adesso vediamo la situazione italiana.
verso la fine del xix secolo, la commissione permanente di san bartolomeo a la spezia, pubblicò l’esito dei suoi studi sulla perforabilità delle corazze. questo studio suscitò un enorme interesse tra le marine di tutto il mondo ma al notevole progresso teorico, non fece seguito un altrettanto progresso pratico.
l’industria italiana era in quel periodo estremamente poco solida e performante.
la produzione di materiale di artiglieria era dipendente da società come la ansaldo, che lavorava su licenza francese schneider, la vickers terni o la armstrong che erano strettamente dipendenti dalla casa madre.
la presa del potere del fascismo e l’autarchia che ne seguì, obbligarono a concentrarsi esclusivamente su materiale di produzione nazionale nonostante la difficoltà di approvvigionamento di materie prime e, la quasi totale assenza di una tradizione in materia. a questo si aggiungeva l'assoluta inesperienza bellica visto che nella grande guerra, raramente si era presentata l’occasione di verificare materiali e tattiche in particolare per armi di calibro superiore ai 120mm.
storicamente, per armi, munizioni e accessori eravamo quasi totalmente dipendenti dall’industria straniera.
partendo praticamente da zero, i risultati ottenuti furono il risultato di studi, progetti, esperimenti ed errori che comunque, ci consentirono nel 1936 di considerarci totalmente autonomi ed indipendenti. ma nonostante gli sforzi compiuti negli anni 30 per cercare di migliorarsi, la seconda guerra mondiale ci colse impreparati e non sempre in grado di competere con gli avversari. i progettisti raramente ascoltavano i consigli di coloro che erano destinati ad impiegare le armi e questo fu causa di errori progettuali a cui si cercò di rimediare con interventi costosi e non sempre di facile realizzazione sui materiali già in uso.
ma ad alcuni di questi errori non fu possibile rimediare.
ad esempio, una delle regole era di ottenere il massimo risultato con il minimo peso (questa fu una regola comune anche all’aeronautica i cui aerei erano sempre armati con piccoli calibri, e all’esercito che si dotò di carri piccoli, leggeri e poco armati), regola che però consentiva di realizzare numeri relativamente alti soddisfacendo così lo spirito guerriero dei gerarchi.
così l’ansaldo realizzò il 203/50 mod. 1924, un cannone binato a culla unica e caricamento ad angolo di elevazione fisso ed elevatore unico; risultarono leggerissimi ma estremamente lenti al tiro ( 2 colpi al minuto ) e, con i due pezzi di ciascun complesso strettamene vincolati tra loro, le dispersioni furono molto rilevanti. andarono ad equipaggiare gli incrociatori pesanti trento e trieste. progettati nel 1924 ma entrati in servizio nel 1928, avevano una lunghezza di 50 calibri e pesavano 29 ton.
arma tipica delle navi nate secondo il trattato di washington, in particolare i 2 classe trento, avevano una gittata di 28/30.000 m, inferiore ai cannoni francesi contemporanei. inizialmente era stata pretesa una velocità di ben 905ms, per prestazioni molto elevate, che poi venne ridotta a 840 m/s per diminuire la dispersione di tiro. le torri erano movimentate e armate elettricamente, ma gli affusti dei cannoni erano fissati su di un'unica struttura e le armi troppo vicine finendo per influenzarsi negativamente. l'introduzione di un piccolo ritardo tra l'esplosione dei 2 colpi non aiutò molto a migliorare la dispersione di tiro.
ne seguirono due versioni migliorate dette 203/57 mod. 1927 e 1929, con anima sfilabile e caricamento a qualunque elevazione imbarcati sugli incrociatori pesanti classe zara mentre il modello 1929, con protezione della torre più leggera, fu adottato per il bolzano.
sviluppato per correggere gli evidenti difetti del primo, inizialmente sembrò addirittura peggiore ma in seguito si rivelò il migliore tra i 203 mm italiani. il peso scese a 27,2 ton e la gittata salì a 31.550 m. progettato per la velocità iniziale di 930 m/s rivelò dispersioni eccessive e si dovette modificare il munizionamento riducendo la velocità iniziale a 900 m/s, il che dette dispersioni minori dei vecchi cannoni. gli impianti, nonostante a culla unica, ebbero elevatori di rifornimento e caricamento separati e possibilità di caricamento a tutte le elevazioni, con vantaggio nella celerità del tiro che crebbe a 3-4 colpi al minuto. i 203 continuarono comunque ad avere problemi con la dispersione di tiro visto che i cannoni erano ancora a culla unica.
per gli incrociatori leggeri classe da giussano, l’oto realizzò il 152/53 a-1927 con caricamento a braccio oscillante che diede poi origini ai seguenti, il 152/53 oto-1929, il 152/55 a-1932 per gli incrociatori leggeri classe diaz, attendolo e, aosta. la culla unica però creava difficoltà nella sequenza di caricamento a causa della poca distanza tra le culatte e aumentava la dispersione del tiro. per rimediare a questo, l’ansaldo realizzò il 152/55 mod. 1934 e l’oto il mod. 1936. le specifiche della marina imponevano che il primo e il secondo tipo, usassero lo stesso munizionamento, presentarono analoghi inconvenienti. la velocità iniziale, spinta fino addirittura a 1000 m/s, dovette essere ridotta di 100 m/s per contenere le dispersioni che comunque rimasero molto elevate. la soluzione a culla unica, la meccanizzazione molto spinta del sistema di caricamento, la leggerezza dell'insieme, furono causa di innumerevoli inconvenienti e si dovette procedere a numerose modifiche. tali modifiche contribuirono a rendere il funzionamento più sicuro ma non riuscirono a ridurre la dispersione di salva. il 152/55 a, destinato a navi dove il problema dei pesi era meno sentito, risultò decisamente migliore di tutti i confratelli della classe 203-152.
l'aumento della lunghezza della canna fu attuato per conseguire un miglior rendimento termodinamico dell'arma che risultò così meno imprecisa del 152/53. inoltre ogni cannone aveva una propria culla, i congegni erano più semplici, vi era la possibilità di manovrare a mano ogni cannone il che garantì una molto maggiore efficienza e sicurezza di funzionamento, compensatrice della celerità di tiro teoricamente inferiore (5 colpi al minuto rispetto ai 6 del 152/53 ).
fu installato sui classe condottieri tranne che sui due del gruppo abruzzi. montati eccessivamente vicini, ebbero problemi di dispersione e anche, nei primi incrociatori, di affusti troppo leggeri, specie considerando l'alta velocità che venne raggiunta con queste armi. costruiti dall'oto e dall'ansaldo, con culatte a spostamento orizzontale. la dotazione di proiettili per nave era di sole 35 granate per cannone, 50 in tempo di guerra. nei modelli 1934 della ansaldo e 1936 della oto la lunghezza fu aumentata a 55 calibri e l’arma fu molto migliorata. le capacità tornavano ad essere assai elevate per la media del calibro. i cannoni erano maggiormente spaziati ed elevati in maniera indipendente.
vennero usati dagli ultimi due "condottieri" e dalle "littorio".