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波の上および下

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sopra e sotto le onde
immersione rapida...

torniamo a parlare di sommergibili cercando di aggiungere qualche spiegazione a quanto già detto.
quando si parla di dislocamento di un sommergibile, si devono dare due indicazioni: il dislocamento al galleggiamento e, il dislocamento in immersione. ho già tentato di spiegare il concetto di “riserva di spinta”, si tratta di quella forza che letteralmente “tiene a galla” e abbiamo visto che per le navi è un concetto abbastanza semplice. per i sommergibili la situazione è un po’ più complessa. mentre una grande nave passeggera ha una riserva di spinta dell’ordine del 80-100% del dislocamento, un mercantile scende al 25-40%. alcuni sommergibili inglesi e americani arrivarono ad avere una riserva di spinta del 10% mentre i francesi addirittura al 5% per cui bastava imbarcare accidentalmente un paio di ton di acqua per affondare come un sasso. i sommergibili italiani citati precedentemente come i “glauco”, avevano una riserva di spinta del 30%. generalmente possiamo dire che tutti i sommergibili a doppio scafo avevano grandi valori di riserva di spinta.
ho detto che nei primi tempi, prevalse la linea di lasciare al sommergibile circa 1 o anche solo ½ ton di riserva di spinta positiva che garantiva al mezzo la tendenza a risalire in superficie. il battello finchè si trovava in navigazione immersa veniva manovrato con l’uso dei timoni ma, fermando i motori, si veniva a galla facendo emergere la torretta. in seguito si arrivò alla spinta zero, il sommergibile è “neutro” e se ne corregge l’assetto utilizzando apposite casse a prora e a poppa. si tratta in pratica di applicare un concetto molto semplice, quello della leva. essendo il braccio relativamente lungo, basta una differenza di pochi chili per alzare o abbassare la prora. e’ evidente che nel caso il mare sia particolarmente agitato, conviene imbarcare qualche ton di acqua per evitare di affiorare improvvisamente e inopportunamente magari in mezzo ad un branco di “cani pastore”.
durante la prima guerra mondiale, molti comandanti tedeschi impararono (anche a loro spese) che era sempre preferibile emergere molto lentamente e facendo affiorare il solo periscopio. nonostante le precauzioni però, il periscopio rendeva visibile il sommergibile; si arrivò in alcuni casi a mascherarlo (utilizzando cassette della frutta, pezzi di legno,ecc.) cercando di farlo sembrare un rottame alla deriva e sperando di non dare troppo nell’occhio. non andò tanto bene all’u50 che ebbe il periscopio centrato da una, per la verità molto fortunosa, cannonata dell’incrociatore inglese “birmingham”.
ma cosa accade se il vostro periscopio viene distrutto mentre siete immersi? a parte rimanere “ciechi”, niente. infatti delle valvole a funzionamento automatico impediscono all’acqua di farsi strada attraverso il “tubo” in cui scorre il periscopio evitando quindi l’allagamento del battello.
immaginiamo ora di essere su di un u-boot della grande guerra.
stiamo navigando a quota periscopio scrutando l’orizzonte in cerca di qualche “pecorella”. siccome il vostro periscopio è lungo 5 metri, in questo momento vi trovate 4 metri sotto la superficie del mare. dato che nel buio pesto di una notte senza luna niente è in vista, decidete di emergere per permettere il ricambio dell’aria (che definire "pesante" è un eufemismo) e la ricarica delle batterie navigando con i diesel. apriamo i portelli e saliamo nella plancia della falsatorre. dopo qualche tempo di relativa tranquillità una vedetta avvista nel buio delle navi vicinissime e lancia l’allarme. viene dato l’ordine di immersione rapida mentre, nello stesso momento, il proiettore di un cacciatorpediniere ci illumina a giorno.
ora, dovete sapere che a quei tempi ”rapida” significava almeno 2 se non 3 minuti. questo rappresentava già un problema infatti i caccia si sarebbero lanciati su di voi a 30 nodi, circa 56 km/h, per non parlare delle motosiluranti capaci di oltre 40 nodi ed armate di siluri e bombe di profondità. erano il peggior nemico dei sommergibili.
la così detta “immersione rapida” consisteva nell’aprire di colpo le grosse valvole di allagamento facendo entrare rapidamente l’acqua e riempiendo le casse zavorra in meno di un minuto. a quel punto occorreva “riagguantare” il sommergibile che stava scendendo verso il fondo come un incudine e, occorreva farlo prima di superare la pressione esterna in grado di schiacciare lo scafo con tutto ciò che vi si trova dentro, equipaggio compreso. per riemergere avreste avuto due metodi, utilizzare delle pompe elettriche o, immettere nelle casse zavorra aria compressa in modo di espellere acqua e quindi alleggerirvi. l’aria compressa è contenuta in serbatoi che si possono ricaricare solo in superficie. se si esauriva l’aria si poteva solo sperare di riuscire a risalire utilizzando il motore elettrico e i timoni.
ora per muovervi, dovete affidarvi alle batterie. ma le batterie dell’epoca avevano un autonomia ridotta quindi se sopra c’erano i “cani pastore” a caccia di lupi, occorreva stare fermi, zitti e, al buio per non consumare la preziosa energia. nel caso in cui avessero deciso di avercela proprio con voi a questo punto sarebbe cominciato il tormento delle bombe di profondità dove il rischio non era solo quello di essere centrati da un esplosione che avrebbe collassato lo scafo ma, era sufficiente che le onde d’urto aprissero delle infiltrazioni di acqua di mare. l’acido delle batterie infatti, a contatto con l’acqua salata, sviluppa cloro che è un gas letale.
molti sommergibili vennero persi per questa ragione. lesioni al pacco batteria facevano fuoriuscire acido che finiva in sentina facendo riempire in pochi minuti il battello di gas.
in tal caso era finita, non si faceva in tempo a riemergere.
 
sopra e sotto le onde
i comandanti e l’araba fenice - il naviglio sottile

nel periodo fra le due guerre, la regia marina studiò e realizzò cacciatorpediniere la cui caratteristica era la ricerca esasperata della velocità che però andava a discapito della stabilità ed era causa di una eccessiva leggerezza degli scafi. le conseguenze furono; scarsa tenuta al mare, insufficiente armamento ed elevati consumi di combustibile e di acqua dolce per le caldaie. infatti con lo stesso quantitativo di combustibile, circa 500 ton, un”jervis” inglese copriva 5.500 miglia a 15 nodi mentre un classe “soldati” si fermava a 2.400 a 14 nodi. i soldati, 12 unità impostate nel 37 e terminate tra il 38 e il 39 erano una versione modificata di un'altra classe, i “poeti” i quali, a loro volta, si ispiravano ai 4 “maestrale” del ’31 e dai quali differivano sostanzialmente per un aumento del 10% del dislocamento.
vediamo il percorso che portò alla realizzazione della classe migliore del periodo, i “comandanti”.
la regia marina cominciò la seconda guerra mondiale con un caccia di squadra, poco evoluto e praticamente derivato da un progetto del 1930 il quale era un tentativo di rimediare ai limiti progettuali della classe “freccia” da 600 ton risalenti al 26-27. questi caccia, considerati all’epoca innovativi, erano stati progettati per sviluppare 38 nodi. furono i primi ad avere un solo fumaiolo il che ne puliva e aggraziava le linee oltre a portare indiscutibili vantaggi per il tiro delle armi contraeree. in realtà però queste navi, misero in luce una serie di limiti che saranno successivamente oggetto di notevoli modifiche.
e mentre gli inglesi e i francesi, già dai primi anni 30 avviarono programmi per cacciatorpediniere da oltre 1.500 ton con le francesi; “le hardy” da 1.772 ton. armate con 6 pezzi da 138/45, costruite inizialmente in 12 unità alle quali se ne aggiungeranno altre 11; o le inglesi con le “tribal” da 1870 ton, 8 cannoni da 120/45; nella regia marina prevale la tesi di navi potentemente armate e veloci a scapito della protezione.
nel 1927 divenne capo di stato maggiore, il giovane ammiraglio buzzagli il quale ripensò le scelte politico-navali e costruttive della marina. le nuove linee progettuali in materia di naviglio sottile puntavano su navi di maggiori dimensioni, non più dei cacciatorpediniere ma bensì degli “esploratori”. vennero quindi impostati 4 classe “maestrale” che entrarono in servizio nel 34.
ma la svolta si ebbe con l’innovativo progetto di una nave da 2.100 ton, capace di 35 nodi e armata con 6 pezzi da 120/50 dotati di stabilizzazione, i così detti “maestrale potenziati”. lo studio di questo super maestrale, che non sarà mai realizzato, adottava alcune soluzioni interessanti. rappresentava la continuità dell’evoluzione nata con i freccia e proseguita con le altre classi. aveva quindi un fumaiolo, che in guerra si rilevò una scelta pericolosa in quanto riuniva in locali separati ma attigui, tutto l’apparato motore rendendolo quindi vulnerabile in caso di un colpo nemico. aspetti nuovi erano ad esempio la tuga centrale; che si estendeva fino alle artiglierie di poppa permettendo di realizzare nuovi locali per una migliore sistemazione interna e, consentiva al personale di muoversi al riparo delle onde. soprattutto consentiva di posizionare i tubi lanciasiluri in posizione più alta e riparata e di portare sul cielo della tuga stessa, tutti gli osteriggi dei locali macchine. le forme di carena erano un po’ meno affinate e avevano una poppa dalla sezione più larga e piatta e derivavano dagli studi effettuati dal generale pugliese.
il 28 ottobre 1935 venne impostato a livorno, presso il cantiere oto, l’”alfredo oriani”, primo della classe “poeti” destinata a riprodurre, con qualche modifica, la classe “maestrale”. questa nuova classe ebbe un incremento del dislocamento, mantenendo le dimensioni invariate, del 10% assieme ad un apparato motore di maggiore potenza ottenuto ricorrendo ad un elevato surriscaldamento del vapore. questa modifica venne considerata positivamente nonostante un maggior consumo e condizioni di vita in sala macchine senz’altro più gravose. i quattro “poeti” rappresentarono una soluzione temporanea. rimaneva la speranza di avere delle navi da 2.100 ton in grado di competere con gli avversari.
ma nel 1936 la marina, nonostante i tagli di bilancio, non poteva più permettersi di rinviare la costruzione dei nuovi cacciatorpediniere destinati a scortare le due grandi navi da battaglia da 35.000 ton che sarebbero state pronte nel 39. in questo contesto di ridotte disponibilità economiche e di urgenza, fu inevitabile rispolverare i disegni dell’ormai superata classe “poeti”. si apportarono ulteriori modifiche ottenendo un “oriani migliorato” che vennero realizzati in 12 unità costituendo la classe “soldati”.
la decisione presa alla fine del 1937 di costruire due nuove 35.000, la “roma” e “impero”, venne vista come l’occasione per includere nei nuovi programmi la costruzione dei grossi caccia ma, la cronica mancanza di fondi causò un rinvio delle ordinazioni che sfociò nell’abbandono definitivo del progetto del caccia da 2.100 ton a favore di un nuovo mezzo da 1.825 ton. si dovette aspettare l’aprile del 1939 per la disponibilità finanziaria che fu limitata a soli 8 caccia. l’inizio della guerra, nel settembre dell’anno, determinò la decisione di sospendere ogni nuova costruzione dedicando le risorse al completamento delle 35.000 e all’ammodernamento delle due classe “doria”. bisogna inoltre considerare che i cantieri italiani dell’epoca, non erano in grado di completare più di 55.000 ton di naviglio all’anno, dato che sconsigliava di impostare unità con dislocamento superiore alle 5.000 ton. si dovette attendere l’agosto del 40 per l’autorizzazione a costruire 5 nuovi “soldati” destinati a rimpiazzare le unità perdute fino a quel momento.
la svolta avvenne alla fine del 40. l’ammiraglio cavagnari, capo di stato maggiore, venne sostituito dall’ammiraglio riccardi il quale si rivelò molto più fiducioso sulle capacità dei nostri cantieri. venne rivoluzionato il metodo costruttivo in modo di ovviare alla scarsità di manodopera specializzata introducendo la “costruzione in serie” che a parità di occupati e impianti, garantiva il triplo del tonnellaggio. i cantieri oto di livorno, si videro commissionare altri due “soldati” seconda serie mentre il momento sembrava maturo per l’ordinazione di 8 nuovi caccia da 2.100 ton. uno studio si materializzò in 24 unità da impostare a partire dal dicembre del 1942 e per la cui realizzazione si stimarono 14 mesi ognuna. (in realtà si scese a 12 mesi). l’idea di ridurre così drasticamente i tempi non era azzardata, l’ampio ricorso alla saldatura, l’impiego già detto di lamiere piane e di componenti ed apparecchiature già utilizzate sui “soldati” permetteva il rispetto dei tempi previsti. questo nuovo progetto, pur ispirandosi al cosiddetto “maestrale potenziato”, introduceva numerose variazioni. lo scafo era più largo, il castello più alto e un cavallino più pronunciato ne distingueva la linea. il tagliamare era dritto e non più arcuato e al di sotto del trincarino, due pronunciati spigoli ne miglioravano le qualità nautiche e deviavano in fuori gli spruzzi allontanandoli dalla plancia. venne prevista la sistemazione di un radio telemetro “gufo” sul cielo stazione di tiro e un solo fumaiolo di dimensioni “generose”.
la classe “comandanti” sembrava finalmente destinata a vedere la luce. nel novembre del 43 vennero varati il “comandante margottini” e il “comandante baroni” che seppur parzialmente allestiti, avrebbero dovuto effettuare le prove in mare guadagnando tempo per tutte le restanti navi. i materiali erano già accantonati e le incursioni aeree nemiche, non crearono particolari difficoltà ai cantieri, nemmeno il rifornimento di materie prime venne compromesso tranne che per alcuni componenti degli apparati motore ma le vicessitudini del momento fecero slittare il regolare programma fino alla data dell’armistizio che determinò la cancellazione dell’intera classe.
dieci anni di sforzi, studi e speranze vennero così vanificati e nessuno dei comandanti scese in mare. vennero tutti demoliti o distrutti sugli scali dalle bombe alleate.
solo nel 1952, con l’impostazione a riva trigoso del nuovo caccia “impetuoso” da 2.600 ton, parte dei “comandanti” risorsero a nuova vita come un “araba fenice”. alcune lamiere, rimaste accantonate presso il cantiere, vennero utilizzate per la nuova unità destinata ad essere la prima unità postbellica della marina militare e l’ultimo esempio di caccia convenzionale prima dell’avvento dei successivi caccia lanciamissili.
 

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sopra e sotto le onde
la notte di taranto

12 novembre 1940. londra ha subito la 320^ incursione aerea e per la prima volta, vi avevano partecipato aerei italiani. <<invece di mandare i suoi aerei a bombardare l’inghilterra, il signor mussolini avrebbe fatto meglio a tenerli in italia a difendere la flotta>> disse quella mattina churchill alla camera dei lord.
quella mattina il times titolava “semidistrutta la flotta italiana a taranto da 20 aerei britannici”. per la marina italiana è il momento più drammatico e anche i più ottimisti ne uscirono ridimensionati. il trasferimento delle unità scampate verso basi più sicure, una vera e propria ritirata, venne minimizzata dalla propaganda di regime. di reale c’è che in questo momento il mediterraneo orientale ha un solo dominatore, la “mediterranean fleet”. in poche ore il 50% della forza bellica italiana era stata perduta. tre corazzate fuori combattimento, della cavour abbiamo già detto, la “littorio” aveva uno squarcio di 15x10m, uno di 12x9 e uno a poppa di 15x7 che la costrinsero al bacino di carenaggio fino al marzo del 41. la “duilio” ha una falla di 11x7, riprenderà il mare a maggio. l’incrociatore “trento” e il caccia “libeccio” sono stati centrati da due bombe.
dopo la caduta della francia il mediterraneo è in mano della marina italiana, gli inglesi possono opporre 3 corazzate e 2 portaerei contro 6 corazzate italiane di cui 2 modernissime, la “littorio” e la “vittorio veneto” considerate le migliori dell’epoca. la situazione era tale che per rifornire le truppe in egitto, gli inglesi preferivano rischiare gli agguati degli u-boot tedeschi in atlantico circumnavigando l’africa che affrontare gli italiani in mediterraneo. questa situazione durò cinque mesi cioè fino all’ 11 novembre 1940. quella notte gli inglesi mettono in pratica un piano a lungo studiato capovolgendo il rapporto di forze e infliggendo un colpo dal quale la marina italiana non riuscirà più a riprendersi. la notte di taranto.
facciamo un passo indietro. nel 1922 la regia aeronautica italiana era impegnata nella progettazione di un idrovolante d’alto mare lanciasiluri. per questo vennero eseguiti esperimenti con alcuni trimotori s79 da bombardamento opportunamente modificati. questi studi furono seguiti con grande interesse da varie nazioni ma una in particolare approfondì gli esperimenti; l’inghilterra. così nel 1935, dopo anni di prove e ricerche, viene presentato il “fairey swordfish”, un grosso biplano tutt’altro che moderno, lento, con l’abitacolo aperto e le controventature tra le ali (tanto che venne soprannominato stringbag, “mucchio di stringhe”) ma, eccezionalmente maneggevole. già nel 38 il contrammiraglio lyster, comandante della portaerei “illustrious” era stato incaricato di mettere a punto un piano dettagliato per un attacco con aerosiluranti alla base navale di taranto. questo non deve sorprendere, anche in tempo di pace, le marine di tutto il mondo progettano finti attacchi contro qualunque tipo di obiettivo e così nell’autunno del 40 quel progetto tornò di attualità.

6 novembre 1940. la illustrious, ultima nata delle portaerei inglesi e dotata degli ultimi ritrovati come il radar, passata indenne attraverso il canale di sicilia, raggiunge alessandria e si unisce alla squadra dell’ammiraglio cunningham. alle 4 del pomeriggio, assieme alle corazzate “warspite”, “valiant” e “malaya” più l’incrociatore da battaglia “ramillies”, esce dal porto egiziano per “scortare un convoglio”. durante la traversata i caccia imbarcati tengono a distanza i ricognitori dell’asse e la squadra arriva inosservata a malta. qui la illustrious e una piccola scorta, si divide dalla squadra e forzando a 28 nodi, si dirige verso la posizione stabilita. alle 20 dell’undici novembre è a 170 miglia a sud di taranto. i ricognitori inglesi sorvegliano la base fino alle 22,30 quando l’ultimo di essi segnala l’ingresso in porto anche della “andrea doria”, sesta corazzata italiana. il comandante lyster telegrafa a cunningham << tutti i fagiani sono nel nido>>.
tutta la squadra italiana è infatti nel porto di taranto.
corazzate: littorio, vittorio veneto, cavour, giulio cesare, andrea doria e, caio duilio. incrociatori: gorizia, zara, fiume, pola, trieste, bolzano, duca degli abruzzi, garibaldi e trento, oltre alla nave appoggio idrovolanti giuseppe miraglia e molti cacciatorpediniere e naviglio minore. e’ superfluo dire che le posizioni delle nostre navi erano perfettamente a conoscenza degli inglesi. inoltre le reti parasiluri previste in 12.800 m erano in realtà 4.200.
a bordo della illustrious tutto procede come previsto. i piani consistono in due attacchi successivi, uno alle 22,45 e l’altro alle 23,45. gli aerei arriveranno da sud-ovest, due di loro lanceranno dei bengala alle spalle delle navi così da farne risaltare la sagoma, altri bombarderanno i depositi carburante e il mar piccolo per distrarre la contraerea mentre i siluranti, volando a pelo d’acqua lanceranno i siluri da distanza ravvicinata.
alle 22,58 le batterie di san vito aprono il fuoco contraereo mentre i bengala illuminano il porto. quattro biplani sganciano bombe tra le navi ormeggiate senza causare danni ma a questo punto entrano in azione gli aerosiluranti. scesi a 10m si avventano contro le navi italiane. dalla cavour si accorgono di un aereo quando questo è ormai a 500m. le mitragliere aprono il fuoco e abbattono l’aereo ma il pilota, ten. john williamson ha già sganciato e il siluro colpisce la prora della corazzata. altri due aerei puntano la cavour ma quando vedono l’esplosione, virano e attaccano la doria ma i siluri esplodono prima di colpire la nave. il cap. kemp e il ten swayne si concentrano sulla littorio colpendola al centro a destra e a poppa a sinistra. anche la veneto è inquadrata ma il siluro fortunatamente esplode 50m prima di colpirla. dopo 30 minuti arriva la seconda ondata. la duilio viene colpita a prora, la littorio riceve altri due siluri di cui il secondo non esplode. di nuovo la veneto si rivela fortunata, un altro siluro la sfiora senza colpirla. il gorizia abbatte un aereo nel momento in cui sgancia un siluro che si perde sul fondo. il bombardamento prosegue fino alle 00,30 poi i 18 superstiti tornano alla illustrious.
con cinque siluri avevano dimezzato la squadra italiana. la cavour è completamente allagata e non tornerà mai più in servizio. la littorio rimarrà in bacino fino al marzo del 41, la duilio tornerà in mare a maggio.
la reazione fu enorme. il popolo vedeva nella marina l’arma meno inquinata dalla retorica fascista e anche la più preparata ma ciò che accadde fu il risultato di alcune strane circostanze. anche galeazzo ciano si domandò come mai si fosse riunita tutta la squadra navale in un porto offrendo al nemico una così ghiotta occasione. in seguito alla decisione di attaccare la grecia il 28 ottobre, gli alti comandi avevano ritenuto necessaria la presenza della flotta a taranto, ritenuta una base inattaccabile, ben difesa e protetta. inoltre il previsto allontanamento delle corazzate, venne rinviato per permettere al duce, che forse non comprese la gravità dell’accaduto, di mostrare la potenza navale italiana ad alcuni illustri ospiti.
tutte cose di cui cunningham era perfettamente a conoscenza.
 
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artiglieria
l’armamento principale della navi da guerra è costituito da un insieme di cannoni sistemati in torri e, in impianti di coperta. in torre si trovano le artiglierie di medio e grosso calibro mentre le artiglierie di piccolo calibro, sono sistemate in impianti di coperta.

mi faccio sentire dopo un lungo periodo di scarso seguimento della narrazione dovuto a frustrazione da super lavoro!

http://en.wikipedia.org/wiki/file:iowa_16_inch_gun-en.svg

che viene da questa pagina qui':

http://en.wikipedia.org/wiki/uss_iowa_turret_explosion
 
mi faccio sentire dopo un lungo periodo di scarso seguimento della narrazione dovuto a frustrazione da super lavoro!

http://en.wikipedia.org/wiki/file:iowa_16_inch_gun-en.svg

che viene da questa pagina qui':

http://en.wikipedia.org/wiki/uss_iowa_turret_explosion

c'è tutta una teoria un po' "particolare" sulle cause dell'esplosione avvenuta nel 1989 in una torre della iowa.
si può leggere qui:
http://ricerca.repubblica.it/repubb...21/fu-un-attentato-esplosione-sulla-iowa.html
e qui:
http://ricerca.repubblica.it/repubb...05/26/una-storia-di-gay-dietro-incidente.html.

bello lo spaccato della torre.
ciao caccia...
 
sopra e sotto le onde
matapan

una mattina, mentre cunningham si trovava in mare a protezione di un convoglio, apparve in cielo una formazione di tre squadriglie di stukas.
in tutti i fronti in cui sono presenti solo gli italiani, si sono verificati eventi disastrosi tanto che mussolini ha dovuto rinunciare all’ambizioso ed irrealizzabile progetto di condurre una guerra parallela e autonoma e ha dovuto chiedere l’aiuto all’alleato germanico. i generali tedeschi avevano da tempo messo in guardia hitler per impedire un crollo ritenuto imminente del disgraziato alleato impegnato nella disavventura greca. il risultato fu che mussolini dovette accettare l’umiliante presenza di consiglieri tedeschi presso gli alti comandi italiani che di fatto annullavano l’autonomia nazionale. così dal gennaio del 41 arrivarono i tedeschi e il primo contingente inviato in sicilia, fu un reparto della lutwaffe denominato x cat (corpo aereo tedesco). in pochi minuti la illustrious venne centrata da 6 bombe da 1000 libbre e si incendiò con il timone bloccato. fu un vero miracolo che riuscì a tornare a malta.
gli aiuti tedeschi consistevano anche nell’invio dell’afrika korps di rommel il cui trasporto di truppe e mezzi, spettava all’italia. l’ammiraglio riccardi, capo di stato maggiore della marina italiana, chiese all’ammiraglio iachino di studiare un raid a sud di creta per sconvolgere le comunicazioni inglesi con la grecia.
si trattava della prima importante iniziativa della nostra marina. vennero istituiti due gruppi
1) - ammiraglio iachino con corazzata “vittorio veneto”, incrociatori “trieste”, “trento e, “bolzano” più sette caccia
2) – ammiraglio cattaneo con incrociatori “zara”, “pola”, “fiume”, “duca degli abruzzi” e, “garibaldi” più sei caccia.
l’appoggio aereo era assicurato dalla regia aeronautica e dal x cat tedesco.
ma l’aviazione non era agli ordini diretti di iachino il quale doveva rivolgersi ai “consiglieri tedeschi” e a supermarina, ecc. insomma, una catena di comando che ottenne quale risultato, di non avere alcuna protezione aerea.
il 26 marzo 1941, mentre la squadra navale salpa dai propri porti, altri marinai italiani si apprestano a compiere una azione contro gli inglesi. prima della guerra, gli specialisti della marina avevano messo a punto dei mezzi d’assalto atti a compiere attacchi a sorpresa contro le basi nemiche. realizzati e collaudati nella base di la spezia da ufficiali come teseo tesei e elios toschi, questi mezzi erano il siluro lenta corsa (slc) e il barchino. mentre il primo navigando sott’acqua doveva giungere sotto la carena della nave con la sua potente carica esplosiva, il barchino era nato per operare in superficie sfruttando la sua lata velocità. si trattava di motoscafi monoposto a chiglia piatta interamente realizzati in legno. avevano un pescaggio minimo e il blocco elica-timone era esterno alla poppa come un fuoribordo. il motore, un alfa romeo da 2.500cc. gli permetteva di raggiungere e superare i 33 nodi. nella prora c’erano 330 kg di esplosivo e poteva essere utilizzato in due modi. come un siluro, poteva essere lanciato contro la murata della nave nemica ma l’esplosione avvenendo sopra il galleggiamento, era poco efficace. il secondo modo consisteva nel separare la prua mediante una serie di micro cariche e farla affondare. una volta raggiunta la profondità stabilita, la carica esplodeva devastando la chiglia dell’obiettivo.
i primi ad entrare in azione furono i barchini. gli inglesi avevano occupato l’isola di creta e avevano trasformato la baia di suda in un pericolosa base navale e questo fu appunto l’obiettivo degli assaltatori. il gruppo si allenò a lungo a la spezia poi. al comando del tenente luigi faggioni si trasferirono a lero nel dodecaneso. la sera del 25 marzo 41, due torpediniere, “sella” e “crispi” trasportarono i sei barchini il più possibile vicino all’obbiettivo. a mezzanotte vengono messi in mare e, lanciati alla massima velocità, percorrono la distanza che ancora li separa dall’ingresso alla baia. qui i barchini rallentano e si dispongono in fila indiana, il primo sbarramento, una rete con gavitelli, viene superato senza difficoltà grazie alla possibilità di sollevare il blocco dell’elica. assistiti dalla fortuna, i barchini si addentrano nella base nemica e oltrepassarono un secondo sbarramento. dopo una ricognizione a vista, viene deciso di utilizzare quattro barchini e tenerne due di riserva. bisognava avvicinarsi a 150m dall’obiettivo poi lanciarsi a tutta velocità, raggomitolarsi sul sedile, bloccare i timoni e, a 80m tirare la maniglia della sicura dei 330 kg di esplosivo. in quello stesso istante, la spalliera del seggiolino si ribalta trasformandosi in uno zatterino che accoglie al suo interno il pilota mentre il barchino continua la sua corsa contro la nave nemica. lo “york” da 10.000 ton ebbe la chiglia spezzata e si appoggiò al fondale, altre 32.000 ton tra petroliere e mercantili affondarono. faggioni e altri cinque compagni, furono catturati e rinchiusi in una caserma dove gli inglesi inscenarono anche una finta fucilazione nel tentativo di farli parlare ma senza esito. convinti che non avrebbero mai parlato, gli inglesi accettarono lo smacco di aver subito da quei pochi uomini più danni di quanto riuscì a fare la flotta navale italiana.
(segue...)
 

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2^ parte...

questi fatti avvennero alla vigilia della operazione della squadra navale. il via vai di ricognitori italiani su alessandria, insospettì cunningham che allertò i suoi uomini. il 27 marzo un idrovolante inglese sunderland segnalò navi italiane a 80 miglia a levante della sicilia in direzione di creta. dove stavano andando gli italiani? probabilmente ad attaccare qualche convoglio inglese. quello che si trovava in mare a qual momento, ricevette l’ordine di tornare indietro mentre gli altri vennero fermati alla partenza. ora gli italiani non avrebbero avuto nessun obiettivo da attaccare ma cunningham decise di uscire ugualmente con la squadra a protezione del convoglio che stava rientrando. alle 19 tre corazzate inglesi “warspite”, “barham” e “valiant” più la portaerei “formidable” e otto caccia, uscirono nel più assoluto riserbo da alessandria. anche la squadra dell’ammiraglio pridham-wippel venne fatta convergere con i suoi quattro incrociatori “orion”, “perth”, “ajax” e “gloucester” e quattro caccia.
a bordo della veneto venne decifrato il messaggio dell’idrovolante inglese quindi iachino sapeva di non avere più il vantaggio della sorpresa e che non avrebbe più trovato alcun convoglio inglese. era pertanto inutile continuare a consumare della preziosa nafta ma la decisione di rientrare alle basi non spettava a lui bensì a supermarina dove sebbene fossero dello stesso avviso, non volevano sfigurare di fronte all’alleato tedesco. venne perciò deciso di continuare ad avanzare. un esempio di come, per motivi assolutamente estranei alla guerra, degli uomini vengano deliberatamente mandati a combattere una battaglia già persa.
l’alba del 28 iachino si trovava al limite previsto dal piano e non intendeva andare olte. gli incrociatori in avanscoperta 7 miglia a prora della veneto ricevettero l’ordine di invertire la rotta, la divisione di cattaneo si trovava 10 miglia più a nord. per farsi un quadro della situazione iachino fece catapultare due ricognitori. alle 6,42 uno dei due segnalò 4 incrociatori e 4 caccia a circa 50 miglia a est, iachino ordinò agli incrociatori comandati da sansonetti di andare a vedere per poi tornare indietro. un ora dopo anche gli inglesi scoprono le nostre unità, pridham-wippel fa in modo di farsi inseguire e attirare gli italiani verso le corazzate. gli incrociatori leggeri inglesi si trovarono in una brutta situazione, più lenti e armati al massimo con dei 152 contro i 203 italiani. alle 8,10 sansonetti anziché ripiegare verso la veneto, apre il fuoco da 22.000m. il gloucester venne inquadrato dalle bordate italiane e questo gli fece mettere le ali riuscendo a portarsi fuori tiro ad una velocità mai raggiunta prima. l’inseguimento dura fino alle 9,00 quando sansonetti, non riuscendo a chiudere la distanza, ripiega verso la propria base. ma pridham-wippel vira a sua volta e da inseguito, si trasforma in inseguitore arrivando alle 11,00 pericolosamente vicino alla veneto che apre il fuoco da 23.000m. l’orion è subito inquadrato dai grappoli da 381mm della corazzata italiana, capace di correre a 31 nodi e di ingaggiare uno alla volta i quattro incrociatori eliminandoli prima dell’arrivo delle corazzate inglesi.
e sarebbe andata così se a quel momento non fossero apparsi gli aerosiluranti della formidable. dopo 80 colpi da 381 molto ben piazzati, alle 12,00 la veneto virò di 180° per sfuggire agli aerei. alle 15,30 uno swordfish decide le sorti della giornata. la vittorio veneto, colpita da un siluro, imbarca 4.000 ton di acqua e ferma le macchine poi alle 16 riprende la navigazione a 15 nodi, alle 17 è in grado di fare 19 nodi ma la warspite ha ridotto la distanza a 45 miglia.
alle 19,50 una nuova disgrazia si abbatte sugli italiani. il pola incassa un siluro a poppa, perde il governo della nave e si ferma. ora la situazione è tramutata a favore degli inglesi. non riusciranno a raggiungere la veneto, che infatti rientrerà a taranto, ma avranno a tiro l’intera squadra di cattaneo fermatasi a soccorrere il pola. scese la notte, cunningham non sapeva ancora quali danni il nemico avesse subito ma alle 21 il radar dell’orion avvista a 5 miglia di distanza, la sagoma immobile di una grossa nave. temendo che si tratti dlla vittorio veneto, pridham-wippel la lascia alle cure della warspite ormai vicina. ora anche la valiant vede sul suo radar quella nave ferma. tutte le corazzate accostano per avvicinarsi a quella che credono la temibile corazzata italiana, con i cannoni già brandeggiati e in punteria. il radar infatti ha permesso di ottenere tutti i dati necessari per il calcolo del tiro prima ancora di arrivare in vista del bersaglio. a circa 3.500m tutti i cannoni della warspite aprono il fuoco a bruciapelo sugli italiani. cinque proiettili lunghi un metro su sei fanno centro. non era la veneto ma gli incrociatori zara e fiume e il cacciatorpediniere alfieri impegnati a cercare di dare rimorchio al pola e a bordo dei quali nessuno sospetta del mortale pericolo. vennero letteralmente fatti a pezzi diventando delle torce incandescenti da prua a poppa. gli unici a reagire furono i piccoli caccia che molto coraggiosamente si avventarono lanciando siluri sulle corazzate nemiche e costringendole a virare di 90° per evitare di essere colpite. ma alle 23,10 il fiume era scomparso, lo zara venne finito alle 02,10 dal jervis. due caccia, “carducci” e ”alfieri”, vennero affondati. il pola, del quale nessuno si era interessato, osservò impotente il disastro. solo alle 3 del mattino l’equivoco venne chiarito e si capì che quella sagoma ferma sugli schermi radar non era la vittorio veneto ma il pola. gli inglesi si accostarono alla bella nave italiana, fecero sbarcare l’equipaggio e alle 41,0 del 29 marzo l’affondarono.
si concluse così la battaglia di capo matapan. gli italiani avevano perso 2.400 uomini contro 2 piloti inglesi.
fu la prima grande battaglia navale della seconda guerra mondiale e segnò il passaggio dallo scontro al cannone e siluro alla battaglia aeronavale e, fu la prima nella quale si fece uso del radar. il dramma della marina italiana era la mancanza cronica di combustibile, la minima uscita in mare per una esercitazione creava enormi problemi di rifornimenti per i quali dipendevamo esclusivamente dai tedeschi i quali ne accordavano il minimo possibile.

dopo matapan ne accorderanno anche meno.

Trento.jpg trento (1927 - 1942) e...

bolzano.jpg bolzano (1932 - 1944)

altre due belle navi che non tornarono...
 
con questa parte postata un attimo prima di partire, sospendo la storia. la riprenderemo al ritorno dalle vacanze.
faccio tanti saluti e auguro "buon vento" a tutti.
ciao.
 
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rieccomi... fine della prima "trance" di ferie. in attesa della seconda, ecco una nuova puntata.
saluti a tutti.

sopra e sotto le onde
la rivincita…6 italiani equipaggiati con materiali di costo irrisorio, hanno fatto vacillare l’equilibrio militare mediterraneo a vantaggio dell’asse. (winston churchill)

nel 1935 due ufficiali italiani, teseo tesei e elios toschi, indirizzarono i loro studi verso un mezzo che colmasse il gap della nostra marina nei confronti della più potente marina dell’epoca, quella britannica. vennero sperimentati un gran numero di mezzi d’assalto. primo fu il sommergibile tascabile c.a. derivato da un modello del 15-18 e che doveva essere trasportato da un sommergibile normale in prossimità dell’obbiettivo. si arrivò in seguito al siluro lenta corsa (s.l.c.) più famoso con soprannome di “maiale” che si narra, gli fu appioppato dopo il rientro da una esercitazione particolarmente impegnativa il cui comandante disse ad uno dei marinai <<ormeggia sto’ maiale>>. si trattava di un siluro trasformato in mezzo per l’incursione subacquea, capace di trasportare due uomini e una testa esplosiva sganciabile da fissare sotto la chiglia della nave nemica. seguirono modelli più perfezionati ma non ci fu il tempo di sperimentarli sul campo come ad esempio il siluro san bartolomeo o s.s.b. questi studi tornarono d’attualità alla vigilia della seconda guerra mondiale quando venne creata la i flottiglia mas che, il 15 marzo 1941, assunse il nome definitivo di x mas. la prima azione fu un tentativo contro il porto di alessandria nell’agosto del ’40 ma fu segnata dalla sfortuna. quattro slc dovevano essere trasportati dal sommergibile iride ma la raf lo affondò mentre imbarcava i mezzi. in settembre il gondar subì la stessa sorte. vennero persi sei mezzi d’assalto più due sommergibili e un piroscafo usati per l’avvicinamento. il 25 marzo 1941 si ebbe l’impresa di suda di cui abbiamo già detto.
maggio 41, nuova missione dello scirè e nuovo fallimento. comunque si accumulava esperienza che permise di mettere a punto il materiale e le tattiche. un altro fallimento si verificò alla fine di luglio durante il tentativo di attaccare malta. queste serie di insuccessi avrebbe potuto determinare la fine delle incursioni invece, fu uno stimolo a fare meglio. vennero assegnate nuove risorse e venne creato il “gruppo gamma” formato da nuotatori d’assalto.
l’ultimo periodo del 41 è il peggiore momento della mediterranean fleet. cunningham, dopo i successi di taranto e matapan, non ha più vita così facile. qualcosa è cambiato tra gli italiani e ora sono più aggressivi e preparati. malta rappresenta una spina nel fianco e occorre impadronirsene. per una azione contro l’isola, viene deciso l’utilizzo congiunto di maiali e barchini. gli assaltatori italiani sono ben consci delle difficoltà. la valletta è molto ben difesa ma questo non frena lo spirito e la volontà di ottenere un successo in grado di sollevare il morale della nazione. il comando del gruppo è affidato al capitano di corvetta moccagatta. il primo a partire è teseo tesei che ha il compito di far saltare le reti di sbarramento e consentire il passaggio dei barchini.,di lui sarà ritrovata una maschera da sommozzatore con attaccati pochi brandelli di carne e capelli. alle 4,30 viene ordinato l’attacco con i barchini. il tenente frassetto, a cento metri dalla rete, si rende conto che gli sbarramenti non sono saltati, si catapulta in mare prima dell’esplosione. il secondo barchino, pilotato da carabelli, si schianta contro il pilone di un ponte. a quel punto tutto il porto di la valletta è in allarme. tra le luci dei proiettori gli assaltatori italiani sono bersaglio del fuoco difensivo inglese. sette barchini vengono centrati. dal punto di vista operativo la missione è fallita ma gli stessi inglesi riconoscono il coraggio delle “squadre suicide italian” e ne elogiano le gesta sui loro stessi giornali.
entrò nella scena il sommergibile “scirè”, un nome indissolubilmente legato ai mezzi d’assalto, con obiettivo gibilterra. inizialmente tutto filò liscio ma si verificarono dei problemi alle attrezzature, in particolare agli autorespiratori, che costrinsero a rinunciare. finalmente un successo, il 21 settembre i maiali dello scirè minarono tre navi a gibilterra. ma la pagina più famosa della x flottiglia mas, venne scritta il 18 dicembre 1941 ad alessandria d’egitto. la notte del 3 dicembre lo scirè del comandante junio valerio borghese, salpò da la spezia con direzione leros, in egeo, dove imbarcò gli uomini. l’attacco era previsto per la notte del 17 ma si verificò una violenta mareggiata che fece slittare l’operazione di un giorno. la notte del 18 rientrarono ad alessandria tre caccia e questo costrinse i britannici ad aprire le ostruzioni. ne approfittarono i tre slc che così riuscirono a penetrare nella base. l’equipaggio composto da de la penne e bianchi, si diresse verso la corazzata valiant ma un malore costrinse bianchi a fermarsi mentre de la penne riuscì a trascinare il suo mezzo sotto la carena della nave poi, sfinito, emerse dirigendosi verso la boa a prua della corazzata dove trova bianchi che gli dice di essere svenuto.i due vengono catturati e portati a bordo. alle tre e mezzo vengono portati in quadrato dove il comandante gli chiede dove sono state piazzate le cariche. gli italiani consegnano i loro documenti ma non aprono bocca sulla loro missione. vengono portati in una cella sotto le torri di prua e praticamente sopra la carica esplosiva. dieci minuti prima dell’esplosione de la penne chiede di parlare con il comandante e lo informa di mettere in salvo l’equipaggio perchè la valiant affonderà tra dieci minuti. il comandante inglese chiede nuovamente dove si trova la carica ma siccome non riceve risposta, fa riportare de la penne nella cella buia. qui si rende conto di essere solo dato che bianchi non c’è più. poi l’esplosione. la nave ha una fortissima scossa e viene invasa dal fumo sbandandosi a sinistra.
de la penne miracolosamente illeso,sale una scaletta, trova un portello aperto, esce sul ponte e si dirige verso la poppa della nave dove si trova bianchi. dopo pochi attimi esplode anche la queen elizabeth. i due italiani finiranno in un campo di prigionia ad alessandria.
l’equipaggio marceglia-sherget agganciano la loro testa esplosiva alla queen elizabeth poi raggiunsero terra e si allontanarono da alessandria ma vennero catturati il giorno successivo. martellotta e marino, con il terzo slc furono costretti a navigare in emersione a causa di un malore che colpisce il primo, posizionarono il mezzo sotto la petroliera “sagona” e poi vennero fatti prigionieri.
quattro navi furono gravemente danneggiate, oltre alle tre già dette, rimase coinvolto dall’esplosione della petroliera anche il cacciatorpediniere jervis, l’affondatore del pola, ormeggiato a fianco della sagona. sei uomini avevano messo fuori combattimento 70.000 ton di naviglio nemico. la valiant rimase immobile fino al marzo del 42 e poi ebbe altri 6 mesi di lavori. alla queen elizabeth andò anche peggio. il “sunday express” scrisse:<< nella notte del 19/12/41, sei uomini cambiarono il volto della guerra… in quella notte il potere navale in mediterraneo orientale era stato invertito sfavorevolmente per gli alleati. si dubita che mai, nella storia navale del mondo, sei soli uomini siano riusciti a compiere una distruzione così decisiva>>. anche cunningham osservò:<< uno non può non ammirare il sangue freddo di questi italiani: ogni cosa era stata progettata, pensata, eseguita con la massima precisione e determinazione>>.
l’alto comando italiano non fu pronto a sfruttare il successo. la nostra flotta, terminate le riparazioni alla vittorio veneto e con l’entrata in servizio della roma, aveva tre corazzate da 35.000 più tre del tipo più vecchio ma rimodernate, per un totale di sei contro nessuna inglese. ma la scarsità di carburante, le costrinse nei porti.
un secondo tentativo senza esito, venne ripetuto a maggio del 42 sempre ad alessandria. i tedeschi richiesero l’intervento di un reparto di incursori in mar nero, cinque barchini siluranti e altrettanti esplosivi con i relativi equipaggi vennero inviati in crimea trasportati su autocarri. altri vennero inviati in nord africa.
lo scirè venne affondato ad haifa durante il trasporto di alcuni uomini gamma che dovevano attaccare il porto. il suo posto venne preso dal piroscafo olterra e venne creata una base segreta in spagna. nei porti turchi di alessandretta e mersina, il tenente luigi ferraro, abilissimo nuotatore, riuscì in azione solitaria, ad attaccare 4 piroscafi causando danni per 24.000 ton di naviglio nemico. le vicende belliche sfavorevoli costrinsero a ridurre il numero delle missioni fino al 8 settembre. la x mas si divise e una parte aderì alla repubblica sociale mantenendo il nome originale.
nel campo dell’azione individuale, la marina italiana si è mostrata senza rivali. nessuna nazione utilizzo in imprese simili, uomini dall’eroismo e dalla tenacia come quelli della x mas.

SCIRE'.jpg lo scire'

il maiale
 
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la piu’ bella del reame…

“from the constructional point of wiew, the italians were ahead of us in 1939…” (dal punto di vista costruttivo gli italiani, nel 1939, erano avanti a noi). questo fu quanto scrissero i tecnici anglosassoni dopo aver ispezionato a lungo la vittorio veneto durante l’internamento ai laghi amari.

dopo aver lungamente parlato del trattato di washington vediamo nel dettaglio come ne uscì l’italia. venne stabilità la parità con la francia e questo era senz’altro un buon risultato in quanto ci consentiva di mettere subito in cantiere 70.000 ton di navi. l’italia però non approfittò di questa clausola per diverse ragioni. da una parte la tendenza generale era di privilegiare il naviglio sottile e i sommergibili, dall’altra eravamo già in parità per ciò che riguardava le navi da battaglia. comunque per non essere colti alla sprovvista, gli uffici studi della marina continuarono ad eseguire progetti di nuove grandi unità. la tendenza comune alle marine europee portava alla realizzazione di corazzate di medio tonnellaggio, certamente inferiore alle 35.000 ton. la clausola che permetteva all’italia di costruire 70.000 ton e la necessità di averne minimo tre in modo di averne sempre due operative mentre la terza è in manutenzione, indirizzarono gli studi su una corazzata da 23.000 ton, che sviluppasse una velocità di 28-29 nodi, con 6 cannoni da 381 e una corazzatura non superiore a 330mm.
fu una fucina di idee, studi, modifiche atti a migliorare la qualità dei progetti. nel frattempo non si perdeva l’occasione di effettuare studi anche su corazzate ben più grosse, con 6 cannoni da 406mm, velocità di 30 nodi e corazzatura di 350mm. la conferenza di londra del 1930 prolungò fino al 36 la “vacanza navale” e respinse la proposta inglese di ridurre il tonnellaggio delle corazzate. di conseguenza, quando si avvicinò la data di scadenza del trattato, fu preoccupazione comune di tutte le marine, affrontare il problema della ricostruzione delle grandi navi da battaglia. l’italia prese questa decisione con due anni di anticipo a causa di una “reazione a catena” innescata dalla germania con la costruzione della corazzata tascabile “deutschland”. la francia sentitasi minacciata mise in cantiere la “dunkerque” e la “strasbourg” da 26.000 ton armate con 8 cannoni da 330mm. il governo italiano, applicando quanto stabilito a washington sulla parità con i francesi, decise la costruzione di due navi del massimo dislocamento consentito. la linea delle navi più belle, potenti e meglio riuscite della nostra marina militare avevano cominciato a prendere forma sui tavoli da disegno già nel 1932. il comitato progetti navi venne incaricato di predisporre i disegni costruttivi per due grandi corazzate che riassumessero il meglio della conoscenza tecnica mondiale dell’epoca. per una fortunata coincidenza diventava in quegli anni ispettore generale del genio navale l’ing. umberto pugliese a cui venne affidata la direzione del progetto. tutta la carriera di pugliese era stata dedicata alla ricerca e al perfezionamento delle costruzioni navali. già dal 1912 aveva collaborato alla realizzazione delle navi da battaglia classe “caracciolo” la cui costruzione era stata interrotta proprio a causa del trattato di washington. fu in questo periodo che studiò e mise a punto a seguito di prove e collaudi su modelli in scala, un sistema passivo di difesa subacquea che venne adottato nella costruzione di due navi cisterna “brennero” e “tarvisio”. agli uffici tecnici e gli arsenali dove aveva collaborato alla realizzazione del nuovo naviglio, aveva sempre portato il suo contributo che ovunque era accolto e applicato. quando si trattò di trasformare le corazzate classe “conte di cavour”, la marina decise di dotarle di protezione subacquea. a tale scopo vennero realizzati due modelli per verificarne il comportamento di fronte allo scoppio di un siluro, uno era la copia del sistema utilizzato dalle marine inglese e americana cosiddetto a “controcarene” e l’atro, era il “tipo pugliese” con struttura a “cilindro decompressore”. fu questa ad essere riconosciuta, la più efficiente nonostante il sensibile risparmio di peso e materiale e che sarà adottata anche per la costruzione delle nuove corazzate. quindi con un bagaglio di esperienza e di conoscenze trentennale, pugliese affrontò tutti i problemi che si presentarono durante la costruzione soprattutto ad una marina che da vent’anni non aveva più costruito grandi navi da battaglia. per il progetto definitivo occorsero circa due anni di studi, prove, esperienze. alla fine ne scaturì un progetto dalla robustezza strutturale, dalle qualità architettoniche, dalla propulsione e di allestimento, ridondante di soluzioni innovative, studiate dai progettisti e felicemente trasformate in realtà. nasceva il progetto “vittorio veneto”, quattro superbe unità, “vittorio veneto”,”littorio”, “roma” e “impero” dalle caratteristiche tecniche ineguagliate. vennero stipulati i contratti di costruzione con il c.r.d.a. di monfalcone e con i cantieri navali ansaldo di genova e si diede incarico alle due ditte di effettuare studi atti a determinare le migliori linee di carena da adottare. in considerazione delle caratteristiche richieste, era impossibile rientrare nel limite delle 35.000 ton, si autorizzò segretamente una eccedenza di 3.000 ton. alla fine gli studi vennero effettuati su dislocamenti che raggiungevano le 40.000 ton. dopo una serie di prove alla vasca navale il generale pugliese scelse la carena presentata dal c.r.d.a. e si iniziò la costruzione il 28 ottobre 1934, anniversario della marcia su roma.
(segue...)
Cilindri Pugliese.gif i cilindri pugliese
 
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la piu' bella del reame...
2^ parte

lo scafo, che doveva costituire una piattaforma ad alta velocità per nove cannoni da 381, era largo quasi 33m e lungo 239. per la difesa passiva si adottò una corazzatura composita, fatta da due strati di acciaio con differenti caratteristiche, calcolando l’inclinazione della stessa in modo di deviare il colpo e facendo sfogare l’esplosione al di fuori delle parti vitali. per frenare le schegge si utilizzarono delle paratie disposte nelle posizioni più efficaci. la corazzatura verticale raggiungeva i 350mm per rastremarsi a poppa e prora rispettivamente a 100 e 60mm. per la protezione orizzontale, si realizzarono tre ponti corazzati. il primo aveva 100mm di spessore che diventavano 150 sopra i depositi munizioni. sopra di esso, il ponte di castello aveva 36mm di spessore mentre il ponte inferiore aveva altri 100mm di spessore e una struttura a schiena d’asino. le tre torri trinate avevano una corazzatura frontale da 380mm e laterale da 200. dato che ciascuna canna pesava 100 ton è comprensibile come ciascuna torre pesasse 1.500 ton. anche le artiglierie secondarie avevano una corazzatura da 280 e 130mm. l’alto torrione di comando, essenziale per la direzione e la guida delle artiglierie, era protetto da 260mm di acciaio. tutte le trasmissioni, cavi, collegamenti, ecc. erano protetti da passaggi corazzati. il peso complessivo della corazzatura, superava le 14.000 ton. lo scafo era a doppio fondo che diventava triplo lungo il ridotto corazzato, adottava i cilindri pugliese di quasi 4m di diametro lungo tutto il ridotto. i doppi fondi laterali erano celle secche mentre le controcarene erano utilizzate come casse nafta, acqua, ecc. che venivano riempite di acqua di mare quando esaurite in modo di mantenere un assetto perfetto. lo scafo era suddiviso in 181 compartimenti stagni. furono le prime navi ad avere tre timoni ben separati per garantire sempre la manovrabilità. il principale, semicompensato era di 38mq, gli altri due esterni, erano di 16mq ciascuno ed erano protetti dal sovrastante ponte corazzato. l’apparato motore, costituito da 8 caldaie yarrow a nafta con 11 polverizzatori ciascuna e 4 turboriduttori, sviluppava 130.000hp per ciascuno dei 4 assi. le quattro eliche tripala avevano un diametro di 4,80m e giravano al massimo a 250g/m. anch’esse erano ben distanziate per evitare un danneggiamento contemporaneo. ogni gruppo motrice era indipendente ed erano riuniti in due locali stagni separati dal locale caldaie anch’esso stagno. il vapore veniva convogliato a quattro condensatori più altri due ausiliari e una volta condensato, finiva in quattro pozzi caldi. altre due caldaie minori fornivano il vapore per i servizi quali, dinamo, termosifoni, lavanderie,ecc. le 4.200 ton di nafta erano trasportate in 46 casse tutti sotto il ponte corazzato. per proteggere le macchine dai proiettili entrati eventualmente dai fumaioli, vennero creati dei condotti corazzati dotati di scudi forati per garantire il tiraggio.
per l’armamento principale si scelse il collaudato 381mm. i nove pezzi erano divisi in tre torri, due a prora ed una a poppa. erano canne lunghe 50 calibri (381x50) cioè 19m. ogni cannone era composto da quattro parti unite a caldo e la canna rigata era inserita con un gioco minimo e fermata da chiavarde in modo da poter essere sostituita, la culatta, l’otturatore, scacciafumo e i 4 freni ricuperatori, erano alloggiati in una culla in modo che ogni cannone fosse elevabile indipendentemente dagli altri due. i depositi munizioni erano isolati termicamente e refrigerati e contenevano 495 proiettili perforanti, 171 dirompenti e 4320 cariche in cartoccio, (sei per ogni proiettile). per ogni colpo erano richiesti 45 secondi. bisognava caricare il proiettile mediante un calcatotio dopo aver aperto l’otturatore, poi era la volta di tre cartocci e altri tre. si chiudeva l’otturatore, l’accensione di lampadine spia assicuravano la corretta esecuzione mentre porte antifiamma si chiudevano automaticamente. l’armamento minore era costituito da: 12 pezzi da 152/55 divisi in 4 torri trinate, 12 cannoni da 90/50 antiaerei in torrette stabilizzate, 4 mitragliere 37/54 singole, 16 mitragliere 37/54 binate, 16 da 20/65 che diventeranno in seguito 28 e poi 32. erano disponibili 8 fumogeni abbinati ai fumaioli più altri 4 a poppa e 6 nebbiogeni. dalla catapulta potevano essere lanciati inizialmente tre idrovolanti ro43 da ricognizione, sostituiti in seguito da due reggiane re2000 per la lotta antisiluranti. il radar venne imbarcato sulla littorio nel 1941 e nel 43 su tutte le altre.
la costruzione iniziò rapidamente a fronte degli inevitabili contrattempi sempre felicemente risolti e, quando la costruzione raggiunse un livello abbastanza avanzato, le due navi vennero iscritte nei quadri del naviglio militare con i nomi di vittorio veneto e littorio. il 25 maggio 1937, alla presenza dei reali, la veneto venne varata, si trattava dello scafo vuoto e privo della corazzatura verticale ma del peso di 10.500 ton. il 22 agosto dello stesso anno, toccò alla littorio. nel frattempo, gli avvenimenti politici come la campagna di etiopia e la guerra civile spagnola, deteriorarono i rapporti tra le varie nazioni europee e gran parte della flotta inglese, venne concentrata tra gibilterra, alessandria d’egitto e malta. si giunse pertanto alla decisione di ammodernare le vecchie corazzate “doria” e “duilio” e di costruire altre due navi da 35.000 ton. d’altronde i disegni erano già pronti, si trattava di apportare piccole modifiche al progetto della veneto per avere due nuove unità, si ebbero così la roma e l’impero.
mentre l’impero non fu mai ultimata, la roma troverà la sua fine in due bombe fx-1400 sganciate da aerei tedeschi a seguito dell’armistizio dell’’8 settembre 1943.

“ciò che conta nella storia dei popoli non sono i sogni, le speranze e la negazione della realtà, ma la coscienza del dovere compiuto fino in fondo…”

RM_Roma.jpg la roma
 
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concludo con la scheda tecnica di questa classe di navi che, come immagino si sarà capito, sono tra le mie preferite.
i dati sono riferiti alla vittorio veneto
cantiere di costruzione: impostata il 28 ottobre 1934 nei cantieri riuniti dell'adriatico di trieste
varo: 25 luglio 1937
completamento: 28 aprile 1940
radiazione: 1948

dimensioni: dislocamento normale: 43.835 ton a pieno carico: 45.963 ton lunghezza: 237,8 ( f.t.) - 224,5 ( pp.) mt. larghezza: 32,9 mt. immersione: 10,5 mt.

apparato motore: 8 caldaie tipo yarrow, a tubi d'acqua subverticali con surriscaldatori , 4 gruppi dì turbine belluzzo con riduttori , 4 eliche tripale , potenza circa 130.000 hp nella normale andatura a tutta forza, circa 140.000 hp ottenuta alle prove, velocità 30 nodi , combustibile dotazione normale di nafta - 3.700 ton, dotazione massima di nafta - 4.210 ton, autonomia 4.580 miglia a 16 nodi, 3.920 miglia a 20 nodi, 1.770 miglia a 30 nodi.

protezione: verticale al galleggiamento, massima 350 mm orizzontale a centro nave (nei punti di maggiore spessore) massima 207 mm, torri grosso calibro, massima 380 mm. (nella parte frontale), basamenti torri grosso calibro 350 mm, torri medio calibro, massima 280 mm. (nella parte frontale), basamenti torri medio calibro 150 mm. torrione corazzato, massima 260 mm.

armamento: 9 cannoni da 381/50 mm, 12 cannoni da 152/55 mm, 12 cannoni da 90/50 mm. a.a., 4 cannoni da 120/40 mm. per tiro illuminante, 20 mitragliere da 37/54 mm. a.a., 16 mitragliere da 20/65 mm. a.a. - dal 1942 28 mitragliere da 20/65 mm. su littorio e roma - 32 su vittorio veneto, 3 aerei.

equipaggio 92 ufficiali, 122 sottufficiali, 134 secondi capi e sergenti, 1.506 comuni, 12 borghesi.

Veneto.jpg
 
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sopra e sotto le onde
la bismarck

come la sua gemella tirpitz, era stata progettata sviluppando al massimo le sue principali componenti; velocità, autonomia, manovrabilità, corazzatura, armamento, sistema di puntamento, ecc. con una corazza dello spessore di 330 mm. fatta di acciaio wotan , appositamente temprato sulle torri e sulle fiancate inoltre aveva un sistema di paratie in grado di impedire al proiettile nemico di entrare nella parte viva della nave anche se fosse stata penetrata la cintura principale. era lunga 251 metri , larga 36, progettata per portare 8 cannoni da 380 mm e sei aerei. la bismarck venne costruita nei cantieri blohm & voss di amburgo; venne impostata il primo luglio 1936; varata il 14-2-1939. denunciata per 35.000 tonnellate, per ottemperare alle disposizioni del trattato di londra, il suo dislocamento standard era in realtà di 45.170 tonnellate e di 50.900 a pieno carico. l’apparato motore era costituito da 12 caldaie wagner, 3 gruppi turboriduttori blohm & voss per una potenza 150.200 hp e una velocità di 30 nodi.
il combustibile trasportato era in carico normale 3.300 ton di nafta e in carico massimo 7.900 ton per una autonomia di 9.300 miglia a 16 nodi. l’armamento consisteva in 9 pezzi da 380/47; 12 da 150/55; 16 da 105/65; 16 da 37 e12 da20 mm.
trasportava 6 aerei che potevano essere lanciati grazie ad una catapulta. la sua protezione verticale era di 320mm al galleggiamento; 145 alla batteria; 45 alle paratie interne.
orizzontale: 50 e 80 mm ai ponti corazzati; 100 al ponte inclinato.
artiglierie: torri grossi calibri 360 mm. al frontale; 220 ai lati; 130 al cielo; 340 alle barbette.
torri medi calibri 100mm al frontale; 40 ai lati; 35 al cielo; 100 alle barbette.
torrione: 350 verticale; 200 orizzontale
paratie trasversali : 220mm
subacquea mediante compartimentazione esterna.
l’equipaggio era di 2.400 uomini.

la corazzata bismarck entrò in servizio il 24-08-1940 dunque a guerra già iniziata. il suo comandante, era il capitano di vascello ernst lindemann, un renano di 45 anni, abile e freddo, miglior allievo del suo corso. la raf tenne costantemente sotto controllo la grande nave tedesca precedentemente localizzata in norvegia ma il 23 maggio ’41, si accorse che non c’era più.
il 18 maggio 1941 era salpata dal porto di gothenafen insieme all'incrociatore pesante “prinz eugen” con l’obiettivo di colpire i traffici mercantili inglesi in atlantico. il progetto iniziale era che alle due navi si unissero gli incrociatori da battaglia scharnorst e gneisenau ma la loro temporanea indisponibilità, unita all'urgenza di effettuare l'operazione, non lo consentì. lo spionaggio inglese, unitamente alla ricognizione aerea, fecero sì che la home fleet fosse immediatamente allertata. un eventuale successo della bismarck avrebbe avuto effetti devastanti peggiorando a dismisura la già precaria situazione fino a quel momento a netto favore della germania. questo giustificò da parte inglese un impiego di forze sproporzionato che coinvolse l'intera flotta. in fondo si trattava di due sole (ma pericolosissime) navi da battaglia tedesche.
superata l’islanda, la bismarck e il prinz eugen vengono intercettate dalla “hood”, una nave ancora più grande della bismarck ma risalente alla prima guerra mondiale e, dalla “prince of wales”. le due formazioni alle 05,52 del 24 maggio 1941, alla distanza di 22.700 metri, aprono il fuoco e si centrano quasi contemporaneamente. la bismarck accusa lievi danni a prua ma l'incrociatore da battaglia hood, l’orgoglio della marina inglese; 46.000 tonnellate, 1500 uomini di equipaggio, agli ordini del vice ammiraglio holland e del suo comandante kerr, è centrato all’altezza della santa barbara e a seguito di una esplosione spaventosa si spezza in due. dopo soli 6 minuti dall’inizio dello scontro del possente incrociatore restano solo detriti galleggianti e tre marinai, la prince of wales colpita più volte accusa gravissimi danni quindi si disimpegna.
per gli inglesi la notizia fu uno shock, l’affondamento della hood divenne un caso nazionale. churchill intervenne personalmente e fu deciso di utilizzare le scorte dei convogli per racimolare navi da utilizzare nella caccia. alla fine la bismarck si ritrova inseguita da 50 aerei basati a terra, 2 portaerei, 5 corazzate, 14 incrociatori di vario tipo, 22 cacciatorpediniere più, il naviglio minore.
sulla bismarck era imbarcato l'ammiraglio gunther lutjens il quale nonostante questa grande vittoria ordinò al prinz eugen di rientrare a brest: il fattore sorpresa del suo ingresso in atlantico era sfumato e il destino della bismarck era ormai segnato.
nei giorni seguenti la corazzata tedesca appare e scompare.

i cacciatorpediniere inglesi a volte riescono ad attaccarla ma senza riuscire a rallentarne la corsa. viene avvistata mentre si trova in rotta verso la francia e nessuna nave è in grado di impedirle di entrare nel raggio di azione protettivo della luftvaffe.
tutte tranne una, la portaerei ark royal.
vengono fatti decollare gli aerosiluranti che attaccano e colpiscono il timone bloccandolo alla barra. tutti i tentativi di rimetterlo in funzione sono vani. si tenta addirittura di farlo saltare per consentire la manovra con i motori ma non c’è niente da fare. la grande nave ora può solo girare in cerchio. all’alba del 27 maggio 1941 due corazzate e due incrociatori raggiungono la bismarck e la attaccano alternandosi da varie posizioni per evitarne i colpi. il cannoneggiamento dura ore e la bismarck è colpita diverse centinaia di volte anche con proiettili da 406mm dagli effetti devastanti. un numero imprecisato di siluri, da 9 a 12, la centrano ma lo scafo resiste e l’equipaggio lotta finché ogni cannone non è ridotto al silenzio.
la nave è ridotta ad un groviglio di lamiere e fuoco ma resiste. non vuole affondare.
il “dorsetshire” si avvicina e lancia altri due siluri, ma ancora niente. tutti e tre i locali macchine sono invasi dal fumo proveniente dai locali caldaie. per fortuna nessun proiettile aveva ancora raggiunto i locali dell’apparato motore o dei generatori elettrici attraverso la cintura corazzata. all’incirca alle 10.15 viene impartito l’ordine dal direttore di macchina di affondare la nave dopo di che, tutte le comunicazioni interne di ordini si interrompono.
lentamente e con la bandiera ancora al vento scomparve tra i flutti con duemilatrecento dei suoi uomini tra cui l'ammiraglio gunther lutjens e il comandante lindemann. il caccia britannico dorsetshire recupero' solo un centinaio di naufraghi.
era il 27 maggio 1941.

Bismarck.jpg Bismarck  1.jpg
 
sopra e sotto le onde
la piu' bella del reame

concludo con la scheda tecnica di questa classe di navi che, come immagino si sarà capito, sono tra le mie preferite.
i dati sono riferiti alla vittorio veneto
cantiere di costruzione: ansaldo - genova
impostazione: 1934
varo: 1937
completamento: 1940
radiazione: 1948


mi pare di ricordare, da mio nonno che lavorava in arsenale a la spezia all'epoca, che la vittorio veneto sia stata costruita a monfalcone presso i cantieri crda già citati, mentre la littorio presso gli ansaldo di genova.
della roma non ho ricordi, ma ricordo il dispiacere profondo di mio nonno nel pensare che triste ha fatto quella nave stupenda...
 
mi pare di ricordare, da mio nonno che lavorava in arsenale a la spezia all'epoca, che la vittorio veneto sia stata costruita a monfalcone presso i cantieri crda già citati, mentre la littorio presso gli ansaldo di genova.
della roma non ho ricordi, ma ricordo il dispiacere profondo di mio nonno nel pensare che triste ha fatto quella nave stupenda...

bene, bene... vedo che siete attenti! :finger:
scherzo, in effetti ho commesso un altro errore. dovete capire che quanto sto scrivendo, è il risultato di: memoria, ricerca, lettura, scrittura di bozze, rilettura, dubbi, ulteriore ricerca per la soluzione dei dubbi... il tutto con moglie, figli, lavoro, ecc. ecc.:angry:
purtroppo alcune volte alcuni pezzi non vanno al loro posto.
grazie quindi a quanti intervengono affinchè il risultato sia quanto meno, veritiero.
ecco di seguito la versione corretta:
lo scafo della vittorio veneto venne impostato il 28 ottobre 1934 nei cantieri riuniti dell'adriatico di trieste, fu varata il 25 luglio 1937 e completata il 28 aprile 1940. sullo stesso scalo sarà poi impostata la roma di cui sto preparando la triste storia.
 

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