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波の上および下

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ma che è, sembra di essere su faccenbuken! :biggrin:
io invece sono restato indietro una cannonata, ma prima o poi mi rimetto in pari; nel frattempo tu exa continua, mi raccomando! :finger:

ciao.

barcollo... ma non mollo!:wink:
 
adesso vediamo la situazione italiana.
verso la fine del xix secolo, la commissione permanente di san bartolomeo a la spezia, pubblicò l’esito dei suoi studi sulla perforabilità delle corazze. questo studio suscitò un enorme interesse tra le marine di tutto il mondo ma al notevole progresso teorico, non fece seguito un altrettanto progresso pratico.
l’industria italiana era in quel periodo estremamente poco solida e performante.
la produzione di materiale di artiglieria era dipendente da società come la ansaldo, che lavorava su licenza francese schneider, la vickers terni o la armstrong che erano strettamente dipendenti dalla casa madre.
la presa del potere del fascismo e l’autarchia che ne seguì, obbligarono a concentrarsi esclusivamente su materiale di produzione nazionale nonostante la difficoltà di approvvigionamento di materie prime e, la quasi totale assenza di una tradizione in materia. a questo si aggiungeva l'assoluta inesperienza bellica visto che nella grande guerra, raramente si era presentata l’occasione di verificare materiali e tattiche in particolare per armi di calibro superiore ai 120mm.
storicamente, per armi, munizioni e accessori eravamo quasi totalmente dipendenti dall’industria straniera.

partendo praticamente da zero, i risultati ottenuti furono il risultato di studi, progetti, esperimenti ed errori che comunque, ci consentirono nel 1936 di considerarci totalmente autonomi ed indipendenti. ma nonostante gli sforzi compiuti negli anni 30 per cercare di migliorarsi, la seconda guerra mondiale ci colse impreparati e non sempre in grado di competere con gli avversari. i progettisti raramente ascoltavano i consigli di coloro che erano destinati ad impiegare le armi e questo fu causa di errori progettuali a cui si cercò di rimediare con interventi costosi e non sempre di facile realizzazione sui materiali già in uso.
ma ad alcuni di questi errori non fu possibile rimediare.
ad esempio, una delle regole era di ottenere il massimo risultato con il minimo peso (questa fu una regola comune anche all’aeronautica i cui aerei erano sempre armati con piccoli calibri, e all’esercito che si dotò di carri piccoli, leggeri e poco armati), regola che però consentiva di realizzare numeri relativamente alti soddisfacendo così lo spirito guerriero dei gerarchi.

così l’ansaldo realizzò il 203/50 mod. 1924, un cannone binato a culla unica e caricamento ad angolo di elevazione fisso ed elevatore unico; risultarono leggerissimi ma estremamente lenti al tiro ( 2 colpi al minuto ) e, con i due pezzi di ciascun complesso strettamene vincolati tra loro, le dispersioni furono molto rilevanti. andarono ad equipaggiare gli incrociatori pesanti trento e trieste. progettati nel 1924 ma entrati in servizio nel 1928, avevano una lunghezza di 50 calibri e pesavano 29 ton.
arma tipica delle navi nate secondo il trattato di washington, in particolare i 2 classe trento, avevano una gittata di 28/30.000 m, inferiore ai cannoni francesi contemporanei. inizialmente era stata pretesa una velocità di ben 905ms, per prestazioni molto elevate, che poi venne ridotta a 840 m/s per diminuire la dispersione di tiro. le torri erano movimentate e armate elettricamente, ma gli affusti dei cannoni erano fissati su di un'unica struttura e le armi troppo vicine finendo per influenzarsi negativamente. l'introduzione di un piccolo ritardo tra l'esplosione dei 2 colpi non aiutò molto a migliorare la dispersione di tiro.
ne seguirono due versioni migliorate dette 203/57 mod. 1927 e 1929, con anima sfilabile e caricamento a qualunque elevazione imbarcati sugli incrociatori pesanti classe zara mentre il modello 1929, con protezione della torre più leggera, fu adottato per il bolzano.
sviluppato per correggere gli evidenti difetti del primo, inizialmente sembrò addirittura peggiore ma in seguito si rivelò il migliore tra i 203 mm italiani. il peso scese a 27,2 ton e la gittata salì a 31.550 m. progettato per la velocità iniziale di 930 m/s rivelò dispersioni eccessive e si dovette modificare il munizionamento riducendo la velocità iniziale a 900 m/s, il che dette dispersioni minori dei vecchi cannoni. gli impianti, nonostante a culla unica, ebbero elevatori di rifornimento e caricamento separati e possibilità di caricamento a tutte le elevazioni, con vantaggio nella celerità del tiro che crebbe a 3-4 colpi al minuto. i 203 continuarono comunque ad avere problemi con la dispersione di tiro visto che i cannoni erano ancora a culla unica.
per gli incrociatori leggeri classe da giussano, l’oto realizzò il 152/53 a-1927 con caricamento a braccio oscillante che diede poi origini ai seguenti, il 152/53 oto-1929, il 152/55 a-1932 per gli incrociatori leggeri classe diaz, attendolo e, aosta. la culla unica però creava difficoltà nella sequenza di caricamento a causa della poca distanza tra le culatte e aumentava la dispersione del tiro. per rimediare a questo, l’ansaldo realizzò il 152/55 mod. 1934 e l’oto il mod. 1936. le specifiche della marina imponevano che il primo e il secondo tipo, usassero lo stesso munizionamento, presentarono analoghi inconvenienti. la velocità iniziale, spinta fino addirittura a 1000 m/s, dovette essere ridotta di 100 m/s per contenere le dispersioni che comunque rimasero molto elevate. la soluzione a culla unica, la meccanizzazione molto spinta del sistema di caricamento, la leggerezza dell'insieme, furono causa di innumerevoli inconvenienti e si dovette procedere a numerose modifiche. tali modifiche contribuirono a rendere il funzionamento più sicuro ma non riuscirono a ridurre la dispersione di salva. il 152/55 a, destinato a navi dove il problema dei pesi era meno sentito, risultò decisamente migliore di tutti i confratelli della classe 203-152.
l'aumento della lunghezza della canna fu attuato per conseguire un miglior rendimento termodinamico dell'arma che risultò così meno imprecisa del 152/53. inoltre ogni cannone aveva una propria culla, i congegni erano più semplici, vi era la possibilità di manovrare a mano ogni cannone il che garantì una molto maggiore efficienza e sicurezza di funzionamento, compensatrice della celerità di tiro teoricamente inferiore (5 colpi al minuto rispetto ai 6 del 152/53 ).
fu installato sui classe condottieri tranne che sui due del gruppo abruzzi. montati eccessivamente vicini, ebbero problemi di dispersione e anche, nei primi incrociatori, di affusti troppo leggeri, specie considerando l'alta velocità che venne raggiunta con queste armi. costruiti dall'oto e dall'ansaldo, con culatte a spostamento orizzontale. la dotazione di proiettili per nave era di sole 35 granate per cannone, 50 in tempo di guerra. nei modelli 1934 della ansaldo e 1936 della oto la lunghezza fu aumentata a 55 calibri e l’arma fu molto migliorata. le capacità tornavano ad essere assai elevate per la media del calibro. i cannoni erano maggiormente spaziati ed elevati in maniera indipendente.
vennero usati dagli ultimi due "condottieri" e dalle "littorio".
 

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il 381

la migliore delle bocche da fuoco navali del periodo fu il 135/45 prodotto nel 1937. questi cannoni, apparsi con le corazzate 'duilio' ammodernate (ma in torri trinate), capaci di sparare granate da 32 kg a circa 19 km, erano armi con una dispersione molto ridotta, pari a circa un quarto del calibro 120 mm e, precise perché se non altro, non era richiesta la solita velocità iniziale elevatissima (e piuttosto controproducente per durata e accuratezza).
erano armi antinave, con una limitata capacità di tiro antiaereo, essenzialmente per azioni di sbarramento. una nuova torre era stata pensata per i caccia "comandanti" e gli incrociatori "etna" con capacità antiaeree, ma non venne mai completato un tale affusto. i "regolo" avevano un totale di 320 colpi per cannone più quelli illuminanti, per un totale di oltre 100 t.

le corazzate delle classi cavour e duilio, avevano quale armamento principale i 305/46 mm, costruiti su progetto armstrong del 1909 negli stabilimenti armstrong di pozzuoli e vickers di terni.
montati in torri corazzate trinate e binate, gli impianti, tutti a culle indipendenti, avevano una elevazione massima di 20° e una depressione di 5°. i pezzi erano del tipo “a nastro” ovvero costituiti da un tubo d’anima sfilabile intorno al quale era avvolto in numerose spire un filo d’acciaio, a cui erano sovrapposti due tubi concentrici di cui il più grosso ricopriva circa un terzo della lunghezza del cannone a partire dalla culatta.

quando si decise l’ammodernamento delle unità appartenenti a queste classi, sembrò conveniente ricalibrare i cannoni portandoli da 305/46 mm a 320/43,8 mm. questo fu possibile grazie al largo margine di resistenza con cui l’arma era stata originariamente progettata. la modifica riguardò lo sfilamento del tubo d’anima, l’eliminazione di un certo numero di fili d’acciaio e il ritubamento del pezzo con la nuova anima da 320 mm. l’aumento di potenza dell’arma ottenuto fu nell’ordine del 30% con conseguente sensibile aumento della gittata; nello stesso tempo la resistenza longitudinale alla flessione ne risultò ridotta e purtroppo dovette anche essere registrata una diminuzione delle caratteristiche di precisione essendo risultati maggiori i fenomeni di dispersione.
i risultati della ricalibrazione dei vecchi 305, che assunsero la nuova denominazione ufficiale di 320/44 ansaldo e o.t.o. 1934 e 1936, furono giudicati soddisfacenti soprattutto in termini economici in quanto consentirono di dotare le corazzate rimodernate di cannoni di discreta potenza con una spesa limitata ed in tempi abbastanza brevi.
le nuove artiglierie da 320 mm furono imbarcate e montate in torri corazzate binate e trinate.

le direttive progettuali dell’epoca, erano improntate alla ricerca della massima velocità iniziale del proietto allo scopo di ottenere gittate estremamente lunghe.

ad esempio, il famoso 381/50 delle navi da battaglia classe littorio, raggiungeva i 42.800 m mentre il 203/53 superava i 31.500, prestazioni assolutamente eccezionali anche se valori così elevati tuttavia, erano causa di dispersioni inaccettabili, oltre al fatto che a quelle distanze gli apparati di direzione del tiro delle navi non potevano condurre adeguatamente il tiro, dato che non riuscivano neppure a vedere i bersagli che si trovavano oltre l'orizzonte.

il 381 modello 34, lungo 50 calibri, fu prodotto dall'ansaldo e dalla odero terni orlando (oto) negli stabilimenti di genova e di terni, negli anni compresi tra il 1934 e il 1940. la canna del cannone da 381/50 era composta da quattro elementi tubolari forzati a caldo, con tubo d'anima ricambiabile a freddo. il blocco di culatta era in acciaio fuso, costruito in due metà collegate tra loro da grosse chiavarde orizzontali e conteneva: l'otturatore di tipo "welin" a vitone, il congegno di sparo, il congegno scacciafumo ad aria compressa e quattro freni-recuperatori disposti simmetricamente rispetto all'asse del cannone.
la massa oscillante, il cui peso raggiungeva i 102.400 kg, era completata da una culla in acciaio fuso con orecchioni, dotata di attacchi per i recuperatori e del settore di elevazione.
i cannoni da 381/50 erano montati in torri corazzate dal peso complessivo di 1.591 ton, comprendenti tre armi a culla indipendente sistemate in altrettanti compartimenti separati per mezzo di una paratia corazzata, avevano tre separati congegni di elevazione, mentre il congegno di brandeggio della torre era unico.
le armi della littorio furono prodotti dall'ansaldo; l'oto invece realizzò i tre complessi della vittorio veneto. la roma ne ebbe invece due di costruzione oto e uno ansaldo. i tre complessi per la corazzata impero furono costruiti dall'ansaldo ma non vennero sistemati a bordo in quanto l'unità non fu mai terminata.
il caricamento dei cannoni da 381/50, che impiegavano munizionamento ordinario (carrello, carica di lancio e proietto separati), veniva effettuato con l'arma in posizione fissa a 15° di elevazione a mezzo di un caricatoio idraulico che provvedeva al caricamento del proiettile a cui seguivano i sei elementi costituenti la carica di lancio. il trasferimento dei proiettili e delle cariche dai depositi sino alle cucchiaie di caricamento poste dietro la culatta dei pezzi avveniva attraverso un sistema di giostre ed elevatori elettro-idraulici, contenuti in parte nella virola della torre e in parte sotto la virola stessa, il cui funzionamento poteva avvenire a qualsiasi brandeggio. il ritmo di fuoco con personale addestrato era di circa un colpo a prima carica (6 elementi) ogni 45 secondi.
le navi da battaglia classe littorio avevano una dotazione di 495 proiettili "a palla" (perforanti) e 171 granate dirompenti da 381 oltre a 4.320 elementi di carica conservati in cartocci.
il peso totale di un proiettile perforante era di 882 kg con circa 18 kg di carica, quello della granata dirompente era invece di 774 kg con una carica di scoppio di circa 80 kg.
alla gittata media di 18.100 m, corrispondente ad una elevazione del pezzo di 9° 14', la durata del tragitto in aria del proiettile perforante era di 26,00'', la derivazione per effetto della rotazione sull'asse del proiettile era di 126 mt., il proiettile giungeva sul bersaglio con una velocità residua di 590 m/sec e con un angolo di caduta di 11° 43'' rispetto alla linea dell'orizzonte.
tali dati rappresentano la configurazione di una traiettoria piuttosto "tesa" dovuta alle buone caratteristiche di potenza dell'arma il cui proiettile alle medie distanze aveva un forte potere di penetrazione.
 

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quando la supremazia dell’aereo divenne inconfutabile la regia marina chiese di poter disporre di un complesso da 120 mm che oggi definiremmo “dual purpose” ossia con capacità antiaeree e anti-nave, ma l’industria dell’epoca non fu in grado di dare una risposta.
si limitò invece a produrre, per la difesa ravvicinata delle unità maggiori, l’impianto binato a culla unica da 100/47 mm.
dopo l’inefficace 100/43 del 1927, arma ben presto sostituita, fu la volta del pezzo da 100/47 mm mod 1931 e 1937, versioni migliorate del mod 1928 e prodotte dalla oto. largamente usate sulle torpediniere e corvette dal '32 in poi, non ebbero tuttavia mai né la cadenza di tiro né l'alzo sufficienti per un efficace uso contraereo, anche se con i mod 1935 e successivi l'alzo massimo venne incrementato da 45 a 60°. fu il cannone impiegato su sommergibili e navi ausiliarie. aveva una velocità iniziale di 840 m/s e lanciava un proiettile da 13,8 kg, a 12,6 km. prima del 100/47, ci fu però il mod 1914-15 da 102/35 mm. un’arma usata anche dagli autocannoni di terra e dalla dicat per la difesa antiarea. progettato in gran bretagna, aveva peso di 1,2 t e cadenza di 7 colpi al minuto. i proiettili pesavano 15 kg, avevano una velocità di 750 m/s, e una gittata di 11.700 m a 45°. l'affusto pesava 5 ton.
un certo numero era ancora in uso durante la guerra sulle torpediniere più vecchie e gli autocannoni ebbero il maggiore dei loro successi a bir-el gobi, dove la loro potenza permise di infliggere perdite pesanti ai crusader inglesi (3 soli autocannoni dichiararono ben 15 carri).
ma il miglior 100 si ottenne facendo ricorso ad una bocca da fuoco skoda modello 1910 di preda bellica che venne però dotata di tubo d’anima sfilabile a freddo. si trattava di un'ottima arma austriaca, largamente usata nel dopoguerra da urss e italia. fu infatti altamente apprezzata per le sue caratteristiche (giudicate ben superiori al pezzo da 102 mm), al punto che gli italiani con vari modelli (1924, 27 e 28) li usarono, sopratutto come armi a.a., al punto di metterne ben 8 impianti binati sugli incrociatori classe “zara”, anche se poi vennero ridotti a 6 con l'arrivo delle mitragliere da 37 mm. i sovietici invece ebbero 10 impianti binati dall'italia e li usarono a bordo di due classi di navi. da notare che i tipi italiani erano lunghi, in realtà, solo 47 calibri mentre quelli russi 50. la dotazione era, nel caso dei “da barbiano”, di 600 colpi per canna.
le prestazioni in gittata che i cannoni erano impressionanti, passando da una valutazione di “buono” ad “eccellente”, all'altezza delle armi più moderne. ciò nonostante, i cannoni da 100 binati furono giudicati obsoleti, tanto che gli verranno poi preferiti i cannoni da 90 mm in impianti singoli per le 'doria' e le 'littorio'.
i 100/47 italiani furono dotati di affusto minisini a ginocchiello variabile automaticamente in funzione dell'elevazione, armò le corazzate cavour e giulio cesare rimodernate e quasi tutti i nostri incrociatori durante la ii g.m., compreso l'incrociatore san giorgio dislocato a tobruk come batteria galleggiante a difesa della base.
in conclusione fu un cannone con buone caratteristiche balistiche e di precisione ma, troppo lento per contrastare con efficacia gli aerei nemici che diventavano sempre più veloci ed adottavano tecniche di attacco a bassa quota.
il ginocchiello variabile consentiva una elevazione sino a 85° e la cadenza di tiro era di 8 - 10 colpi al minuto. la gittata massima era di 15.240 m e la velocità iniziale dei proiettili era di 850 - 880 m/s.
 

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120/45 120/50

del calibro 120 esistevano: il 120/45 mod 1931 con una gittata di 14.500 m con munizionamento da 22 kg a 35° e una cadenza di 8 colpi al minuto. fu usato sui sommergibili e sui caccia più vecchi.
della serie "120" si ebbero: 120/50 oto mod 1926, 1936, 1937 e 1940; ansaldo mod 1931, 1933, 1936.
la quantità di sigle lascia intendere come i cannoni da 120 italiani ebbero un'evoluzione tribolata, sopratutto per la pretesa di raggiungere sufficienti valori di precisione.
il 120 aveva una culatta ad azionamento orizzontale e sparava colpi con carica separata dal proiettile. i classe “navigatori” (sei pezzi) avevano un totale di 1.300 colpi di cui 100 illuminanti.
il mod 1934 fu realizzato espressamente per le corazzate classe “cavour”. ebbe una protezione maggiorata e gli elevatori per le munizioni furono migliorati con l’adozione di caricatori motorizzati.
nel complesso erano cannoni molto potenti per il loro calibro, grazie al solito impiego di cariche e di pressioni superiori al normale, cercando prestazioni francamente eccessive per tale arma, tanto che dovettero essere ridotte con una carica meno potente.

90/50

per disporre di un efficace e moderno impianto contraereo la regia marina dovette attendere il 90/50 mm (allungato a 53 calibri nella versione terrestre) ansaldo modello 1938 e 1939, che in torri singole stabilizzate, fu installato sulle navi da battaglia classe littorio e su quelle classe doria successivamente all’ammodernamento.

quanti di voi sanno da dove deriva uno dei modi di dire tipici del vocabolario italiano, utilizzata per indicare un personaggio di peso?
e’ curioso come la frase”pezzi da novanta”, entrata nella dialettica popolare, derivi proprio da questi cannoni.

spesso si dice che il 90 italiano è stato superiore all'88 mm tedesco il che è tutto sommato vero (ne parlammo in post precedenti) visto che è abbastanza normale per i cannoni da 90 mm essere superiori all'88/56 germanico.
infatti, occorre precisare che nonostante la sua fama, l’88 non possedeva doti magiche ma piuttosto consentiva un efficace uso da parte dei suoi serventi.
fu il miglior pezzo contraereo pesante italiano della seconda guerra mondiale, affidabile e potente (con velocità iniziale del proietto di 840 m/s). nonostante fosse stato progettato per il tiro contraerei, fu utilizzato anche come pezzo controcarri (analogamente all'88 tedesco).
la canna in acciaio al ni-cr-mo, era a pareti semplici, con rigatura elicoidale destrorsa a 28 righe. la culatta era avvitata a freddo e poteva essere separata per sostituire l'anima usurata, il blocco di culatta portava superiormente una staffa per il collegamento alle aste dei recuperatori ed inferiormente un'appendice per l'unione al cilindro del freno di rinculo. l'otturatore a cuneo era scorrimento orizzontale, con apertura e chiusura a mano.
in modo di funzionamento automatico l'otturatore era trattenuto in posizione di apertura dopo l'estrazione del bossolo. l'affusto a forcella era sostenuto da un sottoaffusto di forma troncoconica, poggiante su un paiolo con interposto un anello in legno per attutire il tormento sulla piattaforma nei pezzi da posizione fissa. il complesso era fornito di freno idraulico ad asta e controasta, posizionato inferiormente alla canna, a rinculo variabile a seconda dell'inclinazione della bocca.
oltre al freno idraulico il pezzo aveva due recuperatori idropneumatici, applicati esternamente alla culla e sistemati superiormente alla canna.
il congegno di direzione su 360° era a corona dentata, mentre i congegni di elevazione erano a settori dentati elicoidali e vite senza fine. l’affusto era stabilizzato su quattro assi (direzione, alzo, rollio e beccheggio) grazie ad un sistema molto complesso di 11 girostabilizzatori.
il puntamento avveniva con congegni a linea di mira ed alzo indipendenti, comunque il puntamento del pezzo era previsto tramite centrale di tiro.
era inoltre previsto un graduatore di spoletta borletti. il cannone pesava 1.960 kg, il proietto 10 e la carica di lancio 3,4 mentre l’affusto pesava 19 ton.
la velocità iniziale era di 860 m/s.
sulle duilio le 10 armi, erano soggette a intrusioni di acqua di mare. per evitare questo inconveniente sulle littorio, i sistemi furono posizionati più in alto.
nel 1951 verrà studiata una versione contraerea a canna allungata, denominata 90/74, dotata di freno di bocca.
questo nuovo pezzo aveva una gittata massima di 20.000 metri e la durata di traiettoria a 10.000 m passava da 27 a 20 secondi.
 

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i direttori di tiro avevano a disposizione alcuni strumenti.
il telemetro, di cui parlammo tempo fa, è uno strumento ottico che fornisce la distanza istantanea del bersaglio.

questo gioiello di ottica e meccanica è uno dei telemetri da 15 metri della yamato, installato sul fondo della torretta dei cannoni da 460mm e costruito dalla fabbirca che diventerà poi la nikon.
non trovo più il link a un fantastico pdf di un manuale originale di uno di questi telemetri :frown:
 

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...
non trovo più il link a un fantastico pdf di un manuale originale di uno di questi telemetri :frown:
sei inutile come un ciufolo stonato!
non devi stare li a giustificare la tua inettitudine, devi trovare la soluzione ai problemi.
metti in moto la caldaia e trova quello che cerchi!
:biggrin:
 
questo gioiello di ottica e meccanica è uno dei telemetri da 15 metri della yamato, installato sul fondo della torretta dei cannoni da 460mm e costruito dalla fabbirca che diventerà poi la nikon.
non trovo più il link a un fantastico pdf di un manuale originale di uno di questi telemetri :frown:

abbiamo parlato di telemetri qui:
http://www.cad3d.it/forum1/showpost.php?p=205815&postcount=606
se ritrovi il link, sarebbe interessante e ti eviterebbe gli strali del presidente :biggrin:
 
sei inutile come un ciufolo stonato!
non devi stare li a giustificare la tua inettitudine, devi trovare la soluzione ai problemi.
metti in moto la caldaia e trova quello che cerchi!

hai voglia a cercare, ma il vuvuvu è sterminato. tu non ti rendi conto perchè ti fai spingere sulla carrozzina, ma chi ancora riesce a camminare sa bene che male ai piedi viene :tongue:
 

si avevo già trovato quel post, perchè pensavo che quello schema del telemetro fosse già stata postata e avevo fatto un aricerca sul forum.

in compneso nel resto delle ricerche ho trovato qui:
http://tinyurl.com/76ldgxv
l'immagine del telemetro che avevi postato tu ma con risoluzione piuttosto buona.
la didascalia recita:
"personale e maestranze della societa' san giorgio di genova sestri ponente dinanzi al telemetro navale realizzato presso le loro officine, 1935..."

consultando l'archivio
http://www.imprese.san.beniculturali.it/web/imprese/gallery/galleria-multimediale
si possono trovare materiali molto interessanti che riguardano l'industria italiana tra la fine dell'800 e i primi del '900.
ci sono le riproduzioni di disegni tecnici acquarellati che sono una favola:tongue:
navigare la galleria a partire dalla suddivisione per settore merceologico.

se ritrovi il link, sarebbe interessante e ti eviterebbe gli strali del presidente :biggrin:

se non lo ritrovo dico due paroline alla sua badante rumena e gli faccio fare una flebo di lexotan :smile:
 

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in compneso nel resto delle ricerche ho trovato qui:
http://tinyurl.com/76ldgxv

peccato, non so perchè ma non mi apre l'immagine.
però il sito è ricco di cose interessanti.
grazie della segnalazione :finger:

se non lo ritrovo dico due paroline alla sua badante rumena e gli faccio fare una flebo di lexotan

poveretta, che ingrato compito.
doveva essere altro che disperata per lasciare la sua terra e venire a sorbirsi le ire del petulante vecchietto :biggrin:
con tutto il rispetto dovutole presidente. :tongue:
 
metti in moto la caldaia e trova quello che cerchi!

eccolo...
http://www.hnsa.org/doc/rangefinder/index.htm
rompiballe! :biggrin:

mi ero scordato che potevo cercare anche per "rangefinder" oltre che per "telemeter".

p.s.
lunga vita al vuvuvu 1.0 :finger:, morte (o almeno una bella sfoltita) al vuvuvu 2.0

p.p.s. adesso prova con feisbuc
:hahahah:
a ritrovare un "oggetto" (nel senso ampio della definizione, quindi anche una semplice frase con alcune parole chiave), che avevi visto due o tre anni prima come ho fatto io su google con sto cavolo di rangefinder. se ci riesci in maniera sistematica mi iscrivo anche io :wink:
 

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