armamento in “caccia”, la classe “alaska” americana. la marina italiana non seguì la moda e non costruì incrociatori da battaglia.
alla prima vera prova, lo jutland, gli incrociatori da battaglia palesarono i loro limiti. tre di queste navi britanniche saltarono in aria per l’esplosione dei depositi delle munizioni. quindi fu una prova deludente e di conseguenza quasi tutte queste unità vennero ritirate nel dopoguerra. questa decisione fu influenzata anche dai contenuti del trattato di washington. chi aveva in linea queste navi, preferì radiare gli incrociatori da battaglia a favore delle più potenti navi da battaglia.
uno sviluppo parallelo è quello rappresentato dal cosiddetto “naviglio sottile”. motosiluranti e torpediniere erano unità leggere che contavano sulla velocità a sulla manovrabilità per ingaggiare navi molto più grandi di loro e pesantemente armate. la motosilurante fu creata all’inizio del 1900, poche tonnellate di dislocamento e motorizzazioni potenti in cui il rapporto peso/potenza permetteva di raggiungere velocità notevoli. erano armate con tubi lanciasiluri e in alcuni casi, con una mitragliera. e’ chiaro che non avrebbero mai potuto reggere ad un colpo sparato da una grande nave, ma il problema era prenderle.
la torpediniera era inizialmente una piccola unità ma in seguito, venendole preferita la motosilurante, assunse dimensioni sempre maggiori fino ad arrivare a 70-100 metri di lunghezza ed un armamento proporzionato. ma si trattava pur sempre di un “ibrido” e nella seconda guerra mondiale verranno sostituite dalle corvette (ne sono un eccellente esempio le italiane classe “gabbiano” e le inglesi classe “flower”) e dalle fregate, dette anche cacciatorpediniere di scorta, i cui compiti erano la scorta e la caccia ai sommergibili.
giungiamo così al periodo compreso tra le due guerre. le grandi potenze mondiali siglano il trattato di washington preoccupandosi di evitare il ripetersi di una corsa agli armamenti come avvenuto alla vigilia della prima guerra mondiale fra inghilterra e germania. vengono stabiliti limiti alle dimensioni e all’armamento, i cannoni non potevano avere un calibro superiore a 203mm. gli incrociatori pesanti non potevano superare le 10.000 tonnellate. il rapporto 5:5:3 indicava il tonnellaggio concesso a usa, inghilterra e giappone. le marine di tutto il mondo dovettero rivedere i loro programmi e rinunciare ad alcune navi che eccedevano i limiti del trattato. si ricorse perciò ad ogni espediente per evitare di demolire le navi. i giapponesi convertirono l’incrociatore da battaglia “akagi” e la corazzata “kaga” in portaerei. cosa che fecero anche gli usa ottenendo così la “lexington” e la “saratoga”, le più grandi portaerei dell’epoca, capaci di 90 aerei.
anche la componente subacquea ebbe una forte evoluzione (approfondiremo l’argomento in seguito). venne progressivamente aumentata la quota massima operativa e oltre ai siluri si imbarcarono cannoni da 75/100mm . ci fu anche chi realizzò sommergibili in cui il siluro era retrocesso ad arma secondaria e favore di grossi cannoni (ad esempio i francesi costruirono il “surcouf) ma ebbero un impiego limitato.
la seconda guerra mondiale segnò il tramonto della corazzata.
una nuova arma, capace di colpire con grande potenza a centinaia di silometri di distanza, ben oltre la gittata di qualunque cannone, faceva la sua comparsa sui mari, la portaerei.
molti navi da battaglia, incrociatori, ecc. vennero affondati dall’aviazione imbarcata. vedremo molti esempi del potere della forza aereonavale e come anche le più grandi corazzate nulla poterono contro gli attacchi aerei.
le corazzate manterranno un ruolo importante nella scorta ai convogli come la “renow” in atlantico o, come la “queen elizabeth” in mediterraneo. forniranno appoggio agli sbarchi bombardando pesantemente le coste nemiche ma non avranno più il peso determinante sull’esito della battaglia.
gli ultimi scontri che vedranno protagoniste queste regine dei mari, furono la seconda battaglia di guadalcanal, dove la “south dakota” e la “washington” affondarono la “kirishima”, la “atago” e, la “takao”; e la seconda battaglia del golfo di leyte dove sei corazzate americane affondarono la “fuso” e la “yamashiro”.
 

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sopra e sotto le onde
le armi a bordo (riferito agli armamenti all’epoca fra le due guerre).

artiglieria
l’armamento principale della navi da guerra è costituito da un insieme di cannoni sistemati in torri e, in impianti di coperta. in torre si trovano le artiglierie di medio e grosso calibro mentre le artiglierie di piccolo calibro, sono sistemate in impianti di coperta. gli impianti in torre possono essere binati o trinati mentre gli impianti di coperta , sono generalmente singoli o binati.
la sistemazione in torre è costituita da una parte girevole detta “camera di tiro”. si tratta di una casamatta corazzata dalla quale fuoriescono le canne delle artiglierie e al cui interno, si trovano gli organi di comando della torre. la parte fissa è in pratica un cilindro corazzato detto “barbetta” che dalla camera di tiro, scende fino al ponte di corridoio anch’esso corazzato. al di sotto della camera di tiro si trova la “camera di manovra” nella quale sono sistemati i motori elettrici che comandano il funzionamento di tutti gli impianti. alcuni di essi servono al movimento, altri al trasporto delle munizioni. queste ultime, mediante elevatori di rifornimento, vengono trasportate sugli “elevatori di caricamento” e da qui, arrivano alle camere di tiro.
con il termine “cannone” si intende un’arma da fuoco in grado di lanciare a grande distanza una massa metallica detto “proietto”, sfruttando l’energia generata dalla deflagrazione della “carica di lancio”. e’ costituito da un tubo di acciaio chiuso posteriormente “dall’otturatore”. la parte anteriore si chiama “volata”, la parte posteriore “culatta”. la canna ha internamente delle rigature che imprimono un moto rotatorio che consente al proietto, di mantenersi “dritto” durante tutta la traiettoria. la rigatura interna termina verso la culatta con una parte tronco-conica liscia detta “camera di combustione”. il cannone è sistemato in una culla che appoggia tramite due assi detti “orecchioni”, sulle “orecchioniere” poste su una piattaforma che, grazie ad una serie di ingranaggi, permette l’elevazione e il brandeggio dell’arma.
all’interno dell’otturatore c’è un “percutitoio” che provoca l’accensione della capsula la quale a sua volta, incendia la carica di lancio. i cannoni di piccole dimensioni vengono caricati manualmente mentre per quelli grossi, si ricorre al “calcatotio” ad aria compressa. la carica di lancio può essere contenuta in un involucro di tessuto detto “cartoccio” o in un “bossolo” separato dal proietto. in questi casi il cannone si dice: a caricamento ordinario, rapido, simultaneo.

fino alla metà dell’800 il proietto era di forma sferica. nel 1845, il generale di artiglieria cavalli, ideò e sperimentò proietti oblunghi che consentivano di aumentare la massa senza variare il calibro del cannone. venne studiata la rigatura per impedire che il proietto si “ribaltasse” durante il volo. per agevolare questa rotazione, il proietto recava un’anello detto di “centramento” e, posteriormente a questo, l’anello di “forzamento”.
i proietti possono essere perforanti o dirompenti.
i perforanti devono perforare le corazze ed esplodere all’interno del bersaglio grazie una spoletta a scoppio ritardato. i dirompenti, detti anche “granate”, essendo maggiormente cavi all’interno, contengono una maggiore quantità di esplosivo e quando incontrano un’ostacolo, la spoletta li fa esplodere frammentandoli.
altri particolari proietti sono: proietti a codetta luminosa (per il tiro notturno), traccianti (per mitragliere), a frammentazione (per il tiro contraereo), illuminanti, incendiari, con aggressivi chimici.
le artiglierie vengono classificate a seconda delle loro dimensioni.
- piccolo calibro, inferiori a 120 mm
- medio calibro, tra 120 e 230 mm
- grosso calibro, superiore a 203 mm
e a seconda della loro lunghezza in:
- cannoni, se di lunghezza superiore a 20 calibri
- obici, tra 10 e 20 calibri
- mortai, inferiori a 10 calibri.

armi subacquee
sono quelle armi che effettuano la loro azione sotto la superficie del mare. possono essere usate sia contro bersagli di superficie sia contro sommergibili. contro le navi di superficie si usano siluri e mine. contro i sommergibili, bombe di profondità, siluri speciali e mine.

siluri
il siluro è un’arma autopropulsa, ossia dotata di un motore che le permette si muoversi autonomamente. si distinguono tre parti: testa, contenente la carica esplosiva e il dispositivo di scoppio detta “acciarino”; corpo centrale, contenente il serbatoio di aria compressa per la propulsione; coda, contenente il motore, le eliche controrotanti e, i timoni orizzontali e verticali. il siluro classico ad aria compressa ha l’inconveniente della scia che permette di individuarlo e quindi, di manovrare per evitare l’impatto. per questo si sono adottati siluri elettrici dove, al posto del serbatoio dell’aria e del motore ad aria, sono alloggiati accumulatori ed un motore elettrico.
per mantenere inalterata la rotta di lancio, si usano due congegni; il “guidasiluri”, in pratica un giroscopio che mantiene la direzione dell’asse e, il “piatto idrostatico” che regola la profondità. entrambi agiscono sui timoni in coda.

mine
sono armi “di posizione”, vengono depositate in attesa del passaggio di una nave. esistono mine ancorate e mine da fondo. le prime, oltre la mina vera e propria, hanno un cavo alla cui estremità si trova un peso-ancora, sono provviste di un dispositivo a piatto idrostatico che consente di regolare la profondità di ormeggio. le seconde si usano prevalentemente nei bassi fondali.
le mine possono essere “a urto” o, “ad influenza”. le prime evidentemente esplodono se urtate, le seconde quando una nave passa ad una certa distanza da essa. esistono diversi tipi di mine ad influenza: magnetiche, acustiche, magneto-acustiche. molto spesso sono munite di dispositivi anti-dragaggio. contro il dragaggio meccanico (taglio del cavo di ormeggio), si usano catene al posto dei cavi di ormeggio e, gavitelli esplosivi che distruggono l’attrezzatura di dragaggio. contro il dragaggio magnetico o acustico, si usa ad esempio, un sistema programmabile per cui le mine, non esplodono al primo passaggio ma, si può prefissare ad esempio, il decimo. quindi, per nove volte il dispositivo scatterà a vuoto mentre la successiva, farà esplodere la carica.

bombe antisom
possono essere a percussione oppure di profondità. le prime devono essere lanciate in gran numero da un lanciatore multiplo detto “porcospino” che ne può lanciare 24. le seconde, di maggior dimensioni, hanno una carica esplosiva molto più grande per poter danneggiare il sommergibile anche esplodendo ad una certa distanza da esso. la regolazione della quota di scoppio avviene mediante il solito “piatto idrostatico”. le bombe di profondità vengono lanciate da appositi lanciabombe singoli, posti a poppa per evitare che l’esplosione danneggi la nave, oppure da lanciatori multipli a caduta detti “tramogge”.
 
mi sono accorto in questo momento che sono state superate le 5000 visite. per l'esattezza 5001.
ringrazio tutti coloro hanno avuto la costanza di seguirmi fino ad ora. non credevo di raggiungere un numero così alto in un tempo così breve. e' una grande soddisfazione.
grazie a tutti.
5001 volte.

p.s.
certo che ripensandoci... se avessi fatto pagare un'euro a testa.... :biggrin:
...tutti invitati all'aperitivo virtuale. :finger:
 
certo che ripensandoci... se avessi fatto pagare un'euro a testa....
...tutti invitati all'aperitivo virtuale.

che ne dici...



...troppo pesante...??:36_1_13:


dai, i complimenti te li meriti tutti!!!!:36_1_11:
 

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avevo pensato a questo.



vista la residenza e l'argomento... :tongue:

comunque per mangiare tra amici va bene tutto... :wink:
 

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quoto e straquoto exatem, ho appena mangiato e solo a vedere la foto mi è venuta l'acquolina, ed ho di nuovo fame.
arrivare a sera è lunga.
quando sarà il momento fate sapere che qualche pesciolino lo porto io :finger:
 

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sopra e sotto le onde
dedicato al presidente. (sarà una forma di idolatria?)

una nuova arma, la portaerei…


ai primi del 900, la marina americana, dimostrava grande interesse per gli esperimenti che avevano lo scopo di valutare l’impiego degli aere sulle navi. dopo soli sette anni dal primo volo dei fratelli wright, l’incrociatore leggero “birmingham” venne attrezzato con una piattaforma di legno posta a prora. eugene fly, ai comandi di un curtiss d, una “trappola” simile a quella dei fratelli wright, il 14 novembre si staccava dalla pista improvvisata, perse quota fino a sfiorare il mare ma, riuscì a raggiungere la base di norfolk. il decollo da una nave, anche se non esattamente “da manuale”, era riuscito.
l’8 gennaio 1911 sempre ely, che evidentemente ci aveva preso gusto, con un altro curtiss d, decollò da un ponte di legno realizzato questa volta a poppa dell’incrociatore “pennsylvania”. a questo punto per il decollo ci si era più o meno organizzati, il problema era ora l’atterraggio.
la soluzione fu trovata da hugh robinson. il suo aereo venne modificato applicandovi un gancio il cui compito, era di ingaggiare dei cavi posti trasversalmente al ponte ai quali, erano appesi dei sacchi pieni di sabbia che avrebbero frenato la corsa del velivolo.
l’idea funzionò. ma tutti questi tentativi erano stati compiuti a nave ferma e mare calmo. infatti i tecnici di allora ritenevano impossibile eseguire le stesse manovre con la nave in movimento.. in ogni caso, nel 1911 l’america non essendo interessata direttamente dagli imminenti eventi europei, abbandonò gli esperimenti.
ben diversa era la condizione degli inglesi. nel 1907 era nata la triplice alleanza con francia e russia che si contrapponeva a germania, austria, ungheria e italia. molti erano i motivi di attrito; la situazione balcanica, la rivolta in russia, il militarismo tedesco… pertanto la royal navy era pressata da ben altre urgenze rispetto agli usa.
il 10 gennaio 1912 la corazzata “africa” ospitò la solita struttura in legno sulla prua da cui, il tenente charles samson, riuscì a decollare con uno short s27. ma la vera impresa la compì il maggio successivo quando decollò dalla corazzata “hibernia”. infatti questa volta la nave era in navigazione e questo fece intuire la potenzialità dell’aviazione imbarcata.
ma siamo ancora in una fase pioneristica. queste imprese erano considerate dagli ammiragli dello stato maggiore, della “bravate di piloti spacconi e esibizionisti”, inoltre non si era ancora risolto un problema di primaria importanza, l’appontaggio.
e’ un contesto storico ostile, i vertici militari sono fondamentalmente tradizionalisti e ostacolano ogni innovazione eccessivamente “futuristica”. nonostante questo clima, appare chiaro che l’impiego dell’aereo poteva rivelarsi utilissimo alla flotta. non esisteva all’epoca, altro sistema di avvistamento che quello visivo quindi l’aereo, poteva costituire “gli occhi della flotta”. non essendo ancora riusciti a risolvere il problema dell’appontaggio, la soluzione fu inizialmente l’introduzione nella flotta delle navi appoggio idrovolanti.
si trattava di navi munite di gru per il recupero degli aerei, hangar, officine , ecc. precursore di questo genere di unità fu la francese “foudre”. nata come unità di supporto torpediniere fu in seguito trasformata come nave appoggio idrovolanti. i lavori di trasformazione comportarono nella realizzazione di un hangar, nella sostituzione delle gru, nella realizzazione a prua di una pista di decollo.
(segue...)
 

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sopra e sotto le onde
una nuova arma, la portaerei…

...i primi idrovolanti imbarcati furono i canard voisin, con i quali iniziò un periodo di valutazione dai risultati incoraggianti. la prova che fugò ogni dubbio si ebbe nel 1912. durante una esercitazione, la flotta francese venne divisa in due squadre con l’intento di “combattersi”. la squadra in cui era allineata la foudre, riuscì sempre ad avvistare la squadra nemica consentendo di affrontarla nelle condizioni più favorevoli.
anche gli inglesi adottarono l’idea della nave appoggio idrovolanti così, presero l’incrociatore “hermes” e lo trasformarono. a prora venne realizzata la solita piattaforma di legno dalla quale, grazie ad un apposito carrello, potevano decollare gli idrovolanti e, a poppa, un hangar dove i velivoli venivano rapidamente smontati per stivarne il maggior numero possibile. la hermes affondò però l’anno successivo.
il requisito fondamentale di una nave appoggio idrovolanti, era la manovrabilità. infatti difficilmente l’aereo riusciva ad ammarare a tiro di gru per essere imbarcato. quindi occorreva manovrare la nave, ammainare delle lance con le quali rimorchiare il velivolo e procedere con il recupero. in tutta questa fase la nave era un facile bersaglio. si preferì pertanto utilizzare dei traghetti modificati allo scopo date che questo tipo di nave erano in grado di attraccare e manovrare nei porti senza l’ausilio dei rimorchiatori. così gli inglesi, dopo aver perso la hermes, requisirono tre traghetti, (engadina, empress e riviera) e li trasformarono in nave appoggio idrovolanti.
come spesso accade, ci volle una guerra per imprimere una accelerazione alla ricerca. con lo scoppio della prima guerra mondiale, gli esperimenti dovettero lasciare il posto alle azioni reali. il debutto degli aerei imbarcati avvenne ad opera dei giapponesi in un teatro bellico poco noto. nel 1914 idrovolanti farman, imbarcati sulla nave giapponese “wakamiya”, attaccarono bersagli tedeschi a tsingtao in cina dove si trovava la squadra navale di von spee. naturalmente il limitato carico bellico causò ben pochi danni e gli aerei furono molto più importanti come ricognitori. la wakamiya era in origine un mercantile costruito in inghilterra su commessa di un armatore russo. venne catturata dai giapponesi durante la guerra contro i russi che abbiamo visto culminare nella battaglia di tsushima, trasformata inizialmente come nave appoggio idrovolanti e, in seguito in vera e propria portaerei.
la royal navy con i tre traghetti requisiti detti prima, compì un attacco contro gli hangar degli zeppelin tedeschi, la notte di natale del ‘14. dalle tre navi partirono nove aerei di vario tipo che anche in questo caso fecero ben pochi danni ma, suscitarono una grande impressione. nel 1916 la engadine partecipò alla battaglia dello jutland con i suoi ricognitori che ricevettero unanimi consensi. gli inglesi furono i primi ad affondare una nave utilizzando aerosiluranti imbarcati e la vittima, fu la nave turca “ben-my-chree”.
ma le scarse prestazioni degli idrovolanti, pesanti e lenti, finirono con il rappresentare un problema senza soluzione. come ho detto, le navi si dovevano fermare per recuperare gli aerei e diventavano facili prede per i sommergibili nemici. così finì la hermes nel 1914 per opera del sommergibile tedesco u27. si pensò di risolvere il problema imbarcando aerei “terrestri” che dovevano decollare dai ponti delle navi e atterrare in aeroporti lungo la costa. così gli inglesi imbarcarono il sopwith pup che, grazie alle piccole dimensioni, poteva essere caricato anche su incrociatori leggeri attrezzati con una piccola piattaforma. con questa innovazione, il 21 agosto 1917 un pup decollato dall’incrociatore “yarmouth” riuscì ad abbattere il dirigibile l23 fino ad allora irraggiungibile dagli idrovolanti.
un impiego in cui le navi appoggio idrovolanti potevano dimostrarsi utili era la caccia antisommergibili. a quel tempo i sommergibili navigavano prevalentemente in superficie. non esisteva lo snorkel, la navigazione in immersione era lenta, la quota operativa ancora troppo bassa. un aereo costringeva quindi il smg a rimanere immerso fino all’arrivo delle navi che, o lo affondavano o, lo costringevano ad emergere e arrendersi. un altro compito in cui queste unità si dimostrarono molto utili, fu il recupero dei naufraghi e così, queste navi si trasformarono in mezzi di pattugliamento in grado di tenere sotto controllo una grande superficie di mare.
(segue...)
 
sopra e sotto le onde

una nuova arma, la portaerei

l’italia in questa fase, stava a guardare piuttosto distrattamente. qualche esperimento era stato fatto con l’incrociatore “elba” ma durante la grande guerra non era stata avvertita la necessità di unità di questo genere. il teatro di operazioni abbiamo visto come fosse prevalentemente l’adriatico, un mare dalle dimensioni limitate e quindi facilmente raggiungibile dalle coste nazionali. così solamente il mercantile “europa” venne convertito allo scopo.
nel periodo tra le due guerre, la marina italiana cominciò ad imbarcare su corazzate e incrociatori, idrovolanti con compiti di ricognizione e direzione del tiro delle artiglierie. ciò nonostante il potenziale del mezzo aereo impiegato in mare, rimaneva ampiamente sottovalutato. inoltre i rispettivi stati maggiori si disprezzavano. la regia marina era la forza armata di casa savoia, costituita perlopiù da appartenenti alle famiglie nobili italiane. l’aeronautica invece era una creatura del fascismo. questo portò ad una totale mancanza di organizzazione e di coordinamento che in alcuni casi, sfociò in episodi di “fuoco amico” tanto che le navi italiane in seguito dipinsero una porzione del ponte di coperta a prua, a strisce bianco-rosse per essere facilmente riconosciute dagli aerei.
l’unica unità in qualche modo legata all’aeronautica, fu il traghetto di proprietà delle ferrovie “giuseppe miraglia” che venne requisito e trasformato in nave appoggio idrovolanti.
venne trasformata nell’arsenale di la spezia. impostata il 5 marzo 1921, fu varata il 20 dicembre 1923 ed entrò in servizio nel ’27. battezzata inizialmente “città di messina” come nave trasporto delle ferrovie dello stato, venne incorporata nella regia marina per diventare nave di sostegno logistico agli idrovolanti imbarcati. doveva essere non solo una nave officina, ma doveva trasportare i velivoli della squadra navale. i lavori di trasformazione iniziarono nel gennaio del 1925. vennero realizzate due aviorimesse, una a poppa per 6 idrovolanti m18 e uno a prora per 5 aerei. compresi quelli sistemati in coperta, poteva trasportare fina a 20 velivoli. per il lancio degli apparecchi furono installate due catapulte “cagnotto”. a mezzanave, vennero aperti due portelloni e, sotto il cielo dell’hangar, fu installata una gru di 9 metri. nel ’29 la nave ricevette la bandiera di combattimento e dal ’37, imbarco idrovolanti imam ro43. le sue dimensioni erano:
lunghezza 121,22m. ; larghezza 14,99 e altezza 5,82. dislocamento 5.913 ton. era armata con 4 pezzi da 102/35 e 12 mig. 13,2mm. la motorizzazione consisteva in 8 caldaie yarrow a tubi d’acqua, 2 turbine a vapore, 2 eliche a tre pale. la potenza era di 16,700 hp che la spingevano a 21 nodi
venne impiegata per il trasporto dei velivoli in etiopia e spagna. si salvò dall’attacco inglese nella notte di taranto e continuò la sua monotona carriera fino all’armistizio. venne quindi usata per il rimpatrio dei prigionieri di guerra e infine diventò una caserma galleggiante per equipaggi di sommergibili. nel 1959 venne radiata e demolita.
le navi appoggio idrovolanti non rappresentarono quindi la soluzione all’impiego navale di una forza aerea imbarcata.
nel 1917 l’inghilterra costruì una serie di tre incrociatori leggeri ma pesantemente armati con due torri, una a prua e una a poppa, da ben 475mm. un progetto che non si può definire riuscito. le strutture si dimostrarono subito troppo esigue per lo stress causato dalle artiglierie. quindi si prese una delle tre navi, si eliminò la torre di prora e si realizzò una pista di decollo con hangar sottostante. l’idea era di tentare l’appontaggio di un aereo ma la tecnica scelta era a dir poco sorprendente. la nave avrebbe dovuto navigare alla massima velocità controvento ottenendo così una velocità relativa, pari alla minima velocità di sostentamento del pup. l’aereo quindi si sarebbe trovato praticamente “fermo” rispetto al ponte. a quel punto un gruppo di marinai lo avrebbe afferrato e tirato letteralmente giù. il 2 agosto 1917 questo folle esperimento fu tentato e incredibilmente, riuscì. ma il capitano dunning, non contento di essere sopravvissuto a questo tentativo, volle riprovare senza l’ausilio dei marinai, il pup scivolò fuori dal ponte e il pilota morì. l’esperimento venne così abbandonato. la “furios” fu nuovamente modificata. anche la torre di poppa venne rimossa e si realizzò un secondo ponte di volo. la nave assunse un aspetto insolito. un ponte liscio a prora destinato al decollo, una struttura centrale con plancia e fumaiolo e, un secondo ponte liscio a poppa per l’atterraggio. ma le turbolenze create dal fumaiolo rendevano impossibile l’appontaggio con nave in movimento e gli incidenti continuarono.
comunque qualche cosa si era capito. per atterrare su una nave, occorreva un unico ponte da poppa a prora. partendo da un transatlantico italiano requisito, gli inglesi realizzarono la “argus”, la prima nave a ponte continuo. i fumaioli vennero sostituiti da condotte orizzontali che fuoriuscivano a poppa dove però, erano necessari dei ventilatori per liberare la zona dai fumi.
terminata la guerra, venne siglato l’accordo di washington che, come abbiamo già visto, limitò il tonnellaggio delle navi delle varie marine e comportando perciò, la demolizione di un certo numero di grandi navi. gli ammiragliati dell’epoca, ancora molto tradizionalisti, concepivano la guerra in mare come un duello tra le artiglierie di grandi navi da battaglia. l’aereo non andava oltre compiti di ricognizione e anzi, il generale mitchell dell’aeronautica dell’esercito usa finì sotto corte marziale per le sue idee difese forse con eccessiva veemenza. egli sosteneva contro tutti, che le costosissime corazzate, potevano essere affondate dagli economici aerei. mitchell fu degradato. verrà riabilitato dopo la sua morte e gli verrà dedicato un famoso bombardiere americano. il b25 mitchell. in questo contesto era difficile convincere gli ammiragli a rinunciare alle loro amate corazzate ma, il trattato di washington incombeva e obbligava gli stati a procedere con la demolizione di alcune di esse. a queste condizioni tanto valeva realizzare delle portaerei, erano pur sempre delle navi!
così proliferarono sugli scali queste nuove unità che si possono considerare il risultato della conferenza.
la lexington e la saratoga nacquero dagli scafi impostati come incrociatori da battaglia come le giapponesi “akagi” e “soryu”, la “kaga” era in origine una corazzata. gli inglesi rimisero mano ai tre famosi incrociatori mal riusciti ed ottennero la “glorius” e la “corageous” oltre alla definitiva conversione della “furious”. i francesi modificarono la corazzata “bearn”.
anche nel periodo compreso tra i due conflitti, l’italia è piuttosto tiepida nei confronti della portaerei. negli anni ’20 la situazione economica era molto grave, la regia marina era impegnata nella costruzione delle corazzate della classe “littorio” e degli incrociatori pesanti classe “trento” in violazione del trattato di washington,e il bilancio dello stato non consentiva la costruzione di portaerei. e’ in questo contesto che deve essere considerata la famosa frase di mussolini secondo cui l’italia stessa era una inaffondabile portaerei nel centro del mediterraneo, frase dettata più da situazioni economiche che non da convinzioni strategiche.
(segue...)
 

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avevo pensato a questo.


:

:eek: perdindirindina, corpo di mille balene, arcipuffolina.... me la sono persa, scusate il ritardo!................ ma sono sempre in tempo vero? :biggrin:
manca solo un buon prosecco.........e poi il dolce!:36_1_1:
 

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