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技術と歴史

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marcof said:
io francamente non ho capito il nesso tra l'operazione mare nostrum e l'innovativo progetto. a meno che il legame non sia solo l'aver ottenuto quel finanziamento pluriennale di sei miliardi, a questo punto sulla pelle di quei derelitti che viaggiano alla speraindio su pescherecci e canotti; dico sulla pelle nel senso che hanno spacciato la necessità di rimodernare la flotta con quella di salvare il popolo dei barconi.

riassumo le tre osservazioni in una unica risposta perché mi sembra che tu non abbia compreso il senso

infatti, come avevo già scritto più sopra non ho capito il senso, o meglio il nesso tra mare nostrum e progetto innovativo di una nage militare.

dando per assodato che una flotta con trent’anni di attività se non è vecchia e quanto meno usurata (o come dice il capo di stato maggiore “in via di estinzione”), giunge il momento in cui si rende indispensabile la sua sostituzione.
non essendo prevedibile come sarà il mondo tra dieci anni (ipotizzando in tali termini il tempo necessario al rinnovo), si guarda alle necessità attuali e al mutato impegno al quale sono chiamate le forze armate.

imho è quel sibiliino "mutato impegno" sul quale qualcuno ai piani alti ciurla nel manico perchè non è in grado di ottenere finanziamenti per scopi puramente militari, che sono poi quelli della marina.

sarebbe sempre opportuno ricordare che la marina militare non ha tra i suoi compiti le operazioni di protezione civile.

appunto...

ma ormai il “militare umanitario” fa parte dell’immaginario collettivo e nessuno si scandalizza nel vedere i militari rimuovere tonnellate di rifiuti, pattugliare le città per scongiurare scippi o, presidiare discariche abusive (nonostante ciascuno di noi paghi per questi compiti altre istituzioni ed enti).

col cavolo! io mi scandalizzo eccome, anzi m'incazzo come una bestia.
per i rifiuti c'è la nettezza urbana e se non basta va potenziata. per presidiare le discariche e pattugliare quartieri mafiosi ci sono le forze dell'ordine, e se non bastano vanno potenziate e possibilmente gli va fatto almeno il pieno alle volanti quando serve

così la marina spende le sempre più esigue risorse economiche impiegando navi da 60.000 euro al giorno per setacciare il mediterraneo alla ricerca di gommoni, barconi e pescherecci carichi di immigrati clandestini.

appunto, vedi sopra. e' ridicolo usare navi militari dotate di sistemi d'arma dalla madonna, capaci di affondare una portaerei a trenta miglia, per soccorrere dei naufraghi.

parliamo di un ulteriore problema, lo screening sanitario. ritieni che il personale militare imbarcato sia preparato ad affrontare situazioni mediche in presenza di virus, contagi, ecc. ecc.?

no, a meno che non si tratti di una nave ospedale, che non so nemmeno se abbiamo, e non sono nemmeno sicuro che sia il mezzo giusto per fronteggiare una qualsdiasi emergenza sanitaria alla portata di qualsiasi ospedale del paese a costi infinitamente minore e in tempi più rapidi. la nave ospedale la vedrei meglio in uno scenario tipo la guerra delle falkland dal punto di vista degli inglesi naturalmente. quindi torniamo daccapo ovvero che non è un lavoro per le forze armate.

ultime domanda (e qui vorrei una risposta)… sei mai salito su una nave da guerra? in caso affermativo, hai notato l’esiguità degli spazi a bordo? (io sono alto 1,81cm e quando salgo sulle maestrale devo camminare curvo per non battere la testa). mi spieghi come può una nave con 200 persone di equipaggio, accogliere oltre 1000 naufraghi? fisicamente… dove li metti? dove imbarchi il personale sanitario necessario? dove hai una infermeria delle dimensioni adeguate? dove hai i medicinali necessari? sai che le maestrale hanno come mezzi di salvataggio e intervento una motobarca da 6,1 metri e un gommone? dove imbarchi i mezzi necessari?

come ho già detto su questo non ci piove: la nave da guerra è del tutto inutile in questo contesto

da queste e da altre mille questioni, nasce l’idea di un nuovo tipo di unità indirizzate a compiti umanitari ma eventualmente rapidamente e economicamente riconfigurabili in un approntamento più “combat”.

a me riesce difficile pensare che sia economicamente vantaggioso realizzare un mezzo che deve gestire dei sistemi d'arma moderni per fare la guerra e, smontando/rimontando qualche accessorio (spero coglierai l'iperbole, non prenderlo alla lettera...) renderla idonea al soccorso in mare.
insomma, mi sembra anche questa una "cagata pazzesca". facessero una vera nave da guerra coi controcaxxi e una vera nave per il soccorso in mare, che di certo non ha bisogno di corazzature, radare supersofisticati, missili, cannoni a tiro rapido e ammenicoli vari. mi sa che due navi così costino come di una sola riconfigurabile.
la mia impressione è appunto che ci si faccia forti di presunte necessità di salvataggi in mare a carico della marina per richiedere fondi destinati invece a scopi prettamente di carattere militare, che per'altro non metto in dubbio siano necessari. non trovi che il tutto suoni ipocrita in maniera a dir poco rivoltante?
avanti di questo passo ci diranno che l'f35 imbarcato è un ottimo investimento e servirà anche per dar la caccia ai barconi mentre fanno ritorno ,vuoti, in patria. nessuno di marina e aeronautica fin'ora mi pare si sia lamentato dell'f'35. per quale motivo dovrei credere alla bontà di un progetto "multiruolo" addirittura per una nave da guerra, dove per giunta, nello specifico, il suo doppio ruolo è una contraddizione in termini che rasenta il ridicolo?
ma anche negli altri paesi militarmente avanzati e fatte le debite proporzioni con le risorse finaziarie di ciascuno, fanno tutto questo teatro per costruire nuove unità da guerra?
 
infatti, come avevo già scritto più sopra non ho capito il senso, o meglio il nesso tra mare nostrum e progetto innovativo di una nave militare.
... imho è quel sibillino "mutato impegno" sul quale qualcuno ai piani alti ciurla nel manico perchè non è in grado di ottenere finanziamenti per scopi puramente militari, che sono poi quelli della marina.

mi sembra di averlo sottolineato qui:

...continuando nel solco della ipocrisia, è vero anche che l’emergenza ha portato alcun vantaggi… ad esempio la marina militare ha colto l’occasione per far valere la propria importanza è ha ottenuto un finanziamento pluriennale di quasi 6 miliardi di euro per il rinnovo di una flotta ormai destinata all’estinzione.

provo comunque a spiegarlo meglio.
quali sono i compiti della marina militare?
essa è la componente operativa marittima della difesa militare dello stato ed è responsabile della difesa marittima del territorio e delle linee di comunicazione ossia, di quello che viene definito potere marittimo.
ricordo che la definizione di potere marittimo rappresenta la volontà di uno stato, o di una coalizione, di tutelare i propri interessi difendendo le proprie attività e contrastare quelle avversarie, proteggere le frontiere marittime, proiettare la propria volontà oltre l'orizzonte. certamente dai tempi di mahan la strategia marittima è cambiata e vede oggi coinvolte le forze di mare e di aria che operano congiuntamente in azioni di "sea control", "sea denial" e, "power projection" che rappresentano i principali compiti delle forze marittime ai nostri giorni.
il sea power viene esercitato sul mare sia attraverso operazioni offensive condotte contro forze nemiche, sia attraverso operazioni per proteggere forze amiche e i traffici marittimi.
la dottrina militare definisce le operazioni di sea denial come quelle organizzate per impedire l’uso del mare da parte di una forza avversaria. il sea denial avviene generalmente in casi di guerra asimmetrica e prevede una posizione difensiva, lasciando l’iniziativa principale all’attore che conduce un attacco, con alcune eccezioni. i mezzi utilizzati per attuare il sea denial sono le piccole unità veloci e soprattutto i sommergibili.
il sea control, invece, descrive una situazione in cui una potenza ha libertà di utilizzo di un’area marittima per i propri obiettivi ed è in grado di impedirne l’utilizzo a un avversario.
la proiezione di potenza power projection si riferisce invece alla possibilità che le forze navali possano favorire forze da combattimento a terra o attaccare obiettivi terrestri.
l'influenza del potere marittimo sul mantenimento delle nostre condizioni di benessere non è cambiato e il mare continua ad essere fondamentale essendo la via di comunicazione per eccellenza. le rotte marittime purtroppo si prestano ad azioni terroristiche così dette "asimmetriche" dato che presentano alcuni "passaggi obbligati" come ad esempio lo stretto di hormuz, lo stretto della malacca, il canale di panama, il canale di suez. questi passaggi obbligati presentano un elevato grado di criticità derivante dalle loro caratteristiche geografiche, che li rende vulnerabili, facilmente bloccabili da atti di pirateria e/o terrorismo.
nel mediterraneo, ad esempio, sono presenti diversi punti nevralgici quali lo stretto di messina, quello di corsica e le bocche di bonifacio, lo stretto di gibilterra. dato che il 95% delle merci pesanti viaggia per mare, è evidente che alla marina è richiesta una presenza concreta e continuativa con sempre accresciute capacità "dual use".
negli ultimi anni lo scenario e il tipo di impiego delle forze armate è mutato e si è verificata una vera evoluzione di quello che viene definito "sistema di risposta alle crisi" con la dimostrazione che lo strumento militare non può fare a meno di integrarsi e cooperare con enti e agenzie governative. di conseguenza la mm è chiamata ad operare in scenari sempre più complessi che richiedono una grande flessibilità di impiego. infatti, tra le competenze della mm, c'è la sorveglianza per la prevenzione dell'inquinamento delle acque marine e, l'esercizio delle funzioni di polizia d'alto mare al fine del contrasto del traffico di migranti e del traffico di stupefacenti.
per quest'ultimo genere di missione, sono necessarie navi con spiccate capacità "dual" come ad esempio le navi anfibie (e le nostre hanno 30 anni di vita) e le parole chiave diventano flessibilità e cooperazione in un contesto in cui devono essere sviluppate procedure comuni.
compiti di difesa e compiti di sicurezza. se per i compiti di difesa possiamo contare su cavour, due ddg classe orizzonte e le nuove, potenti fremm, per compiti di sicurezza ci troviamo al momento sguarniti per l'anzianità delle unità attualmente i servizio.
bisogna poi considerare che alle già usurate condizioni delle nostre navi, si è aggiunto l'aggravio delle "ore di moto" imposto dall'operazione mare nostrum. pur di tenere le navi in mare, si posticipano le manutenzioni con ulteriore aggravio dello stato di salute delle stesse.
dopo questa divagazione, torniamo alla nostra questione. la mm, come le altre principali marine del mondo, si è trovata negli ultimi anni a essere impegnata sempre più sul fronte della sicurezza marittima. in questo contesto, il carattere "combat", ossia il suo armamento, passa in secondo piano e lascia il posto ad altre esigenze come la polivalenza e la flessibilità. su questa linea guida, i nuovi upad dovranno essere navi per la "sicurezza marittima a 360°" per usare una definizione del csm. quindi dovranno avere disponibilità di ampi spazi riconfigurabili e alte velocità così da poter stare dietro alle navi mercantili in caso di scorta antipirateria e giungere dove necessario nel minor tempo possibile e per questo dovranno imbarcare due elicotteri.
ma è prioritario contenere i costi anche in prospettiva di catturare clienti sul mercato internazionale quindi si è rinunciato a requisiti estremi come ad esempio una bassissima segnatura radar, i/r e acustica. una piattaforma semplice ma versatile. da qui è stato sviluppato un progetto preliminare che non ha eguali al mondo tant'è che non si sa in quale contesto inserirli (se definirle fregate, caccia, pattugliatori...).
assomigliano come concetto alle lcs americane che presentano però un dislocamento notevolmente inferiore (1000 ton in meno). gli americani hanno sentito la necessità di raggiungere l'obiettivo di una marina composta da 313 navi colmando una serie di carenze relative alla capacità di svolgere un certo genere di missioni. per tale ragione è stato avviato il programma lcs (litoral combat ship). le lcs dovevano essere navi economiche e a bassa tecnologia, in grado di essere prodotte in grandi numeri e capaci di svolgere un ampio spettro di missioni imbarcando specifici moduli con il relativo personale tecnico. ma in realtà le prime due lcs hanno avuto un costo tre volte superiore al preventivato.

nemmeno i pattugliatori olandesi classe holland possono essere paragonati in quanto notevolmente più lenti. ecco perchè si parla di un concetto di nave rivoluzionario che sta già catturando l'interesse di molte nazioni.
se l'italia riuscirà nell'intento di realizzare una unità veramente "dual use" proponendola ad un costo accessibile, potrebbe ricevere un notevole numero di ordinazioni da paesi che già si sono dichiarati interessati, con benefiche ricadute sull'economia nazionale.

a me riesce difficile pensare che sia economicamente vantaggioso realizzare un mezzo che deve gestire dei sistemi d'arma moderni per fare la guerra e, smontando/rimontando qualche accessorio (spero coglierai l'iperbole, non prenderlo alla lettera...) renderla idonea al soccorso in mare.
insomma, mi sembra anche questa una "cagata pazzesca".

attenzione, se mi hai letto in questi anni, saprai che mi sono sempre dichiarato contrario all'ipotesi della "nave buona per tutto". l'ho ribadito anche nella discussione sugli f35. qui non stiamo affermando questo. le upad saranno navi dual use cioè adattate di volta in volta ai compiti assegnati, imbarcando o sbarcando moduli appositi quindi, riconfigurate i un nuovo aspetto distinto. la grande innovazione è data dal fatto che puoi acquistare una light e poi, durante la sua vita, elevarne lo standard fino al livello "full combat".

ma anche negli altri paesi militarmente avanzati e fatte le debite proporzioni con le risorse finaziarie di ciascuno, fanno tutto questo teatro per costruire nuove unità da guerra?

per l'america ti ho accennato al programma lcs.

no, a meno che non si tratti di una nave ospedale, che non so nemmeno se abbiamo

no, non ne abbiamo più. la prima fu la washington nel 1866. durante la seconda guerra mondiale arrivammo ad averne 18 che effettuarono 596 missioni con il trasporto di 280.000 feriti. delle 18 unità, 12 furono affondate da attacchi nemici. l'italia denunciò gli affondamenti a ginevra ma non ebbe alcun esito.
 
in attesa dell'annunciato sulle fremm (sono alla 14^ pagina...)

"sino dai primi tempi della costruzione di navi subacquee si manifestò ovunque la necessità di apparecchi ottici che permettessero, durante l'immersione, di poter osservare per un ampio campo di vista quanto si trovava sulla superficie sovrastante del mare" (da rivista marittima, primi del '900).

il bisogno del periscopio nacque, come è ovvio, con la navigazione subacquea e cioè intorno al 1890, quando incominciarono gli studi italiani per la costruzione del delfino, la prima "torpediniera sottomarina", secondo i progetti del comandante pullino (vedi sopra e sotto le onde).
per la navigazione subacquea fu applicato al delfino un comune cannocchiale terrestre disposto verticalmente come un alberetto, munito nella parte superiore e inferiore di superfici riflettenti inclinate di 45° in modo da far percorrere ai raggi luminosi un percorso a "z" sullo schema di sistemi analoghi utilizzati per la visione su terra ferma dagli osservatori dell'esercito. ma a causa dell'esiguo campo di visione, nell'ordine di pochissimi gradi, questi sistemi non erano adatti alla navigazione subacquea dove è indispensabile avere una visione a largo settore per non perdere di vista l'obiettivo a causa di una lieve oscillazione della nave.
il cannocchiale non rappresentava quindi che un tentativo inefficace di risolvere il problema.
il comandante del delfino, tenente di vascello boselli, si incontrò casualmente a la spezia con l'ing. giulio martinez, direttore dell'officina galileo di firenze, il quale si trovava presso l'arsenale della r. marina per una fornitura di materiali vari. il comandante boselli apprese dall'ing. martinez che l'officina galileo si stava occupando dello studio e della costruzione di apparecchi ottici per scopi militari, quindi approfittando dell'occasione, illustrò al direttore martinez tutti i problemi dell'apparato ottico installato nel sottomarino da lui comandato che rendevano di fatto quel apparecchio del tutto inutile in navigazione.

alle dipendenze della officina galileo, in qualità di vice-direttore tecnico, si trovava all'epoca l'ing. paolo triulzi, sopraintendente da più di venti anni allo studio e alla realizzazione degli strumenti ottici e a lui si rivolse l'ing. martinez parlandogli di quanto aveva saputo dal comandante boselli e incaricandolo di occuparsi della questione. questi iniziò a sperimentare diverse soluzioni fino a che dispose in un tubo di alcuni metri, due cannocchiali astronomici provvisti di oculari speciali a largo campo.
sistemato il tutto nelle giuste posizioni, il risultato fu immediato. era possibile vedere gli oggetti circostanti a grandezza naturale, senza deformazioni, per un settore di circa 60°, con perfetta definizione e intensità luminosa. inoltre la notevole ampiezza del campo visivo permetteva discrete oscillazioni del tubo, come se si trovasse a bordo, senza che si perdesse di vista il punto osservato.
trovata la soluzione del problema l'ing martinez scrisse, nel marzo 1901, una lettera privata al comandante del delfino il quale, dopo pochi giorni, si recò presso l'officina galileo per constatare l'esito degli esperimenti. l'apparecchio era stato installato nei locali superiori del fabbricato centrale del stabilimento e s'innalzava di qualche metro sul tetto di quei locali.

il tenente, appoggiato l'occhio alla estremità del tubo potè osservare il panorama circostante per un ampio settore e con la massima luminosità restando molto soddisfatto delle qualità riscontrate. di questo successo informò la direzione del 1° dipartimento delle costruzioni navali di la spezia che il 2 aprile 1901 inviò una lettera riservatissima alle officine galileo nella quale si chiedeva la disponibilità per la fornitura di un apparato ottico per il sottomarino delfino. dopo pochi giorni l'ing. triulzi fu inviato a la spezia per verificare come applicare il periscopio al battello quindi, realizzò il progetto di sistemazione dello strumento.
il progetto fu sottoposto all'esame dell'ing. cesare laurenti (il padre della sommergibilistica italiana) il quale era l'incaricato del ministero per le costruzioni subacquee. dopo alcuni mesi di silenzio, il 12 luglio 1901 l'ing. laurenti chiese al direttore della galileo di visionare il periscopio, cosa che avvenne 5 giorni dopo tale richiesta. vista la caratteristica dello strumento di "trasportare virtualmente" l'occhio del osservatore alla estremità esterna del tubo, lo stesso venne denominato " telops " (dal greco lontano occhio).

il 25 agosto 1901 sulla prima pagina del giornale "la tribuna" apparve un articolo nel quale veniva descritto un apparato ottico denominato "cleptoscopio" che permetteva la visione esterna ai sommergibili inventato dagli ing. cesare laurenti e gioacchino russo. l'articolo suscitò enorme sorpresa presso l'officina galileo. si trattava degli stessi ingegneri navali con i quali si era amichevolmente intrattenuto il direttore della galileo quando si recò al ministero della r. marina a esporre il progetto di applicazione del telops al sottomarino delfino.
nell'articolo i due inventori asserivano la contemporaneità dell'invenzione del cleptoscopio e del telops ma le officine galileo sottolineavano che il loro telops era stato realizzato e proposto alla regia marina già dal marzo 1901 quindi, se il cleptoscopio era contemporaneo, per quale motivo tenerlo nascosto per 5 mesi? la ditta lombardi ferrari, che per il telops si era associata alla galileo, rivendicò la paternità dell'invenzione con una copiosa documentazione su cui apparivano date inconfutabili.
a questa risposero laurenti e russo con motivazioni che non riuscirono però a giustificare l'accaduto. l'ing. martinez preparò una monografia su tutte le vicende legate all'invenzione chiedendo che fosse pubblicata sul "giornale d'italia" ma la testata giornalistica si rifiutò ritenendola "troppo vivace".
intanto il 28 agosto 1901 laurenti e russo depositavano il brevetto del cleptoscopio, cosa non fatta per il telops dalla galileo su espressa richiesta della direzione delle costruzioni navali nella famosa lettera del 2 aprile 1901. a questo punto non c'era più ragione che il telops rimanesse segreto quindi la galileo dichiarò di voler procedere a brevettare la loro invenzione. la questione assumeva sempre più le dimensioni di uno scandalo tanto che la r. marina inviò l'ammiraglio morin a firenze per tentare una conciliazione con la galileo e con la promessa da parte del ministro di chiarire le cose e indennizzare in qualche modo l'officina, ma queste promesse rimasero tali. così la galileo fece pressione sul ministero ma il ministro rispose che le accuse della officina erano ingiustificate e che la r. marina aveva tutto il diritto di preferire il cleptoscopio al telops. considerato che la r. marina era il maggior cliente della ditta e che alcuni azionisti temevano le conseguenze di uno scontro, la direzione dello stabilimento decise sottostare alla volontà del ministro e di sospendere ogni azione legale.
l'ing. triulzi, offeso dall'atteggiamento tenuto, decise di lasciare l'azienda la quale accettò le dimissioni. in seguito triulzi riuscì ad avere copia della descrizione e dei disegni depositati da russo e laurenti e con grande meraviglia constatò che il cleptoscopio non avrebbe funzionato in maniera soddisfacente. intenzione di laurenti e russo era quindi di ostacolare con un brevetto qualsiasi il lavoro dell'officina galileo per l'accettazione del telops e, di guadagnare tempo utile a rimediare ai problemi manifestati dal cleptoscopio così da subentrare alla galileo. comunque sia le modifiche portate in seguito al cleptoscopio furono oggetto di un "supplettivo", in data 4 settembre 1901, che russo e laurenti chiesero per il loro precedente brevetto.

(segue...)
 
nel frattempo la galileo era passata di mano cambiando nome in officine galileo e il nuovo consiglio di amministrazione nel bilancio dell'esercizio 1907-1908 scrisse: "abbiamo temporaneamente sospeso la costruzione di apparecchi radiotelegrafici per ragioni di indole interna, ma abbiamo in compenso stipulato una convenzione colla società fiat s. giorgio che ci riserva l'esclusivo diritto della riproduzione e vendita del cleptoscopio "russo-laurenti" già da noi provveduto con ottima soddisfazione a varie marine estere e alla r. marina italiana."
in questo modo il cleptoscopio otteneva un riconoscimento ufficiale e le ragioni commerciali ebbero il sopravvento nonostante che diverse figure del consiglio di amministrazione conoscessero bene come erano andate le cose. con la grande guerra le officine galileo realizzarono per le marine degli alleati un numero importante di periscopi basati sul principio del telops ricavandone sostanziosi guadagni.

questo è quanto avveniva in italia ma in tutti i paesi dove iniziava la costruzione di sottomarini, furono fatti tentativi per ottenere la necessaria visibilità in navigazione, anche se nulla venne detto o scritto. solo la francia si vantò di aver realizzato un apparecchio che era stato installato in uno dei primi battelli sottomarini costruiti, il "gustave zédé". i francesi, ignorando l'opera degli italiani, si accinsero a rivendicare la priorità dell'invenzione del periscopio e più precisamente un certo jean rey nel 1931 attribuiva a se stesso l'invenzione del primo apparecchio accettato nel 1891 dalla marina francese per il "gimnote", facendo risalire al 1897 ed all'opera di jules carpantier la realizzazione di un dispositivo capace di dare immagini perfette. la germania invece non riconobbe i brevetti stranieri in quanto ritenne che l'apparecchio chirurgico detto cistoscopio (di loro invenzione) avesse in se i principi teorici per ottenere immagini con grande visuale adoperando lunghi tubi di piccolo diametro.
comunque si può affermare il sistema ottico definitivamente adottato da tutte le marine non ha nulla a che fare con gli apparecchi citati di jean rey, mentre quello degli italiani triulzi russo/laurenti è tuttora utilizzato. certamente il moderno periscopio è molto di più del tubo ottico dei primi del '900 ma il principio è il medesimo anche se non è riuscito a superare il suo principale punto debole ossia, la sua visibilità che espone il sottomarino al rilevamento anche da grande distanza.

ma oggi una nuova tecnologia potrebbe consegnare il periscopio alla storia. infatti, gli scienziati del technion (israel institute of technology di haifa) hanno sviluppato una fotocamera in grado di vedere al di sopra della superficie da sott'acqua. i ricercatori hanno messo a punto un nuovo apparato che permette ai sub e sottomarini per vedere al di sopra della superficie dell'acqua senza ricorrere ad un periscopio.
secondo il prof. yoav shechner è stato messo a punto un sistema passivo in grado di "contrastare le distorsioni causate dall'acqua.", in pratica si tratta di una macchina fotografica subacquea che può vedere sopra il livello dell'acqua senza emergere dalla superficie. questo "periscopio virtuale" consentirebbe una resa accurata di quanto sulla superficie dell'acqua e degli oggetti presenti nell'aria rimanendo immersi. il sistema è stato presentato ad una conferenza internazionale sulla fotografia computazionale, tenutasi a santa clara, california. chiamato "stella maris" (stellar marine refractive imaging sensor) è un sistema di imaging subacqueo che utilizza la tecnologia sviluppata per l'astronomia per contrastare la sfocatura e la distorsione causata dagli strati di atmosfera durante la visualizzazione di stelle. adattata all'ambiente marino, la tecnologia corregge la distorsione inevitabile causata dall'acqua quando si utilizza una telecamera sommersa ed è costituita da una telecamera, una matrice pinhole (una lamiera sottile con fori tagliati al laser ), un diffusore in vetro e specchi e utilizza il sole come sistema di riferimento. allineando i raggi solari, il sistema capisce il livello di distorsione e applica la relativa correzione riproducendo correttamente una realtà virtuale proiettata su un maxischermo in camera di manovra. il limite è rappresentato dalla necessità della luce solare, necessità che ne limita l'impiego alle sole ore diurne ma il team di ricercatori sta lavorando per sviluppare metodi per lo sfruttamento della luce della luna e delle stelle.
la nuova tecnologia potrebbe consegnare il periscopio alla storia dopo oltre un secolo di onorata carriera...
 
prosegue oggi la trattazione sul moderno strumento navale iniziato parlando dei nuovi pattugliatori d'altura modulari. oggi iniziamo a vedere, con una trattazione piuttosto lunga ma penso abbastanza esauriente, le fremm.
in seguito, se interessa (come potete immaginare ogni articolo del genere comporta un discreto impegno temporale), possiamo ampliare l'argomento trattando anche la cavour e le orizzonte.


fremm

fin da tempi remoti l'artiglieria fu utilizzata per difendere le navi mercantili dagli attacchi dei pirati o dall'attacco delle navi nemiche in genere, poi il progresso tecnologico consentì di realizzare tra il xix ed il xx secolo armi sempre più efficienti e sofisticate e gli scontri si risolvevano a cannonate e al successivo abbordaggio o speronamento.
l'introduzione del siluro portò una sostanziale novità nella guerra navale; la capacità di questo nuovo ordigno bellico fu particolarmente sfruttata dagli italiani con i primi mas e dai sommergibili tedeschi nel corso della prima guerra mondiale, di conseguenza fu abbastanza logico adottare anche le unità di superficie di tubi lanciasiluri.

l'esperienza bellica maturata con i due conflitti mondiali ebbe un effetto rivoluzionario sulle successive unità da guerra a partire dagli anni '50; venendo meno la necessità delle artiglierie di grosso e medio calibro, eccetto per necessità legate al tiro contro costa (la battaglia al cannone tra grandi navi infatti era stata definitivamente soppiantata dalla guerra aeronavale), si affermò, in seguito al progresso tecnologico degli automatismi di caricamento e tiro, l'artiglieria di medio e piccolo calibro con prevalente funzione antiaerea.
il notevole sviluppo della minaccia offerta dalle unità subacquee e dai veloci aerei a reazione aveva determinato una particolare attenzione nella capacità antisom ed antiaerea di tutte le nuove unità. e anche la marina italiana “fidandosi” delle esperienze americane (i quali affidavano esclusivamente alla dotazione aerea presente a bordo di portaerei di cui però, al contrario della superpotenza, non disponevamo), aveva trascurato la difesa antinave.

fu un episodio avvenuto all’indomani della travolgente avanzata israeliana nella guerra dei sei giorni ad imporre una svolta nelle costruzioni navali.

il pomeriggio del 21 ottobre 1967, il cacciatorpediniere “eilat” (era una nave della royal navy britannica appartenente alla classe z; entrata in servizio nell'ottobre del 1944 e che partecipò alle fasi finali della seconda guerra mondiale operando prevalentemente nel mare del nord. nel luglio del 1955 la nave venne venduta ad israele entrando in servizio con la marina militare israeliana sotto il nome di ins eilat k-40) era uscito incautamente in pattuglia nella tina bay, trenta miglia al largo di port said, nonostante la minaccia delle postazioni missilistiche della zona.

Eilat.jpg

alle 17:26 la nave venne intercettata da due motocannoniere missilistiche egiziane, di costruzione sovietica classe komar, che stazionavano proprio davanti al porto.

komar.jpg

il capitano, ytshak shoshan, temeva soprattutto la minaccia dei sommergibili e per questo si premurò di eseguire le manovre elusive anti sottomarino senza considerare i pericoli provenienti da altre direzioni.
all'improvviso la scia di un missile fu rilevata dagli operatori del cacciatorpediniere ma era già troppo tardi. una prima salva di due missili sup/sup “styx”, sparata dalle komar ferme nella rada, colpì la nave. gli israeliani si accorsero dell'attacco solo all'ultimo momento visto che la vicinanza alla terraferma delle due unità egiziane confondeva i segnali del radar. nonostante le manovre evasive ed i tentativi di abbattere il missile con le mitragliatrici di bordo, alle 17:32 il primo styx colpì la eilat poco sopra la linea di galleggiamento; due minuti più tardi anche il secondo missile colpiva il cacciatorpediniere distruggendo la sala macchine.
con la nave in fiamme e immobile, il comandante israeliano richiese assistenza e soccorso.
nonostante le misure approntate dal capitano la nave iniziò ad affondare poi, la situazione precipitò quando il terzo missile centrò la santabarbara numero otto mentre il quarto finiva fuori rotta esplodendo in mare poco lontano. dei 199 membri dell'equipaggio 47 morirono e 91 furono feriti.

il tiro, condotto solo con le indicazioni radar, fu molto preciso e solo uno styx non centrò l'eilat. l'azione costituì il primo caso in cui una grande nave da guerra veniva affondata da missili antinave rendendo palese la minaccia costituita da questi nuovi sistemi d'arma e costituendo così uno stimolo per varie marine militari a dotarsi di mezzi simili. la stessa marina israeliana decise di accelerare i programmi per la costruzione delle proprie motocannoniere missilistiche classe “sa'ar i/iii”, le prime delle quali entrarono in servizio sul finire del dicembre 1967.

(segue...)
 
questo episodio ebbe, come detto, conseguenze su tutte le marine del mondo e l’italia iniziò anch’essa la progettazione e la realizzazione delle nuove fregate della classe "lupo" (lupo, sagittario, perseo, orsa), inizialmente classificate come cacciatorpediniere per la loro spiccata capacità antinave.

untitled.jpg

queste fregate furono le prime navi costruite a blocchi preallestiti. la loro progettazione fu affidata al cnr (nel cui team di progettisti figurava un mio zio :smile: ) ed era vincolata da una serie di specifiche della m.m. le dimensioni e il dislocamento dovevano essere limitati; avrebbero dovuto garantire una eccellente tenuta al mare insieme ad una alta manovrabilità; un’elevata velocità massima accompagnata da un’elevata autonomia ad andatura di crociera; un armamento prevalentemente antinave. linee dello scafo e dislocamento risultarono molto simili alla classe "alpino" da cui le nuove unità derivavano, migliorandone però la tenuta al mare grazie ad una prora più alta e più slanciata e ad un bulbo prodiero di dimensioni ridotte. il lupo entrò in servizio nel 1977, il sagittario nel 1978, perseo ed orsa nel 1980. le fregate della classe lupo furono uno dei maggiori successi della cantieristica italiana. la marina ne ordinò 4 ma ne furono realizzate altre 6 per il venezuela, 4 per il perù e 4 per l’iraq, anche se quest’ultime non furono mai ritirate in seguito all’embargo e vennero prese in carico dalla mm come pattugliatori. dopo le lupo fu la volta delle “maestrale”, realizzate in 8 esemplari a partire dal 1982, e dei pattugliatori classe “artigliere”, navi realizzate per l’iraq tra il 1982 e il 1987. escluse le lupo, ormai radiate e cedute alle marine estere, e l’artigliere dismesso quest’anno, le altre unità sono tutt’ora in servizio denunciando l’ormai avanzata età.

alla fine degli anni 90 divenne necessario cominciare a pensare ad un nuovo tipo di unità con cui sostituire la spina dorsale della flotta. infatti, questi ultimi 20 anni sono stati caratterizzati da un profondo processo di trasformazione.
se in passato l’area di impiego tipica della mm era la difesa del bacino del mediterraneo quindi la scelta sulle nuove unità era quasi sempre orientata su piattaforme relativamente piccole, oggi, avendo ampliato le proprie aree di intervento, si rende necessario adottare unità più grandi, adatte alla navigazione oceanica con lunghe autonomie, in grado di soddisfare alla necessità di una marina che deve essere in grado di proiettare le proprie capacità aeronavali in contesti “fuori area”. questo comporta il rinnovamento della flotta, rinnovamento che ha seguito e sta seguendo, due binari distinti.
se da un lato si è puntato al rafforzamento delle capacità difensive di area, conseguente al decadimento del sistema “tartar” dovuto anche alla fine del supporto da parte della raytheon, ditta produttrice, dall’altro si è reso necessario sostituire le fregate classe lupo e classe maestrale.
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tutto ciò si è tradotto nel programma “orizzonte” (classe doria) e “fremm” (classe bergamini). il programma orizzonte nasce come co-partecipazione a tre: italia, francia e, inghilterra; ma successivamente, in seguito all’uscita dal programma dei britannici, è stato portato avanti solo da italia e francia. per noi questo ha portato alla realizzazione di due unità, doria e duilio. navi da 7.000 tonnellate, lunghe oltre 150 m. e linee “stealth”.


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varo doria.jpg (notare le eliche a "bandiera")


per comprenderne le capacità è sufficiente fare un confronto con i caccia americani classe “burke” che costituiscono la componente principale delle unità antiaeree statunitensi e sono di dimensioni simili. i doria sono superiori nella capacità di ingaggiare bersagli a quote basse con il missile aster 30 mentre gli americani sono superiori con i bersagli ad alta quota grazie al missile sm-2.

la modernizzazione della “componente da proiezione” ha riguardato sia l’acquisizione di nuova unità, sia l’aggiornamento di capacità esistenti. i miglioramenti hanno riguardato le lpd “san giorgio” (comunque da sostituire) e il “garibaldi” mentre le acquisizioni si sono concretizzate o si concretizzeranno nella cavour, nelle due orizzonte e, soldi permettendo, in una nuova classe di unità anfibie d’assalto (oltre alle upad di cui abbiamo già detto).

il programma di rinnovamento della componente fregate si è concretizzato nel programma fremm.

questo nuovo tipo di navi venne provvisoriamente designato fnm (fregate nuovo millennio) e furono redatti i requisiti operativi che contenevano una serie di caratteristiche dalle quali sarebbe scaturita un’unità polivalente dalle prestazioni spinte, ottenute facendo ricorso a quanto di meglio potesse offrire la tecnologia contemporanea.
per soddisfare ottimamente i requisiti richiesti sarebbero stati necessari finanziamenti estremamente elevati tenuto conto che la nuova fregata avrebbe dovuto essere prodotta in 10 esemplari.
il progetto, ribattezzato fng (fregata di nuova generazione), ottenne l’approvazione del parlamento con una previsione di spesa di 5,7 miliardi di euro per 10 esemplari. ma la successiva crisi economica rese evidente che il finanziamento promesso non sarebbe mai stato erogato.
così l’alternativa fu cercare uno o più partner con cui condividere i costi e la marina iniziò a guardarsi attorno per cercare un paese europeo interessato a dare vita ad un programma multinazionale.
le prime ad essere contattate furono la bundesmarine, impegnata già a definire le future “f-125”, e la royal navy che cercava un successore alle “type 23 norfolk”. apparvero evidenti fin da subito le differenze riguardanti i compiti che le future unità avrebbero dovuto svolgere e le differenti tempistiche relative all’entrata in servizio.

la marina francese invece, che stava lavorando al progetto fff (frégates francais futures), destinate a sostituire le fregate classe “georges leygues” e classe “tourville”, sembrò la più adatta a condividere gli sforzi progettuali, inoltre con la francia avevamo già maturato la positiva esperienza delle classe “orizzonte”.

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nel 2001 la mm firmava con fincantieri un contratto per uno studio di fattibilità che venne consegnato nell’estate dell’anno successivo. sempre nello stesso periodo la marina militare e la marine nationale, decisero di approfondire lo studio e valutarono la possibilità di dar vita ad un programma condiviso. i successivi incontri misero però in luce che, per quanto simili nelle linee generali, le due marine avevano una concezione costruttiva diversa.
per noi le nuove fregate dovevano essere le unità combattenti di squadra per eccellenza quindi dovevano rappresentare il nucleo centrale della flotta d’altura, capaci di operare in qualunque ambiente e teatro operativo fronteggiando anche un eventuale attacco aereo/missilistico, navale e, sottomarino. avrebbero dovuto fornire un adeguato fuoco controcosta ed essere capaci di subire danneggiamenti anche gravi.
la marina francese invece aveva requisiti meno ambiziosi; le sue nuove fregate dovevano essere economiche, con grande autonomia, non particolarmente veloci, con sistemi meno sofisticati e con equipaggi ridotti; tutto ciò avrebbe favorito anche l’export verso quei numerosi paesi non in gradi di mantenere navi di alta gamma.

comunque, nonostante le differenze, l’accordo con francesi venne raggiunto grazie anche ad un compromesso formalizzato nel “heads of agreement” del 16 ottobre 2002 nel quale si stabilivano i principi della cooperazione e veniva definita la configurazione di massima delle navi. a questo documento fece seguito il “programma per la definizione, progettazione, lo sviluppo, la costruzione ed il supporto in servizio di una fregata europea multi missione (fremm), firmato dai rispettivi ministri della difesa, che prevedeva la realizzazione di 27 unità di cui 10 per l’italia.
come piano industriale il progetto prese il via ufficialmente il 24 dicembre 2002 quando la dga/spn (delegation generale pour l’armament/service des programmes navales) firmò il contratto con la joint venture tra fincantieri e finmeccanica (chiamata “orizzonte s.p.a.”) e la società francese armaris.

la discussione sulle caratteristiche delle nuove fregate era tutt’altro che sopita anzi, tanto per fare un esempio, si era partiti con un dislocamento di 4,500 tonnellate per poi passare subito a 5,000. comunque si definivano le dimensioni di massima che prevedevano una lunghezza tra le perpendicolari di 128 metri (139 fuori tutto) e una larghezza di 18,5.
a poppa un ampio ponte di volo con relativo grande hangar (sdoppiato per l’italia, singolo per la francia). gli elicotteri previsti dovevano essere nhi-90, due per l’italiana e uno per la francese. oltre a queste differenze, l’italia insisteva per la possibilità di imbarcare anche l’eh-101 mentre le francia voleva poter imbarcare anche un cougar csar o un uav all’epoca non ancora definito.

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altro motivo di discussione fu il requisito di galleggiabilità. l’italia, fedele alla propria tradizione per le “unità combattenti”, richiedeva che fosse assicurata anche con tre compartimenti attigui allagati mentre la francia si accontentava di due.
anche sulla sistemazione dell’apparato motore si partiva da posizioni diverse. i francesi proponevano una soluzione codad (combined diesel and diesel) mentre l’italia, che voleva una velocità massima più elevata, insisteva per una soluzione codog. nel tentativo di avvicinare le parti furono proposte due soluzioni alternative che presentavano alcuni elementi comuni. una configurazione di tipo codlad (combined diesel electric and diesel) e codlag (combined diesel electric and gas).
la prima era rivolta ai transalpini ed era basata su sei diesel di cui i due principali da 8 mw collegati tramite riduttori agli assi più 4 diesel alternatori da 2-3 mw ciascuno per fornire energia alla nave e, due motori elettrici da 2,15 mw calettati sugli assi elica.
per l’italia la proposta prevedeva invece una tag (turbina a gas) general /electric avio lm-2500+ da 24 mw connessa a due assi elica mediante un innovativo riduttore a “connessione incrociata”.
in comune alle due soluzioni, generatori, assi e, eliche. se la soluzione francese garantiva una velocità massima di circa 25 nodi, quella italiana consentiva di superare i 27.

alla fine si decise per due soluzioni simili: codlog (combined diesel electric or gas); cioè una tag, diesel alternatori e motori elettrici per la francia; e codlag (combined diesel electric and gas) per l’italia. per contenere i costi si è deciso di ricorrere ad un unico tipo di tag da 32mw da scegliere tra la general electric/avio lm-2500+g4 e la rolls royce mt-30. anche se i componenti possono considerarsi equivalenti, la soluzione italiana risulta maggiormente performante (torneremo sull'argomento).

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un ulteriore motivo di divergenza fu la consistenza dei rispettivi equipaggi. mentre i transalpini volevano mantenersi intorno ai 95 uomini, l’italia valutava di non poter scendere sotto i 120 con alloggi e sistemazioni per almeno 150 unità, mantenendo elevati standard abitativi e di comfort visto che le fremm avrebbero dovuto rimanere in mare per lunghi periodi.

maggiore convergenza ci fu per quanto riguardava il sistema difensivo principale che sarebbe stato incentrato sul sistema superficie/aria franco-italiano mbda aster costituito dal lanciatore verticale sylver a 8 celle. gli italiani scelsero la versione a50 capace di ospitare missili aster 15 e 30 mentre i francesi optarono per l’aster 70 predisposto per il futuro missile scalp naval.
per quanto riguarda invece il sistema missilistico antinave le strade ripresero a dividersi: teseo 2 per la mm e exocet mm-40 per la mn.
inoltre per l’italia i sistemi d’arma sono differenti tra le due versioni: le unità gp sono armate con 8 teseo mk2a, 1 cannone da 76/62 sr con kit davide/strales per munizioni guidate ed 1 cannone da 127/64 lw con sistema vulcano. le unità asw sono armate con 4 teseo mk2a e 4 missili/siluro a medio raggio mbda milas (teseo e milas usano lo stesso lanciatore quindi è possibile un rapporto diverso) e 2 cannoni oto melara 76/62 con kit davide.
vediamo nel dettaglio.
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il sistema missilistico da difesa aerea saam esd è l’armamento difensivo principale delle fremm.
e’ costituito dal sistema missilistico sup/aria eurosam saam esd (extended self defence) e si basa sul missile franco-italiano mbda aster nelle versioni aster 15 e 30 e sul radar selex es mfra di ci parleremo in seguito. il sistema è in grado di effettuare la difesa aerea estesa cioè, di proteggere oltre che la nave, anche altre unità siano esse militari o mercantili che si trovano nelle vicinanze. le due versioni del missile aster si distinguono per le avanzatissime caratteristiche di guida e manovrabilità. concepiti fin da subito per il lancio verticale, sono in grado di offrire sia la difesa di punto che di area e per questo è dotato di due booster differenti. l’aster 15 misura 4,145mm, pesa 325 kg e raggiunge una velocità massima di 3,3 mach con un range di 35 km. l’aster 30 misura 4,858 mm, pesa 450 kg e raggiunge i 4,6 mach fino ad una distanza di 120 km.

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il sistema missilistico antinave/controcosta teseo mk.2/a utilizza l’ultima versione del missile sup/sup mk-2 block iv di otomat e può gestire fino a 8 missili contemporaneamente. il missile è lungo 4,460mm, ha una apertura alare di 1,350mm e pesa 770 kg con una testata di 200 kg. vola ad una velocità di 0,75 mach che raggiunge nella fase finale dell’attacco i 0,9 mach.

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il sistema missilistico antisom milas (presente solo sulle asw) è una evoluzione antisommergibile del missile otomat mk-2 block iv modificato per ospitare un siluro leggero eurotorp mu-90 il quale, trasportato con l’elicottero sul punto dove si ritiene sia il sottomarino, viene rilasciato appeso ad un paracadute. pesa 800kg, è lungo 5,660mm e ha un diametro di 460mm. la gittata è di oltre 35 km.

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per le artiglierie le scelte erano praticamente obbligate:
il 127/64 lw vulcano oto melara è previsto solo per le fregate italiane. si tratta di un sistema complesso costituito da 4 elementi: la torre, il deposito munizioni automatico, le munizioni a lunghissima gittata vulcano e l’apparato di supporto al tiro nfcs (naval fire control system). la nuova torre pesa, comprese le munizioni, circa 34 tonnellate e la sua novità più evidente è la nuova canna a 64 calibri, raffreddata ad acqua e con freno di bocca multiforo.

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il rivestimento della torre è di tipo stealth ma a differenza delle torri da 76/62 realizzate in fibra grp, è di alluminio. il sistema di caricamento è del tutto nuovo ed è realizzato con 4 tamburi da 14 colpi così da avere 56 colpi pronto impiego. questa soluzione consente di sparare qualunque tipo di munizionamento indipendentemente da dove è stato caricato dato che il sistema riconosce il proietto e ne regola la spoletta. ogni munizione può essere rimandata indietro fino ad un attimo prima di entrare nel braccio di caricamento, tutto senza l’intervento umano (cosa non da poco se si pensa che una munizione pesa 40 kg). inoltre si tratta di un sistema modulare che può occupare 2 o 3 ponti a seconda della configurazione. massiccia è la presenza dell’elettronica che oltre che a monitorare il sistema consente tramite il modulo nfcs di pianificare l’uso del vulcano, programmando le spolette ed effettuando il calcolo balistico della traiettoria. grazie a tutto questo il sistema è in grado di colpire con precisione metrica obiettivi terrestri a oltre 100 km di distanza e navali a 80 km. sulle fremm è presente una configurazione particolarmente complessa chiamata deposito a “farmacia” per via di scaffali porta munizioni che consente di immagazzinare 406 colpi.

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tutte le fremm avranno la torre 76/62 oto melara (in configurazione stealth super rapido 76/62 df “double feeding” davide/strales per noi, una sulle gp e due sulle asw) da 120 colpi al minuto. e’ un cannone ottimizzato nel ruolo antiaereo/antimissile ma che non disdegna bersagli di superficie come i barchini.
il modello df dispone di doppia alimentazione ed è dotato del kit per la guida del proietto decalibrato dart (driven ammunitation reduced time of flight) a correzione di traiettoria grazie ad un fascio guida generato da un “illuminatore” radar integrato nella torre e puntato dai dati ricevuti dalla direzione di tiro. il proietto dart ha un diametro di circa 40mm e viene lanciato a 1,200 m/s e rappresenta l’ultima difesa qualora un missile sia riuscito a superare la barriera del saam esd.

due complessi singoli oto melara mod. 503 con mitragliera oerlikon kba da 25/80mm con affusto stabilizzato e sistema di puntamento comprendente camera termica, a partire dalla terza fremm saranno a controllo remoto, costituisco la difesa da “minacce assimmetriche”.
altri due complessi sono i lanciarazzi polivalenti sclar-h, multicelle con venti proiettili da 105mm o 15 da 105 e 4 da 118mm. generalmente sono utilizzati come lanciatori di inganni e per razzi illuminanti.
con funzioni antisom, sono presenti due lanciatori trinati b-515 della wass per siluri leggeri eurotorp mu-90 impact mentre solo sulle asw, per la difesa antisiluro, è presente il sistema slat costituito da tre elementi: i sensori sonar rimorchiati e quelli a scafo, il modulo per la valutazione della minaccia e il modulo per le contromisure in grado di generare una falsa eco simile a quella di una nave per confondere la testata di ricerca del siluro.

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quella sui sistemi d’arma introduce un’altra notevole differenza sui sistemi di combattimento.
l’italia, sulla scia di cavour, doria e, duilio, voleva assolutamente proseguire con la famiglia selex mentre i francesi, per contenere i costi, optavano per il meno prestante radar herakles. sui sistemi subacquei la scelta era nuovamente obbligata, sonar thales tus 4110 cl nel bulbo e sonar rimorchiato sempre thales.
dopo una ennesima, lunga discussione, entrambe le marine si accordarono nel richiedere due versioni delle fremm; una da attacco controcosta e una antisom. la prima versione venne definita avt (action vers la terre) dai francesi e gp (general pourpose) dagli italiani, mentre la seconda veniva chiamata asm (anti sous marine) e asw (anti submarine warfare). a queste versioni se ne sarebbero aggiunte altre in seguito tra cui una versione per la marina brasiliana e una anti missili balistici progettate dall’italia, e una antiaerea freda (fremm defense aerienne) da parte francese.
a giugno 2004 si cominciarono a tirare le somme, la nave italiana avrebbe avuto un costo presunto di 330 milioni di euro, oltre ad altri 20 per gli allestimenti, e quella francese 295.
la prima fase si concludeva qui.

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il 15 novembre 205 prendeva il via la seconda fase del progetto fremm con la firma dell’accordo quadro a cui faceva seguito la firma del contratto fremm 05 prod. 01. il 4 febbraio 2008 avveniva, nello stabilimento fincantieri di riva trigoso, il taglio della prima lamiera della “foc gp “(first of class general pourpose) “carlo bergamini”. il 7 luglio successivo era impostato il primo blocco e il 16 luglio 2011 lo scafo era varato. il 12 maggio 2009 si procedeva con la cerimonia del taglio della prima lamiera per la foc asw “virginio fasan” il cui primo blocco fu impostato il 17 dicembre e il varo il 31 marzo 2012.

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nel 2008 la mm, dopo gli studi di affinamento, decise l’installazione del sistema missilistico samm esd al posto del saam it, mentre i francesi riducevano il numero delle loro unità da 17 a 11 ridefinendo le relative configurazioni.
altre importanti modifiche furono conseguenti alla disponibilità di nuovi sistemi e apparati più performanti così furono introdotte importanti varianti che hanno elevato maggiormente le capacità delle fremm italiane.
uno degli interventi maggiormente invasivi è stato l’allungamento di 3,6 metri, ossia 4 ordinate, a poppa portando la lunghezza fuori tutto a 144 metri. questa modifica ha consentito di ampliare il ponte di volo, di ottenere ulteriori 21 alloggi, di creare una “command planning room”, di aumentare il combustibile di 100 ton. e di aumentare di 250 tonnellate il dislocamento (che ha raggiunto le 6,700 ton) spostando il baricentro verso poppa e compensando così un certo “appruamento” denunciato (e contemporaneamente smentito) dalle prime unità.
questo intervento, che ha riguardato anche le navi già costruite, non è stato fatto inserendo una nuova sezione di scafo ma aggiungendo i nuovi elementi a poppa riposizionando lo specchio della stessa. così sono stati traslati tutti i componenti poppieri come ad esempio la cortina trainata o lo scivolo del rhib, verso poppa.

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le navi, progettate in classe rina (rinamil for fremm ed. 2006) e nel rispetto delle norme marpol, presentano quindi le seguenti caratteristiche generali: lunghezza: 144,6 m; larghezza 19,7 m; pescaggio massimo (in corrispondenza del bulbo) 8,70 m; dislocamento a pieno carico: 6.900 t.
sia le gp che le asw hanno lo stesso scafo e sovrastrutture, realizzati con superfici inclinate per riflettere le emissioni radar, con una architettura stealth che ha imposto di nascondere gli impianti e gli allestimenti. così ad esempio le zone di ormeggio sono totalmente chiuse e quindi, tranne le finestrature della plancia, le navi sono prive di aperture. anche le emissioni ir sono state abbassate “diluendo” i gas di scarico mentre i motori sono insonorizzati.

la carena delle versioni francesi doveva essere logicamente identica e siccome quella della classe orizzonte era stata disegnata dalla fincantieri, per equilibrare i compiti le fremm dovevano essere disegnate dai francesi della dcns. ma poi, viste le differenze sulla velocità massima richiesta, le due nazioni hanno optato per soluzioni diverse per cui la carena italiana è stata disegnata da fincantieri.
lo scafo, strutturato su 4 ponti a poppa e 5 a prua, è suddiviso in 12 compartimenti stagni e garantisce il galleggiamento anche con tre comparti allagati. e’ realizzato in acciaio s355nl e s355 j2g3. per le sovrastrutture si è fatto ricorso a leghe leggere per evitare il problema rappresentato dai “pesi in alto”.

per migliorare la stabilità per la prima volta è stato installato un sistema di stabilizzazione “rudder roll”, una soluzione nella quale le pinne stabilizzatrici sono sostituite nel loro compito dai due timoni inclinati di 9°.
e’ una soluzione più economica delle classiche pinne ma ugualmente affidabile che pare dare ottimi risultati. il sistema è gestito da un software “auto apprendente” in grado di imparare dalle proprie esperienze e può essere gestito in modo di favorire il sistema di combattimento (che gradisce piattaforme stabili) oppure il comfort dell’equipaggio, con tutte le opzioni intermedie. sono comunque presenti le classiche alette antirollio.

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la sovrastruttura anteriore è sovrastata da un mast (albero) tronco conico, di cui parleremo ampiamente più avanti, che supporta sensori e antenne, simile a quello presente sulla cavour e sui ddg classe doria (ma sulle fremm ospita anche le condotte di scarico dei diesel situati in sala macchina di prora).
a poppa si eleva una seconda struttura costituita dalle prese d’aria della tag e dal fumaiolo con il suo scarico e quello dei diesel di poppa, una albero con le antenne per la comunicazione e per la guerra elettronica e tre radar.
il ponte di volo misura, dopo l’allungamento, 565 m2 e consente l’impiego di 2 elicotteri.
l’hangar e suddiviso in due con la parte di dritta più grande attrezzata con un carro ponte e tutte le attrezzature per la manutenzione dei velivoli. l’aggancio e il ricovero degli elicotteri avviene, anche con mare forza 6, mediante il sistema tc-assist della canadese indal a cui ha collaborato l’italiana calzoni.

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http://indaltech.cwfc.com/products/spokes/01c_tc-asist.htm

tutte le unità sono dotate di sistemi di sollevamento per la messa a mare ed il recupero di un gommone da 7m e di uno da 11m conservati all’interno di due nicchie ai lati dello scafo, chiuse da serrande e munite di gru; inoltre, la versione gp è dotata di una slitta retrattile a poppetta per il rilascio rapido ed il recupero del rhib da 11 mt a chiglia rigida in uso presso comsubin.

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le operazioni di recupero e messa a mare del rhib dalla slitta di poppa possono avvenire senza limitazioni sino a mare forza 3, mentre per lo stato 4 è consigliabile (in base agli studi effettuati in vasca) avere la nave con mare in prora in modo da schermare parzialmente la poppa dalle onde.
la versione asw ospita nello stesso spazio il sonar a profondità variabile (vds).

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tra le innovative soluzioni adottate per le fremm c’è l’apparato motore. per la prima volta infatti è stata adottata una soluzione codlag su due assi che consente di utilizzare contemporaneamente tutta la potenza disponibile. la tag è collegata agli assi con un riduttore a connessione incrociata codlag 270-175 della tedesca renk e i motori elettrici, della francese jeaumont, sono calettati direttamente sugli assi e sono alimentati da 4 generatori isotta fraschini vl-1716 hpcr. le eliche sono a 5 pale a passo variabile e reversibili e sono realizzate da fincantieri.

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con i soli motori elettrici si raggiungono i 15 nodi ottenuti staccando la tag e il riduttore mediante due giunti. si tratta di una andatura molto silenziosa utile soprattutto nella caccia antisom.
con la sola tag si raggiungono i 26 nodi ma per avere le massime prestazioni velocistiche è necessario l’apporto di tutti i motori. e’ da notare che la tag può essere lasciata accesa e collegata anche a velocità inferiori ai 15 nodi in modo da averla “pronta” in caso siano necessarie “brucianti” accelerazioni. inoltre, viaggiando con la sola tag e lasciando connessi i motori elettrici, questi si comportano da generatori aumentando la flessibilità dell’impianto.
questa combinazione ha permesso di ridurre ad una sola tag mentre fino ad ora, per tutte le fregate in servizio, ne erano necessarie due, con tutte le conseguenze derivanti dalla necessità di grosse condotte di aspirazione e scarico oltre ai costi di acquisto e manutenzione della seconda tag. la stessa soluzione è stata adottata, non a caso, anche dagli inglesi sulle nuove type 23 e dai tedeschi sulle f-125.

torniamo un attimo sul riduttore. pesa 120 tonnellate ed è del tipo “a doppia elica” per ottenere bassi livelli di rumorosità.

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i giri in ingresso, provenienti dalla tag, sono 3,660 al minuto e vengono ridotti ad un massimo di 158. e’ suddiviso un due stadi di riduzione di cui il primo è costituito dal gruppo as 270/130 mentre il secondo stadio è realizzato con due gruppi as 175. in cascata, si trovano due giunti (uno per asse) apc425 che in realtà sono frizioni idrauliche multidisco.

i generatori di corrente sono come detto, degli isotta fraschini vl 1716 hpcr.
motori diesel a 16 cilindri a v di 90° da 67,186 litri di cilindrata a 4 valvole per cilindro, misurano 3,475 metri per 1,86. erogano 2,1 mw ciascuno e sono caratterizzato da un sistema di iniezione “common rail” bosch. questi motori sono connessi agli alternatori che forniscono 6.600 v a 60 hz che viene convertita a 440, 220 e 115 v.
la versione hpcr del motore vl1716, già omologata dal rina (registro italiano navale) nella versione “generatore” di bordo, è destinata ad essere installata a bordo delle fremm a partire dalla terza unità. e’ in grado di erogare 2.100 kwe a 1.800 giri come la versione ad iniezione meccanica già fornita per equipaggiare le prime due navi della medesima classe, ottemperando già oggi ai futuri limiti di emissione imo ed epa tier ii.
questa evoluzione porta con se una serie di miglioramenti tecnologici legati alle nuove camera di combustione (con nuovo pistone monotherm), nuovi circuiti olio e design delle teste cilindro, scambiatori a piastre di nuovo sviluppo dalle prestazioni migliorate, manutenzione e costi di produzione ridotti. i nuovi motori delle due famiglie soddisfano in parte persino i requisiti della normativa antinquinamento tier iii, che entrerà in vigore negli stati uniti dal 2014.
questi motori fanno parte della famiglia serie 1700 e nella versione ad iniezione meccanica sono installati come unità propulsive a bordo delle unità tipo saettia, e nella versione generativa di bordo sulle nuove littoral combat ship (lcs) per la us navy realizzate dal consorzio di aziende capitanato dalla lockheed martin, tra cui fincantieri marine systems north america, fornitrice sia dei diesel-generatori ifm che di altre componenti del sistema di propulsione, stabilizzazione e manovra dell’unità.
per le prime due unità tipo lcs sono stati forniti gruppi elettrogeni con motori ad iniezione meccanica, ma per la nuova gara saranno offerte le nuove versioni hpcr.
i motori elettrici sono jeaumont sincroni a magneti permanenti reversibili da 2,15 mw. i 4 gruppi generatori sono divisi in due sale macchine molto distanti tra loro in modo da garantire maggiori probabilità di sopravvivenza in caso di danni. la sala macchine di poppa ospita i due generatori e la tag. le eliche sono a 5 pale, orientabili e reversibili.
infine, troviamo un pod azimutale retrattile denominato art della potenza di 1,2 mw quale propulsore di emergenza che consente di navigare a 7 nodi di velocità ed è di ausilio nelle manovre di ormeggio (elica di manovra).
e’ l’unico componente alimentato direttamente a 6,000 volt ed è prodotto da fincantieri anche per le unità francesi.

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per aiutare l’equipaggio nella gestione delle fremm, le navi dispongono del sistema ims (integrated management system) derivato da quello adottato sulla cavour.
conta di 17,000 canali che fanno capo a 46 cabinet e 6 sottosistemi. realizzato da fincantieri e abb, esso si compone di:
- sms (ship management system), si tratta si un sistema integrato di condotta nave e gestione dei sistemi di piattaforma funzionalmente costituito da: ipms (l’integrated platform management system) che consente la gestione integrata dei seguenti impianti/capacità di piattaforma:
-apparato di propulsione (tramite s/s sacam) - tag, mm.ee.pp. (compreso il funzionamento da generatori asse), riduttore, linee asse, sistema di propulsione e ausiliari dell’apparato motore;
-ausiliari, hvmsb (high voltage main switchboard), lvmsb (low voltage main switchboard), ssb (secondary switchboard), tsb (tertiary switchboard), dbd(distribution board), quadri presa da terra, trasformatori high/low voltag), accessori ed ausiliari impianto elettrico - diesel generatori, generatori asse e relativi ausiliari;
- servizi nave relativi allo scafo e alla sicurezza;
- capacità di “damage control”, a supporto degli operatori per la gestione delle manutenzioni e sistema informativo della logistica e manutenzione sigam;
- capacità di simulazione per l’addestramento degli operatori limitatamente alle funzioni della sicurezza;
- interfaccia con il sistema tvcc al fine di rendere disponibili tutte le immagini provenienti dalle telecamere installate a bordo;
- integrated bridge system (ibs) che consente la gestione integrata dei pacchetti applicativi arpa, ecdis e dell’hci del navs attraverso le consolle in plancia.

per ciò che riguarda il controllo del danno, le fremm sono suddivise in due dcz “damage control zone” ciascuna completamente indipendente per quanto concerne la produzione e la distribuzione dell’energia elettrica. in ogni dcz si trova, inoltre, un centro per la gestione della difesa passiva dove sono presenti console dell’sms simili a quelle presenti in plancia e scc (ship control center), configurabili in funzione delle diverse necessità.
di nuova concezione è anche l’impianto antincendio. al fine di intervenire tempestivamente su eventuali principi di incendio, è presente un sistema di sorveglianza (in particolare nei locali non presidiati) detto fire detection system (fds), progettato per effettuare la rilevazione tempestiva dell’incendio mediante:
- controllo delle temperature dei locali;
- rilevatori presenza di fiamma;
- rilevatori presenza di fumo.
le segnalazioni di allarme e di stato del sistema sono condotte in due centraline ubicate in scc primaria e secondaria (plancia).
i principali impianti antincendio presenti a bordo sono i seguenti:
- impianti fissi e semifissi a gas novec 1230 ( non letale al contrario della co2 utilizzata in passato).
- impianti fissi di nebulizzazione
- impianti fissi a schiuma
- impianti water mist
- impianto twin agent
troviamo 87 stazioni antincendio e un po' ovunque estintori portatili a polvere e co2.
per l’esaurimento di acqua conseguente ad allagamenti, le fremm dispongono di due elettro pompe da 200 m3/h, una nel locale diesel di prora e una nel locale ausiliari; di due e/p da 400 m3/h nel locale tag e una nel locale mep.
la nave è dotata inoltre, di quattro ee/pp portatili emu ks70n da 40 t/h, del tipo totalmente immergibile che in caso di necessità vengono calate nel compartimento allagato della nave. gli 11 compartimenti stagni sono asserviti da idroiettori da 80 e 15 t/h.

naturalmente, visti i compiti a cui sono destinate, sulle fremm è presente anche una sofisticata suite di combattimento cs (combat system) che si basa sullo scambio di informazioni attraverso un’unica dorsale di distribuzione interna.
tale dorsale è capace di gestire i dati generati dai sensori/sottosistemi che compongono il cs. tutti i moduli del cs sono gestiti dal combat management system (cms), unità di comando e controllo che funziona anche quale interfaccia uomo-macchina per mezzo delle mcf (multi functional console).
solo i sistemi missilistici teseo e milas, benchè interfacciati con il cms, sono gestiti da console dedicate.
la configurazione del cs prevede:
- controllo tattico: rappresentato dai comandi elaborati e il loro coordinamento in base al tipo di missione ed alle condizioni di scenario;
- controllo operativo: comandi di gestione trasmessi attraverso le mfc o tramite console/pannelli dedicati di apparato.

i sensori possono funzionare in modalità automatica se le funzionalità sono controllate interamente dai processi automatici del sw, senza intervento dell’operatore come ad esempio per il tracciamento automatico (l’operatore può comunque intervenire per definire e modificare i parametri operativi di sistema che regolano tali processi) o, in modalità totalmente manuale.
per quanto riguarda i sistemi d’arma anche l’assegnamento dei bersagli e l’inizializzazione del fuoco possono essere gestite in modalità:
- automatica quando sono ordinate e gestite dalla funzionalità tewa (threath evaluation and weapons assignment), l’operatore può comunque intervenire per definire e modificare i parametri di sistema che regolano tale processo automatico.
- semi-automatica quando l’assegnamento dei bersagli è effettuato automaticamente dalla funzionalità tewa del cms. l’operatore deve in ogni caso inizializzare o approvare l’inizializzazione del fuoco.
- manuale quando sia l’assegnamento dei bersagli che l’inizializzazione dell’ingaggio e l’azione di fuoco necessitano di un’approvazione dell’operatore.
tutte le unità sono dotate di sistema integrato, nel bulbo, comprendente un sonar attivo thales 4110cl (bms), sonar anti-mine e telefono subacqueo.
le asw sono dotate anche di un sonar rimorchiato a profondità variabile attivo a bassa frequenza thales 4249 (di cui abbiamo già parlato) e una cortina trainata multifunzione con funzioni antisiluro in integrazione con il sistema di lancio contromisure; questa versione è dotata inoltre di sonar ad alta frequenza per individuare oggetti di medie dimensioni sino a 2000 metri di profondità.

(segue...)
 
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visto che parliamo di elettronica e sensori, torniamo ad analizzare l’albero tronco-conico che sovrasta la tuga prodiera.
il suo nome è “unimast” e rappresenta una rivoluzione nel mondo dei sensori per applicazioni navali-militari.
premesso che elettronica, radar, comunicazioni, sensori, non sono mia materia (per intenderci, se avessi avuto un ruolo nella progettazione dell’unimast il mio compito sarebbe stato limitato alla sola struttura), proverò comunque a darne una descrizione quanto più accurata.

unimast è una struttura che fisicamente e funzionalmente integra antenne radar non rotanti, sensori elettro-ottici, sistemi per la guerra elettronica e, per le comunicazioni.
con la cavour è iniziato da parte della mm l’impiego di radar a scansione elettronica “phased array” come l’empar.
sulle successive orizzonte si è passati alla seconda versione ovvero il mfra. entrambe le soluzioni hanno rappresentato un notevole passo avanti, una vera evoluzione che ha consentito un enorme miglioramento delle prestazioni grazie alla “multifunzionalità” ossia, la possibilità di attivare più funzioni contemporaneamente come cercare nuovi target, tracciarli e guidarvi contro i missili, oltre ad una maggiore “impermeabilità” ai disturbi nemici.
in un normale allestimento posizionare correttamente antenne e sensori, senza che essi interferiscano tra loro, è alquanto complicato. ogni antenna deve essere posizionata ad una certa distanza dalle altre per non interferire con le emissioni elettromagnetiche, non deve “fare ombra” e non deve riceverne, non deve interferire nel raggio di azione di altri sistemi (si pensi alle armi), deve comunque coprire il maggiore settore possibile.
nasce così il progetto “albero integrato” di selex es che porterà nel prossimo futuro, alla realizzazione di una vera “classe” di sistemi integrati definiti unimast 300 (high end), unimast 200 (medium class) e unimast 100 (low end) per unità di diverse dimensioni e per diversi compiti. vediamo un po’ più nel dettaglio l’albero integrato analizzando la versione 300.

unimast300.jpg

la forma a piramide dell’albero fa si che le interferenze elettromagnetiche e gli effetti “ombra” siano annullati o ridotti al minimo, mentre al suo interno trovano posto i locali radar. logicamente le versioni inferiori ospitano un numero minore di sensori e gli stessi sono differenti per prestazioni così da poter ottenere infinite combinazioni.
una delle principali differenze tra albero tradizionale e albero integrato è che nel primo i vari apparati operano indipendentemente l’uno dagli altri e i diversi contributi devono essere “lavorati” successivamente. nell’albero integrato invece tutti gli apparati lavorano sotto il controllo di un sistema centrale detto "system manager" che si occupa di pianificare le attività di sorveglianza e di difesa calcolando le priorità dei target e tenendo conto delle risorse disponibili, di gestire diverse attività su diversi sensori minimizzando le interferenze, di adattare le funzioni garantendo la massima prestazione attribuendo priorità diverse ai sistemi. inoltre l’albero integrato consente di condurre test in fabbrica sul sistema completo e di renderne più agevole la manutenzione.

gli apparati più importanti e evidenti sono il radar “kronos aesa” in banda c e il radar “e-rass” in banda x a 4 facce fisse (cioè non rotanti). il primo deriva dal mfra ma è più potente e presenta un numero maggiore di funzioni. a differenza delle versioni a singola antenna rotante la ripartizione delle attività su 4 facce fisse determina un incremento pari a tre volte delle capacità di scoperta inoltre, la tracciatura del bersaglio è la stessa è più accurata visto che la frequenza di aggiornamento non dipende più dalla rotazione dell’antenna. il radar in banda x è multifunzionale e si occupa della sorveglianza aerea e di superficie.
ne esiste una versione 3d dedicata all’unimast 100 mentre i due maggiori usano la versione a 2d.
tra i suoi compiti la funzione antimissile ams, la “cattura” di target sia aerei che di superficie, la capacità di “vedere” oltre l’orizzonte e la sorveglianza a corto raggio ad alta risoluzione. la combinazione dei due consente, in modo simultaneo e automatico, di svolgere funzioni di sorveglianza, tracciamento, valutazione della minaccia, controllo del fuoco contro minacce multiple, a qualunque quota. i sistemi sono particolarmente performanti per quanto riguarda la copertura, la velocità di acquisizione e la continuità di tracciamento, anche a quote basse o molto basse.

mentre su cavour e orizzonte è montato un radar iff a sei facce, qui si è optato per una antenna cilindrica che permette di direzionare il fascio sui 360°. subito sotto si trova un sistema elettro-ottico tv e infrarosso per la sorveglianza e identificazione delle minacce di superficie.
i sistemi di comunicazione data-link e satellitari consentono i collegamenti telefonici e satellitari e usufruiscono di un elevato numero di canali con livelli di interferenza molto bassi. sempre sulla struttura piramidale si trova il sistema esm ovvero tutti quei sistemi dedicati alla guerra elettronica.

in conclusione l’albero integrato è un notevole passo avanti che porterà vantaggi sul piano delle prestazioni, della operatività, e delle manutenzioni, delle future unità della mm.

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per concludere un ultima domanda. ma quanto costa una fremm?

definire i costi delle unità non è facile non essendoci in italia un ente che riporta i costi dei programmi d’armamento, diciamo che dovremmo essere oltre i 350 milioni di euro l'una.
spesso però si leggono articoli in cui si sottolinea e ci si domanda il perché della notevole differenza di prezzo delle fremm italiane e di quelle francesi e perché ne siano necessarie così tante.
innanzitutto, come ho cercato di evidenziare nella trattazione, le navi differiscono notevolmente dalla versione italiana a quella francese.
la francia ha voluto prevalentemente le fregate per difesa anti-aerea. l’italia invece fregate multi-ruolo.
e anche se i sistemi per la difesa anti-aerea sono più costosi, la francia recupera a bilancio investimenti già impegnati nel programma orizzonte cancellato in parte per rimpiazzarlo proprio con le fremm.

sul numero “eccessivo” di fregate…
prima di tutto non si sa ancora se l’italia alla fine comprerà effettivamente le 10 fregate pianificate. si pensi ad esempio al programma orizzonte: l’italia doveva comprare inizialmente otto navi di questa classe, alla fine ne ha comprate solo due.
in secondo luogo, la nostra flotta è andata riducendosi negli anni e si ridurrà ancora di più nei prossimi con conseguente riduzione dei costi di gestione.
inoltre, una forma di autofinanziamento, anche se parziale, potrebbe essere rappresentato dalla cessione alle marine straniere delle nostre navi obsolete. ad esempio l’angola ha manifestato l'intenzione di acquistare la portaereomobili garibaldi.

garibaldi.jpg

dell’affare si è parlato anche di recente in occasione della sosta del 30° gruppo navale nella capitale luanda durante il “tour africano” tanto criticato.
l’angola, peraltro, ha dimostrato interesse anche per una o due maestrale, un paio di pattugliatori della classe comandanti o borsini, una o due unità logistiche e, infine, alcune unità veloci per la protezione delle piattaforme offshore.
un’ipotesi è anche quella di puntare, in alternativa al garibaldi, su una lpd della classe santi, meno complessa ed onerosa da un punto di vista della gestione, quindi più abbordabile per le attuali capacità del paese, ma sempre in grado di garantire, seppur in forma differente e ridotta, capacità di comando e controllo e proiezione.
l’interesse di luanda per un pacchetto di navi così ampio e complesso, chiaramente, dovrebbe tradursi in una partnership strategica a lungo termine, estesa anche all’addestramento e alla formazione del personale e degli equipaggi, considerando che la marina angolana è oggi costituita solo da qualche fac e motovedetta.
in pratica la difesa italiana dovrebbe assistere il paese africano a edificare ex novo una propria marina.
un compito arduo ma che rappresenterebbe un’enorme opportunità per tutto il sistema, con ricadute positive sul piano industriale e strategico, sempre che, mentre l’italia è in tutt’altre cose affaccendata, qualcuno non la freghi togliendole l’affare. non sarebbe una novità…

tornando al numero di fremm, si tratta comunque di una riduzione consistente della flotta di fronte alla quale, parlare di numeri eccessivi, appare almeno un po’ contraddittorio. infine va sempre tenuto in considerazione quello che gli addetti chiamano “il numero sacro”, ossia il numero 3 di cui ho già avuto modo di parlare in altre occasioni. avere una flotta di 10 fregate implica che 1/3 sia in manutenzione, riparazione o aggiornamento e 1/3 venga usato per l’addestramento o sia in trasferimento (dalle o verso) le zone operative. ciò significa, dunque, che solo 3-4 fregate su 10 siano disponibili.
tutto si può dire tranne che si tratti di una flotta eccessiva, specie per una penisola come l’italia che si affaccia su zone instabili come balcani, nord africa e medio oriente.
infine, tornando ai numeri, il costo di una fregata è determinato da costi fissi (investimenti iniziali) e costi variabili (costi di produzione). riducendo il nostro ordine totale si determinerebbe automaticamente un aumento del peso dei costi fissi sul costo totale, portando così ad un aumento dei costi unitari.

concludo questa lunga (ma spero esaustiva) trattazione indicando un collegamento per chi volesse vedere un video sulle fremm
https://www.youtube.com/watch?v=guo5wzdgem4#t=44

fine


fremm1-560x256.jpg
 

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