• このフォーラムは、www.cad3d.it/forum1 - イタリアのデザインコミュニティの機械翻訳です。いくつかの用語は正しく翻訳されていません。

波の上および下

  • Thread starter Thread starter Exatem
  • Start date Start date

Exatem

Guest
sopra e sotto le onde
premessa
chiedo scusa fin da ora per le inesattezze, dimenticanze, errori che senz’altro costelleranno questo scritto. l’intenzione non è di assurgere a titoli o meriti ma solo di descrivere un mondo affascinante, di antica tradizione e che, dato l’alto contenuto tecnologico, credo pertinente allo scopo del forum.
scopo che ritengo sia quello di condividere le esperienze/conoscenze di ciascuno, approfondendo le stesse. invito chiunque legga queste righe ad intervenire tenendo sempre presente che chi scrive è a voi contemporaneo e quindi, per ciò che riguarda l’aspetto storico, dipendente da documenti, immagini e quant’altro, divulgate da altri.

si comincia…
equipaggio al posto di manovra. pronti a muovere…

dalla semplice piroga ai mostri corazzati da 65.000 tonnellate che la marina giapponese impiegò alla fine della ii guerra mondiale nel pacifico, il cammino appare immenso.
nuovi mezzi, nuovi materiali e tecnologie, nuove armi, si renderanno nei secoli disponibili ma il mare resta sempre il mare, ostile per chi non lo conosce, compiacente con chi lo “sente” e sa servirsene.
con solo cinque fregate a dunkerque, jean bart immobilizzò cinquante vascelli inglesi e olandesi distaccati a sorvegliarlo. la sola comparsa della bismark fu sufficiente a mobilitare metà della flotta britannica. oggi nell’era nucleare, una portaerei o un sottomarino costituiscono la base migliore di partenza per un attacco missilistico in profondità nel territoriuo nemico.
ma lo sviluppo della tecnica non ha sminuito il ruolo degli uomini rispetto ai tempi della vela. se un moderno comandante non ha più come jean bart l’occasione di lanciare i suoi uomini all’abbordaggio, se il radar o l’asdic gli danno una visuale più ampia e completa del campo di battaglia di quella che, con il suo cannocchiale tourville poteva avere dal cassero del soleil royal o nelson dalla victory, la decisione finale spetta sempre a lui e ai suoi ordini, il saper sfruttare le condizioni favorevoli che si verificano durante uno scontro fanno la differenza tra uomo e macchina.
nell’antichità l'economia dei popoli si basava sui prodotti del proprio territorio e per questo gli scambi commerciali erano esclusivamente terrestri. il mare era ancora ignoto e pericoloso. il traffico mercantile marittimo cominciò quando le antiche civiltà, a seguito dell’evoluzione, iniziarono a cercare beni di genere diverso.
una grande svolta avvenne con l'affermazione di roma che, a causa della enorme crescita della popolazione, ebbe quale conseguenza la richiesta sempre maggiore di grano. contemporaneamente l'estendersi dei suoi domini a tutto il mediterraneo comportarono una forte crescita del traffico militare per mare.
in effetti, il trasporto per mare si rilevò molto più agevole di quello terrestre, e gli eserciti, anche quelli delle altre potenze del tempo, avevano iniziato sin dai primordi a trasferirsi da un luogo all'altro attraverso le vie d'acqua. ancora non siamo giunti alla battaglia navale tra flotte contrapposte; la nave ed il mare sono i mezzi utilizzati a sostegno delle operazioni terrestri.
il possesso delle tecnologie di costruzione delle navi e la conoscenza delle tecniche di navigazione determinò comunque, in quei tempi, le sorti dei popoli più potenti.
 
congratulazioni!
si parte con una nuova avventura.
io sarò sempre "nei paraggi" con qualche contributo di quelli che vi faranno venir voglia di "manarmi", pero' prometto, starò al mio posto, in sala macchine!
 
sopra e sotto le onde

si comincia…
equipaggio al posto di manovra. pronti a muovere…

..ciurmaaa, questo silenzio cos'è..

ottimo marco, attendevo l'inizio.
bella scelta anche del titolo.

avanti così capitan uncino.. e buon vento.

saluti
marco:smile:
 
complimenti exa, splendida idea ... siamo tutti con te e leggeremo i tuoi scritti con molta attenzione.
questo per me è un settore quasi del tutto sconosciuto ... quindi sarò molto ansioso di conoscere.
in bocca al lupo ...
 
complimenti exa, splendida idea ... siamo tutti con te e leggeremo i tuoi scritti con molta attenzione.
questo per me è un settore quasi del tutto sconosciuto ... quindi sarò molto ansioso di conoscere.
in bocca al lupo ...

grazie max... ma la colpa non è tutta mia.
ringrazio anticipatamente tutti.
 
sopra e sotto le onde
1) l’architettura navale.
prima di cominciare una trattazione sulla storia della marineria e in particolare delle costruzioni navali, urge fare delle chiarificazioni.
innanzitutto la nomenclatura.
le navi, data la loro tradizione millenaria adottano una terminologia molto particolare. ve ne sarete resi conto anche solo vedendo un film. “salire a riva… terzarolare le vele…boma, bompresso, pappafico, ecc. ecc.” molti di questi sono termini non hanno riscontro nella vita “terrestre”. e’ quindi indispensabile iniziare indicando la terminologia adottata cominciando dall’aspetto più tecnico, l’architettura navale, quando arriveremo a parlare di velieri, riprenderò l’argomento arricchendolo della terminologia utilizzata tutt’oggi per definire l’attrezzatura e le manovre.

tutto ciò che riguarda le navi, dalla forma alle dimensione, qualità nautiche, allestimento, manutenzione ecc. sono oggetto dell’architettura navale. essa si divide in teoria della nave e costruzione navale.
la teoria della nave considera il mezzo nel suo insieme e lo studia dal punto di vista geometrico. si suddivide a sua volta in geometria, che cerca di ottimizzare le dimensioni e i punti caratteristici (baricentri, centri di carena, ecc), statica che è la meccanica della nave e studia la stabilità della stessa, e dinamica della nave che tratta la resistenza al moto, la manovrabilità, la tenuta al mare.
la costruzione navale studia le parti che compongono la nave nel suo insieme, i materiali da costruzione, il modo per metterli in opera, la propulsione.
per poter parlare di teoria della nave occorre definire i termini che caratterizzano la geometria e gli elementi che la costituiscono, logicamente ne ometterò alcuni ,sia per dimenticanza, sia perché di non rilevante importanza in questa sede, riservandomi coma già detto, la possibilità di inserirne dei nuovi “in corso d’opera”.
- nave: galleggiante atto a muoversi sulla superficie liquida e dotato di mezzi propri di propulsione e governo.
- scafo: e’ l’involucro stagno della nave, la parte immersa è detta carena o opera viva, la parte sopra il galleggiamento, opera morta. lo scafo è chiuso superiormente dal ponte di coperta su quale si poggiano le sovrastrutture. lo scafo ha un solo piano di simmetria, quello longitudinale, detto piano diametrale ed è definito da una parte iniziale detta prora o prua atta a fendere l’acqua e una terminale detta poppa.
- fasciame: rivestimento esterno dello scafo fissato su di uno scheletro strutturale. per le navi in metallo si considerano le dimensioni entro fasciame, per le altre (legno, vetroresina…) fuori fasciame.
- murate: sono la parte al di sopra del galleggiamento lungo i fianchi, a prora si chiama mascone mentre a poppa giardinetto. per le navi con la poppa non affinata ma formata da un piano verticale normale al piano diametrale, si ha una murata chiamata specchio detta anche poppa transom.
- insellatura o cavallino: e’ la curvatura delle murate rispetto alla retta parallela alla linea di costruzione e tangente all’insellatura stessa.
- orlo: e’ la linea gobba che delimita le murate.
- retta del baglio: retta orizzontale che passa all’intersezione tra le murate e il ponte di coperta.
- baglio: elemento strutturale trasversale atto a sorreggere il ponte.
- bolzone: il ponte di coperta non è piatto ma ha una curvatura che serve a fare defluire fuori bordo l’acqua imbarcata. la distanza del colmo di questa curvatura dalla retta del baglio si dice appunto bolzone.
- linea di galleggiamento: la linea formata dall’intersezione tra lo scafo e il piano di galleggiamento.
- linee d’acqua: le linee parallele al piano di galleggiamento (servono per la tracciatura del piano di costruzione)
- perpendicolare addietro: perpendicolare al piano di galleggiamento passante per l’asse del timone.
- perpendicolare avanti: perpendicolare passante per l’intersezione del piano di galleggiamento con la ruota di prora .
- sovrastrutture: sono i ponti al di sopra del ponte di coperta. se si estendono da murata a murata, si chiamano casseri, altrimenti sono detti tughe. il cassero di prora si chiama anche castello.
- sezione maestra: e’ la sezione trasversale che comprende la massima area immersa.
- ponti: dall’alto in basso si chiamano, principale o resistente(continuo da prora a poppa),coperta (delimita lo scafo propriamente detto), ponte delle paratie stagne (dove si intestano le paratie stagne), di servizio di sicurezza( sopra al quale si devono trovare le manovre a distanza degli impianti di sicurezza), spesso tutti . sulle navi militari si chiamano: coperta, 1° corridoio o batteria, 2° corridoio, 3°…., copertini (ponti parziali). l’ultimo ponte si chiama ponte di stiva e il fondo della stiva è detto sentina.
- dislocamento: peso della nave espresso in tonnellate. esistono vari dislocamenti a seconda delle condizioni di carico della nave.
- stazza: volume degli spazi chiusi. e’ una misura di volume espressa però in tonnellate di stazza pari a 2,832m cubi. (gli inglesi, tanto per complicare un po’ le cose).
 
sopra e sotto le onde
1) l’architettura navale.
- dislocamento: peso della nave espresso in tonnellate. esistono vari dislocamenti a seconda delle condizioni di carico della nave.
- stazza: volume degli spazi chiusi. e’ una misura di volume espressa però in tonnellate di stazza pari a 2,832m cubi. (gli inglesi, tanto per complicare un po’ le cose).

ciao exa..

forse occorrerebbe spiegare meglio questi 2 "concetti" che così possono essere male interpretati;
io "credevo" di sapere che il dislocamento si riferisse al peso dell'acqua spostata dall'immersione dello scafo (e per questo varia a seconda delle condizioni di carico), che secondo il principio di archimede è equivalente al peso dell'oggetto che vi galleggia (meglio, che vi è immerso).

correggimi dove sbaglio, la marineria non è di immeddiata comprensione per i profani (t'ho già detto che ero appassionato diportista, ma è passato del tempo..).
poi mi sembra ci fossero diverse accezioni del termine, dislocamento, dislocamento a vuoto, portata lorda..ecc.
insomma, dire con esattezza "quanto pesa una nave" può essere fuorviante:smile:.

e quindi la stazza pure non è così chiara.
esprime un volume sì, ma mi sembrava fosse quello del dislocamento, legati da una relazione disl=vol*pspec (sempre archimede..).
anche per la stazza ci sono diverse applicazioni, stazza lorda, netta, tonnellaggio, registrata..ecc. potresti spiegarne le differenze?

sembrano banalità, ma mi ha sempre interessato riuscire ad identificare all'incirca peso e dimensioni delle unità in base a questi parametri.. e non era semplice.

saluti e grazie
marco
 
ciao exa..

forse occorrerebbe spiegare meglio questi 2 "concetti" che così possono essere male interpretati;
io "credevo" di sapere che il dislocamento si riferisse al peso dell'acqua spostata dall'immersione dello scafo (e per questo varia a seconda delle condizioni di carico), che secondo il principio di archimede è equivalente al peso dell'oggetto che vi galleggia (meglio, che vi è immerso).

correggimi dove sbaglio, la marineria non è di immeddiata comprensione per i profani (t'ho già detto che ero appassionato diportista, ma è passato del tempo..).
poi mi sembra ci fossero diverse accezioni del termine, dislocamento, dislocamento a vuoto, portata lorda..ecc.
insomma, dire con esattezza "quanto pesa una nave" può essere fuorviante:smile:.

e quindi la stazza pure non è così chiara.
esprime un volume sì, ma mi sembrava fosse quello del dislocamento, legati da una relazione disl=vol*pspec (sempre archimede..).
anche per la stazza ci sono diverse applicazioni, stazza lorda, netta, tonnellaggio, registrata..ecc. potresti spiegarne le differenze?

sembrano banalità, ma mi ha sempre interessato riuscire ad identificare all'incirca peso e dimensioni delle unità in base a questi parametri.. e non era semplice.

saluti e grazie
marco
da quello che so, il dislocamento e' pari al peso della nave (che coincide con il peso dell'acqua spostata), la stazza è una misura convenzionale che dovrebbe indicare la grandezza della nave.
a parità di dislocamento un rimorchiatore avrebbe una stazza diversa di una metanifera.
la stazza e' una misura "legale" tipo i cavalli fiscali nella potenza dei veicoli.
come dice il buon exatem gli inglesi decisero che il rapporto era di un particolare volume rispetto ad un peso standard (probabilmente nato quando si trasportava il grano o il the', chissa,' magari analizzando la densità si potrebbe fare qualche ipotesi).

ciao
 
ciao exa..

forse occorrerebbe spiegare meglio questi 2 "concetti" che così possono essere male interpretati;
io "credevo" di sapere che il dislocamento si riferisse al peso dell'acqua spostata dall'immersione dello scafo (e per questo varia a seconda delle condizioni di carico), che secondo il principio di archimede è equivalente al peso dell'oggetto che vi galleggia (meglio, che vi è immerso).

correggimi dove sbaglio, la marineria non è di immeddiata comprensione per i profani (t'ho già detto che ero appassionato diportista, ma è passato del tempo..).
poi mi sembra ci fossero diverse accezioni del termine, dislocamento, dislocamento a vuoto, portata lorda..ecc.
insomma, dire con esattezza "quanto pesa una nave" può essere fuorviante:smile:.

e quindi la stazza pure non è così chiara.
esprime un volume sì, ma mi sembrava fosse quello del dislocamento, legati da una relazione disl=vol*pspec (sempre archimede..).
anche per la stazza ci sono diverse applicazioni, stazza lorda, netta, tonnellaggio, registrata..ecc. potresti spiegarne le differenze?

sembrano banalità, ma mi ha sempre interessato riuscire ad identificare all'incirca peso e dimensioni delle unità in base a questi parametri.. e non era semplice.

saluti e grazie
marco

hai ragione, forse sono stato un po' troppo sbrigativo, ma ci sono talmente tanti termini che, in alcuni casi mi viene naturale, "tagliare" anche per non rendere troppo pesante la lettura, comunque cerchiamo di rimediare.
dislocamento. - si intende il peso totale della nave che è in effetti uguale al peso della massa fluida spostata. il dislocamento varia in funzione delle condizioni di carico della nave. la marina militare poi, distingue diversi dislocamenti:
- dislocamento a nave scarica e asciutta (senza liquidi, munizioni e equipaggio)
- dislocamento alle prove (pieno carico meno 1/3 dei carichi consumabili)
- dislocamento a pieno carico
- dislocamento di nave vacante (nave scarica e asciutta più i liquidi che rimangono nelle ttubolature e sono considerati "inaspirabili"
- dislocamento minimo o "al ritorno da missione di guerra" (nave scarica e asciutta più: equipaggio e suoi effetti completo, liquidi apparato motore, casse e tubolature piene, munizioni (esaurite quelle che sono contenute al di sotto del centro di gravità, al completo le altre), mezzi trasportati completi, dotazioni al consumo (3/4), viveri (1/4), combustibile (1/8 del consumabile), acqua dolce (1/8 del consumabile), acqua riserva caldaie (1/8 del consumabile).
-dislocamento standard: dislocamento a pieno carico meno combustibile e acqua caldaie.

stazza.
e' la misura che rappresenta i volumi degli spazi chiusi di una nave. esiste una stazza lorda (o di registro) che comprende tutti i volumi e, una stazza netta che indica quelli destinati al carico pagante. viene utilizzata per motivi fiscali (tasse di ormeggio, rimorchiatori, attraversamento canali) e quindi è applicata anche alle navi militari. l'unità di misura è la tonnellata di stazza = 2.832 mc per la stazza nazionale, 2.83 mc per il transito nel canale di panama.
1ton. di stazza è uguale a 100 piedi cubi inglesi.
1 mc = 0.353 tonn
qua mi fermerei anche perchè pensa che il manuale del tecnico navale, ha un capitolo intero dedicato all'argomento (ma mi sembra eccessivo).
spero di essere stato sufficientemente esauriente, fammi sapere.
ciao marco
 
non e' che sto con le mani in mano, sto "riflettendo"!
:smile:
avrei diversi "percorsi" da seguire, sempre "engine-dipendenti", potrei parlare del titanic oppure delle liberty, oppure di un sommergibile wwii (cio' tutto!).
ditemi voi, vorrei fare una "storia" nella "storia" senza interferire, una specie di monografia che correrebbe parallela alla storia.
a me piacciono le "triplice espansione", pero' il sommergibile aveva i diesel, sono indeciso.
ci penso un po' su, ma qualsiasi indicazione sarebbe utile.

p.s.: watch the movie!
 

Attachments

  • steamengineanimation.gif
    steamengineanimation.gif
    105.9 KB · Views: 83
non e' che sto con le mani in mano, sto "riflettendo"!
:smile:
avrei diversi "percorsi" da seguire, sempre "engine-dipendenti", potrei parlare del titanic oppure delle liberty, oppure di un sommergibile wwii (cio' tutto!).
ditemi voi, vorrei fare una "storia" nella "storia" senza interferire, una specie di monografia che correrebbe parallela alla storia.
a me piacciono le "triplice espansione", pero' il sommergibile aveva i diesel, sono indeciso.
ci penso un po' su, ma qualsiasi indicazione sarebbe utile.

p.s.: watch the movie!

pensavo di viaggiare piuttosto velocemente per arrivare in fretta alle navi a motore in modo di aprire una rubrica parallela.
cosa ne pensi?
 
una bella sintesi di voi due, navi di qua, aerei di là, sarebbe con le... portaerei!
dalla garibaldi alla reagan, dalla impero alla akagi, dalla yorktwon alla ark royal, e chi più ne ha più ne metta! ;-)
 
eccomi anch'io!!!!
dopo l'aria eccomi qui ad impestare anche il thread delle onde!!!:biggrin:

vado a chiamare meccbell e cominciamo...:finger:
intanto spengo la luce, preparo i popcorn e mi godo lo spettacolo...
 
sopra e sotto le onde
2) le costruzioni in legno
sino alla fine del xviii secolo le navi erano costruite utilizzando il legno. a causa però della scarsa resistenza e della difficoltà di collegare i vari elementi, non si potevano realizzare scafi molto grandi. dalla fine del 1830, con l’avvento del vapore, si costruirono le prime navi in ferro e dal 1870 venne utilizzato l’acciaio. il legno venne così quasi del tutto abbandonato tranne che per le piccole imbarcazioni e per l’allestimento. il legno per uso marino, doveva avere determinate caratteristiche di resistenza, basso peso specifico, resistenza all’aggressione dell’ambiente, ai parassiti. i principali tipi di legno utilizzati sono la quercia, l’olmo, l’iroko per le parti strutturali, acacia e frassino per gli elementi che devono essere curvati, teak per il rivestimento dei ponti, noce, mogano, pino, larice per il fasciame.

navi nella storia
galera o galea
quello delle galere, o galee, è un argomento che non si può tralasciare in una panoramica pur ristretta riguardante lo sterminato teatro della marineria, tanto che la sua origine si perde nei secoli.

tra il 483 – 482 a.c. atene ricavò una grande quantità di argento da un filone di minerale scoperto in una sua miniera. su proposta di temistocle, gli ateniesi decisero di dotarsi di una flotta per difendersi dalla pirateria. questa decisione fu fondamentale per la salvezza di atene infatti, tre anni dopo i greci vinceranno la battaglia di salamina, la prima grande battaglia navale della storia.
protagonista di questo scontro fu la galea che pur evolvendosi, rimarrà protagonista fino alla battaglia di lepanto nel 1571 (anche se verranno ancora utilizzate nella battaglia del baltico del 9 luglio 1790).
tale longevità non avrà uguali nella marineria, la corazzata verrà condannata prima di compiere un secolo di vita.
ma come erano le galee degli antichi greci?
le galee ai tempi degli ateniesi misuravano circa 36 metri, avevano una larghezza di 5 e ½ e un pescaggio tra i 90 e 120 cm. centosettanta remi su tre ordini e i rematori, disposti su tre file, la prima di 62 e le altre di 54, ed erano messi in modo che i remi fossero tutti di uguale lunghezza, circa 4 metri. poteva raggiungere la velocità di 7 con punte di 10 nodi ed era estremamente manovrabile tanto che, gli equipaggi ben addestrati, potevano farla girare sul proprio asse. l’attacco si basava sul rostro in bronzo posto a prua, la nave veniva lanciata sul nemico poi, ritirando i remi di un lato si accostava spezzando i remi della nave nemica. una volta immobilizzata, si lanciavano con il rostro sul fianco avversario squarciandolo. quasi sempre però la contromanovra avversaria portava le navi ad abbordarsi, con conseguente aggrovigliamento e fracassamento dei remi. si passava poi al combattimento corpo a corpo.

una fondamentale innovazione la apportarono i romani. quando cominciarono le guerre puniche, nel 264 a.c. roma non aveva una marina da guerra e le sue poche navi, erano delle trireme costruite in grecia. i cartaginesi invece, disponevano di magnifiche quinqueremi con le quali si vantavano di poter impedire ai romani l’accesso alle spiagge. in risposta roma cominciò a copiare il metodo costruttivo grazie alla cattura di navi cartaginesi incagliatesi lungo le coste italiane. in brevissimo tempo mise insieme una flotta di 100 galee a 5 remi e 20 a 3 remi. il comando di questa flotta venne affidato a caio duilio (un nome che ritroveremo anche ai giorni nostri) il quale, intuì l’inferiorità dei suoi equipaggi, imbattibili a terra quanto scarsi per mare. nacque così il corvo, una passerella che si agganciava alla nave nemica grazie al quale la battaglia terrestre veniva trasferita in mare.
ma come costruivano le loro navi i greci e i romani?
i maestri d’ascia e i carpentieri antichi lavoravano molto diversamente da noi. prima si montavano le parti esterne dello scafo sistemandole verticalmente a partire dalla chiglia tenendole in posizione per mezzo di impalcature. solo quando il fasciame era terminato, si fissava l’ossatura utilizzando lunghi chiodi di rame. l’esterno dell’opera viva veniva rivestita con lamine di piombo tenuto in posizione da “rivetti” di rame. il piombo serviva a proteggere il legno dai teredi, ossia i vermi di mare che si mangiavano letteralmente lo scafo. per zavorra si utilizzavano delle pietre.
fino alla metà del cinquecento si usavano remi ad un solo vogatore: due o tre di tali remi, appoggiati a scalmi ravvicinati, per ogni banco di ciascun lato (perciò due o tre uomini per banco). si ebbero così rispettivamente la galea bireme, la trireme e la quadrireme.
nel cinquecento si passò ad avere un remo per ogni banco di ciascun lato, maneggiato da 3 a 5 vogatori. le dimensioni crebbero fino a 50 metri di lunghezza, larghezza circa 7, con due metri di pescaggio. aveva da uno a due alberi a vele latine (raramente 3), e da ciascun lato da 25 a 30 banchi per la voga, che rimaneva il sistema di propulsione più importante.

lungo lo scafo era posto un robusto telaio con le impavesate, due passerelle di sostegno agli scalmi e su cui, durante le manovre di abbordaggio, combattevano gli equipaggi. la poppa era rialzata e ospitava il ponte di comando. al di sotto vi erano le cabine degli ufficiali. a prua invece in origine era previsto un ‘mangano’, congegno a contrappeso in grado di scagliare grosse pietre contro le navi nemiche. successivamente, con l’avvento della polvere da sparo, fu sostituito dal cannone.
dato l’impiego tattico, la sua artiglieria era sistemata per il tiro in caccia, e consisteva in un cannone posto all’estremità prodiera della corsia (cannone di corsìa o corsiero), di altri quattro cannoni posti lateralmente al primo, e di varie altre piccole bocche da fuoco sui fianchi.
lo stato maggiore della galea era formato di ufficiali cui era riservato il combattimento; erano assolutamente ignari di navigazione o navi, a ciò erano addetti il comito, i sottocomiti e un reparto di marinai.
l’uso delle armi era affidato a un reparto di soldati e di bombardieri; e alla voga era destinata la ciurma.
le galee erano unità da linea e formavano il grosso di una forza navale: si avvicinavano al nemico, in linea di fronte, facendo fuoco con le artiglierie e tentando l’ arrembaggio.
per avere la massima facilità di evoluzione, nel prendere l’assetto di combattimento, imbrogliavano o ammainavano le vele, e si avvicinavano al nemico con i soli remi. le galee veneziane del ‘500 avevano un equipaggio di 300 uomini, di cui almeno due terzi erano vogatori, una cinquantina di marinai e il resto combattenti.
 

Attachments

  • GALEA 1.jpg
    GALEA 1.jpg
    27.8 KB · Views: 31
  • GALEA 2.jpg
    GALEA 2.jpg
    71.6 KB · Views: 33
Last edited by a moderator:
non vedo l'ora anch'io di potermi gustare una nuova avventura come "la storia dell'aviazione" di stefano me_30! complimenti, grazie a chi contribuisce a far si che questo forum sia anche un mezzo per apprendere.
ciao
 
sopra e sotto le onde
3) nomenclatura dei velieri
premetto che molte sono le omissioni volute, ho pensato di limitare all’indispensabile l’elenco che altrimenti finirebbe con essere tedioso. comunque qualora non fosse ritenuto sufficientemente esaustivo, provvederò, per quanto mi è possibile, ad ampliarlo ulteriormente.
1^ parte - alberatura
gli alberi delle navi a vela hanno il compito di sostenere i pennoni e le vele, il loro insieme si dice “alberatura” ed ha lo scopo di presentare al vento la massima superficie velica. deve pertanto essere sufficientemente robusta per reggere alla forza del vento ma abbastanza semplice da consentire la manovra anche ad un equipaggio ridotto. l’alberatura può essere: composta, sovrapposta, abbassata, ausiliaria, sporgente, volante, a calcese (che usa solo vele latine). inoltre l’alberatura indica il tipo di nave: a goletta, a brigantino, ecc. ecc.
le navi dell’antichità avevano un solo albero con una vela quadra. furono i greci che introdussero un secondo albero a prua inclinato, per facilitare la manovra mentre furono i romani, nelle navi più grandi, ad adottare due alberi. sulle navi del 1400-1500 fu installato un quarto albero (il “palo”) che gli inglesi chiamarono “bonaventure”. nelle navi a tre alberi (in realtà quattro considerando il bompresso), l’albero più grande, leggermente a poppa del centro della nave, si chiama “albero di maestra”, l’albero a prua si chiama “trinchetto”, quello a poppa “mezzana”. se non è attrezzato a vele quadre, si chiama “palo” da cui la denominazione “nave a palo”, “brigantino a palo”, ecc. l’albero orizzontale che sporge dalla prora, si chiama “bompresso”.
l’impossibilità di trovare in natura alberi di altezza opportuna costrinse i costruttori a realizzarli in più pezzi (generalmente tre). queste tre parti assumono diversi nomi a seconda dell’albero a cui si riferiscono.
il legno utilizzato era: pino, abete, larice, poon delle indie, cowdie della nuova zelanda, pitch-pine. nel 1400 erano realizzati in più parti incastrate e legate fra loro inizialmente da cavo e in seguito da cerchi di ferro inseriti a caldo, questi alberi si chiamano “imbotati”.
l’albero di maestra è composto da: “albero maggiore o fuso maggiore di maestra”, “albero di gabbia di maestra”, “alberetto di maestra o di gran velaccio” (a sua volta suddiviso in “alberetto di gran velaccio” e di “controvelaccio”). prima del 1750 l’alberetto di maestra si chiamava “pappafico di maestra” e la parte superiore “ contro pappafico di maestra”.
il trinchetto è composto da: “albero maggiore o fuso maggiore di trinchetto”, “albero di parrocchetto” o “gabbia di trinchetto”, “alberetto di trinchetto” o “velaccino” a sua volta diviso in “alberetto di velaccino” e “controvelaccino” anticamente detti “pappafico di trinchetto” e la parte superiore “ contro pappafico di trinchetto” detto anche “spigone” o “freccia” che sulle navi militari era lunga per poter collocare bandiere e segnali.
la mezzana era composta da : “albero maggiore o fuso maggiore di mezzana”, “albero di contromezzana”, “alberetto di belvedere” a sua volta diviso in “alberetto di belvedere” e “controbelvedere” anticamente detti “albero di contromezzana” e la parte superiore “ alberetto di belvedere”
il bompresso anticamente era in un solo pezzo ma dal 1600 venne realizzato inizialmente in due pezzi detti: “bompresso” e “bastone o asta del fiocco” in seguito si passò alla realizzazione in tre pezzi detti: “bompresso”, “asta del fiocco” e “asta di controfiocco”. i galeoni portavano all’estremità del bompresso un piccolo albero verticale detto “pappafico o parrocchetto di bompresso”.
il collegamento tra le parti di un albero avviene tramite un collare detto “testa di moro” ogni albero verticale termina con una parte cilindrica detta “formaggetta”, sul tronco maggiore di ogni albero troviamo una struttura detta “coffa” mentre sugli intermedi una piattaforma più piccola è detta “gabbia”.
gli alberi orizzontali che portano le vele, sono detti “pennoni” e sono collegati agli alberi mediante le “trozze”. il pennone maggiore si chiama “trevo”.
sul trinchetto troviamo: “trevo di trinchetto”,“parrocchetto fisso “, “parrocchetto volante”, “velaccino”, “controvelaccino”. sulla maestra “trevo di maestra”, “gabbia fissa”, “gabbia volante”, “velaccio”, “controvelaccio”. sulla mezzana: “trevo di mezzana”, “contromezzana fissa”, “contromezzana volante”, “belvedere”, “controbelvedere”, inoltre si trovano il “boma” e il “picco”.
l’estremità inferiore è a sezione quadrata per incastrarsi nella scassa a sua volta fissata al paramezzale centrale, la parte che fuoriesce dal ponte è detta “piede dell’albero”, in alto c’è una zona ringrossata con facce piane detta “noce” e che reca un dente sul quale si effettua “l’incappellaggio” delle “sartie”.
 

Forum statistics

Threads
46,674
Messages
380,976
Members
2
Latest member
loop80
このフォーラムは、www.cad3d.it/forum1 - イタリアのデザインコミュニティの機械翻訳です。いくつかの用語は正しく翻訳されていません。

Members online

No members online now.
Back
Top