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スクエア 公式

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grazie per il nome della segretaria, anche se non so nemmeno io se è un'omonima oppure no'.
tuttavia riguardo alle omonimie anche quella di bocca potrebbe esserla :smile:
infatti a 18 anni (questa era l'età di bocca all'atto della pubblicazione del manifesto) non si è molto famosi, anche se si è un promettente campione di sci.
insomma questa storia mi ha lasciato e lascia molto perplesso, che ci fosse un giorgio bocca tra i firmatari ok, che fosse proprio lo stesso umm ......
nonostante su wiki ci sia scritto che lo è anche loro non ne sono affatto sicuri, basta leggere questa infuocata discussione qui':
http://wikipedia.sapere.alice.it/wikipedia/wiki/discussione:giorgio_bocca
anni fa' avevo fatto delle ricerche in rete, e tu sai che sono bravo e costante, ed avevo trovato che presumibilmente era uno zio o cugino (non ricordo) che portava lo stesso nome.
anzi bocca venne chiamato giorgio proprio in omaggio a questo parente (fervente fascista) di cui dopo si vergogno' terribilmente.
stupidamente non ho salvato quelle ricerche dell'epoca, se per caso le ritrovo le posto.
bocca quindi fu fascista come la stragrande maggioranza dei suoi compatrioti dell'epoca, scrivendo anche articoli molto "intonati" diciamo così, e poi ......
la mia opinione è che per lui l'8 settembre rappresentò un trauma enorme, e dopo di esso divenne partigiano fondando una delle prime formazioni di gl.
anche se penso che i primi dubbi gli siano venuti fuori nel 1940 con l'entrata in guerra dell'italia.
poi, una volta finita la guerra divenne uno dei migliori e + assidui storiografi della resistenza.
per me insomma, si è completamente redento; se mai avesse qualcosa da espiare.
ciao
 
riguardo a farinacci sono + o meno d'accordo con quanto scrivi di lui fino al gran consiglio, ma dopo ......
infatti farinacci era così poco considerato dai tedeschi da essere ospitato da loro ?
erano 4 gli esuli fascisti che i nazisti avevano a disposizione, oltre a farinacci e precisamente:
vittorio mussolini, alessandro pavolini, renato ricci e giovanni preziosi.
questi ospitati a monaco vennero subito utilizzati la sera del 9 alla radio (radio monaco) per lanciare il loro delirante programma verso l'italia.
la sera del 14 in una sala del bunker di rastenburg tra il duce ed gli esuli ci fu' il primo decisivo incontro dove pavolini e farinacci furono assolutamente i + decisi e convinti per la causa del fascismo.

"nella stessa notte fra l' 8 e il 9 settembre 1943, alcuni autorevoli gerarchi fascisti profughi dall' italia badogliana - alessandro pavolini, renato ricci, roberto farinacci, giovanni preziosi - annunciano da radio monaco la fondazione di nuovo ministero, destinato a porre rimedio al colpo di stato di vittorio emanuele iii. «proclameremo una repubblica fascista»: è l' assicurazione che farinacci, convocato in udienza da hitler, ricorda nel suo diario di aver dato, in quelle ore, al dittatore tedesco. il quale è d'accordo col progetto: e, d' altronde, in mancanza di una sua adesione, condivisione, suggerimento, esso non potrebbe neppure venir concepito"
fonte: http://ricerca.repubblica.it/repubb...9/23/fu-ultimo-tentativo-del-fascismo-di.html

tornato in patria riprese la pubblicazione del "suo" giornale, "il regime fascista".
certo farinacci non ottenne quello che sperava, ma fu' e rimase fino alla fine, un fedele guardiano del regime, a cui permise di rinascere.
ciao
 
nel frattempo ho trovato quanto segue:
jole foa, figlia di sansone foa e dina tesaura è nata in italia a vercelli il 16 novembre 1890
arrestata a lanzo d'intelvi in provincia di como.
deportata nel campo di sterminio di auschwitz.
non è sopravvissuta alla shoah.

ma non so se si tratta della segretaria di farinacci o di una omonimia.

dovrebbe essere la stessa, anche se c'è una discrepanza nel nome della madre:
"nell'ordine: jole foa era figlia di tobia sansone foa e eleonora tedeschi; nacque a vercelli il 16 novembre 1890, emigrò da vercelli per trasferirsi a milano; il particolare importante che la riguarda fu la sua occupazione come segretaria di farinacci e da questi protetta fino al 1942-43, quando venne arrestata e deportata. "
fonte: http://www.storia900bivc.it/pagine/editoria/notemerlo203.html
la data di nascita della povera jole è la stessa infatti, così come il nome del padre.
ciao
 
riguardo a farinacci sono + o meno d'accordo con quanto scrivi di lui fino al gran consiglio, ma dopo ......
infatti farinacci era così poco considerato dai tedeschi da essere ospitato da loro ?...

ci sono due versioni, quella di farinacci e quella del colonnello tedesco eugen dollmann. quando il 25 luglio il duce viene arrestato, farinacci chiede al tedesco di dargli 30 ss con le quali arrestare il re e badoglio e liberare mussolini.
secondo la versione dollmann invece, nessuno appoggiò l'idea farinacci e fu il tedesco stesso a vestirlo in divisa da ss e spedirlo a monaco. e' qui, che hitelr lo evrebbe ignorato pur pensando a lui quale capo di un governo fantoccio.
grazie per le tue precisazioni.
 
prego, in merito a dollmann mi ricordo una sua vecchia intervista alla rai ..... chissà se parlava anche di farinacci ...... mah ???
vedremo e continua così.
 
assolutamente...
hai voglia di sentire giacobbo in tv...
la cosa ad esempio che più mi ha colpito, è una statua di kafra (o kefren), il costruttore di una delle piramidi di giza, in diorite nera, che è esposta al museo del cairo e venne ritrovata seppellita sotto il pavimento del tempio della sfinge.
e' così levigata, liscia, da sembrare di porcellana.
la domanda è: se la diorite era il materiale più "duro" che conoscevano all'epoca, tanto da essere utilizzato per scolpire il granito... con cosa l'hanno fatta?

a volte gli estermi sono più vicini di quanto possa sembrare...:wink:
ciao.

pazienza, caro exatem, tanta pazienza.
il diamante viene lavorato con polvere di diamante. gli egizi avevano anche un altro materiale piu' duro, la dolerite. la stessa acqua, pero', e' capace di incidere i materiali piu' duri, con tanta, tanta pazienza.

http://freeforumzone.leonardo.it/lo...essun-mistero-e-niente-alieni-/d10322564.html

tutte le opere antiche non hanno i tempi pressanti e le esigenze "produttive" di oggi, non avevano l'ufficio "tempi e metodi" con incompetenti sempre pronti a dire "no, no, no... ci devi mettere la meta'".. "ma la meta' di che...???" "non lo so, la meta' e basta!!!!!"

se ci mettevano un anno o dieci anni a fare una cosa, non importava. doveva essere fatta e basta. e con le tecnologie che si hanno. facciamo un grattacielo in un anno e per noi e' inconcepibile fare una piramide in decine d'anni.

e poi, manodopera. tanta, tantissima, cento, duecento persone a spostare un blocco, in giorni, quando siamo abituati a vederlo muovere in poche ore da 2 persone (gruista e camionista). abbiamo perso il senso delle proporzioni e parametriamo tutto con la nostra tecnologia.

alcuni studiosi hanno mostrato praticamente come una persona, da sola, e' capace di mettere giu' (e su...!!) tutte le rocce di stonehenge grazie a piccoli trucchi, qualche leva e tanta, tanta pazienza.

http://www.youtube.com/watch?v=ok1rzch89dw&feature=player_embedded

loro hanno avuto a disposizione millenni per trovare il modo giusto, noi ci viene concesso al massimo un giorno o due per trovare l'idea rivoluzionaria...:mixed:
 
l'ufficio "tempi e metodi" con incompetenti sempre pronti a dire "no, no, no... ci devi mettere la meta'".. "ma la meta' di che...???" "non lo so, la meta' e basta!!!!!"
mmmhh... queste parole non mi suonano nuove...
vedo che ogni mondo è paese... :tongue:
 
se ci mettevano un anno o dieci anni a fare una cosa, non importava. doveva essere fatta e basta. e con le tecnologie che si hanno. facciamo un grattacielo in un anno e per noi e' inconcepibile fare una piramide in decine d'anni.

come la salerno-reggio calabria, 50 anni ed è incompiuta.

a me è venuto da ridere quando ho visto tempo fa su d-max il programma mega costruzioni (o extreme engineering o mega engineering) dove hanno fatto vedere la costruzione del nuovo aereporto di hong kong di qualche anno fa dove hanno costruito prima un'isola che ospitava l'aeroporto mettendone assieme 2 piccoline, poi fatto 30 km di strada per arrivare al centro della città con la costruzione anche di un megaponte il tutto in 7 anni.

http://www.youtube.com/watch?v=gwchj9svtec

ps: il video in italiano non l'ho trovato
 
eiar – (il giorno della vergogna).

la radio, che per lungo tempo in italia è stata un genere di lusso, una sorta di status symbol dell’alta borghesia urbana, visti gli alti costi e il difficile processo d’elettrificazione delle aree poco sviluppate, si è rapidamente diffusa grazie al fascismo che vede in essa un mezzo dalle elevate potenzialità pedagogiche e propagandistiche.
grazie alla radio, l’immagine di mussolini si scolpisce nelle menti infantili come quella del buon padre, del bonificatore dell’agro romano, del benefattore, del eroico difensore del suolo patrio, esaltato dal tono enfatico e dalle frasi retoriche degli annunciatori dell’epoca.

alle 19,42 dell'8 settembre 1943, mentre gli italiani ascoltano i "cinguettii" del quartetto cetra e si commuovono con "mamma" di salvatore polcaro, radio eiar interrompe la programmazione per diffondere nell’etere la voce del maresciallo d’italia pietro badoglio il quale, deve fare un annuncio alla nazione.
si tratta del proclama di armistizio con gli alleati.
proclama già letto da eisenhower e trasmesso alle 18,30 da radio algeri.
il ritardo consente ai tedeschi di disarmare e catturare moltissimi soldati italiani che in molti casi, saranno deportati in germania senza nemmeno sapere dell'armistizio.
tutto ha avuto inizio il 25 luglio quando mussolini si rivolge al gran consiglio che lo ha appena sfiduciato approvando la mozione di dino grandi, dicendo:
" signori, con questo ordine del giorno avete aperto la crisi del regime".
in realtà, come dichiarato da uno dei più autorevoli esponenti del regime, giuseppe bottai (ex ministro delle corporazioni e della educazione nazionale, fondatore e direttore della “critica fascista”), tutto aveva avuto inizio con lo sbarco alleato in sicilia (l'operazione husky). quella operazione militare palesò la totale inadeguatezza del regime di fronte alla situazione. come già era accaduto a caporetto nel 17, le autorità si erano date alla latitanza a cominciare dal recidivo badoglio. ma è tutto il sistema ad essere in crisi. nessuno crede più al mito del “mussolini che ha sempre ragione”. la guerra è irrimediabilmente perduta e la speranza è di riuscire ad abbandonare i tedeschi al loro destino. ma per riuscire a sganciare il pericoloso alleato occorre prima liquidare il duce. di questo ne è convinto il re che, conscio delle pesantissime responsabilità per aver consentito venti anni di dittatura, cerca ora il modo di salvare la faccia della “real casa”.
il 5 febbraio 1943, con il diffondersi della convinzione che la guerra sia ormai perduta, mussolini opera una serie di radicali cambiamenti tra le cariche dello stato rimuovendo coloro che ritiene ostili alla prosecuzione del conflitto a fianco dell'alleato germanico. alle 16,30 convoca addirittura il ministro degli esteri galeazzo ciano (suo genero) e lo liquida su due piedi nominandolo ambasciatore presso la santa sede. l'epurazione continua anche nei mesi seguenti e riguarda anche coloro che erano ritenuti più vicini al re che al fascismo. questo convince probabilmente vittorio emanuele a progettare un piano che consenta la destituzione del duce. una delle sostituzioni più significative è quella del capo di stato maggiore, il generale ugo cavallero che viene rilevato dal generale vittorio ambrosio, un monarchico sincero e un antitedesco convinto. lo dimostrerà ai primi di marzo quando a goering, in visita a roma per chiedere l’invio di 50.000 soldati italiani in germania, opporrà il suo rifiuto. ambrosio riteneva che fosse necessario richiamare in patria tutti i soldati che si trovavano dislocati all’estero, sganciarsi dai tedeschi e, chiedere una pace separata. inoltre il re avrebbe dovuto sostituire mussolini qualora questi si fosse rifiutato. bisognava insomma portare il paese fuori dalla guerra a tutti i costi. ambrosio tentò di convincere mussolini a parlare con hitler durante l’incontro di salisburgo del 7-10 aprile ma quando il duce si trovò di fronte il capo nazista, non riuscì ad aprire bocca. il fallimento di salisburgo convinse il re ad affrettare il colpo di stato.
a questo scopo fu avvicinato dino grandi, uno dei gerarchi più intelligenti che non aveva temuto di proporsi quale antagonista di mussolini nel partito nazionale fascista. il conte dino grandi, apparteneva alla borghesia agraria emiliano-romagnola e, al contrario di mussolini, era un deciso anti-socialista. ma nel biennio rosso del 1919-20, aderì ai "fasci di combattimento" rivendicando la paternità emiliana-romagnola del fascismo. diventerà sottosegretario, ministro, ambasciatore, fino ad essere considerato il naturale successore del duce.
grandi deve quindi essere considerato il traditore di mussolini?

contattato dal conte d' acquarone, ministro della real casa e, dallo stesso maresciallo badoglio, nei colloqui grandi convenne che l'epoca del fascismo originale, quello dell'idea pura dei fasci di combattimento era ormai finita ed il regime si era trasformato in semplice sistema di gestione del potere. sulla base di queste convinzioni riuscì a coinvolgere altri importantissimi gerarchi come giuseppe bottai e addirittura il genero del duce galeazzo ciano e fu con essi che diede vita all'ordine del giorno da presentare al gran consiglio del fascismo il 25 luglio 1943.
e’ già dal 1942 che grandi è certo che l'italia non può vincere la guerra e un anno dopo, con il paese in ginocchio e mussolini sempre più avulso dalla realtà, vede nel re l'unico punto di riferimento certo, traendo la conclusione che l'unico modo per salvare il fascismo è destituire il duce.
lo sbarco in sicilia fa precipitare la situazione. la crisi al vertice è manifesta e i gerarchi vogliono parlare con mussolini che, ormai rassegnato, accetta di convocare il gran consiglio anche se, a causa di un altro incontro programmato con hitler a feltre sulla situazione militare in sicilia, non viene fissata alcuna data.
durante questo incontro il capo del nazismo si lasciò al solito monologo nel quale dichiarava che secondo lui nulla è perduto a patto che gli italiani si fossero lasciati guidare, anzi comandare, dai tedeschi.
neanche in questa occasione mussolini riuscì a parlare e il colloquio si concluse con un nulla di fatto.
nel frattempo veniva preparata la riunione del gran consiglio con la quale si intendeva togliere a mussolini la responsabilità della condotta della guerra destituendolo. la mattina del 22 il re ricevette il duce cercando di convincerlo a farsi da parte ma questi fece finta di non capire. il gran consiglio viene riunito alle 17 di sabato 24 luglio proseguendo fino all’alba del giorno seguente. quando prende la parola grandi, tutti, compreso mussolini, conoscono il contenuto dell'ordine del giorno. si tratta di un documento nel quale si invita il duce a chiedere al re di assumere il comando delle forze armate vista l’inevitabilità della sconfitta e le responsabilità del capo del fascismo.
il 26 luglio mussolini chiese udienza a vittorio emanuele iii che accettò di vederlo alle 17 presso villa savoia. quando il re si trovò davanti mussolini, gli comunicò la sua decisione di destituirlo e lo fece arrestare nominando badoglio capo del governo (anche se a grandi era stato “promesso” quale capo del governo il generale caviglia, preferito a badoglio). questo evento tradisce la sua aspettativa di un passaggio politico del potere oltre a metterlo in una doppia scomoda posizione: traditore agli occhi dei tedeschi, promotore di eventuali complotti secondo badoglio. grandi lasciò l'italia rifugiandosi prima in spagna e poi in portogallo (dove rimarrà fino agli anni 60) mentre i suoi familiari rimasti in italia, rischiarono seriamente di essere deportati dai tedeschi. poi nel 1944 si svolse il processo di verona contro i traditori del fascismo e tra gli altri, venne fucilato anche il “fascistissimo” galeazzo ciano, marito di edda mussolini, la figlia del duce. nonostante tra grandi e ciano non fossero mai intercorsi buoni rapporti, grandi ne onorò la morte affrontata secondo lui, con la dignità del mito fascista della "bella morte".
dino grandi passò quindi alla storia come l'anti mussolini per eccellenza uscendo vincitore dal voto del 25 mentre in realtà, non c'era niente da vincere.
il fascismo era già morto.
la nomina di badoglio a capo del governo e la caduta di mussolini avevano suscitato l'entusiasmo del popolo, illuso che la guerra fosse finalmente finita. gli italiani si riversarono nelle strade a manifestare la loro contentezza. sembrava che tutti avessero una fiducia illimitata nel re. invece, questi eventi non significavano la fine della guerra, che anzi, continuava "a fianco dell'alleato germanico". un pericoloso doppio gioco mentre in realtà si cercavano i canali diplomatici giusti per giungere ad una pace separata.
ma cosa successe nel frattempo in germania? il 25 luglio 1943 era in programma la consueta riunione del quartier generale alla wolfschanze (la tana del lupo). la riunione cominciò con l’analisi della situazione in sicilia, fino alle 5 del pomeriggio non si fece parola della situazione italiana, poi il fuhrer chiese notizie sulla riunione del gran consiglio. gli venne risposto che pareva che il duce fosse stato indotto a lasciare la carica e che il suo posto era stato preso da un certo orlando. a questo punto hitler se la prese con farinacci convinto che fosse l’autore della congiura contro il duce: “il buon farinacci può considerarsi fortunato ad aver fatto una cosa simile a mussolini e non a me. se l’avesse fatta a me, lo avrei consegnato alle ss di himmler. e’ così che si deve fare”.
il giorno seguente la riunione venne ripresa. la notizia della caduta di mussolini lo aveva sconvolto e ora voleva vendetta. così venne dato ordine di procedere con l’operazione “alarico”ossia l’occupazione dell’italia. “chi ha preso il posto di mussolini?” chiese jodl “badoglio”, rispose hitler “ossia il nostro peggior nemico”.
(segue...)
 
Last edited:
(...segue)
il 30 agosto, badoglio ricevette il generale castellano che era rientrato tre giorni prima da lisbona con qualche prospettiva di pace. il generale comunicò la richiesta alleata di un incontro da tenersi nella già conquistata sicilia. badoglio che riteneva vi fossero ancora gli spazi per contrattare e "vendere" la resa a buon prezzo, nonostante si trattasse in realtà di una supplica di cessazione delle ostilità, chiese a castellano di insistere sul fatto che l'italia avrebbe accettato l'armistizio solo a condizione che prima fosse effettuato uno sbarco alleato nella penisola. badoglio si spinse anche a chiedere agli alleati di conoscere quali fossero i loro programmi militari, sebbene la guerra fosse ancora in corso.

i colloqui comunque videro le parti relativamente distanti. la proposta di resa in realtà inizialmente non venne considerata con grande euforia dagli anglo-americani, in quanto le sorti della guerra erano già irrimediabilmente segnate verso una prossima sconfitta delle armate italiane. poi prevalse l’opinione che comunque la resa avrebbe significato potersi concentrare esclusivamente contro i tedeschi, anche a costo di limitare i vantaggi che le forze alleate intendevano trarre dalla vittoria militare. accettare la resa (rinunciando a conquistare militarmente l'italia), divenne dunque la scelta più conveniente, per la quale si dovevano spendere molte energie diplomatiche, sia da parte americana che degli altri alleati.
castellano chiese garanzie agli alleati certo della inevitabile reazione tedesca contro l'italia alla notizia della firma dell'armistizio. in particolare insistette per uno sbarco alleato a nord di roma precedente all'annuncio dell'armistizio; da parte alleata si ribatté che uno sbarco in forze e l'azione di una divisione di paracadutisti sulla capitale sarebbero stati in ogni caso contemporanei e non precedenti alla proclamazione dell'armistizio. in serata castellano rientrò a roma per riferire.
il giorno successivo castellano fu ricevuto da badoglio che nel pomeriggio si recò dal re vittorio emanuele iii, il quale decise di accettare le condizioni dell'armistizio. un telegramma di conferma in cui si preannunciava anche l'imminente invio del generale castellano, fu inviato agli alleati ma venne intercettato dalle forze tedesche in italia che, già sospettosi di una simile possibile soluzione vollero delle garanzie da badoglio il quale spese molte volte la propria parola d'onore per smentire qualsiasi rapporto con gli americani. ma in germania cominciarono ad organizzare delle contromisure.
tornando all'armistizio, vediamo come si svolsero i fatti e come la corona e il governo italiano si coprirono di vergogna. una volta tolto di mezzo mussolini, il nuovo governo italiano iniziò a trattare la resa con i comandi alleati che ormai dilagavano in sicilia. il 3 settembre a cassibile (presso siracusa) pietro badoglio firmò segretamente l'armistizio impegnandosi a comunicarlo alla nazione entro 15 giorni, poco prima di un programmato sbarco alleato sulla penisola. nel pomeriggio dello stesso 3 settembre badoglio organizzò una riunione alla quale parteciparono de courten ministro della marina, sandalli ministro dell’aeronautica, sorice ministro della guerra, con il generale ambrosio e il ministro della real casa acquarone. durante il colloquio badoglio non fece alcun cenno alla firma dell'armistizio, accennando semplicemente a trattative in corso. parlò invece delle operazioni previste dagli alleati; uno sbarco in calabria, uno di ben maggiore atteso nei pressi di napoli e, dell'azione di una divisione di paracadutisti alleati a roma, che sarebbe stata supportata dalle divisioni italiane in città perché ormai l'italia avrebbe agevolato gli alleati.
ma l'8 settembre 1943 gli alleati, dopo aver avvisato badoglio dell'impossibilità di difendere roma, obbligarono il governo italiano ad annunciare l'armistizio entro le 18.30 dello stesso giorno poiché era stata programmata l'operazione “avalanche” che prevedeva lo sbarco di truppe a salerno. il panico si diffuse tra i vertici italiani i quali, pur di prendere tempo con i tedeschi, inscenarono una finta rottura con gli anglo-americani. ma alle 18,30 dwight d. eisenhower annunciò l'armistizio, seguito come detto dopo oltre un’ora dal discorso precedentemente registrato di badoglio che concluse il comunicato con l'ambiguo verso: «ogni atto di ostilità contro le forze angloamericane deve cessare da parte delle forze italiane in ogni luogo. esse però reagiranno ad eventuali attacchi da qualsiasi altra provenienza.». l’effetto di quest’ultima frase fu dirompente e seminò il caos. il mattino seguente il re, la regina e il principe ereditario, badoglio, due ministri del governo e alcuni generali dello stato maggiore, fuggirono da roma dirigendosi verso il sud italia. la fuga si arrestò a brindisi che divenne per qualche mese la nuova capitale del regno. tristemente nota è la penosa scena dell'imbarco nel porto di ortona. viste le dimensioni della piccola corvetta “baionetta”, non tutti i componenti del numeroso seguito potevano essere imbarcati. molti di loro, pur essendo alti ufficiali delle forze armate, tentarono inutilmente di imbarcarsi ed una volta respinti a terra, colti dal panico, vestirono abiti borghesi e, abbandonando bagagli ed uniformi per terra nel porto, si diedero alla macchia.
nella precipitosa fuga, nessun ordine ufficiale fu impartito e le nostre unità su tutto il territorio europeo senza direttive di nessun genere, furono lasciate alla mercé dei tedeschi che ovviamente, non presero certo bene il voltafaccia degli ex alleati italiani. in alcuni casi scoppiarono veri e propri scontri armati tra soldati italiani e tedeschi anche se la schiacciante superiorità militare dei tedeschi e l'assenza di ordini ai nostri soldati, rese vano qualsiasi tentativo di opposizione. le armate tedesche della wehrmacht e delle ss presenti in tutta la penisola italiano diedero immediatamente il via all'operazione “achse”, occupando tutti i centri nevralgici italiani, rastrellando l'esercito italiano favoriti dalla generale disorganizzazione dei vertici militari italiani lasciati a loro stessi. molti soldati italiani si diedero alla macchia gettando le proprie divise, alcuni riuscirono a tornare a casa mentre altri, si unirono alla resistenza partigiana combattendo i tedeschi. altri ancora accettarono di collaborare con i tedeschi, ma la maggioranza subì la disorganizzazione della resa italiana pagando con la propria vita o con la deportazione nei campi di concentramento tedeschi. nonostante alcuni straordinari episodi di valore in patria e su fronti esteri (tra i più famosi l'eccidio di cefalonia e quello di kos), quasi tutta la penisola cadde sotto l’occupazione tedesca e l'esercito venne disarmato, mentre l'intera impalcatura dello stato cadde in sfacelo. soltanto i corpi militari italiani stanziati nell'italia meridionale riuscirono a respingere gli attacchi tedeschi e prendere contatto con le forze anglo-americane. a napoli, invece, fu la popolazione in rivolta a scacciare i nazisti.
se l’esercito era stato abbandonato, alla marina non era stato riservato un trattamento migliore. fu il ministro della marina de courten a comunicare, la sera dell’8 settembre, l’armistizio. l’ordine era di salpare con tutte le navi, dirigersi a malta e consegnarsi agli inglesi. ma tra gli equipaggi si rischiò la rivolta tra chi proponeva un ultimo disperato combattimento e chi voleva autoaffondarsi.
(segue...)
 
(...segue)
a la spezia si trovava l’ammiraglio bergamini che venne informato da de courten dell’imminenza dell’armistizio poi, fu l’ammiraglio sansonetti a cercare di convincerlo ad eseguire l’ordine che alla fine venne accettato con riluttanza. bergamini venne lasciato all’oscuro di alcune clausole dell’armistizio come ad esempio, quella che prevedeva di innalzare a riva un pennello nero (o blu scuro) e di stendere in coperta dei grossi dischi neri per il riconoscimento a distanza così, la corazzata “roma” lasciò il porto di la spezia innalzando il gran pavese e andando incontro al suo tragico destino.
si dovrà attendere la mattina del 10 prima che supermarina si ricordi di comunicare l’ordine di esporre i segnali di riconoscimento.
a taranto invece il gruppo di incrociatori del contrammiraglio galati rifiutò di consegnarsi ai britannici manifestando l’intenzione di dirigersi a nord per cercare l’ultimo scontro o autoaffondarsi. l’ammiraglio brivonesi, dopo aver tentato inutilmente di convincerlo, lo fece arrestare. ma non fu l’unico caso di rifiuto, il comandante cigala fulgosi, già medaglia d’oro, e il comandante imperiali, con le torpediniere “impetuoso” e “pegaso”, dopo aver soccorso i naufraghi della roma trasportandoli alle baleari, si autoaffondarono all’ingresso del porto. sulla corazzata “cesare”, che si trovava a pola per lavori, si verificò un ammutinamento dell’equipaggio che tentò di impadronirsi della nave per autoaffondarla. dopo una notte di trattative, il comandante carminati riuscì a convincere i rivoltosi e raggiunse malta. tuttavia la marina italiana riuscì a salvare l'onore in quanto, una volta consegnatasi agli alleati, le navi continuarono a sventolare il tricolore e, utilizzate esclusivamente da equipaggi italiani, si unirono alle flotte alleate per combattere contro il nuovo nemico. fu così evitato un nuovo tragico episodio come l'autoaffondamento tedesco di scapa flow del 1919 o l'autoaffondamento della flotta francese a tolone del 1942.
comunque che non si trattasse di un armistizio bensì di una vera resa incondizionata, apparve chiaro qualche giorno dopo quando l’ammiraglio galati dispose l’invio di due torpediniere, “clio” e “sirio”, da brindisi a cefalonia, in soccorso della divisione acqui che si era rifiutata di arrendersi ai tedeschi. il comando alleato impedì la missione lasciando il generale gandin e la divisione al loro tragico destino.

comunque siano andate le cose, rimane il fatto che l’8 settembre è una data storica, che rappresenta per alcuni un triste ricordo da cancellare e per altri l’inizio di una nuova italia. come che furono le cose, per le nostre forze armate rappresentò una tragedia.
nella dissoluzione dei comandi e dei reparti, ci fu comunque chi compì atti di vero eroismo come chi si impegnò nell’affrontare i tedeschi senza ordini, con lo stato maggiore impegnato in una vergognosa fuga, senza munizioni e mezzi, contro un nemico nettamente superiore.
 
ottimo e puntuale come sempre ...... :finger:
mi riservo però di precisare qualche particolare, devo controllare, inezie comunque.
ciao
 
ottimo e puntuale come sempre ...... :finger:
mi riservo però di precisare qualche particolare, devo controllare, inezie comunque.
ciao

certamente! :finger:
anzi, se sei d'accordo ti nominerei "revisore ufficiale" del revisionista. :biggrin:
 
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il giorno del giudizio

mentre nell’italia del sud liberata dagli alleati, formalmente guidata dal re e dal suo governo si cercava di tornare lentamente alla normalità, nel centro e nel nord gli italiani erano stati lasciati al loro destino. mussolini intanto, liberato dalla prigionia sul gran sasso dai tedeschi su ordine di adolf hitler, dava vita alla repubblica sociale italiana, fondata a salò in provincia di brescia e riconosciuta internazionalmente solo dalle forze dell'asse.
la r.s.i. nacque in seguito al congresso di verona durante il quale i vecchi gerarchi cercarono di ricostituire ciò che rimaneva del partito fascista. vennero processati i gerarchi che il 25 luglio si erano schierati contro mussolini e fu scritto il programma della repubblica (la carta di verona) nel quale, si riaffermava l’alleanza con la germania. fu anche costituito un esercito composto da un numero ristretto di volontari e di numerosi reclutati a forza. questo esercito, male organizzato e peggio armato, non fu mai preso in seria considerazione dai comandi germanici e fu utilizzato principalmente per contrastare le forze partigiane che si stavano costituendo nelle regioni occupate dai nazisti.
aderire alla rsi fu per molti una scelta difficile alla quale concorsero diversi fattori.

innanzitutto la “posizione geografica”, chi si trovava al sud al momento dell’armistizio e non aveva la famiglia sotto la minaccia nazista, ebbe minori difficoltà a tornarsene a casa rispetto a chi invece risiedeva e si trovava nel nord occupato. alcuni rimasero letteralmente scioccati dalla fuga vergognosa del re e del suo seguito. per altri salò rappresentava l’ultimo baluardo a difesa della dignità nazionale. altri ancora si illusero per un progetto politico senza futuro.
così per più di due ani, l’italia fu divisa in due da una linea di confine che progressivamente si spostava sempre più verso nord fino a giungere alla linea gotica. quando l’esercito americano sfonderà quest’ultima linea difensiva, i tedeschi lasceranno la penisola e la repubblica sociale sarà smantellata. tutte le città saranno lasciate dai tedeschi di fronte all’avanzata alleata e all’insurrezione generale ordinata dal c.n.l. nel tentativo di sottrarsi al crollo della rsi e nella speranza di trattare una resa, mussolini, dopo un ultimo consiglio dei ministri durante il quale viene ipotizzata un’ultima resistenza nel ridotto della valtellina (dove già da alcune settimane alessandro pavolini prospettava di costituire un estremo baluardo di resistenza, il ridotto alpino repubblicano e dove erano affluiti tremila uomini del generale onori ed erano attesi ancora mille uomini del maggiore vanna), il 18 aprile 1945 lascia palazzo feltrinelli sulle sponde del lago di garda e raggiunge la prefettura di milano. e’ nel cortile della stessa prefettura che il 22 pronuncia il suo ultimo discorso di fronte alla guardia repubblicana: “se la patria è perduta, è inutile vivere” sono le sue ultime parole. il giorno seguente gli alleati entrano a parma interrompendo le comunicazioni tra milano e gli altri centri lombardi mentre il 24 è liberata genova.

25 aprile 1945, data storica nel calendario italiano.
gli operai occupano le fabbriche di sesto san giovanni e nel pomeriggio il cardinale di milano combina un incontro tra i delegati fascisti (tra cui lo stesso mussolini), e quelli del cnl tra cui il generale cadorna e, sandro pertini che però riuscirà ad arrivare a riunione ormai conclusa. ai fascisti viene proposta la resa incondizionata in cambio di garanzie per loro e per i loro familiari. questi si riservano di rispondere entro sera ma la risposta non arriverà mai. fuori la città è scossa dallo sciopero generale ed è imminente l’ordine di insurrezione generale che giunge intorno alle 20. a questo punto mussolini lascia milano e con la scorta tedesca imposta da hitler, si dirige verso como. durante il viaggio il furgone che trasportava valori e documenti si guasta e deve essere abbandonato (sarà ritrovato dai partigiani l’indomani).
sono ormai le 21 e 30 quando mussolini giunge alla prefettura di como dove ad attenderlo ci sono la moglie rachele e i figli romano e anna maria che comunque non vuole incontrare limitandosi a scrivere una lettera di addio. como è ritenuta indifendibile e graziani propone di ritornare a milano mentre altri spingono per raggiungere la svizzera. all’alba del 26 il gruppo lascia como e, tentando di scrollarsi di dosso l’ingombrante presenza tedesca, si dirige verso il confine mentre si continua a discutere sul da farsi. graziani e pavolini cercano di fare rientro a milano ma vengono attaccati dai partigiani. il resto del gruppo decide di lasciare il centro di menaggio ormai diventata troppo “calda”. il convoglio raggiunge così la piccola frazione di cardano dove ha sede la caserma della 53^ compagnia della milizia di confine e mussolini è raggiunto da claretta petacci e dalla scorta tedesca che lo informa che un aereo è in attesa, pronto a trasportarli in baviera. i partigiani intanto mettono le mani sui ministri buffarini guidi e tarchi che stavano tentando di attraversare il confine mentre arriva la notizia che milano è stata liberata. si decide di tornare indietro a menaggio dove al gruppo si uniscono pavolini con meno di dieci militi e circa 200 soldati tedeschi in ritirata verso merano. mussolini e i gerarchi rimasti decidono di aggregarsi a questa colonna ma dopo circa due ore di viaggio, sono attaccati dalla brigata garibaldi. ne scaturisce una sparatoria seguita da una trattativa tra ufficiali tedeschi e partigiani i quali acconsentono ai tedeschi di proseguire a patto che siano consegnati tutti gli italiani al seguito. il sospetto è che tra loro si nascondano il duce e diversi gerarchi. mussolini, su richiesta del capo scorta tedesca, indossa un cappotto e un elmetto tedesco e fingendosi ubriaco, sale su un autocarro cercando di confondersi tra i soldati. mentre si svolgono queste trattative il parroco del paese viene a sapere della presenza di mussolini e ne informa il partigiano pedro ossia, pier luigi bellini delle stelle. la colonna viene ispezionata e mussolini è riconosciuto dal partigiano negri che lo disarma e lo arresta per consegnarlo poi al vicecommissario bill (urbano lazzaro) che lo conduce nel palazzo del comune e gli sequestra una borsa di documenti (i famosi carteggi “segreti” cioè i documenti con cui il duce minacciava di accusare churchill?).
con mussolini sono arrestate altre 50 persone del suo seguito mentre pavolini viene ferito durante un tentativo di fuga. sedici di loro vengono sommariamente fucilati il giorno seguente, gli altri trasferiti a como dove ne saranno uccisi un’altra decina. già dalla mattina del 25 infatti, il clnai riunitosi a milano approva un decreto con cui: “i membri del governo fascista e i gerarchi fascisti colpevoli di aver contribuito alla soppressione delle garanzie costituzionali, d’aver distrutto le libertà popolari, creato il regime fascista, compromesso e tradito le sorti del paese e di averlo condotto all’attuale catastrofe, sono puniti con la pena di morte e, nei casi meno gravi con l’ergastolo”.
la notizia dell’arresto del duce si diffonde in tutta italia. al clnai giunge la richiesta alleata che: "benito mussolini, i suoi principali associati fascisti e tutte le persone sospette di aver commesso delitti di guerra o reati analoghi, i cui nomi si trovino sugli elenchi che verranno comunicati dalle nazioni unite e che ora o in avvenire si trovino in territorio controllato dal comando militare alleato o dal governo italiano, saranno immediatamente arrestati e consegnati alle forze delle nazioni unite", tanto che un aereo viene fatto decollare per prelevare il dittatore. ma il comitato insurrezionale di milano formato da pertini, sereni e longo ha già deciso; mussolini sarà giustiziato.
il “plotone di esecuzione” è costituito dal “colonnello valerio” (walter audisio) e dall’ispettore delle brigate garibaldi “guido” (aldo lampredi). valerio mostra le sue credenziali a bellini comunicandogli di avere ricevuto l’ordine di fucilare i prigionieri e a nulla valgono le proteste di quest’ultimo.
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mussolini è trasferito nella caserma della guardia di finanza di germasino, piccolo paese sopra dongo. durante questo trasferimento chiede al suo carceriere di poter salutare la signora che accompagna il “console spagnolo”. si tratta in realtà di claretta petacci che chiede e ottiene di rimanere accanto all’amante. la notizia della presenza del duce a germasino si è ormai diffusa e i partigiani temono sia un attacco da parte dei fascisti, sia un tentativo alleato di impossessarsi del prigioniero. all’una di notte del 28 aprile mussolini e la petacci sono caricati su due auto e portati verso il lago. a mussolini è stata fasciata la testa affinché non sia riconosciuto. intanto le prime avanguardie americane stanno entrando in paese per prendere in consegna il duce; si decide pertanto di tornare indietro e cercare un rifugio sicuro ossia, la casa di una famiglia amica del capitano neri. ma la permanenza in questa abitazione dura poco; infatti, dopo poco i prigionieri vengono nuovamente portati fuori, fatti sedere nei sedili posteriori di una macchina e accompagnati nel luogo precedentemente scelto per l'esecuzione; un piccolo vialetto in posizione riparata davanti a villa belmonte. qui i due sono obbligati a scendere. mentre i partigiani moretti e lampredi bloccano la strada nelle due direzioni, a mussolini viene fatto cenno di dirigersi verso il cancello. valerio spinge mussolini verso l'inferriata e pronuncia la sentenza: "per ordine del comando generale del corpo volontari della libertà sono incaricato di rendere giustizia al popolo italiano" e rivolgendosi a claretta che si aggrappa all'amante le dice: "togliti di lì se non vuoi morire anche tu".
a questo punto spara ma il suo mitra si inceppa, lampredi si avvicina, estrae la sua pistola, ma anche questa non fa fuoco. moretti gli porta il suo mitra e il "colonnello valerio" scarica una raffica mortale di cinque colpi sull'ex capo del fascismo poi, spara il colpo di grazia al cuore con una pistola. anche la petacci è colpita ed uccisa . sono le ore 16.10 del giorno 28 aprile 1945.
assieme a mussolini sono arrestati: pavolini (ministro e segretario del pfr), barracu (sottosegretario alla presidenza del consiglio), zerbino (ministro dell’interno), mezzasoma (ministro della cultura popolare), liverani (ministro delle comunicazioni), romano (ministro dei lavori pubblici), gatti (segretario del duce), porta (federale di como), utimpergher ( comandante della brigata nera empoli), bombacci, calistri, coppola, nudi, daquanno, casalinuovo, marcello petacci.
vengono allineati contro una ringhiera, spalle al plotone e, sono fucilati. il loro numero deve eguagliare quello dei partigiani uccisi dai tedeschi in piazzale loreto a milano (anche se considerando mussolini e i fratelli petacci, il loro numero raggiunge le 18 persone). marcello petacci è fucilato per ultimo perché gli altri non lo vogliono con loro. tenta la fuga gettandosi nelle acque del lago ma viene colpito e ucciso. i cadaveri sono caricati su un camion e coperti da un telo sul quale si siedono i partigiani poi il mezzo parte per milano fermandosi lungo la strada a caricare i cadaveri di mussolini e della petacci lasciati per terra sotto la pioggia. prima dell’alba del 29 aprile, la colonna arriva a piazzale loreto e i 19 cadaveri sono scaricati a terra.

i primi passanti si accorgono dell’identità dei cadaveri e, a seguito del passaparola, in poco tempo la piazza si riempie di gente. nella calca i cadaveri sono calpestati, presi a calci, coperti di sputi, vengono gettati ortaggi, c’è chi orina su di essi. una donna spara 5 colpi di pistola al cadavere di mussolini, uno per ogni figlio perso in guerra. alle 11 di mattina occorre un autobotte dei pompieri per lavare i cadaveri poi, gli stessi vigili del fuoco, appendono per i piedi i 7 cadaveri più importanti: mussolini, la petacci, pavolini, zerbino, mezzasoma, marcello petacci, barracu. il cadavere di quest’ultimo cade per terra e viene sostituito da quello di starace, ex segretario del pnf, arrestato a milano e fucilato alla schiena a lato del distributore di benzina da cui penzolano i cadaveri. le numerose fotografie scattate in quelle ore animarono, nei giorni seguenti, un fiorente mercato venendo vendute come un ricercato "souvenir di un momento vissuto", bloccato dopo due settimane dal nuovo prefetto cittadino che ordinò l'immediato sequestro delle fotografie dalle cartolerie e la loro rimozione da ogni luogo pubblico. nelle prime ore del pomeriggio, una squadra di partigiani, eseguendo l’ordine del comando, rimosse i cadaveri per portarli nell’obitorio di piazza gorini.
la sera il clnai rilasciava un comunicato in cui assumeva la responsabilità dell’esecuzione affermando che: “si tratta della conclusione necessaria di una lotta insurrezionale …la volontà di rompere con il fascismo, segnando la fine di un periodo storico di vergogne e di delitti ed inaugurando l'avvento di una nuova italia.”
altri gerarchi catturati, saranno processati e imprigionati (alcuni saranno amnistiati il 21 giugno 1946 su richiesta di togliatti). nel 1948, con la costituzione, il pnf è dichiarato fuorilegge e ne viene vietata la ricostituzione anche se per anni, si susseguiranno regolamenti di conti tra fascisti e antifascisti, vere vendette per quanto accaduto nel ventennio precedente.

molti misteri rimangono su questa pagina della nostra storia. che fine fece il famoso “oro di dongo”? perchè a pochi mesi dalla fine della guerra il primo ministro inglese andò in "vacanza" proprio sul lago di como? perché i partigiani che conoscevano la verità furono legati dal giuramento del silenzio per 50 anni (ma molti di questi vennero uccisi prima)? veramente il duce stava conducendo delle trattative “segrete”? e se si, con chi? forse il suo era un tentativo estremo di “salvarsi la pelle” o forse no?:"per me è, comunque, finita. non ho più il diritto di esigere sacrifici dagli italiani". cosa c’era nei documenti?: "ho una documentazione che la storia dovrà compulsare per decidere. voglio solo dire che, a fine maggio e ai primi di giugno del 1940 se critiche venivano fatte erano per gridare allo scandalo di una neutralità definita ridicola, impolitica, sorprendente. la germania aveva vinto. noi non solo non avremmo avuto alcun compenso; ma saremmo stati certamente, in un periodo di tempo più o meno lontano, invasi e schiacciati. e cosa fa mussolini? quello si è rammollito. un'occasione d'oro così, non si sarebbe mai più ripresentata". così dicevano tutti e specialmente coloro che adesso gridano che si doveva rimanere neutrali e che solo la mia megalomania e la mia libidine di potere, e la mia debolezza nei confronti di hitler aveva portato alla guerra.
"la verità è una: non ebbi pressioni da hitler. hitler aveva già vinta la partita continentale. non aveva bisogno di noi. ma non si poteva rimanere neutrali se volevamo mantenere quella posizione di parità con la germania che fino allora avevamo avuto. i patti con hitler erano chiarissimi. ho avuto ed ho per lui la massima stima. bisogna distinguere fra hitler ed alcuni suoi uomini più in vista...".
di certo c’è che contatti segreti tra mussolini e inglesi avvennero il 21 settembre 1944 a porto ceresio (va) e si ripeterono il 21 gennaio 1945. a questo si aggiungono alcune intercettazioni dei servizi tedeschi eseguite a salò nelle quali si parla di possibili accordi segreti tra il duce e winston churchill pur non conoscendone il contenuto. contenuto che forse si trovava nella famosa borsa di documenti scomparsa e che i servizi segreti britannici tentarono in tutti i modi di recuperare nel dopoguerra. ad avvalorare tesi e congetture, ci sarebbe anche la versione sull’uccisione di mussolini, pubblicata nel 1994, ad opera del comandante partigiano bruno giovanni lonati detto“giacomo”. il partigiano giacomo infatti, scrive di essere stato l'autore materiale dell'uccisione di mussolini, il 28 aprile 1945, poco dopo le ore 11, a compimento di una missione segreta diretta da un agente inglese.
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scopo della missione era impedire la diffusione del contenuto del carteggio, recuperandolo e sopprimendo mussolini. sempre per tale motivo, sarebbe stata “giustiziata” anche claretta petacci (che non ha mai avuto alcun ruolo all’interno del partito fascista), visto che era informata dell'esistenza di tali rapporti. nella ricostruzione dei fatti, giacomo il giorno precedente viene contattato da un agente britannico che deve costituire una squadra composta da altri 3 partigiani. questo gruppo sarebbe stato informato del luogo dove i prigionieri erano custoditi dall’agente “alpino”. il commando avrebbe sopraffatto la guardia, provveduto all’esecuzione e al recupero del prezioso carteggio che però non fu trovato. l’agente inglese fece giurare ai protagonisti di mantenere l’assoluto riserbo per 50 anni. ad avvalorare questa versione c’è la testimonianza di un ex agente americano, tal peter tompkins secondo il quale luigi longo sarebbe giunto sul posto per architettare una finta fucilazione, avvalorare l’uccisione “per errore” della petacci e imporre il segreto. questo sarebbe confermato anche dal partigiano bill il quale, ritiene che il colonnello valerio non fosse walter audisio come sostenuto, ma bensì proprio longo.
inoltre sono documentate le registrazioni delle telefonate tra mussolini e la petacci in cui quest’ultima è informata dell’esistenza del carteggio segreto. si sa per certo della presenza di un agente straniero in uniforme da alpino venuto in contatto con la partigiana “gianna” (una delle poche persone a conoscere il nascondiglio del duce). sicuramente si verificò una sparatoria tra un posto di blocco partigiano e i componenti di un auto la mattina del 28 aprile. l’ora della morte di mussolini indicata da giacomo è compatibile con gli esiti dell’autopsia sui cadaveri. una testimone dichiarò che mussolini e la petacci furono uccisi nella mattina del 28 e ciò non coincide con la tesi “ufficiale”. esistono poi altre versioni sulla fine del capo del fascismo e della sua amante.
audisio, che secondo le ricostruzioni ufficiali sarebbe il colonnello valerio ossia l’uccisore di mussolini, rimase sconosciuto fino al 1947 quando, eletto deputato nelle file del pci, diede notizia del suo coinvolgimento. dell’esecuzione si interessò poi la magistratura ordinaria che mise sotto processo audisio con l’accusa di omicidio volontario. il processo terminò il 7 luglio 1967 con l’assoluzione del colonnello valerio dall’accusa di omicidio volontario pluriaggravato, approvazione indebita e vilipendio di cadaveri in quanto i fatti erano avvenuti “nel corso di azione di guerra partigiana, per la necessità di lotta contro i tedeschi e i fascisti in un periodo di occupazione nemica”.
 
preciso come sempre, solo ........

1) l'insurrezione genovese iniziò la notte tra il 23/24, e terminò solo la tarda serata del 26, quindi scrivere che il 24 genova era liberata non è esatto.
2) la ridotta in valtellina era una enorme bufala, pavolini aveva visitato la zona ai primi d'aprile e prende atto della situazione reale.
3) sul carteggio anglo-italiano si è detto e scritto di tutto, esiste ? e' falso ?
non credo che sapremo mai la verità vera .......
4) così come circolano molte versioni della morte del duce, oltre a quella ufficiale ovviamente.
a cui io personalmente credo ed invece non credo o credo poco a tutte quelle ricostruzioni "alternative".
5) per inciso l'implicita (od esplicita) condanna a morte di mussolini non significa la sua esecuzione automatica, non dopo un processo almeno.
prova ne è il fatto che riccardo lombardi (dietro ordine di pertini mi sembra) ha fatto preparare un'alloggio sicuro (e segreto) in piazza diaz a milano.
ed aveva scelto personalmente la "guardia" tutti partigiani fidatissimi ma con i nervi a posto, era lì che teoricamente sarebbe dovuto arrivare il duce, poi .......
continuo comunque a seguirti con piacere, ciao.
 
preciso come sempre, solo ........

ciao numero1
non a caso sei "revisore ufficiale del revisionista"! e poi...si vede che interessa solo a noi :-(

1) l'insurrezione genovese iniziò la notte tra il 23/24, e terminò solo la tarda serata del 26, quindi scrivere che il 24 genova era liberata non è esatto.

tratto da quanto scrive arrigo petacco a pag. 2182 della “la seconda guerra mondiale”:
“l’insurrezione di genova scoppia nella notte fra il 23 e il 24 aprile, quella di milano nella notte fra il 25 e il 26. ciascuna città mira non solo a liberare se stessa, ma anche ad esercitare una funzione precisa nel quadro della grande battaglia. se milano fu il cervello politico e strategico dell’insurrezione e torino vide il momento più teso della fase conclusiva, fu a genova che l’epopea della guerra di liberazione registrò il successo più prestigioso. a genova infatti, i tedeschi non soltanto furono costretti alla resa, ma un loro generale dovette addirittura firmare un vero e proprio atto di capitolazione nelle mani dei rappresentanti del cnl che ormai erano padroni della città.”

saltando poi la parte descrittiva degli scontri tra insorti e truppe tedesche, si arriva a pag. 2187 dove: “ fin dal mezzogiorno del 25 aprile il maggiore gunther meinhold, comandante tedesco della piazza di genova, aveva deciso di arrendersi ai partigiani… da savignone, sull’appennino ligure-piemontese, meinhold telefonò così al cardinale di genova, boetto, che fungeva da tramite per i contatti con il cnl ligure per le trattative di resa”.
in effetti le condizioni della resa, sottoscritte i italiano e tedesco, citavano: “in genova, il giorno 25 aprile 1945, alle ore 19,30 tra il sig. generale meinhold, quale comandante delle forze armate germaniche del settore meinhold, assistito dal cap. asmus, capo di stato maggiore, da una parte; il presidente del comitato di liberazione nazionale per la liguria, sig. remo scappini, assistito dall’avv. errico martino e dal dottor giovanni savoretti, membri del comitato di liberazione nazionale per la liguria e dal magg. mauro aloni comandante della piazza di genova dall’altra; è stato convenuto:
1) omissis…
5) la resa avrà decorrenza dalle ore 9 del giorno 26 aprile.”


poi all’alba un gruppo di gappisti si aprì la strada sotto il tiro incrociato delle batterie tedesche e raggiunse la stazione radio. qui un rappresentante del cln, il democratico cristiano paolo emilio taviani, uno studioso poco più che trentenne, dette l’annuncio ai microfoni: “per la prima volta nel corso di questa guerra, un corpo di esercito agguerrito e ancora bene armato si è arreso dinanzi un popolo. le due giornate del 24 e 25 aprile saranno ricordate nei secoli come e più di quelle di balilla”.
la città era ormai saldamente in mano ai partigiani e la radio continuava a trasmettere in tedesco e in italiano l’annuncio della resa di genova.

quindi anche questa volta forse la verità sta nel mezzo.
genova fu libera il 25 con decorrenza il 26.

agli altri punti rispondo domani.

...continuo comunque a seguirti con piacere, ciao.

e ci mancherebbe altro.
se mi vieni meno anche tu, possiamo anche chiudere la baracca.
 
Last edited:
tutto giusto exatem ma io avevo già scritto qui':
http://www.cad3d.it/forum1/showthread.php?t=12036&page=80
al post n° 793 che la resistenza dei nazi fascisti terminò il 26.
perlomeno nella zona indicata anche se era finita dalle altri parti, anzi il comandante tedesco delle batterie di monte moro minacciò di colpire con i suoi obici la città se solo i partigiani si fossero avvicinati.
voleva arrendersi sì ma agli alleati, cosa che avvenne la mattina del 27 o del 28, non ricordo bene.
questa storia me la raccontava anche mio nonno ........
la fonte ufficiale:
storia dell'italia partigiana, settembre 1943- maggio 1945, giorgio bocca
ciao

p.s.
grazie per la stima, e non provare nemmeno a chiudere altrimenti ti bombardo :d
 

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