Exatem
Guest
sopra e sotto le onde
immersione rapida...
torniamo a parlare di sommergibili cercando di aggiungere qualche spiegazione a quanto già detto.
quando si parla di dislocamento di un sommergibile, si devono dare due indicazioni: il dislocamento al galleggiamento e, il dislocamento in immersione. ho già tentato di spiegare il concetto di “riserva di spinta”, si tratta di quella forza che letteralmente “tiene a galla” e abbiamo visto che per le navi è un concetto abbastanza semplice. per i sommergibili la situazione è un po’ più complessa. mentre una grande nave passeggera ha una riserva di spinta dell’ordine del 80-100% del dislocamento, un mercantile scende al 25-40%. alcuni sommergibili inglesi e americani arrivarono ad avere una riserva di spinta del 10% mentre i francesi addirittura al 5% per cui bastava imbarcare accidentalmente un paio di ton di acqua per affondare come un sasso. i sommergibili italiani citati precedentemente come i “glauco”, avevano una riserva di spinta del 30%. generalmente possiamo dire che tutti i sommergibili a doppio scafo avevano grandi valori di riserva di spinta.
ho detto che nei primi tempi, prevalse la linea di lasciare al sommergibile circa 1 o anche solo ½ ton di riserva di spinta positiva che garantiva al mezzo la tendenza a risalire in superficie. il battello finchè si trovava in navigazione immersa veniva manovrato con l’uso dei timoni ma, fermando i motori, si veniva a galla facendo emergere la torretta. in seguito si arrivò alla spinta zero, il sommergibile è “neutro” e se ne corregge l’assetto utilizzando apposite casse a prora e a poppa. si tratta in pratica di applicare un concetto molto semplice, quello della leva. essendo il braccio relativamente lungo, basta una differenza di pochi chili per alzare o abbassare la prora. e’ evidente che nel caso il mare sia particolarmente agitato, conviene imbarcare qualche ton di acqua per evitare di affiorare improvvisamente e inopportunamente magari in mezzo ad un branco di “cani pastore”.
durante la prima guerra mondiale, molti comandanti tedeschi impararono (anche a loro spese) che era sempre preferibile emergere molto lentamente e facendo affiorare il solo periscopio. nonostante le precauzioni però, il periscopio rendeva visibile il sommergibile; si arrivò in alcuni casi a mascherarlo (utilizzando cassette della frutta, pezzi di legno,ecc.) cercando di farlo sembrare un rottame alla deriva e sperando di non dare troppo nell’occhio. non andò tanto bene all’u50 che ebbe il periscopio centrato da una, per la verità molto fortunosa, cannonata dell’incrociatore inglese “birmingham”.
ma cosa accade se il vostro periscopio viene distrutto mentre siete immersi? a parte rimanere “ciechi”, niente. infatti delle valvole a funzionamento automatico impediscono all’acqua di farsi strada attraverso il “tubo” in cui scorre il periscopio evitando quindi l’allagamento del battello.
immaginiamo ora di essere su di un u-boot della grande guerra.
stiamo navigando a quota periscopio scrutando l’orizzonte in cerca di qualche “pecorella”. siccome il vostro periscopio è lungo 5 metri, in questo momento vi trovate 4 metri sotto la superficie del mare. dato che nel buio pesto di una notte senza luna niente è in vista, decidete di emergere per permettere il ricambio dell’aria (che definire "pesante" è un eufemismo) e la ricarica delle batterie navigando con i diesel. apriamo i portelli e saliamo nella plancia della falsatorre. dopo qualche tempo di relativa tranquillità una vedetta avvista nel buio delle navi vicinissime e lancia l’allarme. viene dato l’ordine di immersione rapida mentre, nello stesso momento, il proiettore di un cacciatorpediniere ci illumina a giorno.
ora, dovete sapere che a quei tempi ”rapida” significava almeno 2 se non 3 minuti. questo rappresentava già un problema infatti i caccia si sarebbero lanciati su di voi a 30 nodi, circa 56 km/h, per non parlare delle motosiluranti capaci di oltre 40 nodi ed armate di siluri e bombe di profondità. erano il peggior nemico dei sommergibili.
la così detta “immersione rapida” consisteva nell’aprire di colpo le grosse valvole di allagamento facendo entrare rapidamente l’acqua e riempiendo le casse zavorra in meno di un minuto. a quel punto occorreva “riagguantare” il sommergibile che stava scendendo verso il fondo come un incudine e, occorreva farlo prima di superare la pressione esterna in grado di schiacciare lo scafo con tutto ciò che vi si trova dentro, equipaggio compreso. per riemergere avreste avuto due metodi, utilizzare delle pompe elettriche o, immettere nelle casse zavorra aria compressa in modo di espellere acqua e quindi alleggerirvi. l’aria compressa è contenuta in serbatoi che si possono ricaricare solo in superficie. se si esauriva l’aria si poteva solo sperare di riuscire a risalire utilizzando il motore elettrico e i timoni.
ora per muovervi, dovete affidarvi alle batterie. ma le batterie dell’epoca avevano un autonomia ridotta quindi se sopra c’erano i “cani pastore” a caccia di lupi, occorreva stare fermi, zitti e, al buio per non consumare la preziosa energia. nel caso in cui avessero deciso di avercela proprio con voi a questo punto sarebbe cominciato il tormento delle bombe di profondità dove il rischio non era solo quello di essere centrati da un esplosione che avrebbe collassato lo scafo ma, era sufficiente che le onde d’urto aprissero delle infiltrazioni di acqua di mare. l’acido delle batterie infatti, a contatto con l’acqua salata, sviluppa cloro che è un gas letale.
molti sommergibili vennero persi per questa ragione. lesioni al pacco batteria facevano fuoriuscire acido che finiva in sentina facendo riempire in pochi minuti il battello di gas.
in tal caso era finita, non si faceva in tempo a riemergere.
immersione rapida...
torniamo a parlare di sommergibili cercando di aggiungere qualche spiegazione a quanto già detto.
quando si parla di dislocamento di un sommergibile, si devono dare due indicazioni: il dislocamento al galleggiamento e, il dislocamento in immersione. ho già tentato di spiegare il concetto di “riserva di spinta”, si tratta di quella forza che letteralmente “tiene a galla” e abbiamo visto che per le navi è un concetto abbastanza semplice. per i sommergibili la situazione è un po’ più complessa. mentre una grande nave passeggera ha una riserva di spinta dell’ordine del 80-100% del dislocamento, un mercantile scende al 25-40%. alcuni sommergibili inglesi e americani arrivarono ad avere una riserva di spinta del 10% mentre i francesi addirittura al 5% per cui bastava imbarcare accidentalmente un paio di ton di acqua per affondare come un sasso. i sommergibili italiani citati precedentemente come i “glauco”, avevano una riserva di spinta del 30%. generalmente possiamo dire che tutti i sommergibili a doppio scafo avevano grandi valori di riserva di spinta.
ho detto che nei primi tempi, prevalse la linea di lasciare al sommergibile circa 1 o anche solo ½ ton di riserva di spinta positiva che garantiva al mezzo la tendenza a risalire in superficie. il battello finchè si trovava in navigazione immersa veniva manovrato con l’uso dei timoni ma, fermando i motori, si veniva a galla facendo emergere la torretta. in seguito si arrivò alla spinta zero, il sommergibile è “neutro” e se ne corregge l’assetto utilizzando apposite casse a prora e a poppa. si tratta in pratica di applicare un concetto molto semplice, quello della leva. essendo il braccio relativamente lungo, basta una differenza di pochi chili per alzare o abbassare la prora. e’ evidente che nel caso il mare sia particolarmente agitato, conviene imbarcare qualche ton di acqua per evitare di affiorare improvvisamente e inopportunamente magari in mezzo ad un branco di “cani pastore”.
durante la prima guerra mondiale, molti comandanti tedeschi impararono (anche a loro spese) che era sempre preferibile emergere molto lentamente e facendo affiorare il solo periscopio. nonostante le precauzioni però, il periscopio rendeva visibile il sommergibile; si arrivò in alcuni casi a mascherarlo (utilizzando cassette della frutta, pezzi di legno,ecc.) cercando di farlo sembrare un rottame alla deriva e sperando di non dare troppo nell’occhio. non andò tanto bene all’u50 che ebbe il periscopio centrato da una, per la verità molto fortunosa, cannonata dell’incrociatore inglese “birmingham”.
ma cosa accade se il vostro periscopio viene distrutto mentre siete immersi? a parte rimanere “ciechi”, niente. infatti delle valvole a funzionamento automatico impediscono all’acqua di farsi strada attraverso il “tubo” in cui scorre il periscopio evitando quindi l’allagamento del battello.
immaginiamo ora di essere su di un u-boot della grande guerra.
stiamo navigando a quota periscopio scrutando l’orizzonte in cerca di qualche “pecorella”. siccome il vostro periscopio è lungo 5 metri, in questo momento vi trovate 4 metri sotto la superficie del mare. dato che nel buio pesto di una notte senza luna niente è in vista, decidete di emergere per permettere il ricambio dell’aria (che definire "pesante" è un eufemismo) e la ricarica delle batterie navigando con i diesel. apriamo i portelli e saliamo nella plancia della falsatorre. dopo qualche tempo di relativa tranquillità una vedetta avvista nel buio delle navi vicinissime e lancia l’allarme. viene dato l’ordine di immersione rapida mentre, nello stesso momento, il proiettore di un cacciatorpediniere ci illumina a giorno.
ora, dovete sapere che a quei tempi ”rapida” significava almeno 2 se non 3 minuti. questo rappresentava già un problema infatti i caccia si sarebbero lanciati su di voi a 30 nodi, circa 56 km/h, per non parlare delle motosiluranti capaci di oltre 40 nodi ed armate di siluri e bombe di profondità. erano il peggior nemico dei sommergibili.
la così detta “immersione rapida” consisteva nell’aprire di colpo le grosse valvole di allagamento facendo entrare rapidamente l’acqua e riempiendo le casse zavorra in meno di un minuto. a quel punto occorreva “riagguantare” il sommergibile che stava scendendo verso il fondo come un incudine e, occorreva farlo prima di superare la pressione esterna in grado di schiacciare lo scafo con tutto ciò che vi si trova dentro, equipaggio compreso. per riemergere avreste avuto due metodi, utilizzare delle pompe elettriche o, immettere nelle casse zavorra aria compressa in modo di espellere acqua e quindi alleggerirvi. l’aria compressa è contenuta in serbatoi che si possono ricaricare solo in superficie. se si esauriva l’aria si poteva solo sperare di riuscire a risalire utilizzando il motore elettrico e i timoni.
ora per muovervi, dovete affidarvi alle batterie. ma le batterie dell’epoca avevano un autonomia ridotta quindi se sopra c’erano i “cani pastore” a caccia di lupi, occorreva stare fermi, zitti e, al buio per non consumare la preziosa energia. nel caso in cui avessero deciso di avercela proprio con voi a questo punto sarebbe cominciato il tormento delle bombe di profondità dove il rischio non era solo quello di essere centrati da un esplosione che avrebbe collassato lo scafo ma, era sufficiente che le onde d’urto aprissero delle infiltrazioni di acqua di mare. l’acido delle batterie infatti, a contatto con l’acqua salata, sviluppa cloro che è un gas letale.
molti sommergibili vennero persi per questa ragione. lesioni al pacco batteria facevano fuoriuscire acido che finiva in sentina facendo riempire in pochi minuti il battello di gas.
in tal caso era finita, non si faceva in tempo a riemergere.