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波の上および下

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ma solo una immagine?!?!?!

veramente sono due, di cui una....
va beh, eccone altre:
le prime due sono relative al progetto ramognino, segue il sassaroli e per ultimo l'mtm.
ne seguiranno altre.
 

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quello oggi esposto è verde.:mixed:
(orribile!)
sarebbe questo?:
S.L.C..jpg
..non è proprio "micalizzato", ma potrebbe anche starci. per mimetizzarsi nelle acque tuttaltro che cristalline in darsena.
pensi non sia "fedele"?

saluti
marco:smile:
 
sarebbe questo?:
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..non è proprio "micalizzato", ma potrebbe anche starci. per mimetizzarsi nelle acque tuttaltro che cristalline in darsena.
pensi non sia "fedele"?

saluti
marco:smile:

ho anche io delle foto relative a quel slc ma francamente non so dove è esposto. dalle fotografie è restaurato che fa senso.
hanno pitturato color rame/bronzo-nonsisà tubi, tubetti e accessori vari.
quello che invece conosco bene, è di un verde ancora più terribile steso a pennello senza preoccuparsi di curare un minimo di restauro (prime due foto allegate).
probabilmente il colore più fedele è quello dell'ultimo allegato (un esemplare di ssb).
e' una foto che ho fatto io e che ritengo sufficientemente fedele.
 

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questa discussione:
http://www.cad3d.it/forum1/showthread.php?p=217148#post217148
mi ha dato lo spunto per pubblicare questo scritto che avevo preparato qualche tempo fa.


e’ assodato che le navi hanno nell’acqua, sia essa dolce o salata, il loro ambiente naturale. ma questo elemento è un ambiente nel quale convivono numerosi organismi sia vegetali che animali. alcuni, anzi molti di questi organismi, passano buona parte della loro vita sospesi nell’elemento liquido cercando un solido appoggio sul quale ancorarsi e prosperare. coloro che sopravvivono ai predatori e ai numerosi rischi che una tale vita comporta, non si lasciano sfuggire le possibilità offerte da una bella, pulita superficie a loro disposizione quale può essere la carena di un natante. così lo scafo comincia a popolarsi di vita, questi organismi colonizzano la superficie e in un tempo relativamente breve, tutta la carena si ricopre di foreste di alghe e molluschi, soprattutto se la nave ha lunghi periodi di sosta in acque tranquille. la nave aumenta la resistenza di attrito in maniera considerevole e le conseguenze sono: diminuzione della velocità, aumento dei consumi e aumento della corrosione. e’ chiaro che il problema assume aspetti maggiori per quelle navi che già all’origine possiedono velocità massime assai ridotte (ad esempio le barche a vela).
la superficie della carena viene aggredita e attaccata da questi organismi e se il problema è particolarmente sentito sulle imbarcazioni di legno, nemmeno gli scafi in acciaio possono ritenersi al sicuro (abbiamo ripetuto in diverse occasioni come la corrosione rappresenti uno dei principali nemici di uno scafo).
così periodicamente la nave deve essere messa in secco e lo scafo deve essere ripulito. certo, se l’imbarcazione è di modeste dimensioni, metterla a terra è relativamente semplice. ma se stiamo parlando di una nave di diverse centinaia, migliaia di tonnellate, la cosa si fa leggermente più complessa.
un tempo, quando la marineria era rappresentata dalle navi a vela, le stesse venivano “spiaggiate” e la carena veniva ripulita e mantenuta inclinando il vascello prima da una parte e poi dall’altra.
nel 1840 però i borboni disposero la costruzione del primo bacino di carenaggio che venne realizzato a napoli. uno scavo nel terreno comunicante su di un lato con il mare mediante una “bocca” che può essere chiusa da una “barca porta”. lo scavo viene ricoperto sul fondo da lastre in pietra poste con una leggera inclinazione verso il mare ottenendo la “platea” mentre i fianchi salgono a gradoni in pietra di un metro di altezza fino al livello del terreno. sulla platea vengono disposte le “taccate” ossia tre file di blocchi di legno sui quali andrà a posarsi la nave. le taccate sono disposte su una fila centrale sulla quale si poserà la chiglia, più altre due file longitudinali laterali, seguendo il “piano di posa”. lo schema costruttivo dei bacini è rimasto da allora sostanzialmente invariato e ancora oggi l’unica alternativa è rappresentata dai “bacini galleggianti”. il bacino galleggiante è sostanzialmente una struttura in grado di immergersi grazie a delle “casse di zavorra” (come abbiamo ampiamente visto parlando dei sommergibili) fino a raggiungere con le taccate una quota inferiore a quella della carena della nave da accogliere. posizionata la nave, si comincia ad esaurire le casse zavorra facendo riassumere spinta positiva al sistema e sollevando così la nave.
certamente anche il bacino galleggiante, ancorché anomalo, è un natante e come tale, necessita di manutenzione alla carena. se il bacino galleggiante è di dimensioni modeste, lo si fa entrare in un bacino in muratura e si provvede a “fare carena” anche se è un operazione che si preferisce evitare in quanto ci si trova nella condizione di avere contemporaneamente due bacini inutilizzabili. esiste una soluzione estremamente semplice ed è rappresentata dai bacini galleggianti “auto carenanti”. sono bacini costruiti in moduli che possono essere separati tra loro e imbarcati sulla parte restante. così il bacino si auto mantiene in vita con costi inferiori. oggi i bacini galleggianti hanno raggiunto dimensioni veramente notevoli e possono sollevare decine di migliaia di tonnellate.

torniamo ai bacini “terrestri”, tutto intorno ad esso si trovano installazioni di servizio quali ad esempio argani e verricelli, gru il cui braccio deve oltrepassare la linea di mezzeria del bacino, la sottostazione elettrica per alimentare la nave (quando una nave è in bacino, tutti i suoi impianti, compresi quelli di produzione di energia sono spenti) tramite un cavo collegato alla “presa di terra”, officine, magazzini…
se tutto è indirizzato ad unità navali, abbiamo un arsenale.
prima di parlare degli arsenali però, mettiamo la nostra nave in bacino.
iniziamo con una domanda. quando una nave deve andare in bacino? beh, esistono delle soste che sono programmate a scadenze periodiche ma possono anche verificarsi casi eccezionali dovuti ad avarie e riparazioni. comunque per la nostra nave è giunto il momento di fare il suo ingresso. l’unità deve essere fornita di un disegno che indichi la posizione in cui dovranno essere poste le taccate, il così detto “piano di posa”. seguendo tale schema, le taccate vengono disposte sul fondo del bacino (la platea) precedentemente svuotato dall’acqua. la nave nel frattempo si sta preparando all’ingresso rendendosi quanto più “leggera” possibile riducendo al massimo il dislocamento e esistono tre buone ragioni. questo necessita di una spiegazione. quando la nave è in acqua il suo peso è equilibrato dalla spinta idrostatica in maniera uniforme ma quando poggia sui tacchi, il peso va a scaricarsi su questi e l’equilibrio sarà raggiunto dalle reazioni così generate. ma se una taccata per qualunque motivo dovesse cedere, le forze verrebbero ridistribuite con conseguenze molto pericolose.
la seconda ragione è che quando una nave si appoggia o si stacca dalla fila delle taccate, non lo fa uniformemente ma lo fa facendo perno sulla prora la quale subisce delle notevoli sollecitazioni. e’ evidente che minore sarà il dislocamento, minore saranno le forze in gioco.
infine, una nave fuori dal suo ambiente, ossia una nave che non galleggia, ha minori capacità di opporsi alle forze sbandanti. pertanto è preferibile che le casse, siano esse di acqua, di gasolio, ecc. ecc. siano vuote.
ora la nave è pronta e viene allineata dai rimorchiatori all’ingresso del bacino di carenaggio privato della barca porta. da bordo sono lanciate a terra delle cime le quali vengono utilizzate dagli argani per “tonneggiare” e allineare il suo piano di simmetria longitudinale, con l’asse delle taccate. si rimette in posizione la barca porta, la si allaga e la si incastra nelle guide della bocca del bacino. ora il bacino è un “lago artificiale” isolato dall’acqua esterna, può cominciare il suo svuotamento tramite pompe.
nel frattempo alcuni palombari o sommozzatori, si sono immersi e verificano la corretta discesa della nave sulle taccate ordinando le eventuali correzioni dopo di che, quando tutto è pronto e lo scafo è ormai vicino ai tacchi, cominciano ad inserire dei cunei di legno tra scafo e taccata uniformando l’appoggio. a questo punto il bacino può essere completamente svuotato e si possono cominciare le lavorazioni.
si comincia con le operazioni di pulitura che avvengono mediante lavaggio con idropulitrici, sabbiatura, raschiatura. al termine di queste operazioni, si verifica lo spessore delle lamiere mediante strumenti ad ultrasuoni decidendo eventualmente per la sostituzione delle parti soggette a corrosione tagliandole e sostituendole. lo scafo viene controllato in ogni sua parte, vengono controllate le pale dell'elica, le pinne stabilizzatrici, le boccole degli assi elica, la “losca” e agli “agugliotti” del timone, le prese a mare, i solcometri.
inoltre per le navi civili, si effettuano le “visite di classe” ossia, il rinnovo dei certificati di classe da parte dei registri navali che consentono la navigazione. vengono ammainate la ancore per poter liberare i pozzi che ospitano le catene e pitturarli così come le stesse ancore. l' "opera viva" , cioè la parte di scafo a contatto diretto con l'acqua viene trattata con prodotti anticorrosivi ed antivegetativi e spesso, in ambito militare, si usano pitture “auto leviganti” che garantiscono una superficie più pulita nel tempo. invece l' "opera morta", cioè la parte di scafo non a diretto contatto con l'acqua che presenta ruggine, viene prima picchettata, solitamente manualmente, poi coperta con antiruggine e pittura. lo stesso procedimento si esegue anche per le sovrastrutture. i timoni possono subire un eccessivo consumo dei supporti causando l'abbassamento dell'intera macchina timone e il conseguente malfunzionamento. questi inconvenienti necessitano lo smontaggio del timone in ogni sua parte. l'asse dell'elica periodicamente deve essere rettificato in quanto col passare del tempo si squilibra per usura di qualche parte. a tale scopo viene sfilato dall'alloggio verso l'esterno con l'ausilio degli appositi paranchi appesi ad alcuni golfari opportunamente saldati sullo scafo. si mollano tutti i supporti e si scarica l'olio dall'astuccio, si smontano i cuscinetti della linea d'assi interessata per essere revisionati o sostituiti. una volta sfilato si trasferisce l'asse in officina dove verrà rettificato. altrettanti controlli bisogna eseguire sulle eliche. come è noto, la potenza del motore viene convertita in spinta dell'elica. segue che il suo perfetto stato è determinante per l'esercizio della nave. le possibili cause del deterioramento possono attribuirsi al "fowling" ossia aggressione di larve o spore durante la sosta quando non è protetta opportunamente oppure al "deterioramento meccanico" per erosione, cavitazione, deposito di calcare... oppure per urto.

(segue...)
 
(...segue)
terminati tutti gli interventi allo scafo il bacino viene ripulito e sgomberato di tutto il materiale utilizzato per i lavori, tutti i ponteggi vengono smontati i mezzi meccanici (muletti, piattaforme), vengono portati via.
siamo pronti a dare acqua. vengono aperte le saracinesche della barca porta del bacino e comincia una cascata di acqua “controllata”. ma non è ancora finita, infatti, prima che la nave cominci a galleggiare viene interrotto il flusso d'acqua per controllare che non si verifichino infiltrazioni di acqua. può accadere infatti che qualche presa a mare (ad esempio permettono di aspirare acqua dal mare per raffreddare l'acqua che a sua volta raffredda i motori) causi un trafilamento.
se tutto è in ordine si riaprono le saracinesche fin quando la nave galleggia, vengono staccate le manichette che portavano acqua a bordo per i servizi essenziali e vengono scollegati i cavi elettrici che alimentavano la nave da terra. si provvede ad aprire la barca porta esaurendo le casse zavorra, i rimorchiatori sono pronti a passare i cavi alla nave e trainarla lentamente fuori , talvolta anche con l'aiuto della propulsione della nave (bow-truster soprattutto ).
se non si verificheranno "inconvenienti " tornerà in bacino tra circa 24mesi.

abbiamo precedentemente accennato agli arsenali.
nell’antichità il cantiere navale era solo un luogo riparato, spesso naturale, dotato di uno scivolo per agevolare il primo contatto fra lo scafo e l'acqua
con il tempo poi, il cantiere si sempre più caratterizzato come polo produttivo. e’ diventato uno stabilimento di lavoro nel quale prende consistenza quell’opera dell'ingegno e dell'attività umana chiamata nave. non molti ci fanno caso ma una nave, soprattutto ma non solo una nave militare, rappresenta una altissima espressione tecnologica che una nazione può raggiungere. si tratta di un mondo autonomo e indipendente nel quale decine, centinaia, anche migliaia di persone convivono per lunghi periodi lavorando, studiando, mangiando, dormendo, giocando e facendo attività sportive, ecc. ecc. come si trattasse di una qualsiasi città. la differenzia l’ambiente in cui essa esiste. quindi occorre tenere conto di tutto, non ci si può limitare a costruire uno scafo ma occorre “riempirlo” di tutti i componenti, apparecchiature, sistemi, tutto ciò che andrà a costituire l’allestimento. un luogo dove la parola “sinergia” assume il suo valore massimo e dove si è verificata una evoluzione tecnica completa. costruire una nave è diventato un lavoro per il quale non era più sufficiente il maestro d’ascia, ma occorreva una organizzazione industriale complessa. così se nel periodo delle repubbliche marinare si utilizzavano caverne e grotte naturali per ricoverare le galere (ad amalfi oggi sono considerate un attrazione turistica) in seguito il cantiere era rappresentato sostanzialmente dallo scalo ossia, un piano inclinato (del 6-15%) verso l’acqua. attorno allo scalo sorgono gru, carriponte, necessari per movimentare e posizionare i materiali da costruzione. si cominciava dalla chiglia (ho postato alcune foto di sommergibili in costruzione dove questo è chiaramente visibile) posizionando i ferri dove indicato dai disegni preparati dall’ufficio tecnico elaborati a partire dal piano di costruzione. nella “sala a tracciare” (oggi sostituite dai computer e dai programmi cad) venivano disegnati (tracciati) in scala 1:1, gli elementi della nave e per questo era molto importante rispettare al millimetro le dimensioni di elementi lunghi anche diversi metri. per questa ragione non era accettabile che le variazioni climatiche modificassero la posizione delle tracce sul pavimento. per questo motivo il pavimento della sala era realizzato a strati di materiale con caratteristiche diverse in modo da renderlo insensibile alle diverse temperature ambientali. i singoli pezzi venivano così riprodotti in “seste” di legno e inviati all’officina carpentieri in ferro. qui grazie a piegatrici, calandratrici, presse, punzonatrici, le strutture(bagli, madieri, paramezzali, ecc. ecc.) assumevano le forme volute e venivano avviate allo scalo, sistemate al loro posto e collegate alle altre strutture mediante chiodatura. lo scafo cresceva di un elemento strutturale alla volta. poi gli scali vennero abbandonati a favore della costruzione prefabbricata con grandi vantaggi in termine di qualità e riduzione dei tempi di lavorazione. le sezioni possono essere realizzate all’interno di fabbricati e assiemati tra loro su ampi piazzali trasportandoli con mezzi di sollevamento su ruote. la tecnica si è perfezionata e gli elementi prefabbricati hanno raggiunto dimensioni e pesi sempre maggiori. una sezione lunga decine di metri e pesante centinaia di tonnellate, viene presentata ad un’altra sezione rispettando tolleranze dell’ordine del millimetro. la saldatura ha permesso tutto questo e se ancora oggi esistono navi con giunzioni chiodate (sopravvive tale tecnica su chiglia, trincarino e ginocchio) si può dire che ormai i tempi e i costi necessari risultano incompatibili con le moderne esigenze. si pensi che per una moderna nave da crociera occorrono circa due anni dalla posa della prima lamiera della chiglia alle prime prove in mare. sono migliaia di tonnellate di componenti che devono essere messi in correlazione tra loro: strutture, apparato motore, impianto elettrico, servizi acqua dolce, sistemi elettronici, attrezzature marinaresche, cabine, cucine, saloni per il divertimento degli ospiti…. come si fa a fare tutto in neanche ventiquattro mesi? con l’organizzazione.
dal parco lamiere si prelevano i profilati e i “grezzi”, vengono trattati e passati alle macchine da taglio oggi controllate da computer. poi si passa al reparto saldatura dove entrano a far parte della sezione prefabbricata mediante saldatura manuale, ad arco sommerso, automatica… contemporaneamente la linea logistica provvede all’allestimento installando tubolature, pompe, macchinari e quant’altro. la parte prefabbricata ora viene avviata allo scalo (o al bacino) dove viene unita alla sezione successiva e così via.
insomma, in un arco di tempo relativamente breve, la nave è pronta e consegnata all’armatore. se assemblata su uno scalo il varo avverrà in modo tradizionale, con lo scafo che scivola sull’invaso fino a congiungersi con il suo elemento naturale. se invece si è eseguita una costruzione in bacino, si provvederà ad allagare lo stesso con le modalità precedentemente descritte. la nave comincerà una serie di prove in mare che termineranno con l’accettazione da parte del committente e il successivo inserimento nella propria flotta.
 

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... quando la nave è in acqua il suo peso è equilibrato dalla spinta idrostatica in maniera uniforme ma quando poggia sui tacchi, il peso va a scaricarsi su questi e l’equilibrio sarà raggiunto dalle reazioni così generate. ma se una taccata per qualunque motivo dovesse cedere, le forze verrebbero ridistribuite con conseguenze molto pericolose...
già... ed è quello che purtroppo ha causato la "dipartita" del mio vecchio e modesto gozzo siciliano ligneo (26').
per una serie di brutte vicende famigliari era rimasta in disuso ferma in porto per almeno 2 stagioni. ritrovati "gli stimoli" io e mio papà decidiamo di rimetterci mano e procedere alla manutenzione ormai assolutamente necessaria. contattiamo l'impresa per l'alaggio e quel giorno assistiamo ad un epilogo tristissimo: non appena è fuori dal pelo dell'acqua il fasciame cede di schianto, sotto il suo stesso peso esercitato sulle braghe :frown:
e' vero, era molto vecchia ed era stata trascurata, ma in acqua "alla vista" non presentava difetti particolarmente allarmanti, e quell'operazione era stata fatta più volte nel corso degli anni.

t'assicuro che è stata davvero un'esperienza bruttissima. era un semplice oggetto di svago di ormai nessun valore, ma ne ero appassionato ed affezionato... il mio mare era quello, niente spiaggia o "vita mondana". tutti i fine settimana dal mattino a tarda sera in "barca" (virgolettato perchè per lei è un complimento esagerato:biggrin:). anche col brutto tempo, sempre lì fermi in porto... ma era una vita estremamente appagante e rilassante.

vabbè, scusa l'intromissione :smile:
e sempre complimentissimi, la descrizione (come sempre) è bella e precisa.

saluti
marco
 
già... ed è quello che purtroppo ha causato la "dipartita" del mio vecchio e modesto gozzo siciliano ligneo (26').
per una serie di brutte vicende famigliari era rimasta in disuso ferma in porto per almeno 2 stagioni. ritrovati "gli stimoli" io e mio papà decidiamo di rimetterci mano e procedere alla manutenzione ormai assolutamente necessaria. contattiamo l'impresa per l'alaggio e quel giorno assistiamo ad un epilogo tristissimo: non appena è fuori dal pelo dell'acqua il fasciame cede di schianto, sotto il suo stesso peso esercitato sulle braghe :frown:
e' vero, era molto vecchia ed era stata trascurata, ma in acqua "alla vista" non presentava difetti particolarmente allarmanti, e quell'operazione era stata fatta più volte nel corso degli anni.

t'assicuro che è stata davvero un'esperienza bruttissima. era un semplice oggetto di svago di ormai nessun valore, ma ne ero appassionato ed affezionato... il mio mare era quello, niente spiaggia o "vita mondana". tutti i fine settimana dal mattino a tarda sera in "barca" (virgolettato perchè per lei è un complimento esagerato:biggrin:). anche col brutto tempo, sempre lì fermi in porto... ma era una vita estremamente appagante e rilassante.

vabbè, scusa l'intromissione :smile:
e sempre complimentissimi, la descrizione (come sempre) è bella e precisa.

saluti
marco

mi spiace per il tuo gozzo. tra parentesi è il genere di barca che in altre circostanze non esiterei a comprarmi.
due anni di "abbandono" hanno avuto conseguenze veramente tragiche, forse lo scafo era già "minato" in precedenza.
le tue non sono intromissioni, ma pareri e domande che spero sempre di leggere anche perchè se trovo un commento o una domanda, significa che ho toccato qualche argomento di interesse.
 
(...segue)
fu questo un periodo in cui proliferavano idee e soluzioni ardite molte delle quali divennero artefici di eroiche imprese. le gesta degli assaltatori della decima flottiglia mas sono note a molti. le imprese di alessandria, malta, suda e gibilterra hanno la stessa fama dei mezzi utilizzati a questo scopo. i siluri a lenta corsa (slc), più famosi come “maiali”, i barchini esplosivi e le mignatte... un po’ meno nota è la quantità di mezzi, studi e ricerca che caratterizzarono questo periodo. furono così tanti e tali che le marine alleate vincitrici dedicarono molto tempo all’analisi dei mezzi ideati per gli assaltatori, sia quelli realizzati, sia quelli rimasti a livello di idea o prototipo.

vediamo ora una rassegna dei mezzi pensati o realizzati per gli assaltatori della x mas.

slc - "maiale"

il siluro lenta corsa è il mezzo d'assalto più famoso non fosse altro che per il suo soprannome di "maiale". altrettanto famoso dovrebbe essere per i risultati ottenuti. anche se tutti conoscono questo mezzo, non tutti sanno come fu realizzato.
nato nella mente di teseo tesei e elios toschi, entrambi direttori di macchina su sommergibili classe h di base a la spezia, che si ispirarono alla mignatta di paolucci e rossetti, aveva il preciso scopo di colmare il gap tra la nostra marina e quella britannica. per la realizzazione dei primi esemplari di slc si utilizzarono materiali di recupero. la base di partenza era rappresentata da normali siluri da 533mm uguali a quelli in dotazione ai sommergibili.
erano costituiti da 5 sezioni: la testa contenente l'esplosivo; la testa di manovra con gli organi di comando; il corpo centrale con gli accumulatori; la coda con il motore; la struttura con timoni ed eliche. vennero aggiunte delle casse assetto che potevano essere esaurite grazie a due pompe elettriche. la testa del siluro, contenente la carica esplosiva da quasi 300 kg (solo l'involucro ne pesava 68) fu modificata con l'adozione di spolette ad orologeria della borletti di milano e resa separabile dal corpo centrale mediante una fascia di collegamento che in seguito verrà sostituita da un perno longitudinale. un golfare detto "di sospensione" consentiva di appendere mediante un cavo, la testa esplosiva alla nave da colpire. nella testa di manovra si trovava la cassa assetto prodiera e i comandi di manovra. il corpo centrale, chiuso alle estremità da paratie stagne, conteneva i 30 elementi della batteria a 150 ah - 60v,. nella coda si trovava il motore da 1,1hp (poi incrementati a 1,6) che consentiva una velocità massima di 3 nodi e un autonomia di 15 miglia e, la cassa assetto poppiera attraversata dall'asse dell'elica. un riduttore di giri e un cuscinetto reggispinta collegavano il motore alle due eliche assiali controrotanti. il riduttore fu fonte continua di problemi e rotture. in seguito le due eliche verranno sostituite da un unica elica quadripala più efficiente alle basse velocità. l'elica era protetta da una gabbia conica per impedire che si impigliasse in reti o cavi. i timoni verticale e orizzontale erano manovrati attraverso un complesso di rinvii, pulegge e cavi.
i due operatori montavano a cavalcioni sul siluro su due seggiolini appoggiando le gambe a staffe metalliche e il pilota, seduto alla postazione anteriore, era “riparato” da uno scudo che proteggeva anche un cruscotto stagno con gli strumenti ossia, un profondimetro, un orologio, una bussola, un volmetro, due amperometri e una livella a bolla d'aria. la velocità poteva essere regolata grazie ad un reostato e disponeva anche di marcia indietro. alle spalle del pilota si trovava la cassa rapida e le bombole dell'aria compressa da 200 atm. la valvola di sfogo era regolata da un comando posto sul lato sinistro della cassa. dopo il posto del secondo operatore, si trovava un blocco di legno di balsa la cui spinta positiva equilibrava il peso del motore sottostante, infine una struttura a libera circolazione di acqua creava un riposto per attrezzi come cesoie taglia cavi, un portaviveri stagno, autorespiratore di riserva, ecc. ecc. la velocità era modesta sia in emersione che in immersione.
i primi due esemplari vennero realizzati presso l'officina siluri san bartolomeo e il primo fu pronto il 2 novembre 1935. le prove in mare diedero risultati incoraggianti anche se ancora insoddisfacenti. dopo poco fu pronto anche il secondo esemplare che però accusò alcuni problemi ed ebbe bisogno di maggiore messa a punto. intanto lo sato maggiore ordinò la costruzione di ulteriori quattro esemplari. finita la guerra di etiopia l'interesse dello s. m. diminuì sino a scomparire del tutto. i mezzi vennero abbandonati in un magazzino e gli operatori destinati a vari servizi. data la segretezza che caratterizzò tutta la vita degli slc, non si conosce con esattezza quanti esemplari furono realizzati. dopo i due prototipi iniziali del 10935/36 ne venne ordinata una prima serie di 4 seguita da una seconda di 5 numerati da 1 a 11. altri (forse) 8 esemplari del 40 vennero numerati come "serie 100" quindi ebbero numeri 120, 130, ecc. l'ultima serie del 41 apparterebbero alla serie 200 iniziando dal 220 per proseguire con 221, 222, ecc.
il resto è storia, durante la seconda guerra mondiale, gli slc vennero “riesumati” e si resero autori di eroiche imprese come quella forse più famosa, l’attacco al porto di alessandria.

ssb - il siluro san bartolomeo

gli slc avevano evidenziato numerose limitazioni di impiego. gli equipaggi dovevano essere muniti di autorespiratori a circuito chiuso per evitare la formazione di bolle d'aria. il gas veniva purificato dall'anidride carbonica grazie ad un filtro di calce sodata che però una volta saturo, non era più in grado di purificare l'ossigeno. numerosi operatori furono vittime di malori da avvelenamento, soprattutto il secondo che viaggiava sempre immerso. così si dovette rielaborare il progetto e gli studi vennero affidati al maggiore del genio navale mario maciulli e al capitano travaglino con la consulenza dell'ing. cattaneo. grazie alla collaborazione degli uomini della xmas e della direzione armi subacquee di la spezia, la realizzazione dei prototipi venne affidata nuovamente alle officine san bartolomeo da cui il nome siluro san bartolomeo (ssb). solo tre esemplari furono portati a termine prima della fine della guerra di cui due rimasero a la spezia e uno, fu inviato a venezia.
(segue...)

e' passato adesso alla sflilata del 2 giugno a roma!
:smile:
 

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ot- oggi nel golfo dei poeti sembrava di giocare a battaglia navale... :tongue:
 

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allagare tubi 1 e 2
aprire i portelli
fuoco!

248713_10150220880007777_790182776_6855665_7405167_n.jpg
 
ed un pezzetto di storia, vero?:bekle:

la "storia" riprende a breve ma ora è un periodo "intenso" (anche perchè tra pochi giorni me ne vado in ferie e devo concludere alcune cose prima di "salpare").
queste sono due delle foto fate oggi in mare. non sono belle ma il tempo era pessimo, pioggia e visibilità ridotta. domani ne faremo altre se il clima consente.
 

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