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波の上および下

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io ne possiedo 17...chissà chi è stata l'anima pia che me li ha dati, visto che bacchetto spesso e volentieri... :tongue:
 
um momento.
la reputazione ti appare a sinistra nel riquadro pannello utente sotto l'indicazione nuovi messaggi.
poi sotto c'è un quadratino verde del quale non ho mai capito l'utilità (l'utente si trova su una strada distinta???).
i punti invece appaiono nel pannello utente. i miei sono 43 ed equivalgono a 5 punti di reputazione.
 
ognuno vede la propria, nel pannello utente, e può vedere anche i messaggi a cui è stata data. quello che non si può vedere e chi te l'ha data.

questo per come abbiamo configurato vbulletin nel nostro forum.
in altri vedi chi te l'ha data, per quale discussione, il commento e sotto il tuo avatar una barra e un valore di "popolarita'". verde se sei ok, rosso se ti sei beccato degli "strali" di disapprovazione, grigia se non ci sono ancora voto, nera se hai disabilitato la possibilita' di ricevere reputazioni.
 
questo per come abbiamo configurato vbulletin nel nostro forum.
in altri vedi chi te l'ha data, per quale discussione, il commento e sotto il tuo avatar una barra e un valore di "popolarita'". verde se sei ok, rosso se ti sei beccato degli "strali" di disapprovazione, grigia se non ci sono ancora voto, nera se hai disabilitato la possibilita' di ricevere reputazioni.

si, ma secondo me non servono a niente.
molti non sanno nemmeno che esiste questa possibilità e quindi, interventi di utenti che pure meriterebbero approvazione (e ce ne sono), non ne ricevono mai.
un po' come la votazione delle discussioni. quanti votano e quanti no?

a me fa più piacere vedere che quello che scrivo riceve oltre 41000 visite (anche se non raggiungerò mai il presidente :tongue:) oppure, quando leggo qualche domanda "stuzzicante" o qualche messaggio di approvazione. ho suscitato "interesse" e questo mi ricompensa della fatica.

perchè, come ho avuto modo di dire tante volte, quello che scrivo in questa "rubrica" è il risultato di molte ore di lettura, ricerca, scrittura, spesso impegnativa. ed è risultato di tempo sottratto magari ad altre cose, ritagliato nella frenesia quotidiana.
ognuno si distrae e rilassa come può e questo è il mio modo.
grazie.
 
Last edited:
...perchè, come ho avuto modo di dire tante volte, quello che scrivo in questa "rubrica" è il risultato di molte ore di lettura, ricerca, scrittura, spesso impegnativa. ed è risultato di tempo sottratto magari ad altre cose, ritagliato nella frenesia quotidiana.
ognuno si distrae e rilassa come può e questo è il mio modo.
grazie.

bravo:finger:
 
si, ma secondo me non servono a niente.
molti non sanno nemmeno che esiste questa possibilità e quindi, interventi di utenti che pure meriterebbero approvazione (e ce ne sono), non ne ricevono mai.
un po' come la votazione delle discussioni. quanti votano e quanti no?

a me fa più piacere vedere che quello che scrivo riceve oltre 41000 visite (anche se non raggiungerò mai il presidente :tongue:) oppure, quando leggo qualche domanda "stuzzicante" o qualche messaggio di approvazione. ho suscitato "interesse" e questo mi ricompensa della fatica.

:finger:

VOTANTONIO.png

:biggrin::biggrin:
 
ok, torniamo in topic, oggi vi racconto una storiella dal titolo:

operazione sottoveste

chi di noi non ha mai visto quel film con cary grant e tony curtis e un sommergibile rosa?
per quei pochi che non sapessero di cosa sto parlando, si tratta di un film del 1959 il cui titolo è “operazione sottoveste”.
la trama parla delle avventure di un sommergibile americano durante la seconda guerra mondiale, impegnato nel pacifico, che viene pitturato di un improbabile colore rosa, per mancanza di vernici regolamentari.

una delle scene più famose è senza dubbio il “siluramento di un camion”. quando il comandante ha nel periscopio una bella petroliera carica, ormeggiata ad un pontile, che non aspetta altro che di essere silurata, una infermiera inavvertitamente preme il comando di lancio e il siluro, lanciato prematuramente, manca il succolento bersaglio, centrando invece un camion sulla spiaggia.

pur trattandosi di un film comico, gli sceneggiatori non sono andati molto lontano dalla realtà.
anzi, forse per questo episodio, si sono ispirati ad un fatto realmente accaduto anche se in un teatro completamente diverso.


la storia vera...

la notte dell’11 agosto 1944 il sommergibile “bowfin” attaccò con successo alcune navi ormeggiate, affondandone due e danneggiandone una terza.
ma un quarto siluro colpì invece un pontile su cui si trovava un autobus che saltò in aria.

ma non fu un caso isolato.
c’è un altro episodio, che ci riguarda da più vicino, che merita di essere accennato e che venne pubblicato anni fa su un numero della rivista “storia militare”.
alcuni “swordfish”, i "mucchi di stringhe" protagonisti a taranto, la notte tra il 13 e il 14 agosto 1940, aerosilurarono l’isoletta di torre avalos presso augusta.
insomma, anche se episodi del genere non rappresentano la regola, non si possono nemmeno considerare un’esclusiva di hollywood.

infatti, un altro episodio poco noto, si verificò sempre nel 1940 e sempre in italia e di questo ora ci occuperemo.
il 21 settembre di quell’anno, l’hms triton, un sommergibile britannico appartenente alla classe “t”, sommergibili costruiti tra il 1937 e il '45 in 55 esemplari (su 62 ordinati), lascia la base di gibilterra per una missione che lo porta di fronte alle coste liguri (precisamente al largo di oneglia), dopo una navigazione di sei giorni.
da quel momento il sommergibile comincia a pattugliare verso il levante ligure quando il 3 ottobre, il comandante del battello annota sul diario di bordo: "posizione a tre miglia da riva trigoso… notevole attività nei cantieri navali… un grosso mercantile appare pronto per il varo affiancato da altra unità in fase più arretrata di costruzione… non si notano difese lato mare ma le navi si trovano ad un livello troppo elevato e distante dalla battigia per sperare in un lancio utile”.
così il triton si allontana e si dirige verso vado.
la sera del 6 ottobre, da una distanza di circa 3500 m. il comandante lancia due siluri contro un mercantile stimato sulle 4000 ton, ancorato alla foce di un torrente.
dopo tre minuti di corsa uno dei due siluri esplode in una grande nuvola di fumo bianco. il comandante annota il siluramento di una nave dallo scafo nero e dalle sovrastrutture bianche, con un fumaiolo chiaro dalla sommità nera tipo “compagnia di navigazione tirrenia”. dopo il lancio, emerge e apre il fuoco con il cannone sparando 18 colpi contro un impianto per la produzione del gas poi, accosta a dritta e spara altri 11 colpi contro una grossa fabbrica. alle 18,30 il sommergibile si immerge mentre le batterie costiere di forte della madonna degli angeli aprono il fuoco contro di lui senza colpirlo.
il sommergibile prosegue la sua navigazione arrivando dopo cinque giorni a malta.
questo è il resoconto del comandante inglese ma nella realtà le cose andarono un po’ diversamente. il bombardamento colpì realmente alcuni stabilimenti di vado ligure causando un morto e sei feriti ma il siluramento ebbe tutt’altro esito.
gli inglesi infatti non affondarono alcun mercantile.

e allora cosa accadde realmente?
all’epoca, a ponente del torrente letimbro, si trovava una centrale elettrica che disponeva a lato mare, di un pontile e della stazione di pompaggio per l’acqua di mare necessaria al raffreddamento delle turbine, sormontata da una bassa ciminiera. certamente il comandante fu ingannato dalla distanza e dalle condizioni di luce ma il triton silurò il pontile.
uno dei siluri colpì alla radice causando pochi danni ma distruggendo i vetri delle case circostanti e sollevando una grossa colonna di acqua, mentre il secondo, superò la battigia andando ad arrestarsi a pochi metri dalla massicciata che delimitava la spiaggia.
l’inconsueto “ospite” attirò l’interesse degli abitanti della zona e fu necessario organizzare una guardia di carabinieri in attesa che gli specialisti della regia marina arrivassero da la spezia.
i militari, con l’aiuto di alcuni tecnici savonesi che realizzarono appositi strumenti, tra cui un cacciavite lungo diversi metri, disattivarono la spoletta. il siluro venne poi trasferito presso l’officina siluri dell’arsenale di spezia dove venne smontato e studiato.
i siluri erano dei mark viii, un modello della whitehead degli anni trenta e riprodotto in successive versioni fino ali anni sessanta. lunghi 6,47 metri, pesavano 1566 kg ed erano propulsi da un motore ad ria compressa da 322 hp che consentiva una gittata di 6000 metri con una velocità di 40 nodi. la testa esplosiva portava una carica da 365 kg.
i triton salpò da malta il 28 novembre 1940 diretto in adriatico. durante la navigazione trasmise di aver intercettato un segnale di soccorso del mercantile italiano olympia e di avere l’intenzione di dirigersi in zona.
fu l’ultimo messaggio del battello che scomparve probabilmente a causa di una mina nel canale di otranto anche se esiste la possibilità che venne affondato dalle torpediniere “confienza” e “clio”.

derivati dai classe “o” e “r”, pur dislocando 400 tonnellate in meno, ne rappresentavano un sostanziale miglioramento. migliore autonomia, prestazioni e armamento, vennero realizzati in tre gruppi via via migliorati.
il primo gruppo (triton, taku, talisman, tarpon, tetrarch, thetis, thistle, tigris, torbay, triad, tribune, trident, triumph, truant e tuna) era armato con dieci tubi di lancio da 533 mm. (otto a prua e due a mezza nave sistemati in modo da lanciare verso prora).
quelli del secondo gruppo (tempest, thorn, thrasher, traveller, trooper, trusty, turbulent) e del terzo (p.311, p.317, p.325, p.326, tabard, taciturn, talent (1â°) e talent (2â°), tantalus, tantivy, tapir, tarn, tasman, telemachus, teredo, terrapin, theban, thermopylae, thor, thorough, threat, tiara, tiptoe, tireless, token, totem, tradewind, trenchant, trump, truncheon e turpin), erano dotati di un ulterior tubo singolo a poppa estrema oltre alla prora ridisegnata per ridurre l’onda di prua. di tutti questi battelli, sedici andarono perduti, i rimanenti furono radiati nei primi anni sessanta.
erano sommergibili da 1325 tonnellate di dislocamento (1585 in immersione), lunghi 83,3 metri, larghi 7,98 e con una immersione di quasi 5. l’apparato motore era costituito da 4 motori diesel vickers da 2500 hp e due elettrici laurence/scott da 450 hp. le velocità massime erano di 15 nodi in emersione e 8,5 in immersione. l’armamento, oltre i tubi di lancio, disponeva di un cannone da 102 mm e alcune mitragliatrici (a seconde della versione). l’equipaggio era di 56/61 uomini.
 

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...poi sotto c'è un quadratino verde del quale non ho mai capito l'utilità (l'utente si trova su una strada distinta???)..
hai provato a cliccare sul quadratino verde d' er presidente ad esempio :biggrin:? vedi che quel commento non è sempre uguale ed evidentemente ha un suo perchè..

...i punti invece appaiono nel pannello utente. i miei sono 43 ed equivalgono a 5 punti di reputazione.
di sta cosa non sono convinto e non capisco come funzioni. io ho 19 punti e 6 di reputazione... com'è possibile? che vuol dire?

se si vuol far sapere chi è a dare la reputazione basta firmarsi quando lasci il commento:smile:

ed il fatto di non poter dare più di un "voto" allo stesso utente se non dopo averne "dati in giro", pure lo trovo assurdo. io li dò a chi se li merita, mica così tanto per; tu con questa storia ( e pure per altro) ne meriteresti ad ogni post, ma non me lo lascia più fare.. comunque sai che ti stimo indipendentemente dal nr di punti reputazione:wink:

saluti
marco:smile:
 
hai provato a cliccare sul quadratino verde d' er presidente ad esempio :biggrin:? vedi che quel commento non è sempre uguale ed evidentemente ha un suo perchè..

er presidente è er presidente, mica bau bau micio micio.

...di sta cosa non sono convinto e non capisco come funzioni. io ho 19 punti e 6 di reputazione... com'è possibile? che vuol dire?

che sei un raccomandato? :biggrin:

...ed il fatto di non poter dare più di un "voto" allo stesso utente se non dopo averne "dati in giro", pure lo trovo assurdo. io li dò a chi se li merita, mica così tanto per; tu con questa storia ( e pure per altro) ne meriteresti ad ogni post, ma non me lo lascia più fare.. comunque sai che ti stimo indipendentemente dal nr di punti reputazione:

e tu sai che non scrivo certo per questo...
grazie marco, la stima è più che reciproca. :finger:
 
a gentile richiesta,(http://www.cad3d.it/forum1/showthread.php?t=27327) parliamo un po' di mine subacquee (o torpedini). d'altronde avevamo già discusso di siluri quindi, per par condicio...

come al solito, facciamo prima un po' di storia.
siamo nella francia del '600 regnata da luigi xiii di borbone detto il "re giusto". e' l'epoca dei cardinali richelieu e mazzarino, della monarchia assoluta, di guerra contro gli eterni rivali inglesi.
proprio quest'ultimi ebbero l'idea di utilizzare di bidoni galleggianti pieni di polvere da sparo contro la flotta francese lasciandoli alla deriva. un acciarino da moschetto inserito nel barile, al minimo urto scattava innescando l'esplosione che avrebbe gravemente danneggiato, se non addirittura affondato, la nave nemica. in realtà le vittime furono poche e tra esse ci furono anche navi degli stessi britannici. le mine erano pericolose nella stessa misura sia per l'attaccato che per l'attaccante (bisogna ricordare che questi ordigni non sono discriminanti ed esplodono all'urto con qualsiasi nave, amica o nemica).
ma l'idea aveva aperto una nuova era nel combattimento navale.
l'idea fu ripresa e migliorata da un ufficiale della flotta pontificia. dei recipienti galleggianti, ancorati al fondo per non farli andare alla deriva, proteggevano l'accesso ai porti dalle minacce navali.
così una nuova materia di ricerca e sperimentazione era disponibile e americani e inglesi, tra il 700 e l'800, dedicarono molto tempo allo studio degli effetti delle esplosioni subacquee.
supponiamo di fare detonare una carica esplosiva (per semplicità la considereremo sferica), posta ad una certa profondità sott’acqua. l’innesco propaga l’onda di detonazione all’esplosivo che al suo passaggio, si trasforma in un gas a 3000° con una pressione che può raggiungere le 50.000 atm. tutto, senza cambiamenti di volume.
a seconda del tipo di esplosivo, l’onda viaggia a 6000 m/sec percorrendo lo spazio in pochi microsecondi. ora l’onda di detonazione ha raggiunto la periferia della carica, quella a contatto con l’acqua, e provoca un onda d’urto la quale, conserva ancora una notevole quantità dell’energia sviluppata. il gas forma una bolla di pressione che supera di molto il corrispondente valore della pressione idrostatica. la pressione iniziale è molto diminuita ma è tutt'ora molto più elevata della pressione idrostatica di equilibrio. l’acqua è accelerata verso l’esterno e il diametro della bolla aumenta rapidamente. durante l’espansione la pressione del gas diminuisce mentre il moto dell’acqua che si sposta all’esterno permane per via dell’inerzia. quindi la pressione decade al di sotto della pressione di equilibrio e il flusso di acqua verso l’esterno si arresta. in questo momento il contorno esterno della bolla comincia a contrarsi con velocità crescente e il moto si inverte. ora l’acqua torna verso il centro della bolla da cui però viene respinta dalle proprietà elastiche dell’acqua e del gas. si innescano delle “pulsazioni”, ossia dei cicli ripetuti di espansione-contrazione fino a che tutta l’energia non viene dissipata o la bolla raggiunge la superficie rompendosi. superficie e fondo del mare, causano effetti di riflessione che incrementano gli effetti. in superficie vedremo inizialmente l’arrivo dell’onda d’urto sotto forma di un cerchio sulla verticale dell’esplosione, poi l’acqua si innalza fino a che la bolla si rompe e proietta l’acqua in una colonna.
la detonazione forma un onda d’urto che diminuisce di intensità mano a mano che ci si allontana dal centro dell’esplosione. quest’onda, detta primaria, è immediatamente seguita da un secondo fenomeno di durata molto maggiore che è l’espansione dei gas e dal terzo fenomeno oscillatorio smorzato. mentre il primo fenomeno è dipendente dalla velocità di detonazione, il secondo è in rapporto con l’energia sviluppata cioè, dal potenziale dell’esplosivo. tutti questi fenomeni hanno la loro quota parte negli effetti distruttivi e mentre il primo è un colpo rapido e violento, il secondo è uno sforzo che dura un tempo relativamente lungo. il primo perfora, il secondo contorce.
se il bersaglio è un blocco monolitico gli effetti dello scoppio sono relativamente modesti. ma se invece è cavo, un alternarsi di pieni e vuoti come può essere uno scafo, allora gli effetti possono essere devastanti. l’onda d’urto primaria causa la rottura della struttura mentre le onde di pressione squarciano e contorcono il resto. gli studi in materia hanno dimostrato che una esplosione che avviene in prossimità della superficie ha effetti considerevolmente ridotti mentre aumentano all’aumentare della profondità. a parità di distanza, effetti ancora maggiori si hanno se l’esplosione avviene al di sotto della nave
sappiamo che l’acqua è incomprimibile e l’onda viene trasportata per lunghe distanze scaricandosi sulle murate delle navi le quali, non avendo resistenza sufficiente, cedono provocando la rottura del fasciame e aprendo numerose vie d’acqua. se a questi effetti aggiungiamo il fatto che le paratie stagne sono state introdotte alla fine del 1800, possiamo immaginare come uno squarcio relativamente piccolo, potesse affondare una nave anche di grandi dimensioni.
il primo prototipo fu progettato nel 1810 dallo statunitense robert fulton, ma agli inizi non ebbe molta fortuna e la sua realizzazione fu subordinata alla costruzione di altre armi.
la mina di fulton era costituita da una cassa, con circa 45 kg di esplosivo, alla cui sommità era montata una scatola contenente il congegno di innesco ad urto e nella parte inferiore della cassa era collegata una scatola vuota per aumentare la spinta. l'ormeggio era realizzato con un cavo di canapa e grossi pesi in funzione di ancora.
il primo impiego bellico delle mine si ebbe durante la guerra di crimea (1854/1856).
i russi usarono per scopi difensivi sia mine a contatto simili a quella ideata da fulton, sia mine posate sul fondo ed azionate elettricamente da terra con un metodo di controllo realizzato negli stati uniti nel 1843, dal colonnello colt (tra i molti nomi che si dedicarono a questi studi, ci fu anche samuel colt ossia, il papà della famosa pistola dei cow boy).
un impiego di massa delle mine si ebbe, però, solamente durante la guerra civile americana (1862-1865), quando gli stati del sud le usarono per impedire alle navi degli stati del nord di risalire i fiumi per bombardare le loro principali città.

ma il principale sviluppo che porto alla mina moderna, si ebbe grazie ad un italiano.
giovanni emanuele elia, nato a torino il 15 marzo 1866, nel 1880 entrò come allievo nella scuola di marina di napoli per poi passare, l'anno successivo, al primo corso della neo costituita accademia navale di livorno. già nel 1889 ideava un modello di torpedine a funzionamento semplificato; presentando l'anno seguente un progetto definitivo per un'arma ad ancoramento automatico.
le mine dell'epoca, necessitavano per la messa in opera, di operazioni lunghe, laboriose e costose. il modello di elia, al contrario, faceva registrare un'estrema facilità di posa in opera anche su alti fondali: diventava perciò proponibile l'uso cosiddetto "offensivo" dell'arma (cioè teso a colpire gli spostamenti del nemico e non solo a difendere le proprie coste), come già ipotizzato dall'ammiraglio s. pacoret di saint-bon diversi anni prima.
inizialmente le "torpedini da blocco", in seguito denominate "mine subacquee ad ancoramento automatico, erano costituite da una sfera metallica in acciaio, rame o ottone, a tenuta stagna in cui vi era un piccolo contenitore metallico, che racchiudeva l'esplosivo, 145 kg di potentissimo trinitrotoluene. questo contenitore era sospeso al centro della sfera esterna sostenuto da bracci radiali, anch'essi sempre in ferro. gli "urtanti" (lunghi cilindri in piombo nel cui interno vi era una fiala di acido), erano posizionati nella parte alta della mina. urtando la mina questi si piegavano con estrema facilità, la fiala si rompeva e l'acido colava attraverso un piccolo tubicino nella seconda cassa interna, quella dell'esplosivo. l'acido raggiungeva cosi una miscela di clorato di potassa e zucchero producendo una fiamma caldissima e la conseguente detonazione dell'esplosivo. in seguito si sostituì il sistema di innesco, la rottura di una fialetta di elettrolita imbeveva e faceva funzionare una pila elettrica; la corrente di questa, arroventando un sottile filo di platino, determinava l'accensione del detonatore al fulmicotone. nella parte centrale dell'involucro della torpedine una cavità piena d'aria assicurava una spinta verso l'alto tale da permettere il galleggiamento dell'ordigno, non appena lanciato in mare.
elia progettò una serie di automatismi che resero possibile la posa di mine da parte di unità preposte allo scopo, le "posamine". l'idea più importante per il lavoro delle "posamine, fu l'invenzione del carrello d'ancoraggio per le mine stesse. grazie a questo sistema, la posa in mare diventava semplice e veloce tanto che una nave poteva, in venti minuti, posare uno sbarramento di 12 km procedendo alla velocità di venti nodi (quasi 40 km/h).
fino ad allora le mine erano fissate al fondo con grosse ancore o blocchi in cemento e il problema stava nello scegliere il punto giusto dove posarle, in modo che il fondo permettesse alla lunghezza del cavo di trattenere la mina a pelo dell'acqua quindi quasi invisibile.
il carrello invece, era un cassone in ferro di grande peso che durante il trasporto reggeva sopra di se la mina, rendendo questo più semplice e sicuro, al suo interno aveva un sistema capace di srotolare il cavo in acciaio che doveva tenere la mina ancorata a lui e di trattenerla ad una profondità stabilita e calcolata in precedenza grazie ad un sistema a pressostato. la scelta della zona di ancoraggio non era più fatta a seconda della profondità ma al bisogno o dove era probabile il passaggio del nemico.
(segue...)
 
Last edited:
(...segue)

il carrello era chiamato cosi perché aveva quattro ruote simili a quelle del treno, ma molto più piccole, capaci di scorrere su una vera e propria rotaia in miniatura posta sui ponti delle navi adibite a posare le mine in mare, da qui il nome di posamine. il carrello con la mina poteva cosi correre sulle rotaie che erano imbullonate sul ponte della nave, verso poppa. preparato e tarato il pressostato per la profondità scelta, il carrello con la mina sopra, veniva allora fatto correre verso poppa e quando la raggiungeva finiva fuoribordo cadendo in mare. dopo il lancio in mare, non appena l'asse della torpedine assumeva all'incirca una posizione verticale, da questa si staccava uno scandaglio collegato ad un'ancora e automaticamente, cominciava a svolgersi il cavo (della lunghezza anche di 1.000 m), dell'ancora della torpedine. l'ancora, costituita da un involucro metallico vuoto internamente, di forma grosso modo cilindrica, veniva trascinata verso il fondo dallo scandaglio. l'urto dello scandaglio sul fondo faceva bloccare lo svolgimento del cavo dell'ancora e aprire in questa una valvola che provocava l'allagamento della camera interna. ora carrello e mina affondavano insieme per alcuni metri, poi il carrello toccava il fondo e tratteneva cosi la mina a pochi metri dalla superficie. la torpedine era cosi invisibile e maggiormente insidiosa rimanendo in agguato a pelo d'acqua o anche oltre per lo sbarramento contro sommergibili.
grazie a questi automatismi, la velocità di posa aumentava sensibilmente: nel 1895 una posamine, riusciva a collocare 200 torpedini elia in due ore con l'impiego di 100 marinai, e nel 1897 in una sola ora, la nave washington sbarrò il porto di la spezia.
la torpedine era provvista di un dispositivo di sicurezza, denominato "piatto idrostatico", che impediva l'innesco della carica esplosiva in caso di rottura della fialetta di elettrolita per un urto accidentale sul ponte della nave posamine.
la torpedine fu adottata ufficialmente dalla marina militare italiana nel 1893 anche se nel corso degli anni l'arma subì alcune modifiche studiate da elia o suggerite da prove fatte dalla stessa marina.
fu quasi subito sostituito l'innesco chimico-elettrico con uno meccanico a percussione detto "revolver", perché più sicuro. l'involucro fu realizzato in alluminio; fu aumentata la possibilità offensiva dell'arma rendendola efficace anche contro i sommergibili. durante la prima guerra mondiale la torpedine elia fu adottata dalle marine militari francese, inglese, spagnola e statunitense.
ne vennero costruite oltre 500.000 esemplari di cui ben 400.000 furono utilizzate da inghilterra e stati uniti.
negli anni 20-30, gli studi sulla torpedine subirono una forte accelerazione considerati gli ottimi risultati ottenuti in guerra. l'accensione meccanica poco affidabile e sensibile fu sostituita da quella elettrica mentre il sistema di ancoramento ordinario fu sostituito dal sistema ad ancoramento automatico che velocizzò di molto le operazione di posa dei campi minati. la regia marina per la cronica scarsità di fondi non riuscì a rinnovare completamente il parco delle torpedini e così molte torpedini usate nei primi mesi del secondo conflitto risalivano al periodo 1915-18.
le principali mine usate dall'italia furono:
- torpedine wickers-elia del tipo ae (accensione elettrica) 145/1925; costituì il tipo fondamentale dal quale derivarono tutte le altri armi. (145 indica il peso della carica e 1925 l'anno di progetto).
- torpedine ae - p (dove p indica costruita dalla pignone) 145/1930 elia
- torpedine ae - p 145/1935 elia
- torpedine ae - a (a ancoramento automatico) 200/800; arma da sommergibile per impiego antinave ( dove 800 indica la massima profondità di ancoramento).
- torpedine ae - p - a 150/1935 ae - p - a 150/1939; evoluzione della pignone.
- torpedine ae - p. 200/1936; mina pesante impiegabile soltanto da unità di superficie.
- torpedine ae - p 125/1938 ( coloniale ); con una maggior riserva di spinta necessaria a galleggiare anche se coperta da molta vegetazione sottomarina ( fenomeno tipico dei mari caldi ).
- torpedine ae 150/1938 c.r.(cr caratteristiche ridotte) per impieghi antinave.
le mine con funzione antisom, potevano essere dotate di due antenne verticali che consentivano una maggiore copertura. fu messa a punto anche una mina a galleggiamento temporaneo e le micidiali mine con innesco antistrappo (causarono ad esempio la distruzione della forza k nonostante le navi procedessero con i paramine in acqua). l'italia, durante il secondo conflitto, disseminò i suoi mari di oltre 25.000 mine di propria produzione. dal 1941 i tedeschi ci fornirono 12.000 mine ad innesco magnetico di loro produzione, molto più sofisticate nel sistema di detonazione della carica esplosiva.
la seconda guerra mondiale vide un massiccio impiego di mine di ogni specie da parte di tutti i belligeranti. le perdite dell'asse accertate furono di 150 navi, fra militari e mercantili, compresi 35 sommergibili; le perdite alleate ammontarono a circa 600 unità, fra militari e mercantili, per un totale di circa 1.000.000 di tonnellate, un successo sensibilmente più consistente di quello degli anglo-americani ed ottenuto con minor sforzo.
ad esse si aggiungono le perdite non note costituite dalle navi danneggiate che, pur non affondate, non furono più in condizioni di riprendere il mare prima del termine del conflitto e dovettero subire lunghe e costose riparazioni.
infatti i danni causati da esplosioni subacquee, anche quando non portano all'affondamento dell'unità, sono più gravi, in genere, di quelli dovuti ad esplosioni aeree o di superficie in quanto, a differenza di queste, colpiscono l'opera viva della nave, cioè la parte più vitale di uno scafo.
tre nuovi ed importanti strumenti bellici hanno caratterizzato questo secondo conflitto: le mine ad influenza, i sommergibili posamine gli aerei posamine.
all'inizio i tedeschi, gli unici ad essere in europa veramente pronti alla guerra di mine, sorpresero gli avversari con l'impiego della mina magnetica ad ago, la cui attivazione era determinata dalla perturbazione magnetica generata dal transito di uno scafo metallico. gli inglesi cercarono di reagire e migliaia di uomini rischiarono la vita a bordo dei dragamine (nel 1940, ben 60.000 uomini, svolsero tale servizio).
nel pacifico la guerra di mine può essere divisa in due fasi nella prima delle quali gli statunitensi, impreparati nella guerra di mine, le impiegarono esclusivamente a scopo difensivo e il giappone subì l'affondamento o il danneggiamento di 700.000 ton di naviglio. nella seconda fase del conflitto invece, gli stati uniti lanciarono una grande controffensiva durante la quale furono posate 12.000 mine che causarono l'affondamento o il danneggiamento di 1.000.000 di ton di naviglio e che costrinsero i nipponici nei loro porti. l'aspetto innovativo fu l'impiego della mina (considerata fino allora economica arma di difesa per paesi più deboli) come arma d'attacco rivelando doti di grande flessibilità d'impiego e di notevole efficacia. di questi insegnamenti, quelli che ne trassero maggior vantaggio furono i sovietici i quali fornirono armi e tecnici alla corea del nord.
sin dai primi giorni del conflitto, le armi furono trasportate con ogni mezzo (in treno, sugli autocarri, via mare) dalla russia alla corea. gli stati uniti si trovarono assolutamente impreparati a fronteggiare la minaccia visto che l'organizzazione dei dragamine era stata sciolta al termine della seconda guerra mondiale per questioni di bilancio. di una flotta di 500 unità, ne erano rimaste solo 4 con scafo in ferro e 6 in legno (poi portati a 20).
la baia di wonsan era stata rapidamente disseminata di 3.000 mine di produzione sovietica ed erano per il 50% mine da fondo magnetiche.
quando l'esigua flottiglia statunitense si trovò a dover fronteggiare l'insidia, si trovò di fronte ad un vero inferno: le mine esplodevano tutt'intorno e occorsero cinque giorni per poter bonificare il primo canale ritardando lo sbarco, tanto che l'azione fallì.
l'ammiraglio joy, comandante in capo della flotta dell'estremo oriente, dichiarò: “il più importante insegnamento dell'operazione wonsan è che nessuna branca cosiddetta secondaria della guerra marittima quale la guerra di mine dovrebbe essere giammai dimenticata o relegata in futuro ad un ruolo secondario. wonsan ci ha inoltre insegnato che è possibile ci venga annullata la libertà di movimento verso un obiettivo a seguito di un uso intelligente delle mine anche da parte di un avversario poco preparato”.

(segue...)
 

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(...segue)

quindi appare evidente l'importanza della guerra alle mine. vediamo come si effettua.
per le mine ad ormeggio si sono sempre impiegate piccole unità navali, dal pescaggio minimo, in grado di rimorchiare cavi di acciaio tenuti "aperti" da dei divergenti e, attrezzati con congegni atti a "cesoiare" il cavo di ormeggio delle mine. la mina, liberata dal cavo, sale in superficie e può essere fatta esplodere impiegando le armi di bordo. la minaccia assunse maggiore importanza con l'introduzione da parte dei tedeschi, delle mine da fondo ad "influenza". queste, anziché attendere il contatto con il bersaglio, si attivavano grazie alla "perturbazione magnetica" che la nave generava sul fondo marino al suo passaggio. anche per questa nuova minaccia venne ideata un'idonea contromisura. furono realizzate navi in materiale amagnetico che avevano installato a bordo alcune apparecchiature elettriche. queste apparecchiature venivano fatte attraversare da corrente elettrica generando a distanza di sicurezza dall'unità, un forte campo magnetico. il passo successivo fu rappresentato dalle mine ad attivazione acustica. queste "sentivano" il rumore prodotto dal passaggio di una nave ed esplodevano. in questo caso la contromisura fu di semplice e rapida realizzazione. i dragamine rimorchiavano apparecchiature che generavano un rumore di forte intensità attivando l'innesco. ma negli anni 50 fu ideato un ulteriore nuovo tipo di mine che sfruttavano l'effetto bernoulli ossia, la depressione creata su fondo dal passaggio di una nave. questo sistema rendeva non dragabili le mine che anzi, vennero perfezionate con congegni che contavano i passaggi delle navi prima di attivarsi, che le attivavano o disattivavano dopo un certo tempo. i dragamine allora svilupparono una nuova tecnica. in pratica, non si cercava più di causare l'attivazione e la conseguente esplosione. bensì, si cercava di localizzare il corpo estraneo procedendo in seguito alla sua distruzione. fu una derivazione degli studi sulla caccia ai sommergibili mediante ecogoniometri. anche se le mine nel frattempo si sono evolute e oggi utilizzano microprocessori in grado di elaborare i segnali ricevuti di perturbazioni magnetiche, acustiche e di pressione, distinguendo un tipo di unità navale da un'altra e ancor più un bersaglio da una contromisura, la loro caccia si è fatta sempre più sofisticata.
oggi si parla di cacciamine e non più di dragamine proprio per questa tecnica.
le mine hanno rappresentato una grave minaccia. con un costo di produzione relativamente basso, possono sostituire una forza navale riducendo le aree da presidiare. e' più probabile che il nemico tenti il forzamento di un blocco navale piuttosto che addentrarsi in un campo minato di cui è difficile stabilire la pericolosità. secondo quanto detto da clausewitz, la strategia è "l'impiego della forze per gli scopi della guerra". la tattica invece, è "l'impiego delle forze per gli scopi della battaglia". allora le mine sono armi sia strategiche (la loro posa allo scopo di paralizzare il traffico nemico), che tattiche (utilizzate in uno spazio limitato al solo scopo di costringere una forza navale a rimanere in porto).

oggi le mine hanno lasciato il posto all'uso combinato dei satelliti i quali, possono seguire istante per istante la posizione di ogni nave sulla superficie, e dei missili, capaci di raggiungere con precisione bersagli distanti migliaia di km.
d'altronde posare mine sotto l'occhio vigile di un satellite sarebbe inutile. piuttosto, si sono evolute in sensori acustici in grado di rilevare la presenza di navi e sottomarini e di inviare l'allarme ad un centro a terra il quale poi, deciderà le modalità di intervento.
 
bella storia, come sempre :finger:

un italiano c'è sempre al centro della storia :smile:
 
ssssshhhh....
dagli inviati nel passato, ecco un paio di foto...
 

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riprendiamo a parlare della grande storia dei sommergibili italiani dalla prima serie della classe 600, la più importante classe di sommergibili della nostra cantieristica


classe 600 serie argonauta (argonauta, fisalia, medusa, serpente, salpa, jantina, jalea).

la classe “600” fu la più numerosa e probabilmente, una delle meglio riuscite. le cinque serie che vennero realizzate, mostrano un progressivo miglioramento di quello che nasce comunque, come un buon progetto. la nascita di questa classe ha origini lontane. occorre infatti risalire alla conferenza di washington del 1921 quando si tentò di limitare la crescita delle flotte delle maggiori potenze navali.
se il tentativo ebbe qualche risultato per le unità di superficie, altrettanto non si può dire per i sommergibili che continuarono a non essere “considerati” godendo di una maggiore libertà. a questo si cercò di porre rimedio con la conferenza di londra del 1930 ma ne scaturì semplicemente una classificazione che divideva i battelli tra “costieri” (fino a 600 tonnellate) e “oceanici” (non oltre le 2000).
ma la germania dimostrò presto che anche con i sommergibili da 600 tonnellate ci si poteva spingere negli oceani e che anzi, i grandi dislocamenti avevano tali impedimenti, come ad esempio lunghi tempi di immersione, scarsa manovrabilità, che ne limitavano l’impiego. i tedeschi fecero “scuola” e anche l’italia si concentrò sui sommergibili visto che le nuove “regole” consentivano di dotarsi di un numero illimitato di sommergibili costieri.
così la regia marina, prevedendo una guerra contro la francia, ritenuta all’epoca il principale avversario, decise di basare la componente mediterranea su un tipo di sommergibile facile da produrre e da riparare, costruibile in serie, economico, manovriero in acque ristrette come quelle del “mare nostrum”. lo scopo era di standardizzare la componente subacquea orientandosi verso un battello di medie dimensioni ritenuto più adatto per le esigenze belliche.
la maggior parte dei progetti dei sommergibili della regia marina fu opera di due illustri ufficiali del genio navale: cavallini e bernardis.
quest’ultimo, disegnatore di sommergibili sin dalla prima guerra mondiale, venne incaricato del progetto. bernardis si orientò su un battello da circa 600 tonnellate a semplice scafo con doppi fondi centrali resistenti e controcarene esterne a struttura leggera estese per circa un terzo dello scafo. infatti l'esperienza fatta con la classe "pisani" consigliò però di prevedere le controcarene già in sede di progetto per garantire una buona stabilità in superficie; pertanto queste unità nacquero senza i problemi tipici delle classi precedenti e, si dimostrarono subito indovinate.
le controcarene, poste all’altezza del galleggiamento, contenevano il combustibile e doppi fondi leggeri, mentre nei doppi fondi interni resistenti erano ricavate le casse emersione, rapida e, compenso. lo scafo resistente, a sezione circolare, era chiuso alle estremità da due calotte sferiche. il fasciame, costituito da corsi di fasciame di lamiere disposte longitudinalmente, era unito con coprigiunti doppi a doppia chiodatura. lo spessore variava da un minimo di 12 ad un massimo di 15 mm. per irrobustire la struttura, all’interno del “cìlindro” così ottenuto, si trovavano applicate mediante chiodatura, le ossature costituite da angolari con bulbo e poste con un intervallo di 520 mm (tranne che in alcune zone particolari dove l’intervallo si riduceva anche a 400mm). in corrispondenza della camera di manovra si trovavano i doppi fondi centrali resistenti a 80m di colonna d’acqua,la cassa compenso, la cassa emersione, la cassa rapida. alle estremità di prora e poppa, si trovavano le casse assetto av e ad. lo scafo leggero invece, portava alle estremità di prora e poppa, le casse zavorra e, terminava con gli “avviamenti” dello scafo. lo scafo resistente era diviso in sei compartimenti mediante cinque paratie stagne di cui quattro resistenti alla massima profondità e una fino a 15 metri. da poppa a prora i compartimenti erano: camera di lancio ad e locale motori elettrici; locale motori termici di propulsione; locale ausiliari e batteria ad; camera di manovra; alloggi ufficiali e batteria av; camera di lancio av. le paratie che separavano le due camere di lancio, erano del tipo ondulato con colonna centrale. colonna che oltre ad essere utilizzate per l’accesso a bordo, erano attrezzate come “garitte di salvataggio” per l’evacuazione di emergenza. evacuazione che avveniva grazie a un impianto denominato “ascensore gerolami arata” ossia, un cilindro avente spinta positiva dentro il quale stava un uomo alla volta. l’ascensore veniva rilasciato ed esso risaliva spontaneamente fino alla superficie.
a questo punto l’uomo usciva, richiudeva il portello superiore e l’ascensore poteva essere recuperato a bordo mediante un verricello manuale. l’operazione doveva essere ripetuta per ogni membro dell’equipaggio.
come detto, esisteva un alloggio ufficiali a proravia della camera di manovra, i sottufficiali erano alloggiati in camera di lancio av mentre sottocapi e comuni in camera di lancio ad. le cucine erano due, una elettrica per l’uso in immersione e, una a nafta ricavata nella falsa torre, utilizzabile durante la navigazione in superficie. i viveri erano conservati in una cella frigorifera con congelatore.
per l’immersione si allagavano le due casse zavorra, tre doppifondi e la cassa immersione. ciascuna di queste era dotata di valvole di allagamento e sfoghi d’aria. quando veniva dato l’ordine di prepararsi all’immersione, si aprivano le valvole di allagamento lasciando chiusi gli sfoghi d’aria. al successivo ordine di immersione, venivano aperti gli sfoghi permettendo alle casse di allagarsi quindi, si chiudevano nuovamente gli sfoghi lasciando aperte le valvole di allagamento. per l’emersione, le casse venivano esaurite grazie ai 7200 litri di aria contenuta in quattro gruppi di bombole caricate a 200 kg/cm2. esisteva comunque un impianto di esaurimento a bassa pressione mediante elettrosoffiante.
l’apparato motore seguiva lo schema classico, oramai ampiamente sperimentato, delle due linee d’asse su cui era calettato un diesel, un motore elettrico e due giunti di accoppiamento. in questo modo, durante la navigazione in superficie, se occorreva procedere alla ricarica, uno dei motori diesel veniva scollegato dall’elica e trascinava l’indotto dell’elettrico che, funzionando da dinamo, produceva energia elettrica per le batterie. durante l’immersione invece, veniva scollegato il diesel e il motore elettrico, alimentato dalle batterie, azionava l’elica. per quanto riguarda i diesel, ne vennero utilizzati tre tipi differenti a seconda del cantiere di costruzione. quelli costruiti a monfalcone, imbarcavano dei crda, quelli del muggiano i fiat e quelli di taranto, i motori tosi. tutti erano da 700hp a 450g/min. anche gli elettrici differivano pur essendo motori a corrente continua da 400hp a 310 g/min. quelli di monfalcone avevano motori costruiti “in casa” mentre quelli del muggiano e di taranto, adottarono motori marelli. per alimentarli esistevano due sottobatterie da 52 accumulatori ciascuna in locali separati. ogni accumulatore aveva una capacità di 4300 ampère alla scarica di un ora (7500 a 5 ore e 9500 alle 20 ore).
per la manovra i battelli avevano un unico timone verticale semicompensato azionabile da due stazioni di manovra elettriche, una in plancia e una in camera di manovra. inoltre si trovavano due stazioni di manovra manuali una in camera di lancio ad e una di emergenza, azionabile mediante paranchi, anch’essa in camera di lancio ad. i timoni di profondità invece erano due coppie orizzontali delle quali quella prodiera, era abbattibile. venivano azionati elettricamente anche se per l’emergenza, esistevano manovre manuali nelle due camere di lancio.
i risulati furono più che buoni. abitabili, robusti, dalle eccellenti qualità nautiche sie in superficie che in immersione, erano solo insufficientemente veloci. nacque così una prima serie di sette battelli subito seguita da una seconda serie di dodici che prese il nome di serie “classe sirena”. seguiranno poi dieci serie “perla” e diciassette “adua” detti “gli africani” (di questa serie ne verranno ordinati anche tre dal brasile, il “tupy”, il “tamoyo” e il “tymbira”) ed infine i “platino” detti altresì “classe metalli”.
le caratteristiche tecniche erano: lunghezza massima fuori tutto 60,18 m; larghezza massima fuori ossatura 6,45; diametro massimo scafo resistente 5,29; immersione media dal sottochiglia 4,71; dislocamento in superficie (dosato) 698,32 tonnellate e in immersione 857,47 tonnellate; riserva di spinta al dislocamento in superficie 23,4% (19% al sovraccarico di nafta); profondità di collaudo 80 m con coefficiente di sicurezza al limite di elasticità del materiale 3.
esponenti di carico: scafo e strutture: 258,35 t.; accessori di scafo: 34,84 t; meccanismi ausiliari e arredamento: 72,39 t; eliche e linee d'assi: 10,65 t; apparato motore di superficie: 40,45 t; apparato motore subacqueo: 104,65 t; artiglierie: 4,70 t; armi subacquee: 22,50 t; armamento marinaresco: 10,68 t; servizio combustibili e lubrificanti: 3,60 t; zavorra fissa: 36,34 t; pesi mobili: 81,00 t; acqua di dosaggio: 18,17 t; acqua di zavorra: 159,15 t.
apparato motore su due assi; due eliche; due diesel da 1250 hp per una velocità massima di 14 nodi. in immersione due motori elettrici da 800 hp per una velocità massima di 8 nodi sostenibile per un ora. le autonomie massime erano rispettivamente di 4900 e 110 miglia. l’armamento consisteva in 4 tubi di lancio prodieri e 2 poppieri da 533mm con 6 siluri, 1 cannone da 102/47mm con una riserva di 144 colpi, 2 mitragliere da 13,2mm con 3000 proiettili. la profondità di collaudo era di 80 metri e l’equipaggio consisteva in 4 ufficiali e 32/40 tra sott.li e marinai.


(segue...)
 

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(... segue)
i 600

inizialmente i 600 non fecero parte di reparti costituiti omogeneamente da unità dello stesso tipo ma bensì di gruppi misti dislocati nelle basi di la spezia (quelli costruiti dalla oto), di taranto (i tosi) e di messina (crda). nel 1933 argonauta, salpa e fisalia salparono per una crociera addestrativa nel dodecanneso e in libia. in seguito, mano a mano che nuovi 600 entravano in servizio, venivano inseriti in questre squadriglie. nel 34 ci fu una seconda crociera addestrativa che toccò porti della grecia, dell’egitto, della palestina. alla fine dell’anno successivo, medusa e jantina vennero dislocati in egeo presso il gruppo sommergibili di lero, mentre salpa e serpente venivano inviati in mar rosso per una valutazione sulla capacità di tali sommergibili di operare in quel mare. l’argonauta rimase a lungo a tobruk.
durante la guerra di spagna, fisalia, jalea, jantina e serpente, effettuarono alcune missioni per un impiego di 82 giorni.

argonauta (motto: inclicitas temtare via – tentare vie proibite)
impostato il 9 novembre 1929 nel cantiere crda di monfalcone, fu varato il 19 gennaio 1931 e entrò in servizio il 1 gennaio 1932 assegnato alla base di taranto prima e messina poi. nel 1936 viene inviato a tobruk dove si troverà all’inizio del secondo conflitto mondiale. inviato in agguato davanti al porto di alessandria tentò un attacco ma venne contrattaccato e sottoposto a una caccia che gli causerà gravi danni obbligandolo a rientrare. il 27 giugno 1940, lascia tobruk per raggiungere taranto per le riparazioni ma, durante la navigazione, viene intercettato dai cacciatorpediniere della forza c di base ad alessandria e viene affondato senza superstiti.

fisalia
impostato il 20 novembre 1929 nel cantiere crda di monfalcone, fu varato il 2 maggio 1931 e entrò in servizio il 5 giugno 1932. dopo la consegna e una crociera addestrativa, venne assegnato alla base di messina. dopo una missione nella guerra di spagna, il sommergibile viene trasferito a tobruk e posto in agguato davanti ad alessandria dove attacca un mercantile avversario senza colpirlo e viene a sua volta silurato, senza esito, da un smg inglese. il 12 luglio viene inviato nel golfo di sollum dove non riesce ad arrivare per la caccia a cui viene sottoposto. nel 1940, dopo alcune altre missioni, viene inviato alla scuola di pola effettuando 46 uscite addestrative. inviato nuovamente in azione, il 22 aprile 1941 avvista un grande incrociatore al largo dell’egitto ma non riesce a portarsi inposizione favorevole per il lancio. il 28 settembre viene affondato senza superstiti, dalla corvetta “hyacinth”, di fronte ad haifa.

medusa (motto: terret hostem medusa – medusa spaventa il nemico)
impostato il 30 novembre 1929 nel cantiere crda di monfalcone, fu varato il 10 dicembre del ’31 e consegnato alla regia marina l’8 ottobre dell’anno seguente. destinato alla base di cagliari il 24 settembre ebbe uno scontro con un sunderland che venne colpito dalla contraerea del sommergibile allontanandosi in fiamme. fino al marzo del 41 compì missioni lungo le coste dell’algeria per poi essere inviato alla scuola di pola. il 30 gennaio del 1942, mentre rientrava da una esercitazione, venne attaccato dal sommergibile inglese thorn che lanciò 4 siluri. uno di questi lo colpì sulla sinistra a centro nave causandone il rapido affondamento. morirono 7 ufficiali tra cui 4 della scuola, 8 sottufficiali e 43 marinai tra i 60 imbarcati.

serpente (motto: insidiarum experient – perseverante nelle insidie)
impostato nei cantieri tosi di taranto il 23 aprile del 1930, venne varato il 28 febbraio 1932 e consegnato il 12 novembre dello stesso anno. mentre si trovava in navigazione a sud est di malta, fu avvistata una formazione di tre incrociatori in linea di fila. mantenendosi in navigazione in superficie, il tv dotta, comandante del battello, lanciò i suoi siluri contro la penultima delle navi inglesi immergendosi rapidamente per sfuggire alla caccia. durante la discesa vennero udite delle esplosioni che indicarono il successo dell’attacco. gli inglesi ammisero che ad essere colpito fu il cacciatorpediniere hyperon che dovette essere in seguito affondato dallo jaunus perché considerato ormai perduto.
nel ’41 avvistò al largo della spagna una formazione inglese composta da una nave da battaglia e quattro caccia di scorta. l’attacco alla nave maggiore fu reso impossibile dai caccia di scorta che si frapposero tra il sommergibile e la nave britannica. il comandate lanciò ugualmente per poi disimpegnarsi. dopo 50 secondi fu udita un’esplosione ma gli inglesi non segnalarono mai perdite di unità in quell’occasione.
nel maggio 1942 fu inviato a pola dove rimase fino all’armistizio compiendo 105 missioni addestrative poi, in ossequio agli ordini ricevuti e rimorchiando il sommergibile tascabile cb12, salpò per taranto al comando del comandante allegri. ma dopo poco dalla partenza il sommergibile lasciò il rimorchio e si autoaffondò mentre l’equipaggio veniva ripescato da un peschereccio. al termine della guerra il comandante allegri finì sotto corte marziale accusato di perdita volontaria della nave ma venne tenuto conto del suo stato di servizio e della confusione susseguente all’8 settembre pertanto non venne condannato.

salpa (motto: sub aquis latin prodigia ausurum – nascosto sotto le onde ma pronto ad ardimenti prodigiosi)
anche il salpa fu impostato il 23 aprile 1930 nei cantieri tosi di taranto. varato l’8 maggio 1932, fu consegnato il 12 dicembre dello stesso anno. la sua prima missione di guerra si svolse al largo di gualdo dove non riuscì ad intercettare alcuna nave nemica ma anzi, fu avvistato a attaccato da unità inglesi che lo presero di mira con il lancio di numerose bombe di profondità che causarono numerose avarie, tanto che fu costretto a riparare prima a bengasi poi a taranto. il 3 febbraio 1941, mentre si stava trasferendo da augusta a derna venne nuovamente sottoposto a caccia da parte di navi antisom britanniche che causarono avarie alle batterie e obbligarono il comandante a rientrare in patria. eseguite le riparazioni, salpò il 18 giugno per raggiungere marsa matruh ma da allora del salpa non si seppe più nulla. secondo le fonti inglesi, fu silurato il giorno 27 dal sommergibile “triumph” e affondò con tutti i 48 membri dell’equipaggio.

jantina (motto: per undas victoriam – alla vittoria attraverso le onde)
lo jantina fu costruito dal cantiere oto di la spezia. venne impostato il 20 gennaio 1930 e varato il 16 maggio 1932. dopo circa un anno di allestimento, fu consegnato alla regia marina il 1 marzo 1933.
allo scoppio della seconda guerra mondiale il battello si trovava a lero e il primo giugno 1940 partì per la sua prima missione. ma il primo attacco venne eseguito il 27 giugno 1941 quando, avvistato un caccia inglese, gli lanciò contro un siluro al quale fece seguito una forte esplosione. il sommergibile italiano venne sottoposto a 48 ore consecutive di caccia che causarono gravi danni. lo jantina riuscì comunque a disimpegnarsi e a fare rientro. il 5 luglio, mentre si receve a brindisi per ii lavori di riparazione navigando in superficie, fu attaccato dal “torbay” che lanciò ben 6 siluri. lo jantina fu colpito da due siluri e affondò rapidamente. ci furono solo sei superstiti.

jalea (motto: aude e vinces – osa e vincerai)
anche lo jalea fu costruito a la spezia. impostato il 20 gennaio 1930 e varato il 15 giugno 1932, fu consegnato il 16 marzo 1933. allo scoppio della guerra venne inviato in zona di pattugliamento confinante a quella dello jantina. tutto il 1940 si svolse senza avvistare unità nemiche e l’anno successivo fu inviato alla scuola di pola dove rimase fino all’agosto del ’43 quindi, fu inviato a taranto dove rimase fino all’8 settembre. dopo la firma dell’armistizio fu portato a malta, poi ad augusta e quindi a taranto. nella metà del 44 fu inviato a gibilterra, quindi ad algeri, ismaelia e porto said con compiti addestrativi per le unità antisom alleate. nel maggio del ’45, lo jalea, unico sommergibile della classe ad essere sopravvissuto al conflitto, ritornò in italia dove venne posto in disarmo e in seguito demolito.
 

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